Post by FarSkche ti ha fatto tranne essere il
presidente degli Stati Uniti?
Hai detto nulla. Secondo te si diventa Presidente degli USA grazie
al suffragio universale, vero? :-))
Comunque da quando si è insediato è aumentata l'attenzione (e la
tensione) sull'Iran, vedasi il tentativo di golpe perpetrato nei
confronti di Ahmadinejad le scorse elezioni.
Allego un articolo che scrissi lo scorso anno quando Obama fu eletto
presidente.
OBAMA E IL RISCHIO DEI BLUFF MEDIATICI
Vorrei premettere un aspetto iniziale che mi sta a cuore. Obama mi è
umanamente simpatico, da sempre. E non influisce il colore della pelle o
la giovine età.
Ha il sorriso di chi affronta, in prossimità dei cinquant'anni, la sfida
più difficile e bella della propria vita, la guida della più difficile e
bella nazione del mondo, nel momento più difficile (e non bello) della sua
storia.
Si approssima ad anni decisivi per la sorte del mondo, del quale il suo
Paese è da più di due secoli punto di riferimento e interlocutore
obbligato, con lo spirito di chi, in fin dei conti, è consapevole di
rivestire un ruolo chiave: nessuno spazio alla retorica fine a se stessa è
concesso d'ora in poi. Conclusa felicemente la campagna elettorale che ha
fruttato un successo così genuino, adesso è il momento di governare.
All'immagine dello "Yes we can" va contrapposto il "Now we must" e vedrete
che le cose inizieranno già a prendere una piega differente.
Sarà costretto a doversi assumere il peso di decisioni difficili,
impopolari ma necessarie: in palio c'è la stabilità del grande gigante
americano e di riflesso quella di tutto il villaggio globale, ed è proprio
questo il guaio degli USA. Ne abbiamo rimproverato l'invadenza in tante
occasioni nel corso della storia, dimenticando l'importanza che gli
americani hanno avuto nella nostra storia moderna, nel bene e nel male, al
tempo stesso ne abbiamo esaltato le virtù, ignorando i numerosi virus che
hanno inoculato, come prezzo da pagare per i loro servigi.
Si dica quel che si vuole, se oggi viviamo in un contesto democratico,
imperfetto assolutamente, logoro indubbiamente, da rivisitare
necessariamente, lo dobbiamo interamente al popolo stellostrisciato; e non
soltanto ai machiavellici capi di stato che lo hanno rappresentato (e lì
si può effettivamente parlare di interessi di stato, di petrolio, di
soldi), ma ai tanti eroi di guerra che hanno perso chi la vita chi parti
del corpo per giungere in alcune parti del mondo a rimediare agli sfasci
causati dai totalitarismi, credendo, illudendosi, di portare pace e ordine
a popoli riottosi.
E' qui che inizia la solita, perenne contraddizione, che ha attraversato
quasi due secoli e mezzo di storia degli USA: da un lato invadente,
aggressivo, amorale ed (economicamente) interessato invasore di popoli in
lite, incivili, a tratti tribali, dall'altro necessario gendarme di una
pace mondiale che sembra essere più vacillante, proprio perchè la nazione
più potente del pianeta non ha fatto pace con le proprie contraddizioni,
dando legittimità al suo operato in politica estera, nell'ambizioso (per
qualcuno arrogante) tentativo di "esportare" la civiltà: perchè è
difficile credere ad un popolo che vuole portare pace e civiltà nel mondo
ma al proprio interno consente l'incivilissima pena di morte, la pretesa
di poter decidere di rimediare alla criminale sottrazione della vita
altrui con il soffocamento della vita di chi se ne è reso responsabile. E'
difficile credere ad un popolo interessato a porsi come capofila della
civiltà umana, se non è in grado di saper intervenire anche in quelle zone
dove da anni vanno in scena genocidi di massa, nel totale silenzio
mediatico. Lì il petrolio non c'è e non ci sono neanche tiranni brutti e
cattivi, da usare come capri espiatori: c'è il nulla assoluto, per il
quale nessuno se la sente di rischiare tempo nè denaro.
Al tempo stesso è anche difficile credere alle alternative che si
stagliano all'orizzonte: chi dovrebbe rappresentare il gendarme mondiale?
La Russia del presidente Putin? I regimi degli integralismi islamici? La
Cina della produzione selvaggia, della manodopera a costo zero, senza
diritti?
Dalla padella alla brace ma prenderne atto non è la soluzione, nè in un
senso nè nell'altro.
Obama è chiamato a dover pacificare questa contraddizione: mai come in
questo decennio gli USA vivono una forte crisi di credibilità e di
immagine. Sotto questo aspetto, gli otto anni di Bush sembrerebbero essere
stati deleteri, direbbero i più. In effetti, se ci si pensa, può sembrare
così: l'11 Settembre, due guerre, la crisi economica più grave dal 1929 in
poi (esagera volutamente qualcuno), un popolo odiatissimo da buona parte
del mondo, in sostanza un disastro senza precedenti.
Questo è quello che viene percepito all'esterno ed è in sostanza anche ciò
che, secondo alcuni, pensano gli americani: un sondaggio (che però non è
stato specificato) specifica che il gradimento degli americani per Bush è
ai minimi.
Si pongono, a seguito di questa constatazione, un quesito e una
considerazione. Come è possibile che Bush abbia rivinto le elezioni e
perdipiù con un vantaggio maggiore rispetto al 2000, laddove la battaglia
si decise per poche centinaia di voti e con il pregiudizio derivante dalla
fallimentare presidenza di Bush senior?
La considerazione è invece questa e in parte, mal comune mezzo gaudio, ci
conforta: gli americani non sono così diversi dagli italiani, anche loro
amano delegare le responsabilità dei propri errori ai politici, anche loro
credono che i politici abbiano un potere e non siano, invece, come in
qualsiasi Paese liberale, schiavi di lobby economiche, mediatiche,
culturali, sociali, religiose, molto più potenti dei politici stessi.
Quando, per esempio, leggo sul Times (che è l'equivalente in Inghilterra
del Corriere della Sera in Italia) che il cardinal Ruini (che i più
neanche sanno chi sia) viene ritenuto in Inghilterra come l'uomo più
potente in Italia, nessuno deve stupirsi: sia del fatto che nessuno sappia
chi sia, sia del fatto che sia così potente.
Ma questa constatazione non deve far guardare con piacere nè il pompaggio
mediatico scatenato in Italia dall'elezione di Obama (che in America non è
stato accolta in modo così caloroso come si vuol far credere) nè il fatto
che in America cadano nell'errore grossolano di ritenere Bush
responsabile, colpevole di tutti i guai americani.
La crisi che è in atto negli USA (che sicuramente c'è, ma è meno pesante
di quanto si voglia far credere) non è una crisi della politica, bensì del
sistema socio-economico: vengono pagati ora gli sfasci di un sistema che
ha puntato assai poco sulla ridistribuzione, promuovendo soprattutto in
presenza di un competitor così aggressivo e amorale come la Cina, teorie
neoliberiste che hanno portato gli USA a dover competere sullo stesso
terreno di realtà emergenti, senza tuttavia averne l'assenza totale di
regole. O si è liberisti sempre e comunque o è meglio essere addirittura
l'opposto, diceva Locke, il primo teorico del liberismo.
E così Bush si è ritrovato sulle spalle il peso di otto anni di governo
che sono poi stati scaricati tutti sulle spalle energiche ma comunque
stagionate di McCain, il rivale di Obama, che si è ritrovato a dover
combattere una battaglia che, ad un certo punto, totalmente ignorato dai
media internazionali, ha persino rischiato anche di vincere.
Nessuno in Europa lo ricorda o lo vuol ricordare ma, ebbene sì, McCain nei
sondaggi ad un certo punto è stato anche in vantaggio, non accadeva da
tantissimi anni che un presidente poi eletto attraversasse un periodo di
svantaggio durante i sondaggi e di sicuro quando avviene ciò, non possiamo
parlare di un vero e proprio disastro dell'epopea di Bush junior, almeno
per quella che è la percezione degli americani, che della loro politica
dovrebbero capirne un po' più di noi.
E la personale sensazione è che l'operato di Bush verrà riabilitato negli
anni a venire, come già capitò con tanti odiatissimi presidenti del
passato, Nixon in testa.
L'amnesia della stampa e il pompaggio mediatico da parte della stampa è
quantomai strumentale: serve a voler ammantare la figura di Obama di un
alone mistico e cavalcarla per fini elettorali quasi a voler segnare, nel
nostro Paese, l'inizio di una nuova era per la nostra politica.
A tal proposito, stupisce (ma non più di tanto) che qui in Italia uomini
di mondo, a vari livelli, abbiano guardato alla figura di Obama come
quella del grande moralizzatore, dell'ispiratore di una nuova morale
politica e sociale.
E' proprio questo il male del moralismo: è deleterio sempre e comunque ma
soprattutto in politica, proprio perchè impegna chi lo sostiene, una volta
avente un certo potere decisionale, ad occuparsi della risoluzione di
problemi che invece richiedono, soprattutto, l'intervento della società
civile. La storia moderna, laddove spesso i mass media la fanno da
padrone, insegna come le grandi cavalcate morali, se non suffragate dai
fatti (e questo non può essere demandato ad un politico, per quanto
autorevole) si risolvano in un pericolosissimo effetto boomerang: qui in
Italia ne abbiamo avuto un assaggio nel biennio 2006-2008 che, negli
intenti degli stessi che oggi cavalcano la vittoria di Obama, doveva
risolversi nel ritorno alla morale nella politica e invece si è risolto
nel ritorno di Beppe Grillo, di cui si sentiva la mancanza come comico, un
po' meno come politico.
Vale la pena invece notare come il mondo culturale roteante attorno al PDL
abbia accolto la vittoria di Obama non senza calore o perlomeno non con la
freddezza che ci si sarebbe aspettata da una classe dirigente che è sempre
stata legata a doppio filo con Bush e le sue politiche. Il motivo è in
realtà molto semplice: a destra hanno capito che la figura di Obama, ben
lungi dal legittimare le posizioni del mondo culturale e mediatico di
centrosinistra, può rivelarsi per il clan mediatico e culturale che
gravita attorno alle forze dell'opposizione un'arma a doppio taglio: con
la faciloneria con la quale ci si addentra sempre in pericolose e
superficiali disamine di politica estera, Veltroni e certa sinistra non
tengono conto che negli USA un politico e un cittadino possono essere
pesantemente ambientalisti come Al Gore, fortemente di sinistra come lo
stesso Obama, ma su certe cose gli yankees non concederanno mai nulla:
liberismo, anticomunismo, interventismo in politica estera, permanenza
(più prudente e meditata) nelle varie realtà territoriali del mondo, sono
punti d'onore intoccabili negli USA, che nessun politico, anche radicale
su certe cose come Obama, si sognerebbe mai di discutere: basterà vedere
Obama all'opera nei primi mesi di presidenza, e la luna di miele sarà già
terminata.
Ridicolo poi è il richiamo di certe branche dell'intelligentia nostrana
alla superiorità istituzionale della democrazia statunitense, dinnanzi al
riconoscimento della sconfitta da parte di McCain: cancellati in un soffio
le durezze di una campagna elettorale quanto mai viziata da scorrettezze
reciproche tra il vecchio eroe di guerra e il giovane e ambizioso oratore,
al tempo stesso anche gli antiamericanismi di maniera da parte di coloro
che, fino a ieri, propugnavano lo slogan di una potenza neocolonialista e
dittatoriale.
Ma questa è un'altra storia: nel caso di Obama, adesso, dopo gli slogan,
le considerazioni sul colore della pelle, la giovane età, la moglie
coscialunga e bona, la nonna morente da esibire come trofeo, toccherà
governare.
In queste occasioni, finalmente, si vedrà il suo vero spessore politico,
quando sarà costretto a dover intervenire in annose tematiche di politica
estera, quando dovrà provvedere ad indicare una strada, attraverso la
quale incamminarsi per venir fuori dalla crisi (e che dovrà essere
percorsa da tutti gli americani), quando dovrà provare a suggerire una
risposta che sia, nei fatti convincente, per tutti coloro che da molti
anni non vedono più negli USA come un riferimento sociale e culturale,
bensì una logora potenza, sempre più accoltellata da numerose
contraddizioni, economiche, morali, sociali, culturali.
Il cammino sarà in salita, impervio, duro, accidentato. C'è da sperare
solo che Obama non smarrisca la fiducia in se stesso...e che al tempo
stesso la Legwinski di turno, stavolta, smarrisca la strada verso la Casa
Bianca.
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Tutto sommato, scusandomi per la prolissità, qualcosa di quanto scritto
l'abbiamo vista.
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