Raffaele Benzi
2009-03-25 11:50:45 UTC
Visto che la mentecatta ha voluto sfrugugliare la pazienza dei senzienti
sulla Madre Africa, bene, ecco il resoconto di viaggio dell'amica che lavora
in MSF e visita i posti piu' disperati del mondo, senza scarpette rosse e
cercando di fare qualcosa, non condannando pensieri, parole ed opere....
Buon divertimento, ed ai bigotti, buona digestione...
Raffaele
ZIMBABWE, CHOLERA 2009
Cari amici (vicini?? e) lontani,
ecco un altro dei miei frettolosi monodiari, scritto alla fine di una
intensa missione. Di nuovo nell'emisfero australe, a correre per 5 settimane
nel paese chiamato la "casa dei sassi". Proprio questo vuol dire "Zimbabwe"
in shona, la lingua indigena. Mica pensavate che io mi trovassi a Matera,
vero?!?! E mica starete pensando che sono venuta in Zimbabwe perche'
invitata alla festa di compleanno del sig. Mugabe?!
Rieccomi assorbita in un'emergenza, anche questa senza precedenti. Ma sono
sicura che tutto cio' non vi riguarda, perche' se lo stesso governo dello
Zimbabwe ha minimizzato l'epidemia di colera che ha sinora ammalato quasi
90.000 persone e ucciso circa 4.000, perche' il mondo evoluto si dovrebbe
interessare a questo pericolo estinto dai nostri rubinetti, dalle nostre
toilettes, dalle nostre mani e dai nostri piatti?
Il paese delle pietre, sapete perche'? Perche' qua attivita' vulcaniche di x
epoche fa hanno formato e lasciato gigantesche gocce di materia fossile che
uno non sa spiegarsi come possano essere cosi' perfettamente levigate.
Estrusioni magmatiche, vento, pioggia e altri agenti atmosferici (NON certo
il gelo, visto che in certi posti dormiamo con 38 gradi in stanza) hanno
smussato spigoli minerali fin troppo accuratamente. E questi sassi stanno
su, impilati uno sull'altro, contro ogni scommessa gravitazionale. Se lo
Zimbabwe e' il paese dei sassi, bisognerebbe chiamarlo anche il paese dei
loro impossibili equilibri naturali.
Il paese dei sassi si', ma anche il paese delle nuvole. Finalmente nel mio
peregrinare per e con MSF in luoghi sempre disgraziati, ho trovato un posto
in cui il turismo era un'attivita' fiorente prima che la crisi investisse
questo paese. Cosi' qui si possono contemplare i famosi paesaggi africani
che uno puo' figurarsi nel turisticamente inflazionato Kenia. Il cielo qui
non e' solo la cornice superiore di un paesaggio che mai annoia, ma un vero
e proprio gioiello che regala spettacolari tramonti, arcobaleni in cui per
la prima volta sono riuscita a contare tutti i 7 colori (mai visti prima l'indaco
e il violetto!), ancora arcobaleni paralleli (due in un sol colpo, neanche
fossero stati disegnati col compasso!!).
La vegetazione poi: cactus alti come baobab, baobab alti come arcobaleni.
All'andata contemplo dall'aereo queste rosse piste perfettamente dritte in
mezzo al verde, e penso: le nostre rotonde europee per rallentare gli
automobilisti, cosi' tonde quasi fossero state disegnate da Giotto, devono
essere ancora inventate in Africa. Ma come spesso accade nel giudicare con i
propri preconcetti mondi che non si conoscono, sbaglio clamorosamente: dall'alto
infatti perdo la terza dimensione, cioe' quella delle buche che hanno
comunque lo stesso effetto di rallentare l'andatura di ogni mezzo di
trasporto. E non posso nemmeno, ancora apprezzare ne' immaginare tutta la
vita animale che si svolge nel sottobosco, che mi appare spiattellato sulla
polverosa superficie terrestre. In Zimbabwe ci sono ancora tanti parchi
nazionali che una volta erano visitati da migliaia di turisti benestanti.
Alcuni di loro venivano e pochissimi ancora vengono qui a dedicarsi ad una
tra le piu' antiche attivita' dell'uomo, la caccia. Ma ve ne parlero' poi..
Zimbabwe, dicevo, il paese dei sassi e delle nuvole. Ho detto il paese degli
equilibri naturali si', ma anche e soprattutto quello degli squilibri
socio-finanziari. Un'idea dei costi qui: tasse scolastiche 300 dollari,
rilascio di passaporto (il piu' caro al mondo) 700 dollari, rinnovo del
permesso di soggiorno per un altro mese per noi stranieri 500 dollari, un
bullone 3 dollari.
3 dollari e' pure lo stipendio mensile medio locale. Per i fortunati che
hanno un lavoro in una nazione in cui la disoccupazione supera il 90%.
Gia', sembra facile ora poter parlare di dollari, ma sino a qualche
settimana fa non si poteva scambiare ne' utilizzare valuta straniera.
Bisognava per forza usare la moneta locale, con un'inflazione che fa
addirittura ridere chi non deve arrangiarsi con l'economia locale. Il nostro
povero responsabile della finanza piu' che la calcolatrice usa un diagramma
a triangolo rettangolo per aggiungere piu' facilmente un imprecisato numero
di zeri ai costi locali, ogni giorno, ogni ora. Cio' che vale la mattina, il
pomeriggio e' carta straccia. Qui si parla di trilioni per comprare il pane,
banconote giacciono inutilizzate e inutili sui pavimenti dei supermercati!
Lasciatemi perdere per un attimo la mia veste di persona che lavora per un'organizzazione
indipendente, imparziale, neutrale, apolitica, areligiosa, etc etc.,
interessata esclusivamente alla popolazione sofferente di colera. Lasciatemi
esprimere un parere sul signor Mugabe, questo ottuagenario pazzo visionario,
un "don Chichotte africano" per cui i discendenti degli inglesi sono i suoi
mulini a vento ed usa la popolazione nazionale come ronzini da spremere fino
all'osso. Vuole forse egli ritagliare lo Zimbabwe dalle carte geografiche,
portandolo al collasso a cui si assiste vivendo e lavorando qui??!!
Pensatevi che il sig. Mugabe pensa che la presente epidemia di colera sia
stata segretamente portata dagli Inglesi per boiccottare il paese. Quando
gli Inglesi non si filano lo Zimbabwe gia' da molto, molto tempo. Apprendo
che attualmente il sig. Mugabe si ingozza di caviale ed aragoste importate
per celebrare il suo 85esimo genetliaco. Fa bene, molto bene, perche' se
questi crostacei venissero direttamente dal suo paese, sappia lui che
plancton e organismi fluvial-marini sono scientificamente provati come veri
probabili simbiotici trasportatori del vibrione del colera! Meglio che curi
la propria basilare igiene personale il sig. Mugabe, prima di sgusciare a
mani ignude prelibatezze costosissime. Le aragoste saranno per pochissimi
privilegiati, ma il colera (almeno quello!) non discrimina, se non ti lavi
le mani prima di mangiare.
Ma come biasimare il sig. Mugabe, come criticargli i pranzi luculliani,
visto che un certo tempo fa, nemmeno troppo lontano, il benessere e la
ricchezza erano di casa in tutto il "suo" paese?! I fasti passati sono
ancora visibili, benche' tutto appare impolverato e decadente, non
funzionante e/o privo di manutenzione da molto, molto tempo. E non so perche'
ma a volte mi sembra di essere in un paese sovietico, insomma la Jugoslavia
prima dell'ultima guerra. Soprattutto per il dover convertire tutti i prezzi
in scala logaritmica, perche' come gia' detto da un giorno all'altro gli
zeri si aggiungono alle cifre iniziali in modo esponenziale. E l'inflazione
sfiora non so che cetinaia per cento. Praticamente inutile pure riportare l'informazione.
Definirei lo Zimbabwe un Myanmar africano: come in una vera e propria
dittatura, la gente e' stata forzatamente costretta a ripiegare su una vita
povera ed ignorante, mentre nel passato avevano accesso a risorse,
istruzione, lavoro, assistenza sanitaria, economia di esportazione.
Viaggiando nelle zone rurali del paese, incontro persone che parlano l'inglese
meglio di me anche in remoti villaggi attorniati solo da colline montuose e
campi di grano. Harare, la capitale, sembra una citta' europea calata in un
clima tropicale: palazzi di vetro, pali della luce, ville con piscine,
aiuole curate, cestini dell'immondizia per le strade! Non proprio cio' che
mi sono abituata a vedere sinora in altre capitali africane: Freetown,
Monrovia, Maputo.
I bianchi residenti qui ormai da qualche generazione e discendenti dai
colonizzatori inglesi, che fino al 2000 stavano ingrassando le proprie
tasche e quelle dello stato, sono stati cacciati da un giorno all'altro.
Dalla notte al giorno dopo, si son ritrovati centinaia di capi di bestiame
sgozzati, quale chiaro segno di intimidazione: stavano venendo espropriati.
Il governo del sig. Mugabe iniziava a colonizzare il suo stesso paese.
Questa missione rispetta per me la legge del contrappasso: esattamente un
anno fa, quando mi trovavo in Mozambico per un'altra epidemia di colera, ero
contenta di non essere qui in Zimbabwe, vista la disastrosa situazione in
cui il paese versava (e versa). Gli espatriati che avevo incrociato a Maputo
di ritorno da qui mi raccontavano favole di scaffali vuoti e costi
proibitivi. Ebbene, eccomi ora davanti agli scaffali vuoti: vengono riempiti
a ondate di prodotti comunque troppo cari per la popolazione. Vi si trova
troppo shampoo ma non dentifricio, tanti fagioli in scatola ma non carne.
Tutto sembra improvvisato, e tutto arriva dall'estero. Capisco ora quanto
calzi bene il termine "autotreni" a certi pianali con rimorchio ripieni di
mercanzie che viaggiano da sud a nord. Caricati in Sud Africa, questi che
sembrano piu' treni che auto se ne ritorneranno a sud completamente vuoti. E
pensare che lo Zimbabwe nel passato aveva una capacita' produttiva agricola
che poteva soddisfare gran parte della domanda proveniente da molti altri
paesi africani, soprattutto cio' che concerne il fabbisogno di grano.
La crisi economica in Zimbabwe ha fatto cambiare tutto: il tipo di
agricoltura non piu' orientato all'esportazione ma al consumo casalingo, l'irrigazione
bloccata perche' ci sono le infrastrutture idrauliche ed elettriche ma manca
l'elettricita' e la manutenzione, il cambiamento climatico. Anni molto
secchi fanno si' che al posto del grano si debba coltivare il sorgo, che e'
molto piu' resistente alla siccita' ma anche molto meno nutriente e
gradevole al gusto. I pascoli per il bestiame sono impoveriti e l'erba non
fa piu' ingrassare le mucche, che sono davvero magre! A volte rimane solo il
nome: "Angus ranch" e' un'area in cui fino a qualche anno fa c'erano i
bianchi, ma come gia' detto da un giorno all'altro sono stati cacciati e una
sana bistecca al sangue la vedro' solo quando torno in Europa.
Nelle grandi citta' dello Zimbabwe splendono insegne di SPAR, i supermercati
locali, il cui logo ricorda quelli europei. Ci sono entrata due volte in un
mese e mezzo, proprio e solo perche' dovevo comprarmi il dentifricio una
volta, e le batterie per il GPS la seconda. La fila per pagare alle casse ti
sembra piuttosto naturale, quando arrivi da Bruxelles durante i saldi
invernali. Ma la seconda fila, quella dopo aver ricevuto lo scontrino per
aspettare il resto, non sei pronta ad affrontarla. Devi aspettare il resto,
se non vuoi che il tuo cambio dei 10 dollari ti venga reso in una quantita'
di leccalecca e caramelle da far paura anche al piu' spregiudicato dentista.
Il denaro spicciolo non circola e la cassiera deve accumulare banconote da
un dollaro prima di poterti dare il dovuto. Ma come sempre tutti hanno
banconote di taglia grossa e si arriva alla situazione di impass che tutti
si guardano intorno sventolando 20 e 50 dollari.
Nel frattempo maestri, poliziotti, personale medico, soldati, scioperano
assiduamente. Perche' andare a lavorare se il costo del trasporto
giornaliero e' superiore al tuo stipendio mensile? Per curare i malati di
colera? Si', magari, peccato che tanto il ministero della sanita' non
rifornisca di medicine le strutture cliniche. E quindi perche' essere
presenti nei centri di salute? Per vedere arrivare persone agonizzanti dopo
un penoso viaggio in carriola, e rimandarli subito a casa perche' non c'e'
nemmeno la varechina per disinfettare per terra?!
Lo sciopero dei maestri ha per noi il vantaggio che le scuole non vengano
riaperte, come d'uso, all'inizio dell'anno: questo ci aiutera' a scongiurare
il pericolo che bambini provenienti da diverse zone, che dovrebbero
condividere toilettes e mensa, non vengano in contatto l'uno con l'altro,
diminuendo parzialmente il rischio di epidemie.
Per di piu' i bimbi che possono essere mandati a scuola non sono poi tanti.
Molti di loro li incontriamo a pascolare il loro scarno bestiame, fatto
sempre di mucche, capre e qualche asino: ecco come spendono il loro tempo le
nuove generazioni invece che andare a scuola, visto che i genitori non
possono permettersi di pagare le tasse scolastiche. Pure per le nostre
indicazioni stradali, quando siamo persi in mezzo a campi di mais e colline
sassose, quando non sappiamo se infilarci in una traccia piena di cespugli
verso la direzione giusta, o in una strada piu' larga ma dalla parte opposta
a quella in cui dobbiamo dirigerci, ci affidiamo a bambini pastori. Il modo
in cui contemplano stupefatti il movimento delle ruote delle nostre auto li
fa sembrare piu' bambini di quelli che sono, ma la lunga frusta che
maneggiano abilmente e fieramente li fa sembrare gia' molto adulti.
Quando passiamo con le nostre macchine rumorose e ingombranti c'e' sempre il
rischio che qualche mucca o capra si faccia cogliere dal panico ed inizi a
cambiare improvvisamente direzione col rischio di essere investita. O col
rischio per noi che decida di non cambiare direzione e correre davanti a
noi, costretti a seguirla. Un vitellino impanicato al passaggio della
nostra vettura saltella in mezzo alle capre: sembra che si creda uno di
loro, ed infatti e' cosi'! L'autista mi spiega che i vitellini vengono
svezzati facendoli dormire con le capre, perche' cosi' la mattina dopo nella
mucca ci sara' tutto il latte, a sufficienza per sfamare almeno un po' la
famiglia "umana".
In un villaggio nel sud-est del paese colpito dall'epidemia di colera,
durante una sessione di educazione igienica (non si puo' chiamare
promozione, visto che si deve partire da zero), mentre enfatizziamo il fatto
che bisogna lavarsi le mani prima di mangiare, una secca signora alza la
mano: "io non mi lavo le mani prima di mangiare, perche' non ho nulla da
mangiare". Solita reazione africana, tutti scoppiano a ridere. Non so come
le persone in Africa trovino sempre e comunque la forza di ironizzare sulla
propria condizione.
Gia', qui la gente ha fame e tra lo stomaco vuoto oggi e il colera domani,
la loro priorita' non e' sicuramente la nostra (quella di prevenire il
colera): tanti cercano di farsi ricoverare nei nostri centri di trattamento
del colera, giusto per ottenere qualche pasto offerto gratuitamente. Ma per
far cio' devono farsi svariate ore a piedi perche' le cliniche sono perle
rare.
Altri incontri che mi capita di fare: una vecchierella attraversa un fiume
dove sto facendo dei test su come purificare l'acqua con della semplice
candeggina (si', tanti anni di studi ingegneristici "matti e disperati" per
finire a purificare acqua di fiume per persone che non parlano la mia
lingua, cosa posso farci?!). Ella saltella per avvicinarsi a me evitando i
posti piu' profondi, stile Sampei. Mi urla "magadi' magadi'!" che significa
"come stai?" in shona, e al contempo batte una mano sull'altra come se
stesse formando una palla: e' il tradizionale segno di saluto. Poi inizia
una lunga discussione e la mia faccia diventa un punto di domanda. L'autista
che mi accompagna (e che uso come traduttore - collaboratore, visto che si
annoia ad aspettarmi in macchina), mi dice che la donna mi sta ringraziando
perche' aveva il colera ma e' arrivata in tempo in una delle nostre cliniche
ed ora sta bene! Davanti alle donne che ho incuriosito per i miei rudi
esperimenti di potabilizzazione dell'acqua, le stringo la mano e la
abbraccio, per dimostrare loro che il contatto epidermico non trasmette il
colera, e che semplice prevenzione rende molto, ma molto difficile prendersi
il colera!
Dall'inizio dell'epidemia, cioe' a fine novembre scorso, la conta e' di
quasi quattromila morti di colera. Quattromila morti, quattromila battaglie
perse: sarebbe cosi' semplice ed efficace essere curati, se per arrivare
alla clinica non servissero 4 ore di trasporto in carretti trainati da
asini. O se alla clinica non ci fosse una farmacia vuota.
Viaggio per un posto chiamato Chilongwe, durata 9 ore a causa di un ponte
inondato che non giudichiamo sicuro per essere attraversato con le macchine.
Aggiriamo l'ostacolo viaggiando per ore nel cuore delle piantagioni di canna
da zucchero e non so come l'autista sappia decidere i bivi perche' tutto
appare molto uguale. Le coperte dell'Unicef che stiamo trasportando per i
pazienti non attutisono abbastanza gli spigoli metallici della land cruiser,
e piu' viaggiamo piu' li percepisco numerosi e pungenti. Almeno il classico
pitstop per la pipi' rende sempre, se non proprio felici, almeno un po' piu'
sereni.
Arriviamo verso le sei del pomeriggio, e per ragioni di sicurezza MSF impone
(in tutte le sue missioni) di non viaggiare quando fa buio. Con l'antropologa
decidiamo di andare a fare solo una breve ispezione nel villaggio da cui
vengono molti casi di colera. Lasciamo il logista e l'infermiera a correre
nell'area attorno alla clinica, che ben presto verra' trasformata in un
"campeggio colerico". I nostri colleghi poveretti non hanno nemmeno il tempo
di disperarsi per la situazione a cui ormai hanno fatto l'abitudine: pieno
di gente seduta seminuda per terra che vomita acqua, uomini donne vecchi
bambini, tutti con gli stessi sintomi, i piu' severamente deidratati con le
flebo appese alle ringhiere delle finestre.
Vicino all'esistente clinica condotta dal locale ministero della salute
qualche settimana fa MSF aveva gia' installato una tenda e portato medicine,
secchi e letti, ma l'esplosione di nuovi casi in altri villaggi vicini ha
richiesto un intervento piu' massiccio di quello gia' incominciato.
L'antropologa ed io ci spostiamo solo di qualche centinaia di metri, ma gia'
tutti ci corrono dietro per dirci che, a causa della scarsezza di soluzione
reidratante (praticamente la sola unica cura contro il colera!!), molti
pazienti sono stati rifiutati alla clinica. O sono stati mandati a casa dopo
poche ore di ricovero. Il che vuol dire che gia' in un paio di case accanto
a cui passiamo, troviamo persone che giacciono spossate sulle stuoie,
coperte di mosche.
Va bene, abbiamo capito abbastanza ed io ho visto l'unico pozzo da cui la
popolazione di 3 villaggi, circa 2000 persone, attingono l'acqua. Per me
sara' facile l'indomani organizzare una clorinazione sistematica dell'acqua
in tutti i secchi delle persone che arrivano li'. Bastera' una sola persona,
un po' di cloro, una bottiglia per preparare la "soluzione madre" e una
siringa. Gli ingegneri devono trovare soluzioni semplici ma di grande
impatto e poco costose, no?!
Decidiamo di tornare indietro ma rimaniamo impantanate nel fango con la
macchina. Chi spinge? L'autista deve guidare, l'antropologa ha le ciabatte..
mentre la watsan (io) ha gli stivali di gomma. Scendo ma da sola posso solo
far retrocedere la macchina invece che superare la malefica pozza. Arriva
gentilmente un signore ad aiutarmi, ma nulla da fare. Alla fine siamo in 3
quando le ruote scavalcano la melma e tutti rischiamo di finire a musata per
l'improvvisa mancanza di appoggio delle mani.
Arriviamo giusto in tempo alla clinica, dove servono piu' braccia per
spostare lo scheletro della tenda di quasi 50 metri quadri che sara' il
nuovo reparto per i casi piu' gravi. Ancora installazione di recinti
temporanei, montaggio dei letti, distribuzione di secchi, etc etc.
Verso le 22 logista, infermiera, antropologa, autisti e staff medico
nazionale, tutti riusciamo a riunirci per la cena. Spaghetti cinesi
liofilizzati cotti nell'acqua fatta bollire su un improvvisato falo'. Il
vento inizia a soffiare forte da tutte le direzioni, impossibile evitare il
fumo del fuoco perche' dove ci si sposta, lui arriva. Alle 22.05 inizia uno
scroscio di pioggia che a me fa perdere totalmente l'interesse per il cibo.
Alle 22.30 tutto passa, usciamo dalla nostra tenda (questa volta un semplice
igloo!) montata per la notte vicino alla clinica.
La pioggia e' passata, ma i conati di vomito dei paizenti a poche decine di
metri da noi rende drammatico anche un cielo stellatissimo e fanno perdere l'interesse
per contemplare Orione capovolto.
Tutto cio' puo' suonare come una favola ben congetturata. Ma io davanti a
queste realta' mi chiedo spesso: che farei io, se abitassi qui? Che fareste
voi, se abitaste in Zimbabwe? Credo che faremmo esattamente come fanno loro:
andremmo a cercar miglior fortuna in qualche altro paese. Come ad esempio il
confinante e benestante Sud Africa.
Facendo scalo a Johannesburg, al controllo dei passaporti il poliziotto (di
colore) mi chiede dove sono diretta. Zimbabwe, dico io e lui ribatte:
"Andare in Zimbabwe, questa e' follia!!". Di sicuro fa parte di uno di
quelli che teme l'immigrazione da parte dei suoi "fratelli" Zimbabweani per
la loro poverta'. Gli Zimbabweani infatti si dirigono disperatamente verso
sud per cercare asilo politico in Sud Africa. La maggior parte di loro sono
minorenni non accompagnati, che un'altra missione di MSF giusto al di la'
del confine con lo Zimbabwe cerchera' di aiutare. Discretamente, anzi quasi
di nascosto, perche' se queste persone vengono aiutate da MSF o da altre
organizzazioni umanitarie, si viene bacchettati dal locale governo
sudafricano (quello tanto aperto ad abbattere le discriminazioni e l'apartheid,
quello di Mandela e degli alti ideali sulla parita' razziale): non si puo'
legittimare la condizione di immigrati clandestini per i Zimbabweani. La
parita' va bene se stai bene, accade qui ed in fondo mi sovviene che
accadeva pure all'inizio del secolo scorso ai migranti di terza classe
(molti italiani!) all'arrivo a Ellis Island nel porto di New York. Negli
Stati Uniti con le valigie recuperate dal quel periodo ci han fatto un
museo, mentre la vedo dura qui in Africa, visto che la gente in genere si
porta dietro solo quello che ha addosso e un grappolo di bambini al seguito.
Almeno in Sud Africa la clorinazione dell'acqua e' pratica di uso comune.
In Zimbabwe visito la citta' di Mutare, al confine col Mozambico, dove ci
vengono riportati alcuni casi di colera. Trattandosi di una citta'
densamente abitata come Trieste (circa 250.000 persone), meglio andare a
controllare la situazione circa la provenienza dell'acqua "potabile" e il
conferimento delle acque reflue. Arrivo la sera e nell'albergo dove posso
vedere un unico canale di televisione (sudafricano, che trasmette..
wrestling!), inizio i miei stupidissimi test con l'acqua campionata dal
rubinetto nel bagno della mia camera: non c'e' cloro. Primo problema: cosa
bevo ora, che ho sete e se chiedo alla reception mi danno la stessa acqua
che non voglio essere scortese a rifiutare? Inizio quindi a sminuzzare su un
pezzo di carta una pastiglia di cloro che dovrebbe servire per la
potabilizzazione di 20 litri d'acqua. Io ho solo una bottiglia da mezzo,
quindi inizio questa delicata operazione con un mini coltellino svizzero che
mi sembra di essere una cocainomane.
Riprovo a misurare il cloro nell'acqua il giorno dopo, nella toilette dell'ufficio
del comune, dove aspetto di essere accolta dal responsabile del "settore
salute pubblica". Nulla. Quando esprimo la mia preoccupazione per la mia
scoperta, lui mi ribatte: "noi abbiamo un impianto di purificazione dell'acqua
che funziona perfettamente!". Si', penso io, forse anni fa. Lo convinco a
fare un paio di sopralluoghi, e piu' testiamo l'acqua in diversi punti della
citta', piu' la sua faccia si incupisce. finiamo per andare a visitare l'impianto
stesso, 30 chilometri di strada in mezzo a verdissime montagne dove il
profumo di essenze e' incredibilmente buono, vista la ricchissima attivita'
di produzione di legni tropicali. Si', tutto molto bucolico ma occhio ai
camion che sbucano ad ogni curva carichi di tronchi pero'!
Dall'esterno del recinto l'impianto mi pare un sogno: tutto c'e' (vasche di
pretrattamento, di decantazione, aeratori, mixer, etc. etc.), ma nulla viene
usato! Alla nostra richiesta all'ingegnere responsabile dell'impianto di
entrare, ci viene negato l'accesso accampando stupide scuse. "E comunque non
c'e' nulla da vedere perche' al momento, ma solo temporaneamente, non
abbiamo ricevuto ancora i reagenti chimici per farlo funzionare".
Torniamo in citta' e il funzionario mi confida che sente puzza di bruciato,
visto che una settimana fa aveva pure imprestato alla ditta che gestisce l'impianto
il camion del comune per andare a prendere ad Harare la fornitura di cloro
nel magazzino dell'Unicef. Quindi c'e' qualcosa di losco sotto. mi da' un
appuntamento il giorno dopo. Arrivo la mattina e mi raggelo: nel suo ufficio
ha convocato camionisti, funzionari della compagnia responsabile del
trattamento dell'acqua, il sindaco! Vengo indicata come "quella che ha
scoperto che nella citta' di Harare l'acqua non e' clorinata".. E come l'ho
scoperto? Con uno stupidisissimo strumento che serve anche per controllare
il corretto contenuto di cloro nell'acqua delle piscine, e con l'intuizione
che se noi italiani non sempre brilliamo per correttezza ambientale e
legislativa, figuriamoci dove la gente ha fame.
A parte il fatto di sentirmi un po' come "la signora in giallo" al culmine
delle sue investigazioni, penso che e' meglio che me ne vada presto, prima
che finisca nelle mani di quelli a cui ho interrotto l'affare del cloro
"riciclato" chissa' dove e in quali tasche!
Infatti fortunatamente lascio Mutare con la promessa di sollevare il
problema con l'Unicef, che di solito ha un magazzino di cloro e solfato di
alluminio necessari per il trattamento dell'acqua che sembra una caverna di
Ali' Baba'. Sapete gia' chi immaginare per impersonare i 40 ladroni.. Ma mi
tocca passare un'altra notte in albergo, ancora a trastullarmi con i dosaggi
empirici di polvere di cloro! La sera prima, per eccesso di sicurezza, mi sa
che avevo esagerato e la quantita' che avevo addizionato alla mia piccola
bottiglietta mi aveva causato una "leggera" secchezza delle fauci che era
meglio che direttamente non bevessi per nulla!
In queste circostanze epidemiche il nostro epidemiologo, un dottore
australiano, viene usato come "cane da fiuto" per scovare posti
particolarmente a rischio di contagio, che finora sono stati graziati dall'epidemia.
Andiamo alla ricerca delle zone in cui possiamo prevedere e temere un
maggior numero di casi, vuoi per la carenza di acqua e di igiene, vuoi per
la distanza dalle strutture sanitarie, vuoi perche' circondati da villaggi
in cui la malattia ha gia' fatto il suo decorso e molto probabilmente e'
stata introdotta da qualche portatore sano anche in zone rimaste per ora
senza casi. Per la notte riusciamo sempre ad accamparci in vecchi lodge che
evidentemente vantano una gloriosa storia di caccia grossa: ci sono ancora
grossi ganci, sistemi di carrucole, ripari di paglia a protezione di mensole
e rastrelliere, che non riesco a capire a cosa servano. Ma dovrei
sospettarlo quando vedo di cosa sono fatti i cestini delle immondizie:
creati con la pelle dei piedi di un elefante (seguono testimonianze
fotografiche..)! Il tutto e' una sorta di camera delle torture, che serviva
a scorticare e poi innalzare le pelli delle fiere per farle seccare. E
durante il giorno ci imbattiamo in due zimbabweani bianchi che
fortunatamente non sono stati ancora cacciati visto che si occupano di
"controllo delle nascite". di coccodrilli! Sono cacciatori di professione,
non sanno praticamente nulla del colera, loro possono permettersi di
comprare acqua in bottiglia. Li stupisco raccontando loro che l'anno scorso
sono stata in Mozambico sempre per il colera, in un posto al confine col
Malawi dove c'e' una fiorente attivita' di raccolta e crescita di
coccodrillini da spedire ancora in tenera eta' (leggi massimo qualche
decimetro di lunghezza) al macello in Sud Africa. Quando proferisco il nome
di Mutarara, il posto dove ero basata (che forse ricordate da una delle mie
passate email?!), mi guardano a dir poco sorpresi e mi dicono che il gestore
del business delle pelli di coccodrillo e' un loro conoscente!!
L'epidemiologo, 2 infermieri, la logista, una promotrice dell'igiene, l'autista
ed io scorrazziamo nel sud est del paese per qualche giorno. La sera lo
staff nazionale prepara molto gentilmente la cena. Democraticamente uomini e
donne si aiutano in cucina. Per farmi piacere mi cucinano pure la pasta.
peccato che altrettanto democraticamente adottino gli stessi tempi di
cottura per riso e spaghetti, quindi la pasta risulta un soffice blocco
compatto! Ma la stanchezza della giornata spesa a correre di qua e la', a
fare test sulla qualita' dell'acqua al bordo dei fiumi, a individuare i
villaggi e a cercare i capi villaggio per chiedere quanti casi di colera
hanno avuto e da dove attingono l'acqua per bere, ha il sopravvento su
tutto, pure sul deisderio di una pasta al dente. Mi addormento sempre molto,
troppo rapidamente, provando un sottile sadico piacere nel vedere che le
zanzare se ne stanno a proboscide asciutta in inutile attesa del mio sangue
sul lato esterno della mia zanzariera. La mattina partiamo presto. Scopriamo
i babbuini in mezzo a un cespuglio, partiamo e zebre cervi e antilopi se la
danno a gambe levate al passaggio della nostra macchina.
Ci sarebbe tanto da vedere e visitare in Zimbabwe. Al termine della mia
missione le celeberrime Victoria falls le avro' viste solo nella foto che
abbellisce la mappa geografica dello Zimbabwe che ho con me per i grandi
spostamenti. D'altronde non mi posso lamentare, perche' posso dire di aver
visto abbastanza acqua in Zimbabwe, e forse messa assieme puo' fare il
volume che precipita in un minuto dalle cascate!
Avrei anche ancora tante cose da scrivervi su questa missione. Finisco qui
questo "collage" di episodi scombinati sperando di non avervi annoiato
troppo. Questa volta, per la totale lontananza da connessioni a internet e
soprattutto per la rapidita' dei miei movimenti, avevo continuato a fissare
le mie idee su un pezzo di carta, cercando di scarabocchiare (piu' che
scrivere, viste le strade disseminate di buche) durante gli spostamenti in
macchina. Se non avete voglia di leggere tutto (ma se siete arrivati fino a
questo punto. troppo tardi!!), andate al seguente sito per avere un
riassunto in immagini: http://picasaweb.google.com/fra.coloni.msf
Vi lascio con un indovinello: quanti zeri bisogna aggiungere ad una cifra
per ottenere il. zilione??!! Il premio lo offro io, decidete voi cosa!
E aggiungo pure un proverbio: "Quando arrivi in Africa, il primo strappo di
carta igienica non e' mai abbastanza. Mentre il primo quando rientri in
Europa, sara' sicuramente troppo lungo!". Se troppo oscuro, scrivetemi per
delucidazioni..
FranSIsKa
PS: Cari Tutti, da tempo non scrivevo perche' da qualche mese sto lavorando
nell'ufficio di MSF a Bruxelles e i cambiamenti repentini non mi avevano
permesso di tenervi aggiornati. Per questo mi scuso, ma prometto di farmi
viva appena in Italia!
sulla Madre Africa, bene, ecco il resoconto di viaggio dell'amica che lavora
in MSF e visita i posti piu' disperati del mondo, senza scarpette rosse e
cercando di fare qualcosa, non condannando pensieri, parole ed opere....
Buon divertimento, ed ai bigotti, buona digestione...
Raffaele
ZIMBABWE, CHOLERA 2009
Cari amici (vicini?? e) lontani,
ecco un altro dei miei frettolosi monodiari, scritto alla fine di una
intensa missione. Di nuovo nell'emisfero australe, a correre per 5 settimane
nel paese chiamato la "casa dei sassi". Proprio questo vuol dire "Zimbabwe"
in shona, la lingua indigena. Mica pensavate che io mi trovassi a Matera,
vero?!?! E mica starete pensando che sono venuta in Zimbabwe perche'
invitata alla festa di compleanno del sig. Mugabe?!
Rieccomi assorbita in un'emergenza, anche questa senza precedenti. Ma sono
sicura che tutto cio' non vi riguarda, perche' se lo stesso governo dello
Zimbabwe ha minimizzato l'epidemia di colera che ha sinora ammalato quasi
90.000 persone e ucciso circa 4.000, perche' il mondo evoluto si dovrebbe
interessare a questo pericolo estinto dai nostri rubinetti, dalle nostre
toilettes, dalle nostre mani e dai nostri piatti?
Il paese delle pietre, sapete perche'? Perche' qua attivita' vulcaniche di x
epoche fa hanno formato e lasciato gigantesche gocce di materia fossile che
uno non sa spiegarsi come possano essere cosi' perfettamente levigate.
Estrusioni magmatiche, vento, pioggia e altri agenti atmosferici (NON certo
il gelo, visto che in certi posti dormiamo con 38 gradi in stanza) hanno
smussato spigoli minerali fin troppo accuratamente. E questi sassi stanno
su, impilati uno sull'altro, contro ogni scommessa gravitazionale. Se lo
Zimbabwe e' il paese dei sassi, bisognerebbe chiamarlo anche il paese dei
loro impossibili equilibri naturali.
Il paese dei sassi si', ma anche il paese delle nuvole. Finalmente nel mio
peregrinare per e con MSF in luoghi sempre disgraziati, ho trovato un posto
in cui il turismo era un'attivita' fiorente prima che la crisi investisse
questo paese. Cosi' qui si possono contemplare i famosi paesaggi africani
che uno puo' figurarsi nel turisticamente inflazionato Kenia. Il cielo qui
non e' solo la cornice superiore di un paesaggio che mai annoia, ma un vero
e proprio gioiello che regala spettacolari tramonti, arcobaleni in cui per
la prima volta sono riuscita a contare tutti i 7 colori (mai visti prima l'indaco
e il violetto!), ancora arcobaleni paralleli (due in un sol colpo, neanche
fossero stati disegnati col compasso!!).
La vegetazione poi: cactus alti come baobab, baobab alti come arcobaleni.
All'andata contemplo dall'aereo queste rosse piste perfettamente dritte in
mezzo al verde, e penso: le nostre rotonde europee per rallentare gli
automobilisti, cosi' tonde quasi fossero state disegnate da Giotto, devono
essere ancora inventate in Africa. Ma come spesso accade nel giudicare con i
propri preconcetti mondi che non si conoscono, sbaglio clamorosamente: dall'alto
infatti perdo la terza dimensione, cioe' quella delle buche che hanno
comunque lo stesso effetto di rallentare l'andatura di ogni mezzo di
trasporto. E non posso nemmeno, ancora apprezzare ne' immaginare tutta la
vita animale che si svolge nel sottobosco, che mi appare spiattellato sulla
polverosa superficie terrestre. In Zimbabwe ci sono ancora tanti parchi
nazionali che una volta erano visitati da migliaia di turisti benestanti.
Alcuni di loro venivano e pochissimi ancora vengono qui a dedicarsi ad una
tra le piu' antiche attivita' dell'uomo, la caccia. Ma ve ne parlero' poi..
Zimbabwe, dicevo, il paese dei sassi e delle nuvole. Ho detto il paese degli
equilibri naturali si', ma anche e soprattutto quello degli squilibri
socio-finanziari. Un'idea dei costi qui: tasse scolastiche 300 dollari,
rilascio di passaporto (il piu' caro al mondo) 700 dollari, rinnovo del
permesso di soggiorno per un altro mese per noi stranieri 500 dollari, un
bullone 3 dollari.
3 dollari e' pure lo stipendio mensile medio locale. Per i fortunati che
hanno un lavoro in una nazione in cui la disoccupazione supera il 90%.
Gia', sembra facile ora poter parlare di dollari, ma sino a qualche
settimana fa non si poteva scambiare ne' utilizzare valuta straniera.
Bisognava per forza usare la moneta locale, con un'inflazione che fa
addirittura ridere chi non deve arrangiarsi con l'economia locale. Il nostro
povero responsabile della finanza piu' che la calcolatrice usa un diagramma
a triangolo rettangolo per aggiungere piu' facilmente un imprecisato numero
di zeri ai costi locali, ogni giorno, ogni ora. Cio' che vale la mattina, il
pomeriggio e' carta straccia. Qui si parla di trilioni per comprare il pane,
banconote giacciono inutilizzate e inutili sui pavimenti dei supermercati!
Lasciatemi perdere per un attimo la mia veste di persona che lavora per un'organizzazione
indipendente, imparziale, neutrale, apolitica, areligiosa, etc etc.,
interessata esclusivamente alla popolazione sofferente di colera. Lasciatemi
esprimere un parere sul signor Mugabe, questo ottuagenario pazzo visionario,
un "don Chichotte africano" per cui i discendenti degli inglesi sono i suoi
mulini a vento ed usa la popolazione nazionale come ronzini da spremere fino
all'osso. Vuole forse egli ritagliare lo Zimbabwe dalle carte geografiche,
portandolo al collasso a cui si assiste vivendo e lavorando qui??!!
Pensatevi che il sig. Mugabe pensa che la presente epidemia di colera sia
stata segretamente portata dagli Inglesi per boiccottare il paese. Quando
gli Inglesi non si filano lo Zimbabwe gia' da molto, molto tempo. Apprendo
che attualmente il sig. Mugabe si ingozza di caviale ed aragoste importate
per celebrare il suo 85esimo genetliaco. Fa bene, molto bene, perche' se
questi crostacei venissero direttamente dal suo paese, sappia lui che
plancton e organismi fluvial-marini sono scientificamente provati come veri
probabili simbiotici trasportatori del vibrione del colera! Meglio che curi
la propria basilare igiene personale il sig. Mugabe, prima di sgusciare a
mani ignude prelibatezze costosissime. Le aragoste saranno per pochissimi
privilegiati, ma il colera (almeno quello!) non discrimina, se non ti lavi
le mani prima di mangiare.
Ma come biasimare il sig. Mugabe, come criticargli i pranzi luculliani,
visto che un certo tempo fa, nemmeno troppo lontano, il benessere e la
ricchezza erano di casa in tutto il "suo" paese?! I fasti passati sono
ancora visibili, benche' tutto appare impolverato e decadente, non
funzionante e/o privo di manutenzione da molto, molto tempo. E non so perche'
ma a volte mi sembra di essere in un paese sovietico, insomma la Jugoslavia
prima dell'ultima guerra. Soprattutto per il dover convertire tutti i prezzi
in scala logaritmica, perche' come gia' detto da un giorno all'altro gli
zeri si aggiungono alle cifre iniziali in modo esponenziale. E l'inflazione
sfiora non so che cetinaia per cento. Praticamente inutile pure riportare l'informazione.
Definirei lo Zimbabwe un Myanmar africano: come in una vera e propria
dittatura, la gente e' stata forzatamente costretta a ripiegare su una vita
povera ed ignorante, mentre nel passato avevano accesso a risorse,
istruzione, lavoro, assistenza sanitaria, economia di esportazione.
Viaggiando nelle zone rurali del paese, incontro persone che parlano l'inglese
meglio di me anche in remoti villaggi attorniati solo da colline montuose e
campi di grano. Harare, la capitale, sembra una citta' europea calata in un
clima tropicale: palazzi di vetro, pali della luce, ville con piscine,
aiuole curate, cestini dell'immondizia per le strade! Non proprio cio' che
mi sono abituata a vedere sinora in altre capitali africane: Freetown,
Monrovia, Maputo.
I bianchi residenti qui ormai da qualche generazione e discendenti dai
colonizzatori inglesi, che fino al 2000 stavano ingrassando le proprie
tasche e quelle dello stato, sono stati cacciati da un giorno all'altro.
Dalla notte al giorno dopo, si son ritrovati centinaia di capi di bestiame
sgozzati, quale chiaro segno di intimidazione: stavano venendo espropriati.
Il governo del sig. Mugabe iniziava a colonizzare il suo stesso paese.
Questa missione rispetta per me la legge del contrappasso: esattamente un
anno fa, quando mi trovavo in Mozambico per un'altra epidemia di colera, ero
contenta di non essere qui in Zimbabwe, vista la disastrosa situazione in
cui il paese versava (e versa). Gli espatriati che avevo incrociato a Maputo
di ritorno da qui mi raccontavano favole di scaffali vuoti e costi
proibitivi. Ebbene, eccomi ora davanti agli scaffali vuoti: vengono riempiti
a ondate di prodotti comunque troppo cari per la popolazione. Vi si trova
troppo shampoo ma non dentifricio, tanti fagioli in scatola ma non carne.
Tutto sembra improvvisato, e tutto arriva dall'estero. Capisco ora quanto
calzi bene il termine "autotreni" a certi pianali con rimorchio ripieni di
mercanzie che viaggiano da sud a nord. Caricati in Sud Africa, questi che
sembrano piu' treni che auto se ne ritorneranno a sud completamente vuoti. E
pensare che lo Zimbabwe nel passato aveva una capacita' produttiva agricola
che poteva soddisfare gran parte della domanda proveniente da molti altri
paesi africani, soprattutto cio' che concerne il fabbisogno di grano.
La crisi economica in Zimbabwe ha fatto cambiare tutto: il tipo di
agricoltura non piu' orientato all'esportazione ma al consumo casalingo, l'irrigazione
bloccata perche' ci sono le infrastrutture idrauliche ed elettriche ma manca
l'elettricita' e la manutenzione, il cambiamento climatico. Anni molto
secchi fanno si' che al posto del grano si debba coltivare il sorgo, che e'
molto piu' resistente alla siccita' ma anche molto meno nutriente e
gradevole al gusto. I pascoli per il bestiame sono impoveriti e l'erba non
fa piu' ingrassare le mucche, che sono davvero magre! A volte rimane solo il
nome: "Angus ranch" e' un'area in cui fino a qualche anno fa c'erano i
bianchi, ma come gia' detto da un giorno all'altro sono stati cacciati e una
sana bistecca al sangue la vedro' solo quando torno in Europa.
Nelle grandi citta' dello Zimbabwe splendono insegne di SPAR, i supermercati
locali, il cui logo ricorda quelli europei. Ci sono entrata due volte in un
mese e mezzo, proprio e solo perche' dovevo comprarmi il dentifricio una
volta, e le batterie per il GPS la seconda. La fila per pagare alle casse ti
sembra piuttosto naturale, quando arrivi da Bruxelles durante i saldi
invernali. Ma la seconda fila, quella dopo aver ricevuto lo scontrino per
aspettare il resto, non sei pronta ad affrontarla. Devi aspettare il resto,
se non vuoi che il tuo cambio dei 10 dollari ti venga reso in una quantita'
di leccalecca e caramelle da far paura anche al piu' spregiudicato dentista.
Il denaro spicciolo non circola e la cassiera deve accumulare banconote da
un dollaro prima di poterti dare il dovuto. Ma come sempre tutti hanno
banconote di taglia grossa e si arriva alla situazione di impass che tutti
si guardano intorno sventolando 20 e 50 dollari.
Nel frattempo maestri, poliziotti, personale medico, soldati, scioperano
assiduamente. Perche' andare a lavorare se il costo del trasporto
giornaliero e' superiore al tuo stipendio mensile? Per curare i malati di
colera? Si', magari, peccato che tanto il ministero della sanita' non
rifornisca di medicine le strutture cliniche. E quindi perche' essere
presenti nei centri di salute? Per vedere arrivare persone agonizzanti dopo
un penoso viaggio in carriola, e rimandarli subito a casa perche' non c'e'
nemmeno la varechina per disinfettare per terra?!
Lo sciopero dei maestri ha per noi il vantaggio che le scuole non vengano
riaperte, come d'uso, all'inizio dell'anno: questo ci aiutera' a scongiurare
il pericolo che bambini provenienti da diverse zone, che dovrebbero
condividere toilettes e mensa, non vengano in contatto l'uno con l'altro,
diminuendo parzialmente il rischio di epidemie.
Per di piu' i bimbi che possono essere mandati a scuola non sono poi tanti.
Molti di loro li incontriamo a pascolare il loro scarno bestiame, fatto
sempre di mucche, capre e qualche asino: ecco come spendono il loro tempo le
nuove generazioni invece che andare a scuola, visto che i genitori non
possono permettersi di pagare le tasse scolastiche. Pure per le nostre
indicazioni stradali, quando siamo persi in mezzo a campi di mais e colline
sassose, quando non sappiamo se infilarci in una traccia piena di cespugli
verso la direzione giusta, o in una strada piu' larga ma dalla parte opposta
a quella in cui dobbiamo dirigerci, ci affidiamo a bambini pastori. Il modo
in cui contemplano stupefatti il movimento delle ruote delle nostre auto li
fa sembrare piu' bambini di quelli che sono, ma la lunga frusta che
maneggiano abilmente e fieramente li fa sembrare gia' molto adulti.
Quando passiamo con le nostre macchine rumorose e ingombranti c'e' sempre il
rischio che qualche mucca o capra si faccia cogliere dal panico ed inizi a
cambiare improvvisamente direzione col rischio di essere investita. O col
rischio per noi che decida di non cambiare direzione e correre davanti a
noi, costretti a seguirla. Un vitellino impanicato al passaggio della
nostra vettura saltella in mezzo alle capre: sembra che si creda uno di
loro, ed infatti e' cosi'! L'autista mi spiega che i vitellini vengono
svezzati facendoli dormire con le capre, perche' cosi' la mattina dopo nella
mucca ci sara' tutto il latte, a sufficienza per sfamare almeno un po' la
famiglia "umana".
In un villaggio nel sud-est del paese colpito dall'epidemia di colera,
durante una sessione di educazione igienica (non si puo' chiamare
promozione, visto che si deve partire da zero), mentre enfatizziamo il fatto
che bisogna lavarsi le mani prima di mangiare, una secca signora alza la
mano: "io non mi lavo le mani prima di mangiare, perche' non ho nulla da
mangiare". Solita reazione africana, tutti scoppiano a ridere. Non so come
le persone in Africa trovino sempre e comunque la forza di ironizzare sulla
propria condizione.
Gia', qui la gente ha fame e tra lo stomaco vuoto oggi e il colera domani,
la loro priorita' non e' sicuramente la nostra (quella di prevenire il
colera): tanti cercano di farsi ricoverare nei nostri centri di trattamento
del colera, giusto per ottenere qualche pasto offerto gratuitamente. Ma per
far cio' devono farsi svariate ore a piedi perche' le cliniche sono perle
rare.
Altri incontri che mi capita di fare: una vecchierella attraversa un fiume
dove sto facendo dei test su come purificare l'acqua con della semplice
candeggina (si', tanti anni di studi ingegneristici "matti e disperati" per
finire a purificare acqua di fiume per persone che non parlano la mia
lingua, cosa posso farci?!). Ella saltella per avvicinarsi a me evitando i
posti piu' profondi, stile Sampei. Mi urla "magadi' magadi'!" che significa
"come stai?" in shona, e al contempo batte una mano sull'altra come se
stesse formando una palla: e' il tradizionale segno di saluto. Poi inizia
una lunga discussione e la mia faccia diventa un punto di domanda. L'autista
che mi accompagna (e che uso come traduttore - collaboratore, visto che si
annoia ad aspettarmi in macchina), mi dice che la donna mi sta ringraziando
perche' aveva il colera ma e' arrivata in tempo in una delle nostre cliniche
ed ora sta bene! Davanti alle donne che ho incuriosito per i miei rudi
esperimenti di potabilizzazione dell'acqua, le stringo la mano e la
abbraccio, per dimostrare loro che il contatto epidermico non trasmette il
colera, e che semplice prevenzione rende molto, ma molto difficile prendersi
il colera!
Dall'inizio dell'epidemia, cioe' a fine novembre scorso, la conta e' di
quasi quattromila morti di colera. Quattromila morti, quattromila battaglie
perse: sarebbe cosi' semplice ed efficace essere curati, se per arrivare
alla clinica non servissero 4 ore di trasporto in carretti trainati da
asini. O se alla clinica non ci fosse una farmacia vuota.
Viaggio per un posto chiamato Chilongwe, durata 9 ore a causa di un ponte
inondato che non giudichiamo sicuro per essere attraversato con le macchine.
Aggiriamo l'ostacolo viaggiando per ore nel cuore delle piantagioni di canna
da zucchero e non so come l'autista sappia decidere i bivi perche' tutto
appare molto uguale. Le coperte dell'Unicef che stiamo trasportando per i
pazienti non attutisono abbastanza gli spigoli metallici della land cruiser,
e piu' viaggiamo piu' li percepisco numerosi e pungenti. Almeno il classico
pitstop per la pipi' rende sempre, se non proprio felici, almeno un po' piu'
sereni.
Arriviamo verso le sei del pomeriggio, e per ragioni di sicurezza MSF impone
(in tutte le sue missioni) di non viaggiare quando fa buio. Con l'antropologa
decidiamo di andare a fare solo una breve ispezione nel villaggio da cui
vengono molti casi di colera. Lasciamo il logista e l'infermiera a correre
nell'area attorno alla clinica, che ben presto verra' trasformata in un
"campeggio colerico". I nostri colleghi poveretti non hanno nemmeno il tempo
di disperarsi per la situazione a cui ormai hanno fatto l'abitudine: pieno
di gente seduta seminuda per terra che vomita acqua, uomini donne vecchi
bambini, tutti con gli stessi sintomi, i piu' severamente deidratati con le
flebo appese alle ringhiere delle finestre.
Vicino all'esistente clinica condotta dal locale ministero della salute
qualche settimana fa MSF aveva gia' installato una tenda e portato medicine,
secchi e letti, ma l'esplosione di nuovi casi in altri villaggi vicini ha
richiesto un intervento piu' massiccio di quello gia' incominciato.
L'antropologa ed io ci spostiamo solo di qualche centinaia di metri, ma gia'
tutti ci corrono dietro per dirci che, a causa della scarsezza di soluzione
reidratante (praticamente la sola unica cura contro il colera!!), molti
pazienti sono stati rifiutati alla clinica. O sono stati mandati a casa dopo
poche ore di ricovero. Il che vuol dire che gia' in un paio di case accanto
a cui passiamo, troviamo persone che giacciono spossate sulle stuoie,
coperte di mosche.
Va bene, abbiamo capito abbastanza ed io ho visto l'unico pozzo da cui la
popolazione di 3 villaggi, circa 2000 persone, attingono l'acqua. Per me
sara' facile l'indomani organizzare una clorinazione sistematica dell'acqua
in tutti i secchi delle persone che arrivano li'. Bastera' una sola persona,
un po' di cloro, una bottiglia per preparare la "soluzione madre" e una
siringa. Gli ingegneri devono trovare soluzioni semplici ma di grande
impatto e poco costose, no?!
Decidiamo di tornare indietro ma rimaniamo impantanate nel fango con la
macchina. Chi spinge? L'autista deve guidare, l'antropologa ha le ciabatte..
mentre la watsan (io) ha gli stivali di gomma. Scendo ma da sola posso solo
far retrocedere la macchina invece che superare la malefica pozza. Arriva
gentilmente un signore ad aiutarmi, ma nulla da fare. Alla fine siamo in 3
quando le ruote scavalcano la melma e tutti rischiamo di finire a musata per
l'improvvisa mancanza di appoggio delle mani.
Arriviamo giusto in tempo alla clinica, dove servono piu' braccia per
spostare lo scheletro della tenda di quasi 50 metri quadri che sara' il
nuovo reparto per i casi piu' gravi. Ancora installazione di recinti
temporanei, montaggio dei letti, distribuzione di secchi, etc etc.
Verso le 22 logista, infermiera, antropologa, autisti e staff medico
nazionale, tutti riusciamo a riunirci per la cena. Spaghetti cinesi
liofilizzati cotti nell'acqua fatta bollire su un improvvisato falo'. Il
vento inizia a soffiare forte da tutte le direzioni, impossibile evitare il
fumo del fuoco perche' dove ci si sposta, lui arriva. Alle 22.05 inizia uno
scroscio di pioggia che a me fa perdere totalmente l'interesse per il cibo.
Alle 22.30 tutto passa, usciamo dalla nostra tenda (questa volta un semplice
igloo!) montata per la notte vicino alla clinica.
La pioggia e' passata, ma i conati di vomito dei paizenti a poche decine di
metri da noi rende drammatico anche un cielo stellatissimo e fanno perdere l'interesse
per contemplare Orione capovolto.
Tutto cio' puo' suonare come una favola ben congetturata. Ma io davanti a
queste realta' mi chiedo spesso: che farei io, se abitassi qui? Che fareste
voi, se abitaste in Zimbabwe? Credo che faremmo esattamente come fanno loro:
andremmo a cercar miglior fortuna in qualche altro paese. Come ad esempio il
confinante e benestante Sud Africa.
Facendo scalo a Johannesburg, al controllo dei passaporti il poliziotto (di
colore) mi chiede dove sono diretta. Zimbabwe, dico io e lui ribatte:
"Andare in Zimbabwe, questa e' follia!!". Di sicuro fa parte di uno di
quelli che teme l'immigrazione da parte dei suoi "fratelli" Zimbabweani per
la loro poverta'. Gli Zimbabweani infatti si dirigono disperatamente verso
sud per cercare asilo politico in Sud Africa. La maggior parte di loro sono
minorenni non accompagnati, che un'altra missione di MSF giusto al di la'
del confine con lo Zimbabwe cerchera' di aiutare. Discretamente, anzi quasi
di nascosto, perche' se queste persone vengono aiutate da MSF o da altre
organizzazioni umanitarie, si viene bacchettati dal locale governo
sudafricano (quello tanto aperto ad abbattere le discriminazioni e l'apartheid,
quello di Mandela e degli alti ideali sulla parita' razziale): non si puo'
legittimare la condizione di immigrati clandestini per i Zimbabweani. La
parita' va bene se stai bene, accade qui ed in fondo mi sovviene che
accadeva pure all'inizio del secolo scorso ai migranti di terza classe
(molti italiani!) all'arrivo a Ellis Island nel porto di New York. Negli
Stati Uniti con le valigie recuperate dal quel periodo ci han fatto un
museo, mentre la vedo dura qui in Africa, visto che la gente in genere si
porta dietro solo quello che ha addosso e un grappolo di bambini al seguito.
Almeno in Sud Africa la clorinazione dell'acqua e' pratica di uso comune.
In Zimbabwe visito la citta' di Mutare, al confine col Mozambico, dove ci
vengono riportati alcuni casi di colera. Trattandosi di una citta'
densamente abitata come Trieste (circa 250.000 persone), meglio andare a
controllare la situazione circa la provenienza dell'acqua "potabile" e il
conferimento delle acque reflue. Arrivo la sera e nell'albergo dove posso
vedere un unico canale di televisione (sudafricano, che trasmette..
wrestling!), inizio i miei stupidissimi test con l'acqua campionata dal
rubinetto nel bagno della mia camera: non c'e' cloro. Primo problema: cosa
bevo ora, che ho sete e se chiedo alla reception mi danno la stessa acqua
che non voglio essere scortese a rifiutare? Inizio quindi a sminuzzare su un
pezzo di carta una pastiglia di cloro che dovrebbe servire per la
potabilizzazione di 20 litri d'acqua. Io ho solo una bottiglia da mezzo,
quindi inizio questa delicata operazione con un mini coltellino svizzero che
mi sembra di essere una cocainomane.
Riprovo a misurare il cloro nell'acqua il giorno dopo, nella toilette dell'ufficio
del comune, dove aspetto di essere accolta dal responsabile del "settore
salute pubblica". Nulla. Quando esprimo la mia preoccupazione per la mia
scoperta, lui mi ribatte: "noi abbiamo un impianto di purificazione dell'acqua
che funziona perfettamente!". Si', penso io, forse anni fa. Lo convinco a
fare un paio di sopralluoghi, e piu' testiamo l'acqua in diversi punti della
citta', piu' la sua faccia si incupisce. finiamo per andare a visitare l'impianto
stesso, 30 chilometri di strada in mezzo a verdissime montagne dove il
profumo di essenze e' incredibilmente buono, vista la ricchissima attivita'
di produzione di legni tropicali. Si', tutto molto bucolico ma occhio ai
camion che sbucano ad ogni curva carichi di tronchi pero'!
Dall'esterno del recinto l'impianto mi pare un sogno: tutto c'e' (vasche di
pretrattamento, di decantazione, aeratori, mixer, etc. etc.), ma nulla viene
usato! Alla nostra richiesta all'ingegnere responsabile dell'impianto di
entrare, ci viene negato l'accesso accampando stupide scuse. "E comunque non
c'e' nulla da vedere perche' al momento, ma solo temporaneamente, non
abbiamo ricevuto ancora i reagenti chimici per farlo funzionare".
Torniamo in citta' e il funzionario mi confida che sente puzza di bruciato,
visto che una settimana fa aveva pure imprestato alla ditta che gestisce l'impianto
il camion del comune per andare a prendere ad Harare la fornitura di cloro
nel magazzino dell'Unicef. Quindi c'e' qualcosa di losco sotto. mi da' un
appuntamento il giorno dopo. Arrivo la mattina e mi raggelo: nel suo ufficio
ha convocato camionisti, funzionari della compagnia responsabile del
trattamento dell'acqua, il sindaco! Vengo indicata come "quella che ha
scoperto che nella citta' di Harare l'acqua non e' clorinata".. E come l'ho
scoperto? Con uno stupidisissimo strumento che serve anche per controllare
il corretto contenuto di cloro nell'acqua delle piscine, e con l'intuizione
che se noi italiani non sempre brilliamo per correttezza ambientale e
legislativa, figuriamoci dove la gente ha fame.
A parte il fatto di sentirmi un po' come "la signora in giallo" al culmine
delle sue investigazioni, penso che e' meglio che me ne vada presto, prima
che finisca nelle mani di quelli a cui ho interrotto l'affare del cloro
"riciclato" chissa' dove e in quali tasche!
Infatti fortunatamente lascio Mutare con la promessa di sollevare il
problema con l'Unicef, che di solito ha un magazzino di cloro e solfato di
alluminio necessari per il trattamento dell'acqua che sembra una caverna di
Ali' Baba'. Sapete gia' chi immaginare per impersonare i 40 ladroni.. Ma mi
tocca passare un'altra notte in albergo, ancora a trastullarmi con i dosaggi
empirici di polvere di cloro! La sera prima, per eccesso di sicurezza, mi sa
che avevo esagerato e la quantita' che avevo addizionato alla mia piccola
bottiglietta mi aveva causato una "leggera" secchezza delle fauci che era
meglio che direttamente non bevessi per nulla!
In queste circostanze epidemiche il nostro epidemiologo, un dottore
australiano, viene usato come "cane da fiuto" per scovare posti
particolarmente a rischio di contagio, che finora sono stati graziati dall'epidemia.
Andiamo alla ricerca delle zone in cui possiamo prevedere e temere un
maggior numero di casi, vuoi per la carenza di acqua e di igiene, vuoi per
la distanza dalle strutture sanitarie, vuoi perche' circondati da villaggi
in cui la malattia ha gia' fatto il suo decorso e molto probabilmente e'
stata introdotta da qualche portatore sano anche in zone rimaste per ora
senza casi. Per la notte riusciamo sempre ad accamparci in vecchi lodge che
evidentemente vantano una gloriosa storia di caccia grossa: ci sono ancora
grossi ganci, sistemi di carrucole, ripari di paglia a protezione di mensole
e rastrelliere, che non riesco a capire a cosa servano. Ma dovrei
sospettarlo quando vedo di cosa sono fatti i cestini delle immondizie:
creati con la pelle dei piedi di un elefante (seguono testimonianze
fotografiche..)! Il tutto e' una sorta di camera delle torture, che serviva
a scorticare e poi innalzare le pelli delle fiere per farle seccare. E
durante il giorno ci imbattiamo in due zimbabweani bianchi che
fortunatamente non sono stati ancora cacciati visto che si occupano di
"controllo delle nascite". di coccodrilli! Sono cacciatori di professione,
non sanno praticamente nulla del colera, loro possono permettersi di
comprare acqua in bottiglia. Li stupisco raccontando loro che l'anno scorso
sono stata in Mozambico sempre per il colera, in un posto al confine col
Malawi dove c'e' una fiorente attivita' di raccolta e crescita di
coccodrillini da spedire ancora in tenera eta' (leggi massimo qualche
decimetro di lunghezza) al macello in Sud Africa. Quando proferisco il nome
di Mutarara, il posto dove ero basata (che forse ricordate da una delle mie
passate email?!), mi guardano a dir poco sorpresi e mi dicono che il gestore
del business delle pelli di coccodrillo e' un loro conoscente!!
L'epidemiologo, 2 infermieri, la logista, una promotrice dell'igiene, l'autista
ed io scorrazziamo nel sud est del paese per qualche giorno. La sera lo
staff nazionale prepara molto gentilmente la cena. Democraticamente uomini e
donne si aiutano in cucina. Per farmi piacere mi cucinano pure la pasta.
peccato che altrettanto democraticamente adottino gli stessi tempi di
cottura per riso e spaghetti, quindi la pasta risulta un soffice blocco
compatto! Ma la stanchezza della giornata spesa a correre di qua e la', a
fare test sulla qualita' dell'acqua al bordo dei fiumi, a individuare i
villaggi e a cercare i capi villaggio per chiedere quanti casi di colera
hanno avuto e da dove attingono l'acqua per bere, ha il sopravvento su
tutto, pure sul deisderio di una pasta al dente. Mi addormento sempre molto,
troppo rapidamente, provando un sottile sadico piacere nel vedere che le
zanzare se ne stanno a proboscide asciutta in inutile attesa del mio sangue
sul lato esterno della mia zanzariera. La mattina partiamo presto. Scopriamo
i babbuini in mezzo a un cespuglio, partiamo e zebre cervi e antilopi se la
danno a gambe levate al passaggio della nostra macchina.
Ci sarebbe tanto da vedere e visitare in Zimbabwe. Al termine della mia
missione le celeberrime Victoria falls le avro' viste solo nella foto che
abbellisce la mappa geografica dello Zimbabwe che ho con me per i grandi
spostamenti. D'altronde non mi posso lamentare, perche' posso dire di aver
visto abbastanza acqua in Zimbabwe, e forse messa assieme puo' fare il
volume che precipita in un minuto dalle cascate!
Avrei anche ancora tante cose da scrivervi su questa missione. Finisco qui
questo "collage" di episodi scombinati sperando di non avervi annoiato
troppo. Questa volta, per la totale lontananza da connessioni a internet e
soprattutto per la rapidita' dei miei movimenti, avevo continuato a fissare
le mie idee su un pezzo di carta, cercando di scarabocchiare (piu' che
scrivere, viste le strade disseminate di buche) durante gli spostamenti in
macchina. Se non avete voglia di leggere tutto (ma se siete arrivati fino a
questo punto. troppo tardi!!), andate al seguente sito per avere un
riassunto in immagini: http://picasaweb.google.com/fra.coloni.msf
Vi lascio con un indovinello: quanti zeri bisogna aggiungere ad una cifra
per ottenere il. zilione??!! Il premio lo offro io, decidete voi cosa!
E aggiungo pure un proverbio: "Quando arrivi in Africa, il primo strappo di
carta igienica non e' mai abbastanza. Mentre il primo quando rientri in
Europa, sara' sicuramente troppo lungo!". Se troppo oscuro, scrivetemi per
delucidazioni..
FranSIsKa
PS: Cari Tutti, da tempo non scrivevo perche' da qualche mese sto lavorando
nell'ufficio di MSF a Bruxelles e i cambiamenti repentini non mi avevano
permesso di tenervi aggiornati. Per questo mi scuso, ma prometto di farmi
viva appena in Italia!