Giuseppe Tassini
CURIOSITA' VENEZIANE
ovvero
Origini delle denominazioni stradali
Nuova Edizione a cura di
Lino Moretti
Filippi Editore - Venezia - 30 agosto 1964
MADDALENA (Campo, Calle, Rio Terrà, Fondamenta, Rio, Traghetto della). La
chiesa di S. Maria Maddalena fu eretta nel 1222 dalla famiglia Baffo, e
poscia costituita parrocchia. Stabilita nel 1356 la pace tra Genova e
Venezia il giorno di S. M. Maddalena, decretò il Senato, in memoria del
fausto successo, che questo giorno si annoverasse tra i festivi. Nel 1701
Francesco Riccardi, allora prete titolato, e poscia pievano, rinnovo la
chiesa di cui parliamo. Contemporaneamente crebbe a maggior altezza il
campanile, il quale era un'antica torre, posta in riva ad un canale, che,
fino dal 1398, troviamo interrato, e si denomina ancora Rio Terrà della
Maddalena. Questo campanile nel 1881 atterrassi. La Chiesa della Maddalena
fu rifabbricata dai fondamenti dopo la metà del secolo XVIII sul disegno del
Temanza. Nel 1810 cessò d'essere parrocchiale, nel 1820 fu chiusa, e poi
riaperta come Oratorio Sacramentale.
AI Traghetto della Maddalena esisteva un pregevole bassorilievo Lombardesco,
rappresentante la Vergine e Santi, trasportato oggidì al Civico Museo.
Questo bassorilievo un tempo era alla sponda opposta di S. Eustachio.
Non lungi dal Traghetto della Maddalena scorgonsi sul prospetto d'un piccolo
palazzo, già posseduto dalla famiglia Barbarigo, e risguardante il Canal
Grande, alcuni affreschi che forse sono i più ben conservati di Venezia.
Dice in tale proposito il Boschini : Al traghetto della Maddalena, sopra
Canal Grande, vi è una casa dipinta da Camillo Ballini, sopra 1a quale si
vede Cerere sopra i1 carro, 1a Fama, i1 Tempo, et altre varie figure.
-------------------------------
GUIDE "EDITARS"
Giulio Lorenzetti
VENEZIA E IL SUO ESTUARIO
Guida storico - artistica
MILANO - Tip. GARZANTI - 1944
CHIESA DELLA MADDALENA, costruz. a perimetro circolare, di ispiraz.
classica; dopo la morte del suo autore l'archit. TOMASO TEMANZA (TI metà
XVIIII sec.) ebbe a subire, dicesi, qualche rimaneggiamento, -
L'INTERNO è a pianta esagonale; su ciascun lato sono aperti archi sfondati
costituenti piccole capp., su cui poggia la gran Cupola emisferica con
lanterna. - Delle originarie tele settecentesche, poche vi sono conservate:
sono anonime, ma degne di nota, sopra la porta: Frate inginocchiato davanti
alla Vergine, op. di un seguace del Piazzetta; a d.: La Cena, replica da
Dom. Tiepolo (?). -
All'esterno: sulla par. poster. della chiesa si nota un TABERNACOLO con
rilievo mramoreo (I metà sec. XV), La Vergine con putto e Santi. -
--------------------------------
LA MADDALENA
(Le Chiese di Venezia: l'arte e la storia. Testo diEnnio Concina. Fotografie
di Piero Codato, Piero Pavan. Udine: Magnus 1995)
Anche la ricostruzione settecentesca della parrocchiale di Santa Maria
Maddalena avvenne discostandosi dalla consuetudine frequente nel corso del
medioevo e del rinascimento di riprendere l'impianto preesistente.
Un'abitudine che ai vantaggi del riutilizzare 1e vecchie fondazioni e di
operare su di un terreno da lungo tempo consolidato univa l'intento, sovente
dichiarato, di mantenere inalterati i rapporti di spazio del sito urbano.
La chiesa attuale, infatti, era stata preceduta da un edificio medievale a
pianta basilicale, la cui cappella absidale maggiore, affiancata da due
laterali dedicate ai Santi Liberale e Antonio da Padova, dava verso il
quieto, vicino canale. Un'iscrizione scoperta nel XVIII secolo in
corrispondenza delle finestre, nella controfacciata rivolta a occidente,
esclamando «post tenebras spero lucem» (dopo le tenebre spero nella luce),
confermava l'antica consapevolezza dei valori simbolici dell'orientamento
rituale da est verso ovest, rigorosamente osservato dalla costruzione
primitiva.
Ai primi del Settecento, ancora, importanti resti di manufatti artistici
presumibilmente di età gotica, conservati presso la casa canonica, potevano
evocare le policrome opulenze dell'arredo dell'altar maggiore: tra questi le
statue lignee in nicchia della Vergine e dei Santi Maria Maddalena, Marta e
Lazzaro e un dipinto su tavola della Santa titolare.
Rimaneggiamenti, trasformazioni di varia entità s'erano succeduti nel tempo,
soprattutto nella zona del presbiterio, fra l'ultimo Seicento e i primissimi
del secolo successivo. Fino a che segni di grave dissesto non indussero a
richiedere all'architetto Giorgio Massari un progetto di restauro,
presentato il 12 marzo 1757. L'onere economico e le difficoltà di questo,
accertati anche mediante gli ulteriori pareri di un gruppo di periti, fecero
tuttavia abbandonare l'idea per quella della riedificazione completa,
promossa dal Curato Giovanni Marchioni, indicato da fonti contemporanee come
un erudito, anche se i suoi effettivi interessi culturali restano
imprecisabili.
Tra i numerosi progetti presentati al concorso aperto nel 1758 per il
disegno «piú consentaneo, piú nobile, piú armonioso e piú decoroso alla
divina Residenza» emerse quello del dotto architetto Giorgio Massari.
Non lo si accolse, tuttavia, soprattutto per le dimensioni, tali da togliere
luce al vicino palazzo dei nobili Molin e da rendere troppo angusta la
fondamenta pubblica che tuttora corre lungo il Rio della Maddalena. Per
ragioni simili venne scartato anche il progetto del perito Giovanni Vettori,
pure citato fra i tre che avevano ottenuto larghi consensi. E l'incarico
venne affidato invece al letterato e valoroso matematico, l'architetto
Tommaso Temanza, fra l'altro particolarmente assiduo nei sopralluoghi per
studiare il sito e in lunghi ragionamenti con il piovano circa i significati
e i vantaggi d'una pianta circolare, la «piú confacente, piú plausibile e
piú vantaggiosa». L'apprezzamento piú autorevole nei confronti del modello
elaborato dal Temanza fu espresso dal marchese Giovanni Poleni (il ben noto
autore delle Exercitationes vitruvianae edite a Padova nel 1739) al quale i
disegni erano stati sottoposti nell'agosto del 1760: «e fu un'intiera
approvazione, rigettando ciascun dubio ad eseguire una sí ben intesa,
assennata e maestosa delineazione». Un Trionfo di critica, dunque.
Il cantiere, inaugurato 1'8 maggio 1763 con la cerimonia della posa della
prima pietra, chiuse definitivamente î lavori soltanto nel 1790. Nasceva
cósí il «tempio in figura diametrale esagona circolare» di Santa Maria
Maddalena, una tra le architetture più significative del secondo Settecento
a Venezia e del contemporaneo panorama europeo.
Lo scientifico architetto, come le carte parrocchiali amano definire il
Temanza, in effetti riprendeva qui le tematiche emerse con chiarezza già ai
Tolentini e a San Simeon Piccolo; e in particolare apriva con quest'ultima,
opera dello zio Scalfurotto, un dialogo esemplare. Nel corpo principale - a
pianta esternamente circolare ed esagonale all'interno dove appare
articolata da nicchie profonde inquadrate da colonne binate - la Maddalena
si ispirava ancora al modello del Pantheon, proponendone, una nuova
interpretazione a piccola scala.
Un'interpretazione corretta eliminando tanto la reminiscenza palladiana
delle ali sporgenti accolta in San Simeon Piccolo quanto la soluzione a
doppia calotta della cupola, nella Maddalena piú vicina al modello classico.
Come in San Simeon Piccolo, l'architettura del presbiterio é risolta
aggregando all'aula un corpo minore absidato e coperto a cupola in cui è
sistemato l'altare alla romana. Ma questa che, come si diceva, è pure
un'idea derivata dal Palladio attraverso la mediazione della Salute
longheniana, viene riletta in modo da celare all'esterno la seconda
cupoletta, sottolineando cioè l'unitarietà d'insieme dell'organismo
architettonico piuttosto che il gioco artificioso delle sue parti.
Come all'interno del Pantheon, qui pure viene fatto uso di marmi pregiati:
marmo greco per l'altare con architrave lavorato d'intaglio e timpano,
sull'asse del portale; semicolonne di marmo orientale macchiato cenerino nel
coro. Ma l'architetto manifesta palesemente la propria libertà d'invenzione
risolvendo il problema del pronao templare mediante la sostituzione del
porticato corinzio, non compatibile con lo spazio antistante la chiesa, con
un frontone sorretto da quattro semicolonne ioniche. Le sagome della nobile
facciata e della sua semplice e severa opera ionica vennero disegnate
nell'autunno del 1774 nelle sale della Scuola Grande di San Rocco: e la
nuova architettura, benché non condotta ancora a termine, godeva già di
grande fama. Il Temanza, del resto, aveva convinto il parroco della
Maddalena a non osservare nel nuovo edificio la tradizione dell'orientazione
rituale: il prospetto si affacciava dunque sul campo e sull'animata _calle
principale della contrada - sul «real passaggio» - con il preciso scopo di
«rendere... ornamento piú sensibile alla parrocchia e alla città tutta».
L'austera Santa Maria Maddalena e il suo rigore compositivo affermavano
dunque con forza nella Venezia del secondo Settecento l'esigenza d'un
ricorso senza compromessi al linguaggio classico dell'architettura,
controllato e conformato dalle regole esatte e universali della geometria.
E sono, questi, esiti ostinatamente perseguiti dal Temanza, attento e
sollecito fino alla morte a sorvegliare il cantiere, a verificare
l'esecuzione precisa dei dettagli. La cronaca manoscritta dell'impresa,
conservata tuttora fra le carte parrocchiali, sottolinea significativamente:
«meditò egli sino da' primordii la piú acuta esattezza» della sua opera.
Del resto, oltre ad aver risolto i problemi specifici della localizzazione -
dopo aver dimostrato cioè il primato della geometria e della razionalità
nell'affrontare il nesso fra architettura e spazio urbano - il Temanza aveva
deliberatamente contrapposto l'inoppugnabile logica struttiva della
Maddalena alla pittoresca articolazione di volumi e di piani dell'edilizia
tradizionale tutt'intorno e alla stratificazione di pratiche e di abitudini
che ne veniva suggerita.
Tutto questo assume particolare significato se si tiene conto che Tommaso
Temanza, come Proto alla Laguna, aveva rivestito uno dei più prestigiosi
incarichi tecnici nella tradizione della ormai languente Repubblica. E che,
come autore delle Vite dei piú eccellenti architetti e scultori veneziani
(1778), si era assunto il ruolo di primo storico dell'architettura d'una
città ch'era stata uno dei grandi centri dell'arte del Rinascimento. In
questa luce, il senso della Maddalena diventa assai piúchiaro: con essa il
Temanza dichiarava chiusa l'età dello stil veneziano e affermava il primato
dell'architettura e delle sue norme, anziché della tradizione,
nell'organizzazione dello spazio urbano. Allo stesso modo in cui in un altro
suo scritto del 1781 aveva sottoposto a critica taluni dei miti circa il
«modo di fabbricare» delle origini della città.
Nuove ricerche hanno permesso di conoscere un ulteriore importante dettaglio
della storia del cantiere della chiesa: dopo la morte del Temanza, i lavori
furono seguiti da un suo celebre allievo, che tra l'altro ne rilevò la
cappella maggiore per meglio comprenderla e disegnarne la balaustrata. Si
trattava di Giannantonio Selva, piú tardi architetto del Teatro La Fenice.
Un filo chiarificatore collega dunque, per documento, la storia della
rifabbrica di Santa Maria Maddalena a quella di Venezia neoclassica.
--------------
Altra interessante particolarità: la famiglia BAFFO e non Balbo (come cita
wikipedia), che costruì per prima la Chiesa della Maddalena, si imparentò
con i Turchi, attraverso Cecilia Venier Baffo, conosciuta come Nur-Banu
(Signora della Luce):
Qui la genealogia:
http://www.wargs.com/royal/venier.html
Qui la storia di Cecilia, nata a Paros, in Grecia :)
http://it.wikipedia.org/wiki/Nur-Banu