ilMusso
2021-04-11 16:21:17 UTC
In questo topic inserirò un po’ alla volta le castronate italiane nel
settore dei doppiaggi dei film nella nostra lingua, nonché, quando
capiterà, altre cose simili in cui noi italiani risultiamo degli
autentici specialisti.
In molti dei casi (che nel tempo e quando ne avrò voglia riporterò)
si potranno notare cose che non solo denotano una grandissima,
ingiustificata, ignoranza, ma anche una mancanza assoluta di logica
lì dove sarebbe bastato un minimo, davvero un minimo, di tale logica
e un minimo di raziocinio.
In questi giorni in questo newsgroup si è un po’ discusso sulla
recente notizia riguardante il decreto firmato da Dario Franceschini,
in veste di Ministro della cultura, con cui è stata istituita una
commissione per la classificazione delle opere cinematografiche
(e al riguardo, detto en passant, qualcuno - ribattendo a coloro
che hanno subito parlato di abolizione della censura - ha fatto
osservare che forse ci sarà una forma di censura superiore a quella
di prima). Bene, faccio una battuta. Io più che un decreto di questo
tipo, giusto o sbagliato che esso sia, avrei fatto una bella legge
per individuare e colpire severamente gli autori delle castronerie
varie oggetto di questo topic! Eccheccazzo!
Okay, cominciamo.
Ah, preciso che ho scritto “cominciamo” semplicemente come modo di
dire. Rassicuro infatti che non faccio parte di coloro che all’interno
di una discussione ridicolmente si rispondono da soli mediante vari
altri loro account.
PRIMA PARTE
Dunque, ieri pomeriggio stavo guardando “Il grande sentiero”, un
epic western americano del 1964 diretto da John Ford, il cui titolo
originale è “Cheyenne Autumn” e il cui racconto è ispirato al romanzo
del 1941 “The Last Frontier” di Howard Fast. La storia, basata
su un fatto realmente accaduto, è incentrata sul lungo e difficoltoso
esodo degli indiani Nothern Cheyenne - una delle varie tribù dei
c.d. ‘nativi americani’ - avvenuto a cavallo tra il 1878 e il 1879; un
esodo deciso per cercare di riportarsi sulle proprie terre d’origine,
al Nord, dopo che le autorità governative statunitensi li avevano
confinati in minuscole riserve (il tutto a seguito della famosa
Battaglia del Little Bighorn del 1877) e per di più non avevano poi
mantenuto le promesse fatte.
Intorno al minuto 18 (con frame rate originale, di 23.98 fps) del
film c’è un dialogo tra Deborah e i due figli del vecchio capo
indiano. La scena è quella in cui dopo che l’intera tribù si è
portata al campo militare per incontrare, come d’accordo, i
rappresentanti dello Stato, e dopo avere aspettato per molte
ore - in piedi e sotto il sole - questi ultimi invano, gli indiani
decidono di rimettersi in cammino per rientrare alla loro riserva
e comunicano che non manderanno più i loro figli alla scuola
dei bianchi (poiché, a loro dire, da questi ultimi i bambini
imparerebbero a conti fatti più che altro a essere falsi).
In tale contesto, a un certo punto Deborah, che si occupa anche
di fare la maestra e che vuole bene ai bambini indiani (molti dei
quali orfani), ribatte così a uno dei due suddetti figli del capo
indiano: “parlando come gli uomini bianchi sei diventato bugiardo?”.
L’indiano in questione aveva appena spiegato la decisione di non
mandare più i bambini scuola dicendo: “Le parole dei bianchi sono
false, quindi è meglio che i nostri figli non le imparino”.
A questo punto, dopo l’intervento di Deborah di cui sopra,
L’ALTRO indiano dice: “HO imparato le vostre parole in
passato, quando qualche uomo bianco era ancora sincero”.
Così nel doppiaggio in italiano.
Mm, qualcosa non mi quadrava, dato che a mio parere - o a mia
sensazione - quel “(tu) sei” detto da Deborah non stava granché
in piedi in quanto Deborah parlava in senso ampio a entrambi e in
quanto, con riferimento a quell' “ho imparato”, i suoi interlocutori
rispondevano al plurale (“ABBIAMO imparato”) in nome di tutti.
Mannaggia.
Stoppo allora la visione del film e vado a controllare lo script
originale in inglese, e trovo che l’esatto scambio di frasi era in
realtà il seguente:
(Deborah
“Oh, no, please don't do that to the children.”)
Primo indiano
“The white man's words are lies! It is better that our children not
learn them.”
Deborah
“It is not the words, but who speaks them. Has speaking white men's
words made YOU a liar?”
Secondo indiano
“Our words were learned long ago. When some white men still spoke
truth.”
Si può subito capire che quel “you” va inteso al plurale; “voi”,
non “tu”; non ci vuole certo una scienza per capirlo.
E, in ogni caso, il dubbio dovrebbe essere tolto dalla frase del secondo
indiano.
Il testo in inglese ha senso, la traduzione italiana invece non ce
l’ha (e, sinceramente, faccio un po' di fatica a capire come si possa
averla concepita).
Tuttalpiù, la traduzione della frase "has speaking white men's words
made you a liar?" di Deborah avrebbe potuto essere tradotta
efficacemente con qualcosa tipo: "Parlare la lingua dei bianchi ti
rende un bugiardo?" (nel senso, generico, di "(…) ti rende forse
[oppure "fa forse di te"] necessariamente [oppure "automaticamente"]
un bugiardo?")... che forse era la cosa migliore.
Io capisco che il doppiaggio comporti anche il dover tradurre una
frase stando negli stessi secondi e decimi di secondo in cui essa è
stata detta, e capisco che si debba cercare di far possibilmente
combaciare il più possibile suoni assonanti (mi riferisco ai movimenti
delle labbra) tra la lingua originale del film e la lingua in cui si sta
traducendo, ma, diamine, ciò a mio avviso non dovrebbe IN ALCUN
MODO andare a scapito di una normale e lineare fruizione di quanto
deve (dovrebbe) stare a monte, ossia il senso logico!
Invece si prende in giro il povero, ignaro spettatore, lasciandolo
sovente sbigottito, o quantomeno scettico, di fronte e certe storture.
Tanto... chi se ne frega, n'est pas? Tanto... saranno ben pochi gli
imbecilli che andranno a controllare e verificare le cose. Giusto?
Ma c'è pure di peggio, e più in là porterò degli esempi al riguardo.
[CONTINUA]
settore dei doppiaggi dei film nella nostra lingua, nonché, quando
capiterà, altre cose simili in cui noi italiani risultiamo degli
autentici specialisti.
In molti dei casi (che nel tempo e quando ne avrò voglia riporterò)
si potranno notare cose che non solo denotano una grandissima,
ingiustificata, ignoranza, ma anche una mancanza assoluta di logica
lì dove sarebbe bastato un minimo, davvero un minimo, di tale logica
e un minimo di raziocinio.
In questi giorni in questo newsgroup si è un po’ discusso sulla
recente notizia riguardante il decreto firmato da Dario Franceschini,
in veste di Ministro della cultura, con cui è stata istituita una
commissione per la classificazione delle opere cinematografiche
(e al riguardo, detto en passant, qualcuno - ribattendo a coloro
che hanno subito parlato di abolizione della censura - ha fatto
osservare che forse ci sarà una forma di censura superiore a quella
di prima). Bene, faccio una battuta. Io più che un decreto di questo
tipo, giusto o sbagliato che esso sia, avrei fatto una bella legge
per individuare e colpire severamente gli autori delle castronerie
varie oggetto di questo topic! Eccheccazzo!
Okay, cominciamo.
Ah, preciso che ho scritto “cominciamo” semplicemente come modo di
dire. Rassicuro infatti che non faccio parte di coloro che all’interno
di una discussione ridicolmente si rispondono da soli mediante vari
altri loro account.
PRIMA PARTE
Dunque, ieri pomeriggio stavo guardando “Il grande sentiero”, un
epic western americano del 1964 diretto da John Ford, il cui titolo
originale è “Cheyenne Autumn” e il cui racconto è ispirato al romanzo
del 1941 “The Last Frontier” di Howard Fast. La storia, basata
su un fatto realmente accaduto, è incentrata sul lungo e difficoltoso
esodo degli indiani Nothern Cheyenne - una delle varie tribù dei
c.d. ‘nativi americani’ - avvenuto a cavallo tra il 1878 e il 1879; un
esodo deciso per cercare di riportarsi sulle proprie terre d’origine,
al Nord, dopo che le autorità governative statunitensi li avevano
confinati in minuscole riserve (il tutto a seguito della famosa
Battaglia del Little Bighorn del 1877) e per di più non avevano poi
mantenuto le promesse fatte.
Intorno al minuto 18 (con frame rate originale, di 23.98 fps) del
film c’è un dialogo tra Deborah e i due figli del vecchio capo
indiano. La scena è quella in cui dopo che l’intera tribù si è
portata al campo militare per incontrare, come d’accordo, i
rappresentanti dello Stato, e dopo avere aspettato per molte
ore - in piedi e sotto il sole - questi ultimi invano, gli indiani
decidono di rimettersi in cammino per rientrare alla loro riserva
e comunicano che non manderanno più i loro figli alla scuola
dei bianchi (poiché, a loro dire, da questi ultimi i bambini
imparerebbero a conti fatti più che altro a essere falsi).
In tale contesto, a un certo punto Deborah, che si occupa anche
di fare la maestra e che vuole bene ai bambini indiani (molti dei
quali orfani), ribatte così a uno dei due suddetti figli del capo
indiano: “parlando come gli uomini bianchi sei diventato bugiardo?”.
L’indiano in questione aveva appena spiegato la decisione di non
mandare più i bambini scuola dicendo: “Le parole dei bianchi sono
false, quindi è meglio che i nostri figli non le imparino”.
A questo punto, dopo l’intervento di Deborah di cui sopra,
L’ALTRO indiano dice: “HO imparato le vostre parole in
passato, quando qualche uomo bianco era ancora sincero”.
Così nel doppiaggio in italiano.
Mm, qualcosa non mi quadrava, dato che a mio parere - o a mia
sensazione - quel “(tu) sei” detto da Deborah non stava granché
in piedi in quanto Deborah parlava in senso ampio a entrambi e in
quanto, con riferimento a quell' “ho imparato”, i suoi interlocutori
rispondevano al plurale (“ABBIAMO imparato”) in nome di tutti.
Mannaggia.
Stoppo allora la visione del film e vado a controllare lo script
originale in inglese, e trovo che l’esatto scambio di frasi era in
realtà il seguente:
(Deborah
“Oh, no, please don't do that to the children.”)
Primo indiano
“The white man's words are lies! It is better that our children not
learn them.”
Deborah
“It is not the words, but who speaks them. Has speaking white men's
words made YOU a liar?”
Secondo indiano
“Our words were learned long ago. When some white men still spoke
truth.”
Si può subito capire che quel “you” va inteso al plurale; “voi”,
non “tu”; non ci vuole certo una scienza per capirlo.
E, in ogni caso, il dubbio dovrebbe essere tolto dalla frase del secondo
indiano.
Il testo in inglese ha senso, la traduzione italiana invece non ce
l’ha (e, sinceramente, faccio un po' di fatica a capire come si possa
averla concepita).
Tuttalpiù, la traduzione della frase "has speaking white men's words
made you a liar?" di Deborah avrebbe potuto essere tradotta
efficacemente con qualcosa tipo: "Parlare la lingua dei bianchi ti
rende un bugiardo?" (nel senso, generico, di "(…) ti rende forse
[oppure "fa forse di te"] necessariamente [oppure "automaticamente"]
un bugiardo?")... che forse era la cosa migliore.
Io capisco che il doppiaggio comporti anche il dover tradurre una
frase stando negli stessi secondi e decimi di secondo in cui essa è
stata detta, e capisco che si debba cercare di far possibilmente
combaciare il più possibile suoni assonanti (mi riferisco ai movimenti
delle labbra) tra la lingua originale del film e la lingua in cui si sta
traducendo, ma, diamine, ciò a mio avviso non dovrebbe IN ALCUN
MODO andare a scapito di una normale e lineare fruizione di quanto
deve (dovrebbe) stare a monte, ossia il senso logico!
Invece si prende in giro il povero, ignaro spettatore, lasciandolo
sovente sbigottito, o quantomeno scettico, di fronte e certe storture.
Tanto... chi se ne frega, n'est pas? Tanto... saranno ben pochi gli
imbecilli che andranno a controllare e verificare le cose. Giusto?
Ma c'è pure di peggio, e più in là porterò degli esempi al riguardo.
[CONTINUA]