Fabio VE
2004-04-09 08:42:27 UTC
PROPRIO COSI' NOIOSI?
Siamo tutti concordi nel ritenere la simpatia una delle
caratteristiche fondamentali di una persona, insieme all'intelligenza
e alla
bellezza (e al suo conto in banca).
Ma in un mondo dove, pronunciate con il giusto accento le parole
bello
e furbo significano rispettivamente "pezzo di ciospo" e "bravo fesso",
anche
l'espressione "è simpatico" deve destare sospetto, se usata in due
contesti
particolari.
"Com'è quella ragazza?" - "Mah... è simpatica". In questo caso
si
indica, senza possibilità di malintesi, che la suddetta ragazza è
irrimediabilmente una cozza.
"Ti presento un mio amico. E un ingegnere, però è simpatico". In
quest'altro caso si intende implicitamente che la stragrande
maggioranza
degli ingegneri sono degli sfigati totali.
E nell'immaginario collettivo, effettivamente, l'immagine
dell'ingegnere non spicca per brillantezza. Egli è riconosciuto come
un
genialoide e ci si fida di lui ogni qual volta si prende un aereo, si
sale
su una funivia, si passa su un viadotto o dentro una galleria. Ma
nella
lista delle persone con cui si gradirebbe passare una serata,
l'ingegnere
viene poco prima del mostro di Milwaukee.
Oltretutto è l'ingegnere stesso ad alimentare questa cattiva
fama e a
ritenere che la nomea di noiosissimo attribuita ai suoi colleghi (non
a se
stesso, si badi) sia del tutto meritata.
Al punto che il metodo più rapido per far breccia nel suo cuore
è
dirgli "tu sei un ingegnere atipico".
Ma è tutto vero?
Gli ingegneri sono realmente dei noiosissimi fanatici di motori
a
propulsione idrodinamica, o sotto la rude scorza di civili, elettrici,
meccanici, nucleari e quant'altro si nascondono degli allegri
simpaticoni?
E in che modo saper risolvere un'equazione differenziale di
quarto
grado li aiuta nella vita di tutti i giorni?
L'ESPERIENZA UNIVERSITARIA
Analisi
Mai nome fu più azzeccato: non si contano gli aspiranti
ingegneri che
finiscono in analisi dopo il 12' tentativo di passare l'esame.
E in effetti questo esame è uno dei più grossi spartiacque del
corso
di laurea: chi riesce a passarlo solo al 10' tentativo perderà notti
di
sonno, perderà peso e perderà i capelli; chi lo passa alla prima, in
compenso, perderà gli amici: l'invidia è una gran brutta bestia.
In entrambi i casi affrontare l'esame di Analisi 1 ha un che di
epico,
è un po' come una grande battaglia, ognuno ha la sua fetta di aneddoti
più o
meno grotteschi da raccontare.
E, come le grandi battaglie, anche Analisi 1 ha i suoi eroi.
Pensate a Ciccio (non un gran nome per un ingegnere, ma tant'è
... )
che, dopo mesi di accurata preparazione, si presenta a dare l'esame,
salutando gli amici al grido di:
"Ho studiato tutto. L'unica cosa che proprio non so, sono i due
teoremi di Lagrange.
Non ho capito niente!"
... 15 minuti dopo ........ Professore: "Buongiorno!"
Ciccio: "Buongiorno".
Professore: "Dunque.... cosa potrei chiederle ..... mi dimostri
il
teorema di Lagrange".
L'uomo comune inizierebbe a urlare, a balbettare patetiche scuse
o a
piagnucolare sul tono:
"le giuro che è l'unica cosa che non ho studiato, mi faccia
un'altra
domanda, la prego ... ".
Ma Ciccio è un eroe e affronta la morte guardandola negli occhi:
"Quale? Il primo o il secondo? ".
"II primo".
A questo punto la platea è conquistata e segue la vicenda col
fiato
sospeso, sperando nel miracolo. Ciccio è già entrato nel mito e, se
cedesse,
lo capiremmo.
Ma lui no. Prolunga l'agonia e lotta fino all'ultimo.
"Veramente il Primo non l'ho fatto".
"Non importa. Mi dimostri pure il secondo".
"Non ho fatto neppure il secondo. Vado? ".
"Vada!".
Applausi e pacche sulle spalle.
Ciccio è anche il perfetto esempio di un'altra classe di
laureandi: lo
sfortunatissimo.
Quello a cui chiederanno "sempre" l'unica parte che non ha
studiato o,
se ha studiato tutto, quella che ha capito un po' meno o, se ha capito
tutto, qualcosa che non è nel programma o che non è neppure ancora
stato
dimostrato.
Per questo, all'appello successivo, i Cicci combattivi si
preparano
sempre più meticolosamente, arrivando a telefonare ai pronipoti di
Lagrange,
per chiedere se per caso il loro trisavolo non avesse un terzo teorema
gelosamente custodito nel cassetto (la probabile risposta sarà:
effettivamente sì, l'abbiamo venduto ieri a un professore di
Ingegneria, ha
detto che lo avrebbe usato per un esame ... ) Alla fine però,
stanchi
di lottare, i Cicci di tutte le sezioni di Ingegneria si piegheranno
al
destino, accetteranno qualunque voto pur di porre fine al calvario e
si
laureeranno con un'immeritatissima media del 22.
Scienza delle costruzioni
Esperienza comune a tutti i corsi di laurea, è considerato dai
professori e da una certa categoria di studenti come un esame
fondamentale
per la formazione del laureando. E' invece un orrido mattonazzo
secondo
altri studenti, quelli che hanno una vita.
La materia insegnata varia a seconda del corso di laurea, così
come
l'insegnante.
Ciò nonostante alcune peculiarità si manifestano trasversalmente
in
tutte le sezioni, da Elettronica a Gestionale:
1. il professore ha 80 anni, un nome strano e ripete la stessa
lezione, parola per parola, negli stessi giorni e alla stessa ora da
35
anni. Lieve controindicazione: gli ultimi ritrovati della scienza e
della
tecnica sono un tantino "trascurati" e il professore, nella lezione
del 12
febbraio, auspica l'avvento di uno strumento di calcolo più veloce del
pur
sempre utilissimo regolo.
2. Non esiste alcun libro su cui studiare, oppure ce ne sono 12,
da
cui prendere a spizzichi e bocconi. Oppure ce n'è uno solo, ma è in
tedesco,
scritto a mano con calligrafia indecifrabile.
3. L'esame comincia con la frase "Le chiederò qualcosa di facile
... "
e finisce con lo studente in lacrime, giunto al livello più basso
della sua
autostima.
4. Contrariamente ad Analisi, Scienza delle costruzioni è un
esame che
si passa alla prima. La variabile, in questo caso, è il tempo
necessario per
prepararsi. Ed è una variabile molto variabile: si va da tre settimane
(il
figlio del rettore) ad alcuni anni.
5. In più è un esame letale per quelli successivi, perché in
qualunque
caso provoca reazioni scomposte dei professori e tre frasi tipiche:
Per chi lo ha passato per un pelo: "Eh, ma lei mi ha preso solo
18 di
Scienza, io non posso certo darle di più. Che figura ci faremmo?".
Per chi lo ha passato alla grande: "Ma come? Lei mi prende 30 in
Scienza delle Costruzioni e mi viene a dire che non conosce la teoria
di
Xrebohjhrtevic? Ma lo ha passato lei o un suo sosia?".
Per chi non lo ha ancora sostenuto: "Ma come? Lei non mi ha
ancora
passato Scienza e si presenta qui da me?".
6. L'ultimo caso è il peggiore, perché a questo punto al povero
studente tocca pure sorbirsi un'ardita metafora, diversa a seconda
della
sezione:
(Civile) "Lei vuole costruire il tetto prima di aver gettato le
fondamenta?".
(Meccanica) "Lei vuole progettare il tergicristallo prima di
aver
dimensionato il motore?".
(Chimica) "Lei vuole fare reagire lo stagno con l'uranio e
invece usa
il plutonio?" (metafora che non c'entra assolutamente niente; del
resto i
chimici sono gente strana).
L'ultimo esame
Il passaggio del tempo a Ingegneria è segnato dall'allungarsi
dei nomi
degli esami.
Si passa da Fisica a Meccanica Razionale (strano nome che
sottintende
l'esistenza di una Meccanica Irrazionale) a Meccanica Applicata alle
Macchine. E ultimo esame, pertanto, di solito si chiama "Ingegneria
del
Reattore Nucleare a Fusione" o "Cinetica Statica dei processi chimici
industriali".
La prima parte del corso, quella più complessa, consiste
nell'impararne il nome a memoria.
La seconda parte è una prova di coraggio e fantasia: si tratta
di
presentarsi all'esame sapendo il meno possibile e di inventare la
scusa più
assurda per giustificare la propria totale impreparazione.
A riprova del livello di ottenebramento psichico raggiunto, il
laureando pretende non solo di passare l'ultimo esame senza sapere
nemmeno
di cosa parli, ma se prende meno di 28 si lamenta pure.
D'altro canto, applicato nella vita di tutti i giorni, il
ragionamento
non è del tutto campato in aria: al bar, per esempio, dopo ventotto
birre si
può sperare che almeno la ventinovesima sia offerta dalla casa.
La tesi
E una specie di rappresentazione teatrale della vita che verrà,
dell'impatto, ormai prossimo, dell'ingegnere con il mondo del lavoro.
In quanto tale, i primi mesi di tesi vengono passati
nell'inattività
più assoluta (rappresentazione della disoccupazione).
Poi a giocare a Tetris con il potentissimo computer acquistato
per
scrivere la tesi (periodo di formazione).
Quindi ci si getta nella stesura della tesi vera e propria, con
l'entusiasmo del neoassunto.
Qualche mese dopo, da questo sforzo titanico uscirà
un'imperdibile
opera di 600 pagine, interessantissima già a partire dal titolo:
"Influenza della pallinatura sulla resistenza a fatica di un
composito
a matrice metallica" Dopo aver speso novecentomila lire tra
fotocopie
e rilegatura, il quasi ing. si avvia orgoglioso in segreteria,
consegnando
la tesi con una settimana di anticipo rispetto alla scadenza:
"....... cosi avranno il tempo di leggerla con più
attenzione!!!".
Lì lo sbarbato vedrà che il suo prezioso lavoro verrà riposto in
una
campana di plastica bianca con la strana scritta "Solo Carta" e gli
verrà
consegnato un modulo in cui gli si chiede di esporre in tre righe
titolo e
contenuto della tesi.
Tre? Riuscire a condensare in tre righe sei mesi di ricerche è
un'impresa che meriterebbe la laurea ad honorem in Lettere. Vista la
lunghezza dei titoli, tra l'altro, si finisce con lo scrivere cose del
genere: "Tìtolo: Analisi della fattibilità del progetto di
contenimento
dell'inquinamento acustico nelle immediate vicinanze dell'Aeroporto di
Malpensa 2000, mediante l'installazione di barriere fonoassorbenti in
silicato laminato. Contenuto: Fattibile".
Dopodiché, 10 minuti di discorso dall'effetto più potente di un
litro
di valium e l'ingegnere è finalmente tale. Il suo destino è compiuto.
CERCARE LAVORO
Uh uh uh uh aha: illusion
Ultimo anno di liceo. E' maggio. La maturità, e la matura età,
sono
alle porte. C'è l'esame e dopo... la vita. Per prepararsi alla
maturità
basta studiare. Ma come prepararsi alla vita? Niente di meglio che una
bella
sessione di "Incontri preparatori alle grandi scelte della vita. Come
capire
qual è la facoltà giusta". Oggi è la volta di ingegneria.
Dalla cattedra si alza e parla un top manager molto convinto; in
platea siedono e pensano ragazzi molto scettici e poco interessati.
Top Manager Convinto: "Buongiorno ragazzi. Vi vedo bene".
Ragazzo Scettico: (bravo, hai scelto gli occhiali giusti).
"Siete giovani ed è giusto che adesso siate spensierati ... ".
(Veramente io me la sto facendo addosso al pensiero della
maturità).
"......... ma dovete anche pensare al futuro".
(Ci penso eccome: speriamo che non mi chiedano Dante).
"E il futuro nel vostro caso si chiama studio".
(Però! 3 anni di asilo, 5 di elementari, 3 di medie, 5 -
incrociando
le dita - di liceo e il mio futuro "si chiama studio"? Che fantasia!)
"lo sono qui per illustrarvi i pregi della scelta di Ingegneria.
E per
non essere troppo astratto, vi illustrerò le tappe del mio personale
cammino". (Ecco, bravo, spiegami cosa devo non fare per non
diventare
come te.)
Seguono 40 minuti di "tappe", durante i quali di tutto si parla
tranne
che di soldi.
Ma il Top lascia comunque intuire che si guadagni una barca di
denaro
e, miracolo, molti scettici cominciano a cambiare idea e a domandarsi:
"Ma sarà facile trovare un lavoro? " "Vi starete
domandando se è
facile trovare un lavoro. Beh, lasciate che vi dica una cosa: è come
trovare
una donna per una rockstar! Ve lo assicuro, ragazzi: altro che laurea,
altro
che quinto anno, già al quarto avrete alla porta le migliori aziende
italiane che vi imploreranno di andare da loro.
Abbiamo fame di ingegneri. Per bruciare i tempi avevo quasi
pensato di
portare dei contratti già oggi. Per cui ragazzi anzi, Ingegneri, vi
prego:
fate in fretta. Abbiamo bisogno di Voi".
Quattro anni dopo, il fu studente scettico, ora aspirante top
manager
convinto, se ne uscirà con frasi del tipo:
"Mamma, oggi mi sono iscritto al quarto anno. Se passa Agnelli,
digli
che sono occupato, devo studiare, semmai lo richiamo. Anzi, sai che
faccio?
Stacco il telefono, così mi lasciano in pace".
Dopo un altro anno abbondante, esaltato dalla laurea appena
conseguita
e ancora sull'onda dell'illusione "da incontro preparatorio", il neo
ingegnere non accenna neppure a cercare lavoro. Se ne sta beatamente
seduto
ad aspettare che il lavoro cerchi lui. Dopo un mese di silenzio
assoluto ha un'intuizione geniale: non lo cercano perché nessuno
ancora sa
della sua laurea; la grande mossa pertanto consiste nel telefonare
alla
Telecom per fare aggiungere un "Ing." davanti al suo nome nell'elenco.
Dopo un altro mese passato nell'indifferenza generale, comincia
a
sospettare che il telefono sia rotto; acquista un cellulare e di tanto
in
tanto si chiama da solo per vedere se il telefono di casa funziona
ancora.
I primi curricula
Al terzo mese, essendo un tipo sveglio, l'ingegnere capisce di
essere
stato preso per i fondelli e comincia attivamente a cercare lavoro,
inviando
tre curricula miratissimi: uno alla Nasa, uno alla fondazione Nobel e
uno
alla "Punzonatrici Rossi & Figli", una ditta con tre dipendenti e un
fatturato annuo di 42 milioni ma con ottime caratteristiche pratico -
logistiche (è a venti metri da casa).
Altri curricula
La fase siccessiva è quella della disillusione totale o
"chicojocojo"
(dal nome di un famoso lanciatore di coltelli giapponese): l'invio di
curriculum a raffica.
E un'escalation: la prima settimana sono 50, poi 100, 200, 400 e
così
via, al punto che il primo anno di stipendio servirà solo a coprire le
spese
postali.
Di rimando alle 700 lettere inviate arrivano ben quattro
risposte: tre
sono variazioni sul tema "La ringraziamo per l'interessamento e,
volassero
gli elefanti, prenderemmo in considerazione la sua proposta. Non ci
scriva
mai più!".
La quarta lettera, miracolosamente, è l'invito a un colloquio.
Il colloquio E uno scontro fra titani. Il re della domanda
subdola contro il principe della risposta ipocrita.
Da una parte si esordisce con "Come mai ha scelto proprio la
Jenningsen Technology ?", dall'altra si pensa: "Perché, fra tutte le
lettere mandate completamente a caso, siete gli unici fessi che mi
hanno
risposto" ma si risponde: "Le dirò, operare nel campo delle
brocciatrici è
sempre stato il mio grande sogno".
"Ci dica un suo difetto" "Tendo a essere troppo preciso e mi
lascio
prendere in maniera eccessiva dal mio lavoro".
"Stiamo cercando una persona dalla spiccata personalità ... ".
"Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno".
" ... ma che sappia anche lavorare in team e riconoscere
l'autorità
dei suoi superiori".
"Signorsì! ".
"Le piace viaggiare?".
"Molto e credo che poter viaggiare per lavoro sia un grande
privilegio".
"Peccato, perché la sede di lavoro sarà nell'hinterland
milanese".
"da anni che desidero avere l'occasione per approfondire la
conoscenza
di Rozzano. A mio modo di vedere, una piccola Parigi".
"Visto il particolare momento, lo stipendio che le potremo
offrire per
un periodo iniziale, diciamo per i primi dieci anni, non sarà
elevatissimo".
"L'importante è avere l'opportunità di fare esperienza in una
società
come la Vostra!".
Questa è la frase magica. Massima flessibilità e minimo costo:
l'ingegnere ha trovato lavoro.
Fuori uno. Per il nostro premier, che sia Berlusconi o D'Alema,
si
tratta ora di assegnarne soltanto altri 999.999.
LAVORI TIPICI
Quando ci si sente dire "Ieri ho conosciuto un tizio simpatico;
fa il
bancario", non si risponde "Ah, e che lavoro fa?" (a meno che non si
voglia
passare per idioti). Un bancario lavora in banca! Parimenti un
fotografo
fotografa, un insegnante insegna e un giornalista scrive articoli sul
giornale. Un medico potrà avere diverse specializzazioni, ma si
occuperà pur
sempre di curare le persone.
E un ingegnere? Che fa un ingegnere?
Tali e diversi fra loro sono i suoi possibili impieghi che
rispondere
alla domanda "che lavoro fai?" con "ingegnere" è come descrivere Bruno
Vespa
dicendo che "appartiene alla razza umana".
Ecco una breve guida per districarsi nei meandri della
professione.
Analista di reti
Non è lo psichiatra di Ronaldo, ma uno dei mestieri più in voga
nel
campo dell'informatica; uno dei pochi lavori da ingegnere ben
retribuito,
per inciso. L'analista passa il suo tempo a frequentare corsi di
aggiornamento in cui impara a usare programmi che, una volta finito il
corso, saranno già obsoleti.
Egli tiene appeso a una parete il suo primo floppy disk (uno di
quelli
grossi) e, nelle serate davanti al camino, rilegge con un sentimento
di
malincoallegria gli appunti dell'Università, con le previsioni del suo
prof.
di informatica riguardo alla "necessità di avere un hard disk da
almeno 20
Mb".
Il commerciale
E' quello che risponde agli annunci in cui si cerca un Sales
Manager.
Lavora nel reparto vendite di un'azienda leader in qualcosa in
un
qualche punto dell'Universo. E' giusto che, oltre a ragionieri e
laureati in
economia, il reparto marketing impieghi anche un ingegnere: niente di
meglio
di un tecnico specializzato per interfacciarsi coi clienti e avere
rapporti
con loro con la forza del sapere dalla propria.
Purtroppo, dopo qualche anno lontano dai macchinari, l'ingegnere
si
deingegnerizza e il suo lavoro diventa: rispondere alla telefonata del
cliente, ascoltare la sua domanda, frugare nel proprio bagaglio
tecnico, non
trovare niente, dire: "Attenda in linea che le passo l'ufficio
tecnico".
Col passare del tempo il commerciale migliora vieppiù le sue
doti di
interfacciamento fino al giorno in cui si infila una gonna e decide di
farsi
chiamare Cinzia, prendendo piena coscienza della sua identità di
centralinista.
Il dottorando
L'imboscato, quello che ha capito che tipo di lavoro fanno gli
ingegneri e vuole sfuggire a tutti i costi a quel triste destino,
dandosi
all'insegnamento universitario.
All'uopo si accoda a uno dei tanti baroni dotati di cattedra,
diventandone l'assistente. Ciò gli vale l'assegnazione di
importanti
incarichi, quali portare la borsa del professore, aprirgli la porta
quando
passa e riverniciargli lo studio, compito riservato solo a pochi
eletti.
Come unica consolazione gli viene concesso di partecipare agli
esami.
La notte prima la passa insonne a progettare ogni possibile
nefandezza, felice per la possibilità di vendicarsi di tutti quegli
ingiusti
30 concessi alle sue compagne di corso dalla gonna un po' corta.
Inutile
dire che, da pezzo di pane qual'è, tutti gli studenti cercano di
essere
interrogati da lui e che, alla vista della prima caviglia, è 30 e lode
per
tutti.
L'ingegnere
Oscura e serissima figura, circondata da un alone di mistero e
di
timore reverenziale, tiene nelle sue mani il potere assoluto
riguardante uno
dei più importanti esami della nostra vita: quello della patente.
Si tratta di un personaggio che suscita inquietanti
interrogativi, che
contribuiscono a rafforzare il mito dell'ingegnere in senso lato:
innanzitutto, perché si chiama "Ingegnere"? C'è bisogno di una laurea
per
capire che se uno va contromano è meglio non dargli la patente? E se
davvero
ce n'è bisogno, perché proprio quella in ingegneria? Gli ingegneri
guidano
molto meglio degli architetti? o degli avvocati?
Ingegnere edile
Quello che, fra tutti i colleghi, ha più contatto con la realtà.
Manco troppo, comunque, visto che in cantiere all'ingegnere
viene
riservato lo stesso trattamento che si adotta con il nonno rompiballe
che
ancora si crede il capofamiglia.
Egli passeggia per il cantiere, impartendo direttive ed è tutto
un
"Buongiorno ingegnere, certo ingegnere, sarà fatto, sissignore
ingegnere".
Mezzo secondo dopo che se n'è andato ci si dimentica di lui e dei suoi
ordini e si riprende a lavorare sul serio.
Il momento più alto è quando si tratta di eseguire dei calcoli
vitali
per il proseguimento dei lavori.
Il cantiere è fermo, in trepida attesa. L'ing. consulta il
manuale,
gli appunti e le sue risorse mentali. Armeggia con un centinaio di
strumenti ed emette il verdetto: qui ci vuole una putrella da 25,7 mm
di
diametro. Ed è vero. La putrella da 25,7 è perfetta per lo scopo.
Anzi, lo sarebbe, se non fosse per il piccolo particolare che le
putrelle da 25,7 non esistono. Ma all'ingegnere non importa, non è un
problema suo se i produttori di putrelle non tengono conto delle
esigenze
del cantiere.
Egli ha indicato la retta via, spetta agli altri trovare un modo
per
seguirla. Se fosse per lui, ne potrebbero anche ordinare uno stock su
misura
e se i costi del progetto dovessero raddoppiare, pazienza. Cos'è il
denaro,
di fronte alla perfezione di un pilone in cemento armato? A risolvere
l'impasse, arriva l'operaio anziano che dà un'occhiata alle carte e
butta lì
un
"....... è vero. Però anche quelle da 26 (esistenti) vanno
benone!"
Progettista di flussometri
Ovvero l'impersonificazione della tristezza.
Sede di lavoro: fabbrichètta a conduzione familiare, di
proprietà del
suocero, nell'estrema periferia di un qualsiasi hinterland nord
italiano,
lontano da tutto ma "comodo autostrada".
Il miracolo economico italiano, insomma.
Obiettivo: progettare e garantire l'evoluzione tecnologica di un
apparecchietto grosso come una moneta da cento, che andrà inserito in
un
raccordo in gomma per tubazioni plastiche, prodotto di punta della
ditta e
orgoglio del bisnonno fondatore.
Il progettista si distingue dagli altri ingegneri perché alla
domanda
"Che lavoro fai?", invece di rispondere "ingegnere" e glissare con un
commento sul tempo, abbraccia il suo interlocutore e scoppia in un
pianto
irrefrenabile.
Intrecciatore di perline
Sì, proprio così. Oppure il cabarettista, l'intagliatore di
legno e
tutti gli altri classici mestieri "da scoppiato". Se a prima vista la
cosa
suscita stupore e sdegno ("II figlio di quella lì era ingegnere e
adesso
ammaestra elefanti in Indonesia. Dove andremo a finire!"), esaminando
i
lavori elencati qui sopra e provando a calarsi nei panni di chi li ha
fatti
per davvero si può capire come, dopo una decina di anni di
"implementazione
dell'awareness del prodotto", il richiamo di una nuova vita da
coltivatore
di maracuja possa diventare irresistibile.
IL NUCLEO FAMILIARE
La casa
La casa è un esempio di tecnologia applicata all'ordine e alla
pulizia.
Tutto è sempre lustro e funzionante; gli orologi spaccano il
minuto,
il rotolo di carta igienica è sempre all'inizio, le lampadine non si
fulminano mai e comunque ce n'è un intero set di ricambio. La Tv è
sintonizzata al millimetro, la dispensa è sempre piena e le porte non
hanno
mai cigolato negli ultimi 20 anni.
Tutto ciò grazie all'instancabile opera del padrone di casa: la
moglie
dell'ingegnere (la mamma, per i non coniugati). Tanto è preciso e
puntiglioso sul lavoro, infatti, altrettanto l'ingegnere è goffo nelle
faccende domestiche.
Non è che l'ingegnere sia il tipico marito che se ne sta in
panciolle
a guardare la moglie che lavora, tutt'altro: tra i due è il più attivo
nelle
faccende domestiche. Il problema è una drammatica mancanza del senso
della
priorità. C'è il rubinetto che perde? Certo, è un fastidio, ma prima
c'è da
finire di montare l'impianto di innaffiamento automatico in giardino.
L'orologio a pendolo è fermo da un mese? E' un guaio, sì, ma che
verrà
definitivamente risolto il giorno in cui terminerà il progetto di
collegamento via satellite tra la tv del salotto e una telecamera
appositamente puntata sul Big Ben.
Chi crede che vivere con un genio della tecnica sia comunque un
vantaggio, sappia che nella casa dell'ingegnere gli oggetti si
dividono in
due classi: oggetti che hanno bisogno di essere riparati e oggetti che
funzionano benissimo ma che, "con una piccola modifica", potrebbero
funzionare ancor meglio.
Inutile dire che questi oggetti, dopo la miglioria, rientreranno
nella
prima classe.
L'ingegnere che sfrutta le sue nozioni per un lavoro utile è un
fenomeno della natura raro e spettacolare come un'aurora boreale e,
per
giunta, sospetto.
La moglie che, tornando a casa, vedrà il marito intento ad
aggiustare
la caldaia (nonostante il marchingegno per aprire le persiane stando a
letto
sia ancora da finire) non esulterà di gioia, ma lo affronterà
chiedendogli:
"Su, confessa! Cos'hai da farti perdonare?".
I figli
Due. Sempre!
Sarà per la consapevolezza di essere una persona fuori dal
comune, per
la pressione derivante dalle aspettative della società o per chissà
quale
altro motivo psicologico, fatto è che l'ingegnere ha una forte
pulsione
verso la normalità.
Appena può, indirizza pensieri e azioni alla ricerca di una
conformità
alla massa che lo faccia sentire uno dei tanti. Il suo ideale è essere
abbastanza alto, ma non tanto da spuntare tra la folla, avere un po'
di
pancetta senza essere grasso, vivere in una casa comoda che non sia né
una
reggia né un tugurio, e così via. Questa disperata ricerca della
"media" si
accompagna, per deformazione professionale, all'accurata
pianificazione del
proprio percorso esistenziale.
E, venendo al punto, l'ingegnere pianifica proprio tutto, anche
il
numero di figli.
Due giorni dopo le nozze, mentre la moglie sfoglia i cataloghi
premaman, chiedendosi quanti e quali figli le riserverà la sorte,
l'ingegnere si fa recapitare a casa l'ultimo "rapporto nascite"
dell'Istat,
squarcia il pacco, apre il tomo e, terrore, sgomento e disperazione,
legge
che la famiglia italiana ha, in media, 1,73 figli. Che fare?
Dopo un primo attimo di sconforto, in cui impreca contro il
destino
porco che gli impedisce di essere in media, prende la calcolatrice e
scopre
che, se dovesse fare due figli, la media italiana salirebbe a
1,73000001666.
"Vada per due", dice allora alla consorte, simulando serenità.
Ma la
verità è che non riuscirà mai ad amare davvero quello 0,27 in più del
secondo figlio, corrispondente all'incirca al pezzo di gamba tra piede
e
ginocchio.
"Papà, mi sono rotto la tibia" dice il secondogenito,
telefonando dal
campo di pallone. " Ben ti sta, così impari a rovinare la media",
pensa il
papà, mentre accorre per portarlo all'ospedale.
L'incrollabile certezza che l'ingegnere debba sempre e comunque
avere
due figli può portare anche a interessanti considerazioni pratiche:
Stai per sposare un ingegnere? Scegli una casa adatta a una
famiglia
di quattro persone.
Sei figlio unico di un ingegnere? C'è una sorellina in arrivo,
anche
se hai 37 anni.
Sei il terzo figlio di una famiglia con papà ingegnere? Adesso
sai
perché i tuoi genitori e i due fratelli sono scuri di capelli, mentre
tu sei
biondo.
Stabilito il numero dì figli, veniamo adesso alle loro qualità:
Uno dei due è bravo, bello e gentile, risponde educatamente,
lascia il
posto alle vecchiette ed è il chiaro erede delle facoltà intellettuali
paterne: a 3 anni risolve le equazioni di terzo grado, a 12 anni va ad
"anticipazioni" di matematica, a 24 anni si laurea perfettamente in
corso e
comincia un'onesta carriera professionale. Du' palle, insomma.
L:altro fa il chitarrista punk. Figlio ribelle per eccellenza,
cerca
in ogni modo di contraddire e mettere in imbarazzo i genitori. Se il
papà fa
il progettista alla Coca-Cola, ogni qualvolta ci sono ospiti in casa
entra
in salotto sorseggiando una Pepsi, sostenendo che "i rutti vengono
molto
meglio" e fornendone le prove a un'audience allibita.
Terminato l'istituto tecnico non va all'Università o, peggio
ancora,
ci va e si iscrive a Scienze Politiche. Dopo 10 anni di dorato esilio
a Bora
Bora, decide di tornare a casa e rinnegare il passato, in sospetta
coincidenza con il mancato arrivo del vaglia internazionale mensile di
papà.
Per dare un senso pratico a tutta questa teoria, citiamo due
famosi
figli di ingegneri:
Brian May, chitarrista dei Queen. Figlio di un ingegnere
elettronico,
cominciò la sua carriera suonando una chitarra elettrica costruita con
l'aiuto del padre ma, prima di lanciarsi definitivamente nel mondo
della
musica, trovò il tempo di laurearsi in Astronomia all'Imperial College
di
Londra.
James Cameron, regista di Titanic, figlio di un ingegnere
navale. Un
lampante esempio di persona che ha un cattivo rapporto col mestiere
del
padre.
IL SENSO DELL' UMORISMO
Fatto che può sorprendere chi non li conosce, gli ingegneri sono
dotati di un grande senso dell'umorismo. Lungi dal renderli il fulcro
di una
serata, però, questo "dono" li isola ulteriormente dal resto del
mondo.
Le battute sulle Serie di Fourier, infatti, sono
divertentissime, ma
quando solo altre due persone nella tua città sono in grado di
capirle, il
senso dell'umorismo è un ben misero dono.
E così, quando a fine cena scatta il momento delle barzellette,
l'ingegnere si rabbuia, chiudendosi in se stesso, alla disperata
ricerca di
una barzelletta comprensibile o, peggio ancora, cercando di adattarne
una al
livello culturale dei commensali. In entrambi i casi è meglio
sorvolare sul
risultato.
Per dovere di cronaca, riportiamo una delle più divertenti
barzellette
mai raccontate da un ingegnere.
"C'è una festa di funzioni. Il Logaritmo parla con x1, Cos(X)
sbircia
nella scollatura di Sen(x), Tangente di x cura i suoi affari. Tutti si
divertono un mondo, tranne dx, che se ne sta sola soletta in un
angolo.
Sen(x) le si avvicina e le dice: "Dai, non stare lì tutta sola, vieni
a
parlare con noi, integrati!".
"Eh, tanto è lo stesso ... ".
Nota: poiché non c'è niente di più umiliante che dover spiegare
una
barzelletta, l'autore si rifiuta di farlo.
Le barzellette
Ancora più sorprendente, vista la nomea di noiosità che si
portano
dietro, è che nelle barzellette sugli ingegneri venga loro attribuito
il
ruolo del furbo/simpatico, quello che era riservato all'italiano nelle
storielle con l'inglese e il francese.
Certo, in queste barzellette l'ingegnere va in giro con un
fisico e un
informatico e non ci vuole molto a svettare in una simile compagnia,
ma
resta la soddisfazione dell'essere considerato bene.
A titolo di esempio:
Un ingegnere, un fisico e un informatico fanno un viaggio in
auto. A
un certo punto l'auto si blocca. L'ingegnere: "Prima ho sentito un
rumore
strano. Secondo me si è rotta la cinghia dell'alternatore, dovremmo
provare
a sostituirla". Il fisico: "Hmmm, secondo me si è surriscaldato
il
motore, dovremmo aggiungere dell'acqua nel radiatore".
L'informatico: "Perché non proviamo a uscire e rientrare?".
Se invece prova ad aggirarsi da solo nel mondo delle
barzellette, il
nostro eroe non fa una gran bella figura:
Durante la rivoluzione francese, tra i condannati alla
ghigliottina
c'è anche un ingegnere.
Prima di lui devono però essere giustiziati un nobile e un
frate.
Il nobile sale sul patibolo e il boia gli chiede: "Vuoi essere
giustiziato con la faccia in giù o rivolta verso il cielo?".
"Sono di sangue reale! Noi non chiniamo mai il capo!" e si
sistema a
faccia in su.
Parte la lama e ... stonk! si blocca a pochi centimetri dal
collo.
"Che quest'uomo vada libero! " ordina l'ufficiale
Siamo tutti concordi nel ritenere la simpatia una delle
caratteristiche fondamentali di una persona, insieme all'intelligenza
e alla
bellezza (e al suo conto in banca).
Ma in un mondo dove, pronunciate con il giusto accento le parole
bello
e furbo significano rispettivamente "pezzo di ciospo" e "bravo fesso",
anche
l'espressione "è simpatico" deve destare sospetto, se usata in due
contesti
particolari.
"Com'è quella ragazza?" - "Mah... è simpatica". In questo caso
si
indica, senza possibilità di malintesi, che la suddetta ragazza è
irrimediabilmente una cozza.
"Ti presento un mio amico. E un ingegnere, però è simpatico". In
quest'altro caso si intende implicitamente che la stragrande
maggioranza
degli ingegneri sono degli sfigati totali.
E nell'immaginario collettivo, effettivamente, l'immagine
dell'ingegnere non spicca per brillantezza. Egli è riconosciuto come
un
genialoide e ci si fida di lui ogni qual volta si prende un aereo, si
sale
su una funivia, si passa su un viadotto o dentro una galleria. Ma
nella
lista delle persone con cui si gradirebbe passare una serata,
l'ingegnere
viene poco prima del mostro di Milwaukee.
Oltretutto è l'ingegnere stesso ad alimentare questa cattiva
fama e a
ritenere che la nomea di noiosissimo attribuita ai suoi colleghi (non
a se
stesso, si badi) sia del tutto meritata.
Al punto che il metodo più rapido per far breccia nel suo cuore
è
dirgli "tu sei un ingegnere atipico".
Ma è tutto vero?
Gli ingegneri sono realmente dei noiosissimi fanatici di motori
a
propulsione idrodinamica, o sotto la rude scorza di civili, elettrici,
meccanici, nucleari e quant'altro si nascondono degli allegri
simpaticoni?
E in che modo saper risolvere un'equazione differenziale di
quarto
grado li aiuta nella vita di tutti i giorni?
L'ESPERIENZA UNIVERSITARIA
Analisi
Mai nome fu più azzeccato: non si contano gli aspiranti
ingegneri che
finiscono in analisi dopo il 12' tentativo di passare l'esame.
E in effetti questo esame è uno dei più grossi spartiacque del
corso
di laurea: chi riesce a passarlo solo al 10' tentativo perderà notti
di
sonno, perderà peso e perderà i capelli; chi lo passa alla prima, in
compenso, perderà gli amici: l'invidia è una gran brutta bestia.
In entrambi i casi affrontare l'esame di Analisi 1 ha un che di
epico,
è un po' come una grande battaglia, ognuno ha la sua fetta di aneddoti
più o
meno grotteschi da raccontare.
E, come le grandi battaglie, anche Analisi 1 ha i suoi eroi.
Pensate a Ciccio (non un gran nome per un ingegnere, ma tant'è
... )
che, dopo mesi di accurata preparazione, si presenta a dare l'esame,
salutando gli amici al grido di:
"Ho studiato tutto. L'unica cosa che proprio non so, sono i due
teoremi di Lagrange.
Non ho capito niente!"
... 15 minuti dopo ........ Professore: "Buongiorno!"
Ciccio: "Buongiorno".
Professore: "Dunque.... cosa potrei chiederle ..... mi dimostri
il
teorema di Lagrange".
L'uomo comune inizierebbe a urlare, a balbettare patetiche scuse
o a
piagnucolare sul tono:
"le giuro che è l'unica cosa che non ho studiato, mi faccia
un'altra
domanda, la prego ... ".
Ma Ciccio è un eroe e affronta la morte guardandola negli occhi:
"Quale? Il primo o il secondo? ".
"II primo".
A questo punto la platea è conquistata e segue la vicenda col
fiato
sospeso, sperando nel miracolo. Ciccio è già entrato nel mito e, se
cedesse,
lo capiremmo.
Ma lui no. Prolunga l'agonia e lotta fino all'ultimo.
"Veramente il Primo non l'ho fatto".
"Non importa. Mi dimostri pure il secondo".
"Non ho fatto neppure il secondo. Vado? ".
"Vada!".
Applausi e pacche sulle spalle.
Ciccio è anche il perfetto esempio di un'altra classe di
laureandi: lo
sfortunatissimo.
Quello a cui chiederanno "sempre" l'unica parte che non ha
studiato o,
se ha studiato tutto, quella che ha capito un po' meno o, se ha capito
tutto, qualcosa che non è nel programma o che non è neppure ancora
stato
dimostrato.
Per questo, all'appello successivo, i Cicci combattivi si
preparano
sempre più meticolosamente, arrivando a telefonare ai pronipoti di
Lagrange,
per chiedere se per caso il loro trisavolo non avesse un terzo teorema
gelosamente custodito nel cassetto (la probabile risposta sarà:
effettivamente sì, l'abbiamo venduto ieri a un professore di
Ingegneria, ha
detto che lo avrebbe usato per un esame ... ) Alla fine però,
stanchi
di lottare, i Cicci di tutte le sezioni di Ingegneria si piegheranno
al
destino, accetteranno qualunque voto pur di porre fine al calvario e
si
laureeranno con un'immeritatissima media del 22.
Scienza delle costruzioni
Esperienza comune a tutti i corsi di laurea, è considerato dai
professori e da una certa categoria di studenti come un esame
fondamentale
per la formazione del laureando. E' invece un orrido mattonazzo
secondo
altri studenti, quelli che hanno una vita.
La materia insegnata varia a seconda del corso di laurea, così
come
l'insegnante.
Ciò nonostante alcune peculiarità si manifestano trasversalmente
in
tutte le sezioni, da Elettronica a Gestionale:
1. il professore ha 80 anni, un nome strano e ripete la stessa
lezione, parola per parola, negli stessi giorni e alla stessa ora da
35
anni. Lieve controindicazione: gli ultimi ritrovati della scienza e
della
tecnica sono un tantino "trascurati" e il professore, nella lezione
del 12
febbraio, auspica l'avvento di uno strumento di calcolo più veloce del
pur
sempre utilissimo regolo.
2. Non esiste alcun libro su cui studiare, oppure ce ne sono 12,
da
cui prendere a spizzichi e bocconi. Oppure ce n'è uno solo, ma è in
tedesco,
scritto a mano con calligrafia indecifrabile.
3. L'esame comincia con la frase "Le chiederò qualcosa di facile
... "
e finisce con lo studente in lacrime, giunto al livello più basso
della sua
autostima.
4. Contrariamente ad Analisi, Scienza delle costruzioni è un
esame che
si passa alla prima. La variabile, in questo caso, è il tempo
necessario per
prepararsi. Ed è una variabile molto variabile: si va da tre settimane
(il
figlio del rettore) ad alcuni anni.
5. In più è un esame letale per quelli successivi, perché in
qualunque
caso provoca reazioni scomposte dei professori e tre frasi tipiche:
Per chi lo ha passato per un pelo: "Eh, ma lei mi ha preso solo
18 di
Scienza, io non posso certo darle di più. Che figura ci faremmo?".
Per chi lo ha passato alla grande: "Ma come? Lei mi prende 30 in
Scienza delle Costruzioni e mi viene a dire che non conosce la teoria
di
Xrebohjhrtevic? Ma lo ha passato lei o un suo sosia?".
Per chi non lo ha ancora sostenuto: "Ma come? Lei non mi ha
ancora
passato Scienza e si presenta qui da me?".
6. L'ultimo caso è il peggiore, perché a questo punto al povero
studente tocca pure sorbirsi un'ardita metafora, diversa a seconda
della
sezione:
(Civile) "Lei vuole costruire il tetto prima di aver gettato le
fondamenta?".
(Meccanica) "Lei vuole progettare il tergicristallo prima di
aver
dimensionato il motore?".
(Chimica) "Lei vuole fare reagire lo stagno con l'uranio e
invece usa
il plutonio?" (metafora che non c'entra assolutamente niente; del
resto i
chimici sono gente strana).
L'ultimo esame
Il passaggio del tempo a Ingegneria è segnato dall'allungarsi
dei nomi
degli esami.
Si passa da Fisica a Meccanica Razionale (strano nome che
sottintende
l'esistenza di una Meccanica Irrazionale) a Meccanica Applicata alle
Macchine. E ultimo esame, pertanto, di solito si chiama "Ingegneria
del
Reattore Nucleare a Fusione" o "Cinetica Statica dei processi chimici
industriali".
La prima parte del corso, quella più complessa, consiste
nell'impararne il nome a memoria.
La seconda parte è una prova di coraggio e fantasia: si tratta
di
presentarsi all'esame sapendo il meno possibile e di inventare la
scusa più
assurda per giustificare la propria totale impreparazione.
A riprova del livello di ottenebramento psichico raggiunto, il
laureando pretende non solo di passare l'ultimo esame senza sapere
nemmeno
di cosa parli, ma se prende meno di 28 si lamenta pure.
D'altro canto, applicato nella vita di tutti i giorni, il
ragionamento
non è del tutto campato in aria: al bar, per esempio, dopo ventotto
birre si
può sperare che almeno la ventinovesima sia offerta dalla casa.
La tesi
E una specie di rappresentazione teatrale della vita che verrà,
dell'impatto, ormai prossimo, dell'ingegnere con il mondo del lavoro.
In quanto tale, i primi mesi di tesi vengono passati
nell'inattività
più assoluta (rappresentazione della disoccupazione).
Poi a giocare a Tetris con il potentissimo computer acquistato
per
scrivere la tesi (periodo di formazione).
Quindi ci si getta nella stesura della tesi vera e propria, con
l'entusiasmo del neoassunto.
Qualche mese dopo, da questo sforzo titanico uscirà
un'imperdibile
opera di 600 pagine, interessantissima già a partire dal titolo:
"Influenza della pallinatura sulla resistenza a fatica di un
composito
a matrice metallica" Dopo aver speso novecentomila lire tra
fotocopie
e rilegatura, il quasi ing. si avvia orgoglioso in segreteria,
consegnando
la tesi con una settimana di anticipo rispetto alla scadenza:
"....... cosi avranno il tempo di leggerla con più
attenzione!!!".
Lì lo sbarbato vedrà che il suo prezioso lavoro verrà riposto in
una
campana di plastica bianca con la strana scritta "Solo Carta" e gli
verrà
consegnato un modulo in cui gli si chiede di esporre in tre righe
titolo e
contenuto della tesi.
Tre? Riuscire a condensare in tre righe sei mesi di ricerche è
un'impresa che meriterebbe la laurea ad honorem in Lettere. Vista la
lunghezza dei titoli, tra l'altro, si finisce con lo scrivere cose del
genere: "Tìtolo: Analisi della fattibilità del progetto di
contenimento
dell'inquinamento acustico nelle immediate vicinanze dell'Aeroporto di
Malpensa 2000, mediante l'installazione di barriere fonoassorbenti in
silicato laminato. Contenuto: Fattibile".
Dopodiché, 10 minuti di discorso dall'effetto più potente di un
litro
di valium e l'ingegnere è finalmente tale. Il suo destino è compiuto.
CERCARE LAVORO
Uh uh uh uh aha: illusion
Ultimo anno di liceo. E' maggio. La maturità, e la matura età,
sono
alle porte. C'è l'esame e dopo... la vita. Per prepararsi alla
maturità
basta studiare. Ma come prepararsi alla vita? Niente di meglio che una
bella
sessione di "Incontri preparatori alle grandi scelte della vita. Come
capire
qual è la facoltà giusta". Oggi è la volta di ingegneria.
Dalla cattedra si alza e parla un top manager molto convinto; in
platea siedono e pensano ragazzi molto scettici e poco interessati.
Top Manager Convinto: "Buongiorno ragazzi. Vi vedo bene".
Ragazzo Scettico: (bravo, hai scelto gli occhiali giusti).
"Siete giovani ed è giusto che adesso siate spensierati ... ".
(Veramente io me la sto facendo addosso al pensiero della
maturità).
"......... ma dovete anche pensare al futuro".
(Ci penso eccome: speriamo che non mi chiedano Dante).
"E il futuro nel vostro caso si chiama studio".
(Però! 3 anni di asilo, 5 di elementari, 3 di medie, 5 -
incrociando
le dita - di liceo e il mio futuro "si chiama studio"? Che fantasia!)
"lo sono qui per illustrarvi i pregi della scelta di Ingegneria.
E per
non essere troppo astratto, vi illustrerò le tappe del mio personale
cammino". (Ecco, bravo, spiegami cosa devo non fare per non
diventare
come te.)
Seguono 40 minuti di "tappe", durante i quali di tutto si parla
tranne
che di soldi.
Ma il Top lascia comunque intuire che si guadagni una barca di
denaro
e, miracolo, molti scettici cominciano a cambiare idea e a domandarsi:
"Ma sarà facile trovare un lavoro? " "Vi starete
domandando se è
facile trovare un lavoro. Beh, lasciate che vi dica una cosa: è come
trovare
una donna per una rockstar! Ve lo assicuro, ragazzi: altro che laurea,
altro
che quinto anno, già al quarto avrete alla porta le migliori aziende
italiane che vi imploreranno di andare da loro.
Abbiamo fame di ingegneri. Per bruciare i tempi avevo quasi
pensato di
portare dei contratti già oggi. Per cui ragazzi anzi, Ingegneri, vi
prego:
fate in fretta. Abbiamo bisogno di Voi".
Quattro anni dopo, il fu studente scettico, ora aspirante top
manager
convinto, se ne uscirà con frasi del tipo:
"Mamma, oggi mi sono iscritto al quarto anno. Se passa Agnelli,
digli
che sono occupato, devo studiare, semmai lo richiamo. Anzi, sai che
faccio?
Stacco il telefono, così mi lasciano in pace".
Dopo un altro anno abbondante, esaltato dalla laurea appena
conseguita
e ancora sull'onda dell'illusione "da incontro preparatorio", il neo
ingegnere non accenna neppure a cercare lavoro. Se ne sta beatamente
seduto
ad aspettare che il lavoro cerchi lui. Dopo un mese di silenzio
assoluto ha un'intuizione geniale: non lo cercano perché nessuno
ancora sa
della sua laurea; la grande mossa pertanto consiste nel telefonare
alla
Telecom per fare aggiungere un "Ing." davanti al suo nome nell'elenco.
Dopo un altro mese passato nell'indifferenza generale, comincia
a
sospettare che il telefono sia rotto; acquista un cellulare e di tanto
in
tanto si chiama da solo per vedere se il telefono di casa funziona
ancora.
I primi curricula
Al terzo mese, essendo un tipo sveglio, l'ingegnere capisce di
essere
stato preso per i fondelli e comincia attivamente a cercare lavoro,
inviando
tre curricula miratissimi: uno alla Nasa, uno alla fondazione Nobel e
uno
alla "Punzonatrici Rossi & Figli", una ditta con tre dipendenti e un
fatturato annuo di 42 milioni ma con ottime caratteristiche pratico -
logistiche (è a venti metri da casa).
Altri curricula
La fase siccessiva è quella della disillusione totale o
"chicojocojo"
(dal nome di un famoso lanciatore di coltelli giapponese): l'invio di
curriculum a raffica.
E un'escalation: la prima settimana sono 50, poi 100, 200, 400 e
così
via, al punto che il primo anno di stipendio servirà solo a coprire le
spese
postali.
Di rimando alle 700 lettere inviate arrivano ben quattro
risposte: tre
sono variazioni sul tema "La ringraziamo per l'interessamento e,
volassero
gli elefanti, prenderemmo in considerazione la sua proposta. Non ci
scriva
mai più!".
La quarta lettera, miracolosamente, è l'invito a un colloquio.
Il colloquio E uno scontro fra titani. Il re della domanda
subdola contro il principe della risposta ipocrita.
Da una parte si esordisce con "Come mai ha scelto proprio la
Jenningsen Technology ?", dall'altra si pensa: "Perché, fra tutte le
lettere mandate completamente a caso, siete gli unici fessi che mi
hanno
risposto" ma si risponde: "Le dirò, operare nel campo delle
brocciatrici è
sempre stato il mio grande sogno".
"Ci dica un suo difetto" "Tendo a essere troppo preciso e mi
lascio
prendere in maniera eccessiva dal mio lavoro".
"Stiamo cercando una persona dalla spiccata personalità ... ".
"Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno".
" ... ma che sappia anche lavorare in team e riconoscere
l'autorità
dei suoi superiori".
"Signorsì! ".
"Le piace viaggiare?".
"Molto e credo che poter viaggiare per lavoro sia un grande
privilegio".
"Peccato, perché la sede di lavoro sarà nell'hinterland
milanese".
"da anni che desidero avere l'occasione per approfondire la
conoscenza
di Rozzano. A mio modo di vedere, una piccola Parigi".
"Visto il particolare momento, lo stipendio che le potremo
offrire per
un periodo iniziale, diciamo per i primi dieci anni, non sarà
elevatissimo".
"L'importante è avere l'opportunità di fare esperienza in una
società
come la Vostra!".
Questa è la frase magica. Massima flessibilità e minimo costo:
l'ingegnere ha trovato lavoro.
Fuori uno. Per il nostro premier, che sia Berlusconi o D'Alema,
si
tratta ora di assegnarne soltanto altri 999.999.
LAVORI TIPICI
Quando ci si sente dire "Ieri ho conosciuto un tizio simpatico;
fa il
bancario", non si risponde "Ah, e che lavoro fa?" (a meno che non si
voglia
passare per idioti). Un bancario lavora in banca! Parimenti un
fotografo
fotografa, un insegnante insegna e un giornalista scrive articoli sul
giornale. Un medico potrà avere diverse specializzazioni, ma si
occuperà pur
sempre di curare le persone.
E un ingegnere? Che fa un ingegnere?
Tali e diversi fra loro sono i suoi possibili impieghi che
rispondere
alla domanda "che lavoro fai?" con "ingegnere" è come descrivere Bruno
Vespa
dicendo che "appartiene alla razza umana".
Ecco una breve guida per districarsi nei meandri della
professione.
Analista di reti
Non è lo psichiatra di Ronaldo, ma uno dei mestieri più in voga
nel
campo dell'informatica; uno dei pochi lavori da ingegnere ben
retribuito,
per inciso. L'analista passa il suo tempo a frequentare corsi di
aggiornamento in cui impara a usare programmi che, una volta finito il
corso, saranno già obsoleti.
Egli tiene appeso a una parete il suo primo floppy disk (uno di
quelli
grossi) e, nelle serate davanti al camino, rilegge con un sentimento
di
malincoallegria gli appunti dell'Università, con le previsioni del suo
prof.
di informatica riguardo alla "necessità di avere un hard disk da
almeno 20
Mb".
Il commerciale
E' quello che risponde agli annunci in cui si cerca un Sales
Manager.
Lavora nel reparto vendite di un'azienda leader in qualcosa in
un
qualche punto dell'Universo. E' giusto che, oltre a ragionieri e
laureati in
economia, il reparto marketing impieghi anche un ingegnere: niente di
meglio
di un tecnico specializzato per interfacciarsi coi clienti e avere
rapporti
con loro con la forza del sapere dalla propria.
Purtroppo, dopo qualche anno lontano dai macchinari, l'ingegnere
si
deingegnerizza e il suo lavoro diventa: rispondere alla telefonata del
cliente, ascoltare la sua domanda, frugare nel proprio bagaglio
tecnico, non
trovare niente, dire: "Attenda in linea che le passo l'ufficio
tecnico".
Col passare del tempo il commerciale migliora vieppiù le sue
doti di
interfacciamento fino al giorno in cui si infila una gonna e decide di
farsi
chiamare Cinzia, prendendo piena coscienza della sua identità di
centralinista.
Il dottorando
L'imboscato, quello che ha capito che tipo di lavoro fanno gli
ingegneri e vuole sfuggire a tutti i costi a quel triste destino,
dandosi
all'insegnamento universitario.
All'uopo si accoda a uno dei tanti baroni dotati di cattedra,
diventandone l'assistente. Ciò gli vale l'assegnazione di
importanti
incarichi, quali portare la borsa del professore, aprirgli la porta
quando
passa e riverniciargli lo studio, compito riservato solo a pochi
eletti.
Come unica consolazione gli viene concesso di partecipare agli
esami.
La notte prima la passa insonne a progettare ogni possibile
nefandezza, felice per la possibilità di vendicarsi di tutti quegli
ingiusti
30 concessi alle sue compagne di corso dalla gonna un po' corta.
Inutile
dire che, da pezzo di pane qual'è, tutti gli studenti cercano di
essere
interrogati da lui e che, alla vista della prima caviglia, è 30 e lode
per
tutti.
L'ingegnere
Oscura e serissima figura, circondata da un alone di mistero e
di
timore reverenziale, tiene nelle sue mani il potere assoluto
riguardante uno
dei più importanti esami della nostra vita: quello della patente.
Si tratta di un personaggio che suscita inquietanti
interrogativi, che
contribuiscono a rafforzare il mito dell'ingegnere in senso lato:
innanzitutto, perché si chiama "Ingegnere"? C'è bisogno di una laurea
per
capire che se uno va contromano è meglio non dargli la patente? E se
davvero
ce n'è bisogno, perché proprio quella in ingegneria? Gli ingegneri
guidano
molto meglio degli architetti? o degli avvocati?
Ingegnere edile
Quello che, fra tutti i colleghi, ha più contatto con la realtà.
Manco troppo, comunque, visto che in cantiere all'ingegnere
viene
riservato lo stesso trattamento che si adotta con il nonno rompiballe
che
ancora si crede il capofamiglia.
Egli passeggia per il cantiere, impartendo direttive ed è tutto
un
"Buongiorno ingegnere, certo ingegnere, sarà fatto, sissignore
ingegnere".
Mezzo secondo dopo che se n'è andato ci si dimentica di lui e dei suoi
ordini e si riprende a lavorare sul serio.
Il momento più alto è quando si tratta di eseguire dei calcoli
vitali
per il proseguimento dei lavori.
Il cantiere è fermo, in trepida attesa. L'ing. consulta il
manuale,
gli appunti e le sue risorse mentali. Armeggia con un centinaio di
strumenti ed emette il verdetto: qui ci vuole una putrella da 25,7 mm
di
diametro. Ed è vero. La putrella da 25,7 è perfetta per lo scopo.
Anzi, lo sarebbe, se non fosse per il piccolo particolare che le
putrelle da 25,7 non esistono. Ma all'ingegnere non importa, non è un
problema suo se i produttori di putrelle non tengono conto delle
esigenze
del cantiere.
Egli ha indicato la retta via, spetta agli altri trovare un modo
per
seguirla. Se fosse per lui, ne potrebbero anche ordinare uno stock su
misura
e se i costi del progetto dovessero raddoppiare, pazienza. Cos'è il
denaro,
di fronte alla perfezione di un pilone in cemento armato? A risolvere
l'impasse, arriva l'operaio anziano che dà un'occhiata alle carte e
butta lì
un
"....... è vero. Però anche quelle da 26 (esistenti) vanno
benone!"
Progettista di flussometri
Ovvero l'impersonificazione della tristezza.
Sede di lavoro: fabbrichètta a conduzione familiare, di
proprietà del
suocero, nell'estrema periferia di un qualsiasi hinterland nord
italiano,
lontano da tutto ma "comodo autostrada".
Il miracolo economico italiano, insomma.
Obiettivo: progettare e garantire l'evoluzione tecnologica di un
apparecchietto grosso come una moneta da cento, che andrà inserito in
un
raccordo in gomma per tubazioni plastiche, prodotto di punta della
ditta e
orgoglio del bisnonno fondatore.
Il progettista si distingue dagli altri ingegneri perché alla
domanda
"Che lavoro fai?", invece di rispondere "ingegnere" e glissare con un
commento sul tempo, abbraccia il suo interlocutore e scoppia in un
pianto
irrefrenabile.
Intrecciatore di perline
Sì, proprio così. Oppure il cabarettista, l'intagliatore di
legno e
tutti gli altri classici mestieri "da scoppiato". Se a prima vista la
cosa
suscita stupore e sdegno ("II figlio di quella lì era ingegnere e
adesso
ammaestra elefanti in Indonesia. Dove andremo a finire!"), esaminando
i
lavori elencati qui sopra e provando a calarsi nei panni di chi li ha
fatti
per davvero si può capire come, dopo una decina di anni di
"implementazione
dell'awareness del prodotto", il richiamo di una nuova vita da
coltivatore
di maracuja possa diventare irresistibile.
IL NUCLEO FAMILIARE
La casa
La casa è un esempio di tecnologia applicata all'ordine e alla
pulizia.
Tutto è sempre lustro e funzionante; gli orologi spaccano il
minuto,
il rotolo di carta igienica è sempre all'inizio, le lampadine non si
fulminano mai e comunque ce n'è un intero set di ricambio. La Tv è
sintonizzata al millimetro, la dispensa è sempre piena e le porte non
hanno
mai cigolato negli ultimi 20 anni.
Tutto ciò grazie all'instancabile opera del padrone di casa: la
moglie
dell'ingegnere (la mamma, per i non coniugati). Tanto è preciso e
puntiglioso sul lavoro, infatti, altrettanto l'ingegnere è goffo nelle
faccende domestiche.
Non è che l'ingegnere sia il tipico marito che se ne sta in
panciolle
a guardare la moglie che lavora, tutt'altro: tra i due è il più attivo
nelle
faccende domestiche. Il problema è una drammatica mancanza del senso
della
priorità. C'è il rubinetto che perde? Certo, è un fastidio, ma prima
c'è da
finire di montare l'impianto di innaffiamento automatico in giardino.
L'orologio a pendolo è fermo da un mese? E' un guaio, sì, ma che
verrà
definitivamente risolto il giorno in cui terminerà il progetto di
collegamento via satellite tra la tv del salotto e una telecamera
appositamente puntata sul Big Ben.
Chi crede che vivere con un genio della tecnica sia comunque un
vantaggio, sappia che nella casa dell'ingegnere gli oggetti si
dividono in
due classi: oggetti che hanno bisogno di essere riparati e oggetti che
funzionano benissimo ma che, "con una piccola modifica", potrebbero
funzionare ancor meglio.
Inutile dire che questi oggetti, dopo la miglioria, rientreranno
nella
prima classe.
L'ingegnere che sfrutta le sue nozioni per un lavoro utile è un
fenomeno della natura raro e spettacolare come un'aurora boreale e,
per
giunta, sospetto.
La moglie che, tornando a casa, vedrà il marito intento ad
aggiustare
la caldaia (nonostante il marchingegno per aprire le persiane stando a
letto
sia ancora da finire) non esulterà di gioia, ma lo affronterà
chiedendogli:
"Su, confessa! Cos'hai da farti perdonare?".
I figli
Due. Sempre!
Sarà per la consapevolezza di essere una persona fuori dal
comune, per
la pressione derivante dalle aspettative della società o per chissà
quale
altro motivo psicologico, fatto è che l'ingegnere ha una forte
pulsione
verso la normalità.
Appena può, indirizza pensieri e azioni alla ricerca di una
conformità
alla massa che lo faccia sentire uno dei tanti. Il suo ideale è essere
abbastanza alto, ma non tanto da spuntare tra la folla, avere un po'
di
pancetta senza essere grasso, vivere in una casa comoda che non sia né
una
reggia né un tugurio, e così via. Questa disperata ricerca della
"media" si
accompagna, per deformazione professionale, all'accurata
pianificazione del
proprio percorso esistenziale.
E, venendo al punto, l'ingegnere pianifica proprio tutto, anche
il
numero di figli.
Due giorni dopo le nozze, mentre la moglie sfoglia i cataloghi
premaman, chiedendosi quanti e quali figli le riserverà la sorte,
l'ingegnere si fa recapitare a casa l'ultimo "rapporto nascite"
dell'Istat,
squarcia il pacco, apre il tomo e, terrore, sgomento e disperazione,
legge
che la famiglia italiana ha, in media, 1,73 figli. Che fare?
Dopo un primo attimo di sconforto, in cui impreca contro il
destino
porco che gli impedisce di essere in media, prende la calcolatrice e
scopre
che, se dovesse fare due figli, la media italiana salirebbe a
1,73000001666.
"Vada per due", dice allora alla consorte, simulando serenità.
Ma la
verità è che non riuscirà mai ad amare davvero quello 0,27 in più del
secondo figlio, corrispondente all'incirca al pezzo di gamba tra piede
e
ginocchio.
"Papà, mi sono rotto la tibia" dice il secondogenito,
telefonando dal
campo di pallone. " Ben ti sta, così impari a rovinare la media",
pensa il
papà, mentre accorre per portarlo all'ospedale.
L'incrollabile certezza che l'ingegnere debba sempre e comunque
avere
due figli può portare anche a interessanti considerazioni pratiche:
Stai per sposare un ingegnere? Scegli una casa adatta a una
famiglia
di quattro persone.
Sei figlio unico di un ingegnere? C'è una sorellina in arrivo,
anche
se hai 37 anni.
Sei il terzo figlio di una famiglia con papà ingegnere? Adesso
sai
perché i tuoi genitori e i due fratelli sono scuri di capelli, mentre
tu sei
biondo.
Stabilito il numero dì figli, veniamo adesso alle loro qualità:
Uno dei due è bravo, bello e gentile, risponde educatamente,
lascia il
posto alle vecchiette ed è il chiaro erede delle facoltà intellettuali
paterne: a 3 anni risolve le equazioni di terzo grado, a 12 anni va ad
"anticipazioni" di matematica, a 24 anni si laurea perfettamente in
corso e
comincia un'onesta carriera professionale. Du' palle, insomma.
L:altro fa il chitarrista punk. Figlio ribelle per eccellenza,
cerca
in ogni modo di contraddire e mettere in imbarazzo i genitori. Se il
papà fa
il progettista alla Coca-Cola, ogni qualvolta ci sono ospiti in casa
entra
in salotto sorseggiando una Pepsi, sostenendo che "i rutti vengono
molto
meglio" e fornendone le prove a un'audience allibita.
Terminato l'istituto tecnico non va all'Università o, peggio
ancora,
ci va e si iscrive a Scienze Politiche. Dopo 10 anni di dorato esilio
a Bora
Bora, decide di tornare a casa e rinnegare il passato, in sospetta
coincidenza con il mancato arrivo del vaglia internazionale mensile di
papà.
Per dare un senso pratico a tutta questa teoria, citiamo due
famosi
figli di ingegneri:
Brian May, chitarrista dei Queen. Figlio di un ingegnere
elettronico,
cominciò la sua carriera suonando una chitarra elettrica costruita con
l'aiuto del padre ma, prima di lanciarsi definitivamente nel mondo
della
musica, trovò il tempo di laurearsi in Astronomia all'Imperial College
di
Londra.
James Cameron, regista di Titanic, figlio di un ingegnere
navale. Un
lampante esempio di persona che ha un cattivo rapporto col mestiere
del
padre.
IL SENSO DELL' UMORISMO
Fatto che può sorprendere chi non li conosce, gli ingegneri sono
dotati di un grande senso dell'umorismo. Lungi dal renderli il fulcro
di una
serata, però, questo "dono" li isola ulteriormente dal resto del
mondo.
Le battute sulle Serie di Fourier, infatti, sono
divertentissime, ma
quando solo altre due persone nella tua città sono in grado di
capirle, il
senso dell'umorismo è un ben misero dono.
E così, quando a fine cena scatta il momento delle barzellette,
l'ingegnere si rabbuia, chiudendosi in se stesso, alla disperata
ricerca di
una barzelletta comprensibile o, peggio ancora, cercando di adattarne
una al
livello culturale dei commensali. In entrambi i casi è meglio
sorvolare sul
risultato.
Per dovere di cronaca, riportiamo una delle più divertenti
barzellette
mai raccontate da un ingegnere.
"C'è una festa di funzioni. Il Logaritmo parla con x1, Cos(X)
sbircia
nella scollatura di Sen(x), Tangente di x cura i suoi affari. Tutti si
divertono un mondo, tranne dx, che se ne sta sola soletta in un
angolo.
Sen(x) le si avvicina e le dice: "Dai, non stare lì tutta sola, vieni
a
parlare con noi, integrati!".
"Eh, tanto è lo stesso ... ".
Nota: poiché non c'è niente di più umiliante che dover spiegare
una
barzelletta, l'autore si rifiuta di farlo.
Le barzellette
Ancora più sorprendente, vista la nomea di noiosità che si
portano
dietro, è che nelle barzellette sugli ingegneri venga loro attribuito
il
ruolo del furbo/simpatico, quello che era riservato all'italiano nelle
storielle con l'inglese e il francese.
Certo, in queste barzellette l'ingegnere va in giro con un
fisico e un
informatico e non ci vuole molto a svettare in una simile compagnia,
ma
resta la soddisfazione dell'essere considerato bene.
A titolo di esempio:
Un ingegnere, un fisico e un informatico fanno un viaggio in
auto. A
un certo punto l'auto si blocca. L'ingegnere: "Prima ho sentito un
rumore
strano. Secondo me si è rotta la cinghia dell'alternatore, dovremmo
provare
a sostituirla". Il fisico: "Hmmm, secondo me si è surriscaldato
il
motore, dovremmo aggiungere dell'acqua nel radiatore".
L'informatico: "Perché non proviamo a uscire e rientrare?".
Se invece prova ad aggirarsi da solo nel mondo delle
barzellette, il
nostro eroe non fa una gran bella figura:
Durante la rivoluzione francese, tra i condannati alla
ghigliottina
c'è anche un ingegnere.
Prima di lui devono però essere giustiziati un nobile e un
frate.
Il nobile sale sul patibolo e il boia gli chiede: "Vuoi essere
giustiziato con la faccia in giù o rivolta verso il cielo?".
"Sono di sangue reale! Noi non chiniamo mai il capo!" e si
sistema a
faccia in su.
Parte la lama e ... stonk! si blocca a pochi centimetri dal
collo.
"Che quest'uomo vada libero! " ordina l'ufficiale
--
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Un bacio e' un apostrofo rosa fra le parole "t'amo". (Cyrano.de Bergerac)
Un bacio e' na telefonata ar cazzo pe dije de prepararse (Bruno del GF4)
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