Post by giacomoPost by giacomoPost by giacomoPost by MaggioPost by apolloPost by ArtamanoPost by giacomo'Che si tenga il massimo della documentazione
- che si facciano filmati - che si registrino i testimoni - perchè,
in
sostenere
Post by giacomoPost by MaggioPost by apolloche
Post by ArtamanoPost by giacomotutto questo non è mai successo'.
a me basta che si facciano censimenti e perizie tecnico legali
E pretendi che questi qua ti diano retta? Ti faccio notare che
nonostante
Post by giacomoPost by MaggioPost by apollotutte le prove scientifiche, per centinaia di anni si è creduto che
la
Post by giacomoPost by giacomoPost by giacomoPost by MaggioPost by apolloterra
fosse piatta. E chi lo negava finiva al rogo.
Questi qua?
certo... tutti noi schiavi del compolotto pluto-giudaico-massonco che non
capiamo che la Shoiah è solo un mito ed iun afalsità gestita ad arte per
legittimare la nscita dello stato di Israele e mantenere il dominio dei
giudei sul mondo e che ci rifiutiamo di ammettere che in realtà i campi
di
Post by giacomoconcentramneto erano cejntri termali, che vi sono morti pochi ebrei e solo
per effetto della paura per i bombardamenti alleati
Un pò come dire che i bombardamenti alleati provocavano solo morti per
paura?
classioc esempio di mala fede....
evidentemente non reggi il confronto visto che cerchi di attribuire cose non
dette
Post by giacomoItalia, 1943-45
Morti per bombardamenti alleati: 64.000
Morti per mano tedesca: 10.000
Ma tu guarda un pò......
ma non lo sapevi che è stata colpa degli USA e della BG? Hanno organizzato
tutto in modo tale che la Germiania fosse forzata a scatenare la guerra,
pederla e consegnare il mondo agli americani guidati dalla lobbyi
pluto-giudaico-massonica
In definitiva secondo te Hitler passa alla storia come un povero coglione
che è cascato come un pollo nella trappola "semitica"?
A conferma di ciò altri studiosi (tra cui il poeta Ezra Pound) hanno
analizzato la genesi dell'antisemitismo nei movimenti non fascisti, anche in
paesi privi di ebrei (Giappone ad esempio), notando come l'antisemitismo vi
si presentasse regolarmente quando questi contemplavano le teorie economiche
distributiste. Questo spiegherebbe perché in paesi come l'Islanda od il
Giappone abbia fatto capolino l'antisemitismo divenendo caratteristica
fondamentale di determinati partiti politici riconducibili tutti al sistema
economico distributista.
Dal canto suo, Douglas alle accuse di antisemitismo rispose che la sua
"teoria A + B" si basa su un'analisi dei prezzi e dei redditi e del loro
rapporto di contabilità dei costi, non su una "teoria cospirativa
antisemita"
Ma da un certo momento in poi nei partiti fascisti il pragmatismo fu spesso
sostituito dal fanatismo e l'aspetto economico anti-ebraico venne tramutato
in antisemitismo razziale, soprattutto a causa dell'influenza avuta dopo il
1933 dal tedesco Adolf Hitler, al cui modello anche molti altri partiti
fascisti si rifecero. Questo fa inevitabilmente sorgere dei sospetti sulle
reali intenzioni di Adolf "Rotschild" Hitler, secondo alcuni un provocatore
infiltrato avente lo scopo di far screditare le teorie economiche della
"terza via" assimilandole "ad hoc" al razzismo genetico. Hitler ebbe fin dal
1938 la possibilità di "liberarsi" degli ebrei tedeschi in modo semplice:
Mussolini si era dichiarato disponibile a creare un "Israele" in Etiopia,
nella regione dei Falascia (un popolo africano di religione ebraica[1]);
Hitler non prese neanche in considerazione la cosa. Senza contare la sua
condotta palesemente incongruente della guerra, evidentemente tesa prima a
provocarla, e poi a farla perdere agli stati interclassisti, in modo da
eliminare dalla faccia della terra i loro sistemi di governo e
delegittimarne per sempre ogni argomento politico, che in seguito alla crisi
economica iniziata nel 1929 aveva fatto fin lì sempre più proseliti nel
mondo.
"E pensare che ormai l'antisemitismo di Hitler è sospetto. (.) L'alleanza
tra Hitler e gli ebrei si farà? Può darsi che sia già fatta" (Pierre Drieu
La Rochelle, Diario 1943-45)
Non c'è da stupirsi neanche nell'apprendere come l'ascesa al potere di
Hitler sia stata ampiamente finanziata dal più acerrimo nemico per
antonomasia del fascismo, la "culla" della filosofia economica nordista:
"Wall Street". Come se potesse non bastare a conferma anche solo la semplice
considerazione dell'episodio della "notte dei lunghi coltelli". Solo dopo l'
eliminazione del suo rivale "di sinistra" Röhm, Hitler può configurare il
nazionalsocialismo come un'ideologia prettamente liberista, abbandonando
ogni ipotesi rivoluzionaria e quindi rimanendo "socialista" solo nel nome;
del fascismo originario mantenendo solo l'esteriorità per motivi
propagandistici di immagine pubblica e per trascinarlo a fondo con sé. Lo
stesso Alfred Rosenberg[1] al processo di Norimberga accusò Hitler di aver
abusato del nazionalsocialismo.
"Adolf Hitler è stato il miglior agente segreto che il capitalismo
internazionale abbia mai avuto, il vero responsabile della scomparsa del
fascismo" (Stanis Ruinas)
Nei giorni seguenti il ministro delle corporazioni Tullio Cianetti[1]
presentava direttamente a Mussolini una dettagliata proposta di legge sulle
modalità con le quali la socializzazione avrebbe dovuto essere attuata.
Mussolini se ne disse entusiasta, proponendosi inizialmente di presentarlo
entro ottobre[2], ma di fronte alle pressioni di Cianetti sulla necessità
impellente della "terza ondata" per precedere gli avversari, accettò di
anticipare a luglio.
Se si tiene conto che tali asserzioni e propositi si inseriscono
temporalmente in un contesto internazionale nel quale si vede l'Urss sempre
più in contrasto con i suoi alleati del periodo, ed il contemporaneo lavoro
in comune italo-giapponese per convincere Hitler a fare la pace con Stalin
(che se ne era sempre dichiarato ben disposto), sostenuti dalla quasi
totalità dei satelliti dell'Asse (esclusa la sola Finlandia) i quali
auspicavano addirittura misure "energiche" da parte di Mussolini per
sostituire Hitler alla guida dell'alleanza, si può intuire quanto in
ambienti massonici si presentassero prospettive sgradite da impedire con
ogni mezzo. Difatti intervenne il "25 luglio"[3], ed Hitler poté così
rimanere saldamente alla guida dell'Asse sempre intento nei suoi folli
sedicenti propositi e delle scelte messe in atto per raggiungerli:
sistematicamente la più assurda tra tutte quelle disponibili. Cui prodest?
La "socializzazione fascista" italiana non trovò così attuazione per via di
queste vicende. In seguito fu timidamente "risuscitata" nel manifesto di
Verona del 14 novembre 1943, e la sua applicazione effettiva stabilita per
il 21 aprile 1945 "natale di Roma" in contemporanea con la preparazione di
altre rivoluzionarie sperimentazioni socio-politiche e fiscali ("democrazia
organica", "fiscalità monetaria") che avrebbero dovuto caratterizzare la
base della futura politica interclassista del fascismo.
Fino al culmine raggiunto prima del 25 luglio 1943 ogni realistico tentativo
di apporre più ardite modifiche al sistema economico italiano era naufragato
di fronte all'ostracismo dei poteri tradizionalmente egemoni il panorama
politico, sostenuti dalla massoneria internazionale. Il massimo di
"rivoluzionarietà" a cui Mussolini aveva potuto ambire era stato il
corporativismo, anche questo però pudicamente censurato nelle sue parti più
"scomode". Anzi, Mussolini fu perfino costretto ad avvallare una dottrina
economica antitetica con le filosofie distributiste: l'autarchia,
implementata forzatamente come ripicca alle sanzioni economiche inflitte all
'Italia dalla "Società delle Nazioni" per la guerra in Abissinia. L'
imposizione a cui fu sottoposto, assieme all'apparente incongruenza dell'
entrata in guerra dell'Italia nel 1940, ed ai fatti del 25 luglio 1943, ci
dà la chiara conferma di chi in realtà detenesse il potere in Italia. Ovvero
quelli che il potere lo detenevano anche prima, che lo hanno detenuto poi, e
che lo detengono tutt'oggi. Coloro che muovevano i fili di Mussolini
tenendolo con la lama alla gola, anche in quel fatale 10 giugno 1940, del
quale sono sicuramente i veri ed unici responsabili, così come con l'
omicidio di Giacomo Matteotti nel 1924.
"Il più grande dramma della mia vita si produsse quando non ebbi più la
forza di fare appello alla collaborazione dei socialisti e di respingere l'
assalto dei falsi corporativi. I quali agivano in verità come procuratori
del capitalismo. Tutto quello che accadde poi fu la conseguenza del cadavere
di Matteotti che il 10 giugno 1924 fu gettato tra me e i socialisti per
impedire che avvenisse quell'incontro che avrebbe dato tutt'altro indirizzo
alla politica nazionale" (Benito Mussolini, "Fascisti immaginari", pag. 177)
Fatto secondario, ma non trascurabile, nel 1939 il governo italiano aveva
dovuto rivelare pubblicamente ai suoi cittadini la scoperta degli enormi
giacimenti di petrolio in Libia[1], contravvenendo agli accordi presi nel
1924 con l'americana Sinclair Oil (la scoperta dei quali accordi da parte di
Giacomo Matteotti contribuì al suo omicidio, secondo alcuni storici[2]).
Questo sarebbe venuto a colpire notevolmente il monopolio energetico
mondiale detenuto dalle compagnie anglosassoni; ed a confermarlo basta
considerare il successivo "caso Mattei". Significava scegliere la "pistola"
[3] e dichiarare una guerra d'indipendenza economica, oppure una parte di
massoneria aveva dato il permesso?
Un dubbio sta alla base di tutto ciò: con chi aveva appuntamento Mussolini a
Dongo il 27 aprile 1945? Con un loro rappresentante? Vulgata vuole che
Mussolini stesse fuggendo in Svizzera. Eppure anche ad un superficiale
sguardo ad una cartina geografica non si capisce secondo quale logica
volendo andare in Svizzera finì a Dongo. Nessun milanese, allora come oggi,
volendo recarsi in Svizzera percorrerebbe la sponda ovest del lago di Como,
tantomeno arrivando fino a Dongo. Così come non farebbe quella strada se
dovesse recarsi in Valtellina, essendo la strada orientale, allora come
oggi, la migliore e più breve. Un milanese percorrerebbe la strada
occidentale unicamente se dovesse recarsi in un paese locato lungo quella
strada. Quindi anche avesse voluto recarsi in Valtellina per attuarvi un
"ridotto" non avrebbe scelto quella strada. Inoltre il 27 aprile 1945 la
sponda ovest brulicava di partigiani, mentre la sponda est, essendo una
strada statale importante, costeggiata da una linea ferroviaria, priva di
rilevanti centri abitati, ed essendo la strada che conduceva verso la
Germania le autocolonne in ritirata era ancora strettamente controllata dai
militari della RSI per l'intero percorso.
L'unica spiegazione plausibile è quindi che si stesse recando appositamente
a Dongo o dintorni, e l'imboscata "improvvisa" travestito da tedesco, se
davvero verificatasi, fu solo una farsa. Basta un semplice sguardo ad una
cartina. Anche l'idea che volesse recarsi in Germania è ben poco probabile,
visto che anch'essa era oramai disfatta.
Dunque, con chi aveva appuntamento Mussolini in quel territorio controllato
dai partigiani? Con i rappresentanti di chi l'aveva obbligato a far entrare
in guerra l'Italia? La tesi del carteggio Mussolini-Churchill farebbe
propendere per emissari del premier britannico, ma essa pone un dubbio
addirittura sul dubbio stesso che a recuperare il carteggio siano stati
agenti inglesi. Altrimenti perché Churchill nel dopoguerra avrebbe
scandagliato in lungo e in largo quelle lande?
In un alternativa più plausibile (alla luce degli eventi seguenti) sarebbero
stati recuperati da agenti italiani e resi disponibili ad Alcide De Gasperi,
il quale li avrebbe utilizzati come mezzo di ricatto su Winston Churchill
per ottenere un trattamento migliore per l'Italia nei trattati di pace. Cosa
che effettivamente fu oltre ogni ragionevole interpretazione (all'Italia fu
perfino restituita una colonia, la Somalia). Si può quindi affermare che
Mussolini salvando i carteggi della sua corrispondenza col premier
britannico è stato il vero artefice postumo del benessere italiano
successivo?
"La storia mi darà ragione" (dal "testamento politico" di Mussolini)
Ma per quale motivo Churchill aveva un interesse all'entrata in guerra dell'
Italia? Certamente, come si sarà compreso fin'ora, per più di un motivo. E'
ormai chiaro che Hitler non aveva mai avuto intenzione di combattere la Gran
Bretagna. Per questo motivo per suo ordine diretto aveva fatto fermare le
armate tedesche consentendo ai britannici di reimbarcarsi a Dunkerque. In
seguito alla vittoria tedesca sulla Francia, tutto faceva presagire che la
guerra fosse terminata. Perfino Stalin si felicitò calorosamente con Hitler.
Tuttavia il 10 giugno 1940 era entrata in gioco una ragione per convincere
il popolo inglese a persistere: l'entrata in guerra dell'Italia rimetteva in
moto la macchina bellica britannica che pareva ormai sopita di fronte alla
repentina sconfitta francese seguita alla "finta guerra". Probabilmente
Mussolini accettò "obtortocollo" di entrare in guerra in seguito alle
promesse che dopo la sconfitta della Francia la guerra sarebbe finita, con
una pace tra Inghilterra e Germania, nella quale Mussolini era necessario
come arbitro come era stato a Monaco due anni prima. A questo proposito è
molto indicativo un esempio pratico: sul finire della guerra, nel 1945,
quando era praticamente certa la sconfitta dei tedeschi e la fine del
conflitto, alcuni paesi dichiararono guerra all'Asse, pur senza prendere
partecipazione diretta al conflitto, con il fine di partecipare alle
conferenze di pace ed alla fondazione dell'ONU. Tra questi il più importante
era la Turchia. Questo è paragonabile al momento ed ai motivi dell'entrata
in guerra dell'Italia, quando si credeva che la guerra fosse sul finire, con
la sconfitta della Francia ed il necessario venire a patti della Gran
Bretagna (patti che sarebbero stati sicuramente basati sull'eliminazione
dell'autarchia coloniale e del controllo britannico delle vie di commercio
mondiali). Ma invece come sappiamo la guerra continuò, probabilmente a causa
della resistenza britannica ad accondiscendere questo tipo di patti. Ed il
paragone è come se, nel 1945 la Turchia, una volta dichiarata la guerra, la
Germania avesse contrattaccato ed il conflitto fosse durato ad oltranza
coinvolgendovi direttamente anche la Turchia. Ma come sappiamo, il cadavere
di Mehmehti IV non fu appeso ad un distributore di benzina di Istanbul.
"Le guerre diventano popolari soltanto quando si vincono" (Mussolini Benito
al direttorio del PNF, 17 aprile 1943)
Quindi Mussolini accettando avallava la consapevolezza che la guerra poteva
finire solo se Churchill avesse voluto[1]. Sintomatico è che il primo ordine
di Mussolini fu quello di "non attaccare per primi", un ordine veramente
atipico per l'esercito di un paese che ha egli stesso preso l'iniziativa di
dichiarare la guerra. un ordine, tra l'altro, che smentisce la famigerata
frase "ho bisogno di qualche centinaio di morti per sedermi al tavolo della
pace", la prima di una serie di affermazioni completamente bizzarre ed
inverosimili affibbiategli arbitrariamente in modo postumo[2]. Si consideri
di esse come prototipo l'assurda "Signori, voi avete provocato la crisi del
regime".
Si tenga però presente che la guerra dell'Italia contro la Gran Bretagna
aveva dei motivi, anche etici, ben chiari e definiti: una guerra per l'
indipendenza economica. E la sua dichiarazione non avvenne il 10 giugno
1940, ma l'anno precedente quando il governo italiano non poté più tenere
segreta l'esistenza di petrolio nello "scatolone di sabbia"; quello fu il
momento in cui Mussolini scelse la "pistola". Ed a questa indipendenza
economica i primi ad esserne interessati erano proprio i poteri economici
italiani, perlomeno quelli non direttamente sottoposti ad ubbidienza alla
massoneria internazionale. Come Mussolini aveva specificato in più di un
discorso, l'importanza data dall'Italia in quegli anni alla libertà di
commercio era molto sentita. Questa libertà di commercio era vincolata dal
sempre possibile ricatto del blocco dei commerci italiani col resto del mond
o tramite il controllo britannico degli accessi al mar Mediterraneo
(Gibilterra e Suez), e del punto-cardine Malta. La strategia geopolitica
britannica difatti non stava tanto nel controllo territoriale effettivo, ma
dei vari punti chiave del globo (Città del Capo, isole Falkland, Singapore,
Aden, ecc), che da secoli gli consentiva di mantenere sull'intero pianeta un
ampio controllo dei commerci. Dato che questa minaccia all'Italia si era
concretizzata effettivamente nel 1936, con le sanzioni a causa della guerra
in Abissinia, appariva impellente per l'economia italiana la ricerca di una
soluzione definitiva a tale condizione, che la liberasse da quella
soggezione alla quale doveva perennemente sottostare sotto la minaccia di un
blocco.
Strana appare quindi la contrarietà (seppure intempestiva, in verità) dei
comunisti a quella guerra, se si considera che essi sono solitamente
favorevoli a qualunque guerra per l'indipendenza dei popoli. e difatti,
prima che essa fosse persa, non ne erano certo contrari, come dimostra il
fatto non casuale che l'apertura a Mussolini avvenne nel 1936, proprio
durante il periodo dell'attuazione del ricatto economico britannico. Ed
altre conferme arrivano ad esempio dall'inaspettato (ed altrimenti
incomprensibile) sostegno morale giunto dall'ultra-economicista Benedetto
Croce nel 1936.
A completare il risorgimento mancava effettivamente qualcosa, dopo la
"redenzione" di Trento e Trieste: mancava l'indipendenza economica dalla
Gran Bretagna. La seconda guerra mondiale fu veramente una quinta guerra di
indipendenza come dissero i partigiani. Ma a differenza di quanto loro sono
convinti, fu perduta. Contro gli inglesi, non contro i tedeschi.
Mussolini fu quindi tradito da Churchill? Più realisticamente i fatti vanno
inseriti nell'ambito dell'antagonismo politico tra Churchill e Chamberlain,
o meglio, tra diverse logge massoniche. Dal canto suo, Mussolini, ovviamente
conscio degli ostacoli, aveva perseguito per 20 anni il suo progetto
recondito, iniziando con lo sciogliere il maggior ostacolo: la massoneria;
fino al 25 luglio 1943, quando per quelle forze arrivò l'occasione di
sbarazzarsi di lui grazie al pianificato andamento negativo della guerra, la
quale come è noto è stata caratterizzata da appositi ed in apparenza assurdi
piccoli e grandi sabotaggi economico-logistici, certamente dietro
coordinamento della massoneria risvegliatasi dal "sonno" nel quale Mussolini
l'aveva messa nel 1925. Erano praticamente all'ordine del giorno ricezioni
di pacchi di giornali vecchi al posto di munizioni, e di acqua sporca al
posto di benzina.
"Tu domanderai perché non si identificano e puniscono i colpevoli. Ma quando
ho cercato di farlo, mi sono trovato di fronte una muraglia impenetrabile"
(Benito Mussolini, da "Duce! Duce!", Richard Collier, pagina 235)
Quella muraglia erano i tentacoli dell'organizzazione massonica.
L'unico episodio di punizione riguardò un comandante sul fronte jugoslavo,
che dietro alle rimostranze della truppa rispose candidamente "non sapete
che dobbiamo perdere la guerra se vogliamo liberarci del fascismo?"[1].
Questo mette il sigillo su chi aveva i veri motivi a dichiarare la guerra,
perlopiù al fianco di Hitler. Come se non bastasse la rimanente miriade di
evidenti indizi, come il fatto che il Re d'Italia tenesse i suoi risparmi in
una banca inglese, in un conto che durante tutta la guerra non fu toccato.
Ciò che rese ad essi impellente far cadere Mussolini non fu l'invasione
della Sicilia come leggenda vuole. Anzi la massoneria stessa ne covava
desiderio, e la agevolò tramite la sua associata siciliana nota come "mafia"
. Ciò che rendeva impellente la caduta del fascismo era la pressione che
Mussolini (sostenuto in questo da Tojo) faceva negli ambienti tedeschi per
organizzare una pace separata con l'Urss[1]. Dopo la quale ovviamente tutti
gli altri nemici sarebbero venuti a patti più celermente ed
accondiscentemente, rinunciando all'incomprensibile pretesa della resa
incondizionata; cosa che avrebbe però mandato a monte parte dei progetti
massonici. Il 25 luglio 1943 gli italiani esultarono la caduta di Mussolini
come la fine della guerra. Se solo avessero potuto sapere che stavano invece
esultando per la continuazione di una guerra che Mussolini avrebbe invece
fatto finire al più presto. Osannarono proprio quelli che avevano l'
interesse ed il proposito di farla non solo continuare, ma addirittura
degenerare anche per ingigantire le "colpe" affibbiabili allo speaker[2] che
l'aveva annunciata alla radio. Incomprensibile è come essi, pur dichiarando
di agire per il bene della nazione, permisero nel lasso di tempo successivo
di lasciar affluire liberamente i tedeschi nella penisola. Evidentemente lo
scopo iniziale dei veri autori del colpo di Stato del 25 luglio non era il
successivo armistizio poi verificatosi, ma essi stessi dovettero
accondiscendervi davanti alle sopravvenute esigenze internazionali (la
pressione diplomatica sovietica soprattutto).
Nessuno che si chieda il perché del trattamento eccessivamente bonario dei
vincitori verso i vinti. Non ci fu alcuna "pastoralizzazione"[3]; le colpe
furono tutte addossate a dei simbolici capri espiatori. Forse per tenere
buoni i, sicuramente molti, che, chi più chi meno, erano consci del senso di
quanto in realtà era accaduto tra il 1939 ed il 1945?
"In politica nulla accade a caso. Ogni qualvolta sopravviene un avvenimento
si può star certi che esso era stato previsto per svolgersi in quel modo"
(Franklin Delano Roosvelt)
Fin dalla fine del 1942 i giornali stranieri davano per imminente un colpo
di Stato contro Mussolini[1]. Grandi stesso ammise di averne progettati nel
maggio 1941 e nel novembre 1942[2].
Mussolini, accortosi delle trame che per prima cosa gli impedivano di
svincolarsi da Hitler, decise di "scatenare la terza ondata contro quel
mezzo milione di vigliacchi borghesi che si annidano nel paese" che aveva
già promesso in un discorso del 25 ottobre 1938.
Un "25 luglio" infatti fu già cospirato il 19 ottobre del 1939 e quasi dagli
stessi personaggi del successivo '43: Grandi, il Re, il principe Umberto,
Italo Balbo[3]; ma non è noto a cosa fosse finalizzato: ad evitare la
partecipazione alla guerra o a favorirla? Al fianco dei tedeschi o dei
franco-britannici? Nessuna di queste opzioni è così scontata come potrebbe
sembrare.
Anche se ufficialmente proibita, la massoneria non è composta di automi, ma
di persone, e queste persone comunque esistono, pensano, complottano, ed
operano, secondo la loro natura "arrivista". E grazie a questa ragnatela
sono in grado di manipolare il corso degli eventi. Quando il punto di
riferimento di tali complottisti, la monarchia, fuggì, l'8 settembre 1943,
sembrò arrivato il momento di rispolverare il fin'allora disatteso programma
di S. Sepolcro.
"Il lurido tradimento Re-Badoglio che ha trascinato purtroppo nella rovina e
nel disonore l'Italia, vi ha però liberato di tutti i componenti
pluto-monarchici del '22. Oggi la strada è libera e a mio giudizio si può
percorrere sino al traguardo socialista" (Nicola Bombacci in una lettera a
Mussolini, 11 ottobre 1943, da "Fascisti immaginari", pag. 176)
Ma invece a causa della situazione bellica e dell'occupazione tedesca,
Mussolini continuava ad avere una limitata libertà di azione, dovendo di
conseguenza edulcorare dai propositi più "scomodi" la "Carta di Verona" ed
il decreto-legge sulla Socializzazione, in particolare senza fare alcun
accenno a democrazia organica e fiscalità monetaria. Ma il sasso nello
stagno era gettato. Questo non poteva essere lasciato passare impunito dalle
forze reazionarie che non volevano mollare l'osso. Proprio per questo
Mussolini fu poi definitivamente abbattuto da queste residue ma pur sempre
potenti forze contrarie al cambiamento, prima di riuscire a dare il via
perfino alla versione edulcorata della Socializzazione. Da parte dei gruppi
industriali, finanziari, e sindacali si voleva difatti evitare di trovarsi
tra le mani una tale sicura "patata bollente" una volta giunti al potere.
Nicola Bombacci si rivelò profetico: "Il socialismo non lo realizzerà
Stalin, ma Mussolini, che è socialista anche se per vent'anni è stato
ostacolato dalla borghesia che poi lo ha tradito. Ma ora il Duce si è
liberato di tutti i traditori e ha bisogno di voi lavoratori per creare lo
Stato proletario. Presto tutte le fabbriche saranno socializzate e sarà
anche esaminato il problema della terra e della casa perché tutti i
lavoratori devono avere la loro terra e la loro casa. Queste sono conquiste
che comunque vada non devono andare perdute".
Insistenti furono le loro pressioni su Karl Wolf (comandante tedesco in
Italia) dagli organizzatori dell'"operazione Sunrise" affinché la RSI fosse
sciolta prima dell'applicazione effettiva di quella socializzazione. Come
desiderato, ironia della sorte proprio il giorno stabilito per l'entrata in
vigore della legge sulla socializzazione, 21 aprile 1945, i tedeschi
iniziano la ritirata e gli americani sfondano la "linea gotica", avviando la
caduta in pochi giorni della Repubblica Sociale Italiana senza colpo ferire,
nonostante avesse ancora notevoli capacità di resistenza dovute alle
caratteristiche geo-morfologiche del nord Italia. L'apporto dato dai
partigiani alla caduta della RSI fu del tutto inesistente, e nonostante essi
siano convinti del contrario, il precedente proclama del generale americano
Alexander è sintomatico a tal proposito. Regolarmente, ogni volta che i
tedeschi smobilitavano, i partigiani uscivano fuori dai nascondigli,
"insorgevano" come usano dire, sparando alle spalle delle ultime
retroguardie dei genieri. Questi sono i fatti, non le "leggende". Quello che
successe a Pedescala è d'esempio.
Fatalità, il primissimo atto politico del CLN nel nord Italia fu proprio l'
abrogazione del decreto-legge sulla socializzazione, il giorno stesso della
caduta ufficiale della RSI, 25 aprile 1945. Tutto questo getta
inevitabilmente luci "oscure" sulle vere motivazioni della cosiddetta
"insurrezione", e sul grado di considerazione dato dagli antifascisti a quel
decreto-legge
«In molte province si sta verificando il fenomeno di industriali i quali
sono i sovvenzionatori di questa ripresa sovversiva delle bande di Lenin,
sovvenzionatori di queste bande di ribelli» (Alessandro Pavolini al
congresso di Verona, 1943)
La breve vita della RSI fu travagliata da numerosi scioperi dei lavoratori,
caso forse unico nella storia del mondo, fomentati dai padroni stessi. Ma
non tutti i proletari si lasciarono ciecamente ingannare e strumentalizzare:
ad esempio il citato comunista Nicola Bombacci sostenne la RSI senza mai
rinnegare il suo comunismo. Anche altri antifascisti, accortisi degli strani
connubi e delle subdole manovre che con sospetta eterogenesi dei fini si
opponevano alla RSI, si schierarono in difesa di questa. Essi si riunirono
in un loro partito, il "partito repubblicano socialista italiano", guidato
dal filosofo Edmondo Cione.
"La socializzazione altro non è se non la realizzazione italiana, umana,
nostra, effettuabile del socialismo" (Benito Mussolini, Corriere della Sera,
15 ottobre 1944, da "Fascisti immaginari", pagina 115)
Gli autentici propositi di Mussolini ci appaiono oggi con sempre maggior
nitidezza. Non è un caso che avesse affidato l'economia italiana ad Alberto
Beneduce, sulle cui idee politiche sono esemplari i nomi che dette alle
figlie: Idea Nuova Socialista, Vittoria Proletaria, Italia Libera. Non è un
caso che il partito più astiosamente avverso al fascismo, il "partito d'
azione", fosse espressione diretta delle forze economicistiche
ultra-liberal-capitaliste che avevano il loro riferimento culturale in
Benedetto Croce[1]; non è un caso che nelle dittature di destra i partiti
fascisti fossero perseguitati (perfino in Giappone[2] e Spagna[3], checché
se ne voglia dire); non è un caso che obiettivo primario del CLN negli
attentati non erano i fascisti estremisti, ma quelli aperti al dialogo coi
comunisti[4]; non è un caso che per la prima volta nella storia italiana al
potere assursero col fascismo persone di estrazione sociale popolare; non è
un caso che la mafia aiutò gli invasori ad occupare la Sicilia; non è un
caso che dopo la guerra alcuni fascisti si schierarono col PCI. Non ultimo,
e questo sarà dimostrato dalle trame oscure che percorreranno gli eventi del
nostro paese nei decenni seguenti, loschi personaggi come Michele Sindona si
ritrovarono più o meno indirettamente coinvolti, dopo lo sbarco siciliano
delle truppe alleate, in traffici illeciti atti ad impiantare nuovamente
quella cupola mafiosa fortemente penalizzata e quasi del tutto estirpata,
durante il ventennio. La cosiddetta "Pizza Connection", che in tempi
sospetti, avrebbe successivamente coinvolto anche Stato Laico e Vaticano,
influenzerà non poco quell'egemonia occidentalista dell'Italia del
Dopoguerra. Sintomatico è stato il destino di colui[5] che a Sigonella, nell
'ultimo rigurgito di sovranità nazionale, cercò di opporsi ai diktat
americani. Il paragone con Mohammad Mossadeq viene spontaneo.
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Per identificare i motivi di questi eventi "imprevedibili" basta analizzare
le cause delle cosiddette "crisi economiche". Ma si deve guardare la luna,
non il dito. Così come nella "grande depressione" del 1873-95, le cause
principali vanno sicuramente addebitate ai dazi doganali, ma soprattutto ai
motivi che li avevano fatti introdurre. Alcuni stati producevano beni in
surplus che però importatori di altri stati non potevano acquistare a causa
dei dazi che venivano imposti dai produttori interni per non vedere
diminuito il valore dei propri prodotti. Contrariamente ad ogni logica
economica sul "vantaggio comparato". Ogni ambiente ha un vantaggio rispetto
ad altri nella produzione di determinati beni. Ad esempio la pianura padana
ha un vantaggio nella produzione agricola se comparata all'Antartide.
Viceversa l'Antartide ha un vantaggio nella produzione di ghiaccio se
comparato alla pianura padana. Lo scambio delle rispettive produzioni in cui
sono avvantaggiati è efficiente nelle maggiori quantità reciprocamente
scambiabili rispetto ad una situazione di autoproduzione autarchica. Quindi
quando in un paese produttore di un dato bene questo raggiunge livelli di
saturazione (ovvero la parte azzurra del grafico di pagina ----) il suo
prezzo scende sotto un livello che non è più conveniente per il produttore
produrre e trasportare ("costo di opportunità"), se non trovando nuovi
mercati dove poter continuare a vendere a prezzi vantaggiosi. In assenza di
tali nuovi mercati la produzione pur mantenendo una potenziale produttività
ed una potenziale domanda, diminuisce o si ferma. Per fare un esempio
riguardo la crisi degli anni 1873-95 il grano è il bene ideale: negli Stati
Uniti vi era una sovrapproduzione di grano dovuta all'ampiezza degli spazi
coltivati estensivamente, alla bassa densità di popolazione, ed all'
introduzione del filo spinato. I progressi nei trasporti consentivano sempre
più l'esportazione per lunghe distanze cosicché grazie a questo suo
"vantaggio comparato" gli USA divennero esportatori di grano in Europa. L'
Europa di bocche da sfamare ne aveva e quindi acquistava il grano americano,
a prezzo più basso rispetto alla produzione locale. Ma ciò danneggiava i
proprietari terrieri europei, i quali imposero ai rispettivi governi i dazi
per gravare sulle importazioni dall'America. Quindi la responsabilità va
ricercata negli interessi particolari di un gruppo ristretto, in questo caso
la lobby dei grandi proprietari terrieri. Questa anomalia provocava un
risvolto noto come "fallimento del mercato" causato da uno "shock della
domanda" negativo, con le seguenti conseguenze: prezzi più alti in Europa e
quindi carenza di grano; eccedenza di grano in USA con conseguente abbandono
di terre coltivate e disoccupazione; mancato afflusso di beni dall'Europa
all'America (coi quali veniva pagato il grano); tali beni potevano essere
prodotti industriali o minerari o beni di lusso o servizi svolti dagli
immigrati; mancato afflusso di rimesse in Europa dagli immigrati disoccupati
in America.
In pratica una "forzatura del risparmio", che come abbiamo visto nel modello
faraonico provoca solo diminuzione del PIL. Come risultato della
riallocazione del consumo e delle vendite la produzione in surplus
diminuisce; al popolo europeo viene a mancare il nutrimento a basso prezzo;
ai grandi coltivatori americani vengono a mancare quei beni "indotti" ma che
erano l'incentivo alla produttività agricola; i coltivatori americani più
piccoli e i dipendenti restano senza lavoro; i superflui beni "indotti" che
restano in Europa vanno alle classi agiate (anche agricole) locali, che li
possono acquistare a prezzo più basso rispetto al prezzo che pagherebbero
contro una concorrenza americana; i produttori europei di questi beni
superflui vedono quindi anch'essi ridotte le loro entrate oppure falliscono
o rischiano il licenziamento se dipendenti; stesso discorso per il settore
indotto (trasportatori, dettaglianti); gli emigrati europei in America
diventano disoccupati, e le loro rimesse vengono a mancare in Europa. Come
si vede questo circolo vizioso nuoce a tutti fuorché a una ristretta
minoranza. Ma in una visione macroeconomica più ampia nuoce anche a questa
cieca minoranza, nella crisi economica generale. Questo stesso circolo
vizioso che causò la crisi del 1873-95 è la causa principale pure di quella
del 1929, ma con modalità differenti.
La crisi del 1873-95 aveva trovato soluzione con il colonialismo, grazie al
quale si erano aperti nuovi mercati nei quali si poteva dirigere il
commercio, ogni nazione nelle sue colonie le quali erano precluse al
commercio con altre nazioni sempre tramite i dazi. In questo modo gli stati
europei potevano ricevere il grano americano senza gravare sui coltivatori
locali grazie alle conseguenze dello "shock della domanda" positivo. Così
quella che fu la soluzione alla crisi del 1873-95 divenne la causa di quella
del 1929. La conferma di questo è il crollo dei prezzi (deflazione) avvenuto
dopo il 1929. Questo perché a un certo punto anche i mercati coloniali
arrivarono a un punto di saturazione (e in questo contesto come mercati
coloniali dobbiamo riconoscere come parzialmente tali anche il Sudamerica,
la Cina, ed il Giappone, nei confronti degli Stati Uniti), quindi in assenza
di una impossibile diversificazione di produzioni quello che, ad esempio, l'
Inghilterra vendeva all'India non poteva venderlo al Marocco, e nemmeno
acquistare. Viceversa la Francia poteva commerciare con il Marocco ma non
con l'India. O se volevano dovevano farlo secondo i prezzi imposti dalla
potenza coloniale e tramite essa, certamente più alti a causa dei dazi;
questo gli consentiva di tenere al cappio tutte le nazioni indipendenti
prive di colonie rilevanti (quindi anche l'Italia). Ed i prodotti di Marocco
e India non sono gli stessi: ognuno di essi ha un "vantaggio comparato"
nella produzione di determinati beni. Quindi a causa di questo stallo
commerciale si ritornò alla situazione del 1873-95, nella quale si poteva
produrre ma non si vendeva e se si vendeva si doveva vendere a prezzi tanto
bassi da dover abbandonare la produzione od il trasporto; mentre i prodotti
da comprare avevano prezzi talmente alti da non poterseli permettere. Quindi
forzatura del risparmio a causa dello spostamento verso il basso della
"funzione di consumo aggregato" con ripercussione negativa sul "PIL di
equilibrio reddito/spesa", e quindi diminuzione della "spesa aggregata
programmata" ed accumulo di scorte, che per "aggiustamento" provoca
recessione. Tutto a causa dei dazi doganali, un "costo aggiuntivo" imposto
fittiziamente alle merci con l'unico scopo di salvaguardare gli interessi
particolari di una ristretta minoranza, che portava di conseguenza a
combattere una guerra commerciale tra nazioni. Guerra che da commerciale era
divenuta militare negli anni 1914-18, addirittura riavvicinando le due
nazioni nemiche storiche per antonomasia, Gran Bretagna e Francia, e il cui
risultato (l'eliminazione di un forte concorrente, Germania, che, essendosi
sganciato dalle crescenti logiche globalizzatrici, ostacolava l'oligopolismo
ritenuto essenziale da Gran Bretagna e Francia per poter tenere alti i loro
prezzi sui mercati internazionali[1]) aveva ridato "ossigeno" al sistema
economico coloniale per qualche anno "ruggente" in più, fino al 1929
appunto. Senza la Prima Guerra Mondiale la crisi non sarebbe iniziata nel
1929, ma molto prima, probabilmente a partire dal 1914 stesso in continuità
con la recessione iniziata nel 1907. Per questo è esatto dire che è stata la
prima guerra mondiale (come apoteosi dei guasti derivati della deviazione
dell'economia) a risvegliare gli ideali distributisti.
"Nel 1925, ricomincerà la lotta per la conquista dei mercati. Credete voi
che ci possiamo trastullare con dei giocattoli ad uso interno, quando domani
possiamo essere di fronte a delle prove in cui si deciderà se saremo vivi o
no, se diventeremo colonia o resteremo grande potenza?" (Benito Mussolini
all'associazione costituzionale, 4 ottobre 1924)
Se qualche anno prima si era posto rimedio all'imminente crisi con la
guerra, nel 1929 una tale soluzione non si vedeva praticabile nell'
imminenza. Ma una volta iniziata la crisi la consueta soluzione venne
spasmodicamente favorita, fino a raggiungerla, avendovi trovato nella
Germania revanscista il "mezzo" ideale, con la seconda guerra mondiale, che
come risultato previsto aprì i mercati coloniali a tutte le nazioni in vista
della futura e auspicata indipendenza di tutte le colonie. Con i nuovi
accordi economici internazionali (Bretton Woods, piano Marshall, ecc) ai
quali gli stati "riconoscenti" dovettero obbedire.
"Gli spettacoli della piccola Vicky salvarono l'America dalla grande
depressione" - "Dimentichi la seconda guerra mondiale" (tratto da "Ultimo
tiptap a Springfield", da I Simpson)
Secondo questa analisi, l'effettiva causa della seconda guerra mondiale
sarebbe da ricercare nella volontà del capitalismo internazionale espresso
nella massoneria di provocare uno scossone planetario che portasse ad un
rivoluzionamento del sistema geopolitico globale, soprattutto all'
eliminazione degli imperi coloniali ed in generale ad un'unificazione dell'
economia globale in un sistema neo-colonialistico sull'allora sperimentato
modello sudamericano. Scopo che, almeno inizialmente, sarebbe stato
raggiunto in ogni caso, qualunque fosse stato il vincitore, come dimostrano
anche l'impostazione prettamente neocolonialista data dal Giappone nei
territori da esso occupati, la rinuncia della Germania a riottenere le sue
vecchie colonie, la definizione italiana di quella come una sua "guerra
contro le nazioni affamatrici dei popoli e detentrici di tutto l'oro del
pianeta", e lo schieramento a favore dell'Asse da parte di tutti i movimenti
indipendentisti mondiali e, perlomeno fino a quando le sorti del conflitto
rimasero in bilico, della maggior parte delle nazioni neutrali. Usa
compresi, checché oggi se ne voglia dire, i quali avevano in comune con l'
Italia il non secondario scopo di eliminare il controllo britannico del
commercio mondiale e l'autarchia coloniale tipicamente francese.
« "...A proposito... hai sentito? Dicono che sia entrata in guerra anche l'
America..." - "Con noi?" - "Contro di noi, caro mio!" » (Roberto Mieville,
"Un racconto della guerra perduta")
La seconda guerra mondiale non può nemmeno essere vista totalmente come una
guerra politica tra fascismo ed antifascismo, in quanto in alcuni paesi
(Francia, Belgio, Danimarca) partiti democratici accettarono di collaborare
coi tedeschi, mentre in altri (Polonia, Lettonia, Bulgaria) i principali
partiti fascisti si schierarono con la resistenza antinazista. Anche in
Giappone i due piccoli partiti fascisti erano fortemente avversi al governo
ed alla guerra. Gli stessi schieramenti ufficiali erano visibilmente assai
labili. Agli inizi della guerra e fin ben dopo la sconfitta francese gli Usa
erano stati risoluti nel dichiarare che era del tutto sbagliato posizionarli
nel campo anglo-francese. La Russia come abbiamo visto solo per un pelo non
aderì al "patto d'acciaio". Il bombardamento di Mers-el-Kebir attuato contro
gli ex-alleati francesi rivelò al mondo la vera faccia dei britannici. La
popolarità della "guerra antifascista" risulta smentita da un episodio ben
definito: quando gli inglesi occuparono la Siria ed il Libano, solo 6.000
francesi su 31.000 optarono per schierarsi con gli Alleati, mentre i
restanti 25.000 preferirono la prigionia.
Esemplare è anche che nei campi di concentramento tedeschi i prigionieri
inglesi e polacchi dovevano stare separati, in quanto i polacchi accusavano
gli inglesi di averli spinti alla guerra e poi abbandonati a sé stessi[1].
Ulteriormente indicativo è come gli inglesi pur avendo dichiarato guerra
alla Germania, inspiegabilmente non fecero lo stesso verso l'altro
aggressore, l'Urss; mentre contro esso, in aiuto della Finlandia, corse,
ebbene si, proprio l'"alleato" tedesco, l'Italia[2]! In quei giorni
Mussolini arrivò perfino a considerare l'ipotesi di affiancarsi a Francia e
Gran Bretagna contro la Germania. E' lecito porsi la domanda: cosa lo fece
desistere da ciò? Forse il "tintinnio di sciabole" noto come "golpe delle
barbette"[3]? Dopo aver rifiutato di dare aiuto alla Cecoslovacchia,
Chamberlain si impegnò ad intervenire in difesa di un paese persecutore di
ebrei, e che aveva collaborato con Hitler nello smembramento della
Cecoslovacchia. La Francia e l'Inghilterra ritenevano che un loro
irrigidimento nella questione cecoslovacca avrebbe provocato subito la
guerra contro la Germania, guerra che le avrebbe definitivamente indebolite
anche se l'avessero vinta. Ma per difendere la Polonia abbandonarono questa
logica. Perché? La Polonia in quegli anni non era quella inerme nazione che
viene dipinta dalla storiografia ufficiale, ma era un paese fortemente
antisemita nel quale i pogrom erano quasi all'ordine del giorno; era un
paese nato da una guerra che aveva lasciato il paese carico di nazionalismo
ed anticomunismo e di una sorta di "grandeur" sul modello francese, e, fino
al 1º settembre 1939, sicura di poter arrivare a Berlino in pochi giorni,
nonché di prendersi la rivincita della guerra sovietico-polacca del 1919-21.
Secondo alcuni storici l'intenzione della Polonia in quegli anni era quella
di sfruttare la sua posizione nell'ambito di una plausibile alleanza
anglo-tedesca anticomunista con lo scopo recondito di conquistare l'Ucraina,
sulla base di vaghi accordi del trattato di Brest-Litovsk tra Russia e
Germania del 1917. La Germania però, per aderire a tale progetto, chiedeva l
'annessione di Danzica, cosa che la Polonia rifiutò, sostenuta dall'
Inghilterra. In questo "ingolosimento" potrebbe essere insito il motivo
scatenante dell'attacco tedesco alla Polonia? Si considerino prima di tutto
i maneggi che precedettero il settembre 1939: il 31 marzo la Gran Bretagna
garantisce il sostegno a Polonia e Romania (un accordo analogo esisteva già
con la Turchia); il 6 aprile lo specifica ulteriormente ma stavolta alla
sola Polonia; il 28 vengono alla luce gli accordi segreti presi in quel
lasso tra Gran Bretagna e Germania; l'11 agosto una missione diplomatica
anglo-francese è a Mosca; il 23 viene firmato il patto Molotov-Ribbentrop.
Non si scordi un altro particolare importante: gli ebrei polacchi accolsero
inizialmente gli invasori tedeschi come loro liberatori[4]. Questo perché lo
Stato polacco era ferocemente antisemita ed i pogrom erano all'ordine del
giorno, praticati con sempre maggior frequenza dopo la crisi del '29 che
aveva avviato una "guerra sociale" nella quale non poteva rimetterci altri
che la minoranza più ricca e rilevante (in Polonia gli ebrei rappresentavano
ben il 10% della popolazione), per raggiungere il culmine (250.000 vittime)
prima e durante l'invasione tedesca (dato che i polacchi ritenevano gli
ebrei responsabili dell'istigazione di quell'invasione); stesso discorso
valido per gli ebrei dell'Ucraina nell'estate del 1941. La localizzazione
dei campi di concentramento attorno al "governatorato generale" avrebbe
voluto originare uno stato polacco a conduzione ebraica? Per questo Hitler
non prese in considerazione l'ipotesi italiana di trasferirli in Etiopia? Ed
aveva realmente intenzione di trasferirli in Madagascar? A dare un senso è
esemplare il parere favorevole espresso (seppur in fondo ingenuo) dai
giapponesi quando nel 1934 ai confini con il Manchukuo fu fondato da Stalin
l'oblast ebraico: "ben vengano gli ebrei, sono creatori di ricchezza". Sulle
reali intenzioni hitleriane è sintomatica anche l'esperienza di Anna Frank:
fu deportata ad Auschwitz, ma quando quel campo fu raggiunto dai sovietici
essa fu trasferita in un campo interno alla Germania, Bergen Belsen[5]. Uno
Stato oramai sull'orlo della disfatta, con le infrastrutture devastate, si
poteva permettere il lusso di impiegare preziosi treni per portare al salvo
"inutili" prigionieri? Evidentemente Hitler per primo non li considerava
affatto inutili. Come si può quindi conciliare il comprovato trattamento di
favore ricevuto da Anna Frank con un presunto proposito di eliminare
appositamente il popolo di cui faceva parte? La logica e le testimonianze
VERE appaiono rivelatrici. Ma lo scopo di questo libro non è impelagarsi
mettendo la mano in quell'alveare di cui non ci azzardiamo ad osare nemmeno
fare il nome.
Tornando alla Gran Bretagna, per dare un senso agli eventi si deve tener
conto che il potere in essa non era un blocco monolitico, ma la sua politica
era divisa in due fazioni ben distinte: quella di Churchill anti-tedesca e
filo-russa; quella di Chamberlain filo-tedesca ed anti-russa. Per cui quelle
che a prima vista potrebbero sembrare incongruenze nella condotta
diplomatica britannica erano piuttosto determinate da queste diatribe
interne. L'evento che fece pendere definitivamente la bilancia del potere
verso la fazione di Churchill fu la pace conclusa tra Urss e Finlandia (e
non la perdita della Norvegia!). Per mantenere questo equilibrio la
paventata "operazione leone marino" fu determinante, e lo stesso Churchill
chiese ad Hitler (tramite l'ambasciatore svedese) di bombardare Londra[6].
Dalle biografie di De Gaulle si intuisce anche il sospetto che inizialmente
la seconda guerra mondiale in realtà sia stata anche una guerra contro la
Francia da parte della Gran Bretagna, utilizzando la Germania come un
burattino. Ed a loro volta a "stimolare" in tal senso sarebbero stati anche
gli Stati Uniti, i quali non a caso sono stati la prima nazione a
riconoscere il governo Petain. Esemplare è la frecciata di De Gaulle alla
moglie di Churchill: «I francesi sarebbero più contenti di cannoneggiare gli
inglesi, che i tedeschi»[7].
Ma gli Stati Uniti, che erano già da tempo in guerra commerciale col
Giappone per via degli interessi divergenti nella "neocolonia Cina",
provocarono in ogni modo per subire un "casus belli" in modo da poter
entrare impudentemente in guerra. Pur prevedendo l'attacco di Pearl Harbor
non fecero nulla per evitarlo, unico modo "democratico" (tipico degli USA
nordisti, dal prototipo "esplosione del Maine[8]" all'"11 settembre 2001"
[9]) per convincere l'opinione pubblica ad approvare l'entrata in
guerra[10]. Stavolta furono i britannici ad essere scornati, tanto che
cercarono subito di pacificarsi col Giappone; questo da l'idea di quanto i
britannici stessi potessero auspicare l'ingresso degli Usa nella guerra. L'
ostinazione americana (alla quale i britannici poi si accodarono) di puntare
unicamente ad un'immotivata resa incondizionata aveva il solo risultato di
prolungare ad oltranza la guerra, con vivo disappunto di Stalin che sarebbe
stato favorevole ad una pace immediata seppur condizionata. Davanti a questo
accanimento americano altro motivo non si vede se non la volontà di
prolungare appositamente il corso del conflitto, desiderio evidentemente
condiviso guarda caso anche da Hitler.
Le nazioni fasciste non furono le sole sconfitte. Francia ed Inghilterra
uscirono prostrate dalla guerra ed avendo dovuto venire a patti con gli
Stati Uniti gli erano profondamente debitrici. Poco a poco i loro imperi
coloniali si sfaldarono, come avevano desiderato gli Stati Uniti. In
definitiva, l'Europa intera uscì sconfitta dalla seconda guerra mondiale,
assegnata dalla conferenza di Yalta per metà agli Stati Uniti, e per metà
all'Urss, divisa da una cortina di ferro. I vincitori furono questi due, e
quindi il capitalismo, ma soprattutto il comunismo, che si vide espandere in
mezza Europa e poi in Cina. Gli sconfitti furono non solo l'Europa, ma tutto
il resto del mondo, che negli anni a venire rimarrà in balìa delle dispute
tra i due vincitori sfociate nella guerra fredda e nelle guerre
neocolonialiste, tragedie belliche, sociali, e umane che ne sono scaturite
fino ad oggi. Lo scontro Usa-Urss iniziò ancor prima della fine della
guerra, con la guerra civile greca.
Tali tesi sono sostenute sia in virtù degli avvenimenti che precedettero la
guerra partendo dalla crisi del 1929, sia da quelli che la seguirono, la
decolonizzazione in primis[11]. Anche l'italiana guerra d'Etiopia fu
tollerata, se non fomentata, con lo scopo di instillare nell'opinione
pubblica mondiale un moto di opposizione al sistema colonialistico, come
dimostra il consenso internazionale alle sanzioni. Sintomatica è l'enfasi
con la quale Re Vittorio Emanuele III diede a Mussolini l'autorizzazione
alla "campagna d'Etiopia": "Duce, vada avanti, ci sono io alle sue spalle.
Avanti le dico."[12]. Ovvero tradotto in altre parole: "abbiamo l'
autorizzazione della massoneria internazionale". Per quale motivo la
massoneria permetteva un azione contraria ai suoi interessi? Forse perché
per qualche recondito motivo, ciò andava a favore dei suoi interessi. Come
nel caso della guerra di Spagna, dopotutto, in quanto, ovviamente checché ne
dica Hollywood, l'interesse britannico ed americano non stava certo nella
vittoria dei comunisti (e conferma ne è implicitamente proprio il fatto che
questi non abbiano vinto.). Da quell'esperienza i paesi liberaldemocratici
impararono che potevano manovrare le nazioni "canaglia" per fargli fare ciò
che essi non potevano permettersi, in questo caso per contrastare il
comunismo.
Il paragone col 10 giugno 1940 viene spontaneo.
Hitler non sarebbe stato altro che un burattino nelle mani di questi poteri
economici internazionali, i cui finanziamenti alla sua fazione continuarono
durante tutto il Terzo Reich (anche durante la guerra!) sostenendo l'
altrimenti inspiegabile crescita economica tedesca degli anni '30. Quando
alcuni generali si resero conto di ciò e decisero l'attentato a Hitler del
20 luglio 1944 per attuare il Piano Walküre, era ormai troppo tardi, e per
poter dare una spiegazione il più razionale possibile al tutto, non si può
pensare ad altro che all'ipotesi che Hitler doveva perlomeno avere dei santi
in paradiso. Se ne dovrebbe ricavare che il suo è veramente il "popolo
eletto"?
Oramai assodata dovrebbe essere l'evidenza che Hitler non avesse alcuna vera
intenzione di fare la guerra alla Gran Bretagna[13]; inspiegabile sarebbe
altrimenti la sua contrarietà il giorno in cui i giapponesi occuparono
Singapore[14]. Ripetute e continuate furono le sue proposte di pace nel
periodo tra la resa francese e l'avvio dell'"operazione leone marino[15]";
la quale fu solo una farsa, come conferma l'ammiraglio Canaris al capo del
SIM italiano Giacomo Carboni[16] in seguito alle preoccupanti note che
giungevano dalla base italiana a Bordeaux, che definivano l'operazione come
uno "specchio per le allodole". Il 14 settembre Hitler la annulla del tutto.
Il suo vero obiettivo (esortato dagli stessi britannici, secondo l'opinione
di Stalin[17]) era solamente la Russia. Ed ecco che dopo 69 anni troviamo
finalmente un plausibile motivo con cui poter dare un senso all'altrimenti
incomprensibile attacco italiano alla Grecia: il tentativo mussoliniano di
bloccare lo scellerato proposito hitleriano di aggredire l'Urss. Assodato è
che Mussolini disapprovasse fortemente un attacco all'Urss giunti a questo
punto, ovvero dopo la cessazione delle ostilità tra essa e la Finlandia
filo-italiana.
"Non aprite altri fronti, lo scongiurai, ma lui non volle darmi ascolto"
(Mussolini riferendosi ad Hitler riguardo l'attacco all'Urss, da "I dieci
mesi terribili", Duilio Susmei, Roma 1981)
I primi di dicembre 1940 Mussolini tentò addirittura un approccio di
alleanza con l'Urss, entusiasticamente accolto a Mosca. Il possesso della
Grecia sarebbe stato indispensabile nell'assicurare il collegamento
marittimo tra Italia ed Unione Sovietica attraverso il mar Nero, e
territoriale attraverso Bulgaria e Romania, le quali furono proprio al
centro di queste trattative italo-russe, fortemente avversate dalla Germania
che già si dimostrava interessata a quelle due nazioni balcaniche
secondariamente al suo scopo di conquista del territorio russo. Il 18
dicembre Hitler emana la "direttiva 21": la preparazione dell'"operazione
Barbarossa"[18]: il rischio di una guerra tra Italia e Germania giunge al
culmine, scongiurato solamente, guarda il caso, da una furente offensiva
britannica in nordafrica. Il 31 dicembre Molotov è a cena all'ambasciata
italiana a Mosca, ma il 15 gennaio Mussolini è costretto a troncare ogni
trattativa con l'Urss. Un particolare rende ancora più intricato il tutto:
la preparazione del corpo di spedizione italiano in Russia ("ARMIR") fu
ordinata il mese precedente all'inizio dell'"operazione Barbarossa"; questo
contrasta apertamente con quanto è risaputo, ovvero che il governo italiano
fu informato dell'operazione solo il 22 giugno, ad operazioni iniziate. l'
unica ipotesi che se ne può ricavare è che l'allestimento dell'ARMIR fosse
finalizzato a tutt'altro che al sostegno di un attacco tedesco, casomai il
contrario. Cosa poi gli fece capovolgere destinazione d'uso? Un'altra vana
promessa britannica? A chiarire definitivamente le intenzioni di Hitler
dovrebbe bastare l'episodio del volo di Rudolf Hess in Inghilterra, e le
motivazioni che alternativamente lo renderebbero incomprensibile: proporre
un alleanza anglo-tedesca contro l'Urss, in nome di un evidente convergenza
di interessi geopolitici (Gran Bretagna potenza marittima, Germania potenza
terrestre). In quel momento ciò implicitamente avrebbe significato il
conseguente rovesciamento dell'alleanza tedesca con l'Italia, e per l'Italia
l'inevitabile necessità di convergere accanto all'Urss contro gli
anglo-tedeschi. Quale senso dare all'assassinio di Trotsky in questo
contesto? Tutto questo può sembrare fantapolitica alla "Fatherland", ma
nella realtà solo per un pelo le cose non sono andate in questo modo. Solo
in seguito al rifiuto britannico con l'arresto di Hess, le cose andarono
come oggi sappiamo; e all'Italia fu scongiurata una posizione che l'avrebbe
sicuramente travolta immediatamente, ma come amara conseguenza essa non poté
più svincolarsi dalla Germania hitleriana. Si compì così definitivamente la
soluzione auspicata dai britannici a quello strascico diplomatico lasciato
aperto dalla prima guerra mondiale che era l'alleanza anti-Intesa nata dal
"trattato di Rapallo" del 1922 e sempre più rafforzata durante il "periodo
di Weimar" tra le due nazioni reiette Germania "debitrice insolvente" e
Russia bolscevica. Difatti la vera responsabilità del massacro di Katin[19]
fu negata dagli anglo-americani anche per un motivo secondario: essa
conferma il fatto che Stalin non si aspettava neanche lontanamente un
tradimento tedesco di quell'alleanza che pareva consolidata (altrimenti il
massacro sarebbe stato compiuto ben più addentro al territorio sovietico,
non a pochi km dal vecchio confine). Ma come abbiamo appreso fin'ora, la
prassi di Hitler esulava da ogni logica. Nonostante la contrarietà di tutto
lo "Stato maggiore" del Reich, Hitler diede l'ordine.
"Si è giocata una partita estremamente pericolosa e sconsiderata, che un
qualsiasi discepolo di Clausewitz non avrebbe certamente mai intrapreso"
(dalla relazione del generale Grazioli a Mussolini, 15 febbraio 1943, da
"Storia segreta del 25 luglio '43", pagina 25).
Dopo la "relazione Grazioli" il Duce decide il ritiro totale dell'Armir
dalla Russia, in previsione di una pace. La disponibilità di Stalin sarebbe
implicitamente confermata anche da un episodio oscuro, il discusso
bollettino n. 630 del comando supremo russo, che recitava tra l'altro
"soltanto il Corpo d'armata alpino deve ritenersi imbattuto sul suolo di
Russia", che nonostante sia oggi ritenuto falso, se fosse vero avrebbe senso
proprio inserito in questo contesto.
In Germania il fronte filo-russo era rappresentato da Reinhard Heydrich; il
29 maggio 1942 egli rimase vittima di un attentato i cui autori sono tuttora
sconosciuti. Un particolare davvero sospetto visto che nel dopoguerra
sarebbero stati sicuramente riconosciuti come dei benemeriti della loro
nazione[20]. Quella che si trattasse in realtà di emissari di Hitler è più
che un ipotesi, come fa intuire Eugen Dolmann nel suo libro di memorie "Roma
nazista".
In questo contesto di pressione italo-giapponese su Hitler vanno inseriti
molti fattori ai quali finora la storiografia ha dato un interpretazione
completamente stravolta, a cominciare dall'assenza di Stalin a Casablanca,
per non parlare dello scioglimento del "Comintern" nel ------1943. Quest'
ultimo non avvenne come leggenda vuole come atto di apertura verso gli
Alleati, ma verso gli stati dell'Asse! Altrimenti non si riesce ad
inquadrare la contemporanea sostituzione degli ambasciatori sovietici (di
origine ebraica) a Londra e Washington con due non ebrei. In previsione dell
'armistizio caldeggiato da tutti fuorché Roosevelt, Churchill, ed Hitler. A
questo punto ci possono essere ancora dubbi da chi fosse composta la cricca
beneficiaria diretta della devastazione in atto in Europa?
Il rifiuto di Hitler di accogliere Molotov a Feltre[21] mise la pietra
tombale sulla salvezza dell'Europa.
Dopo il fallimento dell'incontro di Feltre (durato 4 ore invece dei 4 giorni
previsti) l'unica possibilità rimasta per evitare la catastrofe era quella
che da mesi (se non anni) veniva supplicata da tutte le persone dotate di
buon senso di tutti i paesi dell'Asse (Germania compresa): un colpo di mano
di Mussolini contro Hitler, anche se fosse stato necessario l'uso della
forza.
"Il tedesco è quello che è, per cui marcerà fino in fondo. Ma tutti sono
fortemente preoccupati. Parlando privatamente, ognuno vi dice che Hitler è
un pazzo e che porterà il Reich verso un apocalittico bagno di sangue. Tutti
coloro con cui ho parlato, mi hanno scongiurato di far conoscere a Mussolini
come stanno realmente le cose. Il prestigio del Duce in Germania è immenso e
si ritiene che soltanto lui possa affrontare ed influenzare quel pericoloso
fanatico di Hitler. Ritengo che Mussolini dovrebbe puntare i piedi, ed
indirizzare lui la politica dell'Asse" (Heinz Heymann, agente dell'Abwehr in
Italia, a Tullio Cianetti, da "Memorie dal carcere di Verona", Tullio
Cianetti, Milano 1983)
Secondo il diario di Dolmann, nonostante l'obbligata defezione di Molotov,
lo svolgimento del convegno di Feltre sarebbe stato programmato ugualmente
finalizzato proprio a questo[22]. Ma Hitler, subodorato qualcosa, se ne
partì di tutta fretta, per andare a preparare la vendetta verso Mussolini.
Ad impedire una seconda occasione intervenne il colpo di Stato del 25
luglio, e la guerra continuò, come specificato dal nuovo presidente del
Consiglio Badoglio. E chi il 25 luglio, dopo la seduta del Gran Consiglio e
prima di recarsi dal Re, Mussolini chiamò in udienza urgente a palazzo
Venezia? L'ambasciatore giapponese[23]. Comunicandogli di riferire al suo
governo che il giorno 28 (giorno nel quale sarebbe stato presente a Roma
Hermann Goering, il designato nuovo Fuhrer), Mussolini avrebbe imposto ad
Hitler con le buone o le cattive l'armistizio con l'Unione Sovietica, forse
l'"ultimo treno" per avere la disponibilità di Stalin e salvare il
salvabile. Prova di ciò ne è anche l'insolito fervore in preda al panico
della sbigottita diplomazia britannica a Mosca ed a Stoccolma in quei
frangenti. Ma il momento di massimo attrito tra gli Alleati si ebbe dopo la
conferenza di Casablanca. Per esaudire le richieste di Stalin, Churchill
premette per un insensato sbarco in Italia (dopo aver abbandonato l'ancor
più assurdo proposito di sbarco in Grecia e Bulgaria, chiaramente
finalizzato non ad andare in aiuto dei russi, ma bensì di tagliargli la
strada), criticato come inutile dai più alti gradi americani e per questo
poi bollato come "guerra inutile" data l'evidente impossibilità di
raggiungere l'obiettivo principale (la Germania) attraverso la penisola e le
Alpi. Difatti la pianura padana sarà occupata solo simultaneamente alla
Germania, nel 1945, rendendo palese l'inutilità strategica dell'assurda
"campagna d'Italia"[24].
Se non bastasse tutto quanto appena letto, quale interpretazione dare alla
mancata presa di Malta e Gibilterra?
"L'ho sempre pensato! Sempre, sempre, sempre! Ma non mi hanno dato ascolto!"
(Hermann Goering chiaramente riferendosi ad Hitler sulla domanda sopra
esposta, da David Irving, "Goering il maresciallo del Reich", Milano 1989)
Eppure tutti sapevano che un modo esisteva per sconfiggere la Russia, uno
solo. Esso era stato pianificato dall'ammiraglio Raeder: la conquista dell'
Egitto, a cui sarebbe facilmente seguito il ricongiungimento lungo il mar
Rosso con l'Africa orientale italiana che avrebbe coperto le spalle ed
assicurato il collegamento marittimo con il Giappone e con i paesi
anti-britannici del golfo persico. A quel punto la Palestina non avrebbe
potuto resistere da sola, ed Aden e Cipro assediate non avrebbero più
rappresentato un pericolo; Iraq ed Iran, ferocemente
anti-antibritannici[25], avrebbero rappresentato una cintura attorno alle
repubbliche sovietiche abitate da islamici anti-comunisti[26], e l'Urss
sarebbe stata spacciata in un attacco da tutti questi fronti. Idem per l'
India britannica, dove grazie al prevedibile appoggio degli indipendentisti
indiani di Gandhi[27] e Bose[28] il congiungimento ivi tra le forze
giapponesi ed italo-tedesche sarebbe stato questione di tempo. Di fronte a
ciò gli Usa non si sarebbero più nemmeno azzardati a volersi immischiare. O
meglio: si sarebbero immischiati, ma dalla parte opposta; e la Storia
sarebbe stata scritta da altri vincitori. Ma i risultati sarebbero stati i
medesimi, in quanto lo scopo che ha determinato la seconda guerra mondiale
era l'eliminazione degli imperi coloniali. E sarebbe stato raggiunto in ogni
caso, visto che chi l'avrebbe determinato, gli Usa, si sarebbe schierato con
quella che ad un certo momento gli sarebbe parsa la "squadra vincente"[29].
«Quando comincia una guerra la prima vittima è sempre la verità. Quando la
guerra finisce le bugie dei vinti sono smascherate, quelle dei vincitori
diventano storia» (Arrigo Petacco, "La nostra guerra 1940-1945")
Il punto di partenza per realizzare il "piano Raeder" era l'eliminazione di
Malta e Gibilterra dalle mani britanniche. Se Hitler non avesse
inopportunamente dissipato le sue forze dove assurdo farlo, non sarebbe
stato necessario usare neanche l'1% di quelle armate che si sono invece
spinte per --- chilometri dentro il territorio russo per poi rimanere
impantanate nella neve.
Ma Hitler voleva sconfiggere la Gran Bretagna? No, come dichiarò apertamente
in più occasioni[30].
Così per tre anni ci si è limitati a dei miseri bombardamenti ed a qualche
sporadica puntata coi "maiali", tanto per non sfigurare. I britannici,
consci del pericolo schiacciarono nel sangue i ribelli irakeni, iraniani, ed
indiani; sforzo inutile dato che come detto, Hitler non aveva alcuna
intenzione di combattere i britannici.
"Le potenze anglosassoni, che oggi fanno la guerra all'Europa, hanno
condotto dal 1919 in poi una vera e propria politica d'aggressione
economica, attraverso progressivi inasprimenti del protezionismo, la
chiusura all'emigrazione, l'attuazione di barriere doganali e di sistemi di
protezione imperiali. Ne è risultato, come conseguenza inevitabile, la
distruzione del commercio internazionale e uno stato di non cooperazione e
di anarchia che ha portato il mondo intero al limite del collasso economico
(.) iniquità e diseguaglianza nelle quali Mussolini aveva fin d'allora
individuato e denunciato il fatale germe dell'attuale conflitto (.) i paesi
dell'Asse hanno accettato la lotta non con la pretesa o la stolta ambizione
di imporre determinati ordinamenti politici a gente di ogni razza, ma per un
ideale di giustizia che superi, in un aspirazione comune alla libertà, ogni
tendenza all'egoismo e alla sopraffazione. Un ideale di giustizia che dia a
tutti i popoli, nessuno escluso, il diritto alla primaria libertà, vista
come reale possibilità di lavorare e di vivere in pace" (dal preambolo alla
bozza della "Carta dei Diritti dei Popoli Europei", documento redatto da
Giuseppe Bastianini nella primavera del 1943, e che avrebbe dovuto
rappresentare l'equivalente europeo dell'anglosassone "Carta Atlantica", da
presentare in un auspicata "Conferenza generale dei popoli dell'Asse"[1])
Le esperienze rivelarono che questa autocorrezione ha effetto solo sul breve
periodo in quanto dopo essa il ciclo economico ricomincia da capo ed il
problema si ripete (1873-95, 1907-14, 1929-40). Nonostante la palese
evidenza delle cause, tutt'oggi nei libri di storia e perfino di economia si
trovano ancora discordanti analisi che cercano ancora di trovare le cause
della crisi del 1929.
Ma questo perché avviene? Le vere cause tendono a venire nascoste
storicamente, in quanto implicitamente addossano la responsabilità della
seconda guerra mondiale a tutt'altri che quelli che la vulgata addita. In
alcune analisi si legge che il motivo per cui la seconda guerra mondiale
pose fine alla depressione in Usa siano state le spese militari, ovvero l'
aumento di spesa pubblica avrebbe "stimolato" la produzione. Non serve
ricorrere al "racconto della finestra rotta": anche all'individuo più
scriteriato parrebbe assurdo un assioma "più spesa uguale più ricchezza",
ceteris paribus. Evidentemente in quel caso (a buon intenditor.) il "ceteris
paribus" mancava.
Ad uno "shock della domanda" positivo deve corrispondere un aumento della
produzione aggregata, e le risorse non si materializzano dal nulla; l'
equilibrio macroeconomico non può essere raggiunto in assenza di variazione
anche dell'offerta aggregata (anche internazionale); l'aumento di domanda in
assenza di altre condizioni provoca solo l'aumento del livello dei prezzi.
Quindi la fine della crisi fu dovuta semplicemente all'eliminazione dei
motivi che l'avevano provocata: la politica autarchica di oligopolio
coloniale di Francia e Gran Bretagna, che era causa di "perdite secche" che
incidevano sull'equilibrio domanda/offerta dei prezzi internazionali
spostando il punto di intersezione delle due curve su aree di inefficienza
(ovvero come minimo limitando od annullando i surplus del consumatore e del
produttore). E non alla "diminuzione della domanda", che era solo un banale
effetto di questo inpasse. Conferma di ciò ne è la deflazione che
caratterizzò quel tipo di crisi. Come può diminuire la domanda quando c'è
offerta? Ceteris paribus, solo se aumentano i
prezzi! Ed i prezzi aumentano quando la domanda aumenta, non quando
diminuisce! Se tale equilibrio si inceppa è solo per eventuali costi
aggiunti artificialmente. Ed è quello che accadde.
Anche nel caso di quella presentatasi all'orizzonte nel 1914, ciò che aveva
temporaneamente evitato la crisi aveva peggiorato il corso di quella
successiva: la scomparsa dell'Impero Tedesco nel 1918 aveva accentrato
ulteriormente l'oligopolio coloniale, e con la scomparsa di quel potenziale
concorrente che avrebbe potuto rappresentare un fattore di attenuazione dei
prezzi internazionali, si ottenne una maggiore chiusura dei mercati
mondiali, a vantaggio delle sole Francia e Gran Bretagna. Ma quando il
mercato mondiale arrivò alla saturazione, in assenza di regolazione dei dazi
sulle leggi di mercato, ecco la crisi del '29. Ma come abbiamo già visto,
questa politica egoistica alla lunga danneggia indirettamente tutti. Nel
1940 con l'invasione tedesca, le colonie di Belgio, Olanda, Danimarca, e
parte di quelle francesi, vennero nella disponibilità diretta prima
britannica (che se ne accentrò il monopolio, come 140 anni prima con le
guerre napoleoniche) e poi americana. Ecco quale "ceteris paribus" mancava
dal 1940 in avanti.
Fare la conta dei morti al comunismo è come "sparare sulla croce rossa". Ma
grande sarebbe lo stupore per chi si mettesse a fare quella delle vittime
causate dal sistema economico-politico tuttora vigente ed osannato. Il
quale è egli per primo a permettersi di fare la morale senza vedere la trave
nel proprio occhio. E se dovessimo prendere ad esempio proprio questo loro
metro di valutazione delle varie ideologie, basato sulla "conta dei morti",
beh, il liberismo economico sprofonderebbe negli inferi assieme alla sua
amata democrazia liberale. Non serve certo riferirsi al solito "parafulmine"
del Congo di Re Leopoldo. Facendo riferimento ai dati forniti da "il libro
nero del capitalismo"[1], Noam Chomsky ha osservato che, se si applicasse il
"metodo di Courtois"[2] alla storia dell'India dal 1947 in poi, attribuendo
l'alta mortalità alla mancanza di adeguate scelte politiche, si dovrebbe
concludere che la democrazia liberale in India è stata responsabile di cento
milioni di morti. E non che le scelte politiche del precedente regime
coloniale britannico fossero migliori, anzi: nel 1942 la distruzione di
tutti i campi di riso del Bengala attuata deliberatamente con diserbanti
dagli inglesi per impedire ai giapponesi (che avanzavano in Birmania) di
impadronirsene provocò 2.000.000 di morti tra i bengalesi.
Altre stime: il colonialismo degli stati europei limitatamente dal XVII al
XIX secolo, 50 milioni di vittime; prima guerra mondiale: ----- vittime;
seconda guerra mondiale: ----vittime. Si potrebbe continuare all'infinito,
se non altro perché la lista delle vittime imputabili unicamente al sistema
economico liberista si allunga OGNI GIORNO: si stima che la fame uccida
attualmente ventiquattromila persone in tal lasso di tempo. A chi è
imputabile questa fame, se non alle logiche prettamente liberiste? Non certo
a Malthus o a Darwin. Mentre in Alto Volta perdurava la carestia, nei
mercati di Parigi si trovavano casse di fagiolini provenienti da quel paese
per via aerea. E questi sono quelli che hanno il coraggio di fare la morale
sui principi fascisti di "socialismo basato sulle nazioni", "guerra del
sangue contro l'oro", popoli definiti "affamatori". Non è necessario citare
il noto destino a cui sono stati sottoposti i nativi americani per scoprirne
tutta l'ipocrisia. Si calcolano solitamente in 90 milioni le vittime
amerinde degli anglo-americani tra il1607 ed il 1890.
«A costo di passare per un ingenuo, confesso di non comprendere come agli
uomini che si autoproclamano rivoluzionari - socialisti, comunisti,
anarchici - e che per i loro ideali hanno sofferto la galera e l'esilio,
possano plaudire all'Inghilterra plutocratica e all'America trustistica che
in nome della democrazia hanno devastato l'Europa» Stanis Ruinas, "Lettere a
un rivoluzionario", da "Fascisti rossi", Paolo Buchignani, Mondadori, 1998,
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