Post by ArAmeshIn UK mainland nel 1996 (o 97) due bambini di 10 anni hanno rapito un
bambino di 2 anni, l'hanno seviziato e ucciso.
Sono stati condannati all'ergastolo dal giudice. E' la pena più severa
prevista dall'ordinamento britannico. Passeranno dai 75 agli 80 anni in
carcere. In Iran c'è la pena più severa per i reati di sangue è la morte.
C'è da dire a difesa degli inglesi che in realtà le cose non stanno
esattamente come sembra. I due ragazzini con ogni probabilità non vedranno
mai una cella, l'ergastolo è inteso come "è impossibile recuperare questi
due: vanno seguiti a vita da un assistente sociale", solo che in UK per
attivare quello che da noi è automatico per la tutela di persone
potenzialmente pericolose o poco sane di mente ma non abbastanza per
l'infermità mentale, bisogna condannare penalmente. I due verranno portati
in centri di recupero con una certa regolarità per tutta la loro vita, e
costantemente seguiti, ma non verranno sbattuti in carcere a meno che non
si rivelino comunque molto pericolosi anche da maggiorenni.
Tutto questo deriva dalla storia inglese, dalla necessità di tutelare i
cittadini dalle gang di ragazzini, fin dall'800: se lo rapportiamo alla
nostra storia non potremmo capire.
L'anno scorso ero a Hong Kong, che ha la stessa legge inglese, ed era
successo un fattaccio, che ha abbastanza sconvolto gli hongkonghesi che non
sono molto abituati a fatti di cronaca truculenti (come tasso di
criminalità violenta è uno dei posti più tranquilli del mondo, coi bamabini
che già in prima elementare vanno a scuola da soli in metropolitana). Una
ragazzina di 15 anni e una bambina di 12 avevano legato una loro conoscente
di 14 anni, che odiavano, e le avevano dato "una lezione". L'avevano
legata, l'avevano schiaffeggiata, le avevano fatto urinare in un bicchiere
e le avevano fatto bere la sua stessa urina, le avevano tagliato con le
forbici la maglietta e denudato i seni, stritolato i capezzoli con una
molletta e le avevano spento una sigaretta su una spalla. Una violenza
inaudita e molto "cinese". Il processo è stato seguito con apprensione da
tutti, grazie ai resoconti della stampa. Al processo la ragazza più grande
sosteneva che la vittima "se lo meritava" ma si dichiarava pentita. La
bambina invece non è stata in grado di testimoniare perché alle domande
piangeva senza riuscire ad articolare. La condanna è stata molto mite per
la bambina (tre anni di recupero, cioè di iscrizione obbligatoria a una
comunità di recupero per l'infanzia) mentre alla 15enne hanno dato 6 anni
di riformatorio, più l'obbligo di essere seguita da assistenti sociali per
altri dieci anni all'uscita del riformatorio.
Se ci facciamo caso, in realtà l'unica differenza da quello che sarebbe
successo se il fatto fosse accaduto in Italia, è il processo. Le pene
sarebbero state identiche: la bambina non sarebbe stata punibile in Italia,
ma sicuramente l'automatismo dell'assistenza sociale avrebbe portato allo
stesso identico trattamento.
Allo stesos modo credo che le cose terribili che accadono in Iran vadano
rapportate alla loro mentalità e alla loro storia. Credo che sia giusto
indignarsi quando dei diritti umani fondamentali vengono negati, ma non
dev'essere l'alibi per creare odio verso un popolo e una cultura. Nel caso
dell'Iran, bisogna al contrario gioire per il fatto che le cose stanno
cambiando, che le condanne sono sempre meno e che la gente a gran voce non
vuole più una legge così severa. Occorre capire qual è il processo
culturale che ha portato a questo miglioramento e incoraggiarlo.
--
Stefano
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