Gli hanno dato addosso, a Toni?
Sono andato a rileggere un vecchio articolo
https://www.africa-express.info/2019/01/25/sul-rapimento-di-silvia-romano-bocche-cucite-e-le-ricerche-sono-ancora-in-alto-mare/
Sono passati più di due mesi dal rapimento della cooperante milanese,
Silvia Romano e le trionfalistiche dichiarazioni della polizia keniana,
rilasciate all’indomani dell’evento, si sono rivelate per quello che
erano: grossolane e avventate boutade, non supportate da alcun rilievo
oggettivo. Oggi, l’incresciosa vicenda di cui è rimasta vittima la nostra
giovane connazionale, resta avvolta in un plumbeo e angoscioso mistero. I
massicci arresti effettuati, che pareva comprendessero anche uno dei
presunti rapitori, hanno prodotto un macroscopico nulla. Tacciono i media,
tace la Farnesina e tacciono o sproloquiano le autorità locali. Un
silenzio inquietante pieno di interrogativi.
Intanto, lo scorso giovedì, la polizia del Kenya ha tratto in arresto, il
ventiquattrenne milanese Gian Marco Duina, anche lui cooperante, trovato
mentre, insieme all’amica Jessica Todaro, girovagava a Ngao, un villaggio
del Tana River, considerata zona ad alto rischio e soggetta a coprifuoco.
I due giovani erano in possesso di semplici visti turistici che non
consentivano loro di prestare altre attività all’infuori di quella
prettamente vacanziera. I due sono stati rilasciati il giorno successivo e
ci si augura faranno tesoro di questa sgradevole esperienza.
Il mese scorso, nel pericoloso Burkina Faso, sono scomparsi –
probabilmente sequestrati – il padovano Luca Tacchetto e la sua amica
canadese Edtith Blais di 30 e 34 anni. Anche loro operavano per conto di
una Onlus attiva in Togo, Paese che i due giovani intendevano raggiungere
con la proprio auto che, partita da Padova, aveva attraversato Francia,
Spagna, Marocco, Mauritania e Mali per raggiungere il Burkina Faso, da
cui, dopo una breve sosta, sarebbero ripartiti per la destinazione finale.
Impossibile non rilevare un certa disinvoltura nell’affrontare esperienze
di volontariato in Paesi poveri, politicamente instabili e soggetti a
continui scontri tribali. Sono oltre trenta (parliamo dei soli italiani)
le persone rapite negli ultimi dieci anni mentre si trovavano all’estero.
In maggioranza si è trattato di volontari e cooperanti di organizzazioni
umanitarie, che, pur se animati da lodevoli intenzioni, mostrano una
scarsa conoscenza delle problematiche e dei rischi che si accingono ad
affrontare.
Per quanto riguarda il Kenya, chiunque venga come volontario/cooperante,
dev’essere segnalato alle autorità locali e ottenere l’ufficiale
riconoscimento di tale status. Quanto accaduto a Silvia Romano, Gian Marco
Luina e Jessica Todaro, legittima dunque, l’insorgere di qualche dubbio
sulla superficialità con cui varie NGO minori, gestiscono l’invio di
volontari e cooperanti in Kenya, visto che questi sembrano trovarsi allo
sbaraglio senza riferimenti né assistenza logistica. C’è il sospetto che
Silvia sia entrata in Kenya con visto turistico, cosa che non avrà fatto
molto piacere alle autorità keniote.
Alcuni dei volontari che hanno lavorato con Africa Milele, utilizzavano i
servizi messi a loro disposizione dalla signora Tiziana, contitolare del
bar-ristorante Karen Blixen di Malindi, cui, come da istruzioni ricevute,
consegnavano pacchi di farmaci e di altri generi. Ma forse né loro, né la
onlus sapevano che la signora Tiziana del Karen Blixen, si chiama in
realtà Mariangela Beltrame, la quale, insieme al suo convivente e
contitolare, Roberto Ciavolella, è oggetto di un procedimento giudiziario
presso il tribunale di Latina, per frodi ammontanti a oltre tre milioni di
euro, che loro, in qualità di promoter finanziari, avrebbero sottratto a
ignari investitori.
In effetti, le investigazioni degli inquirenti nei confronti di Mariangela
Beltrame e Roberto Ciavolella, sono iniziate nel 2013 a seguito delle
denunce sporte da alcune delle loro vittime, ma poiché i due erano già
riparati in Africa, non è stato finora possibile notificare il
procedimento a loro carico, peraltro già rinviato più volte e la cui
prossima udienza è stata fissata ad aprile di quest’anno. Se quest’ultima
notifica non potrà essere effettuata in tempo utile, le imputazioni
rivolte ai due indiziati, andranno fatalmente in prescrizione ed è a dir
poco curioso che l’Italia, tramite la sua rete consolare, riesca a
notificare in Kenya una multa per divieto di sosta (è accaduto a me) e non
riesca, invece, a fare altrettanto per un ben più grave reato di frode,
visto anche che a Malindi c’è un console onorario che sa benissimo dove i
due indiziati vivono e lavorano.
Posto che fino alla sentenza di terzo grado, non si può parlare di
colpevolezza, la presidente di Africa Milele, Lilian Sora, non era a
conoscenza di questo procedimento a carico delle persone che erano i suoi
contatti in loco: “Sì, avevo sentito delle voci sui gestori del Karen
Blixen e la stessa Tiziana mi aveva genericamente parlato di cause legali
in corso – spiega al telefono Lilian Sora – ma solo recentemente ho
appreso dai media dell’esistenza di procedimenti giudiziari a loro carico
in Italia”. Lilian appare sincera e non è il caso di colpevolizzarla,
come hanno fatto, con grande superficialità e un po’ di dolo, alcuni media.
Del resto la sua è una Onlus giovane, entrata in attività solo nel 2013.
La sua presidente non riesce a passare in Kenya (nella base di Chakama)
più di due mesi all’anno, mentre l’humus in cui vive la comunità italiana
di Malindi e così variegato e complesso che anche chi vi abita da diversi
decenni, stenta a sviscerarne tutti i risvolti. Molte aggressioni
personali indirizzate a Lilian Sora, perlopiù venate da illazioni e
malevolenze senza uno straccio di prova, stanno rendendo la sua vita un
vero inferno. La macchina del fango è entrata in azione contro una
organizzazione e la sua presidente più per motivi ideologici che per prove
o comunque indizi.
Ma sull’incresciosa vicenda di Silvia Romano, c’è un’altra qualificata
testimonianza. E’ quella di Davide Ciarrapica che a Likoni, nella costa
sud del Kenya, gestisce l’Onlus “Orphan Dream” dove, lo scorso agosto la
volontaria milanese aveva fatto la sua prima esperienza in terra d’Africa.
“Era bravissima con i bambini – ha raccontato ad Africa Express – ma era
un po’ riluttante a seguire le regole. Voleva uscire la sera mentre noi
chiediamo ai volontari che operano presso di noi di non rientrare dopo le
dieci perché anche Likoni è una zona molto pericolosa, soprattutto di
notte. Ovviamente chi voleva uscire, ne aveva diritto, ma lo faceva a
proprio rischio. Gli ultimi venti giorni del periodo in cui è stata in
Kenya, Silvia li aveva passati a Chakama, in accordo con Lilian Sora,
presidente dell’Onlus Africa Milele. Lì diceva di aver trovato degli amici
ed è per questo che ci è voluta tornare, nel suo secondo viaggio, malgrado
il mio partner africano l’avesse fortemente sconsigliata perché si sarebbe
trovata sola e senza neppure la corrente elettrica, ma lei gli ha risposto
che a Chakama si sentiva libera, poteva uscire con i locali e alzarsi al
mattino quando voleva”.
“Chi doveva proteggerla – continua Davide – era Joseph, il compagno masaai
di Lilian Sora, che, purtroppo nel giorno del rapimento non si trovava a
Chakama. Per quanto riguarda i sospetti, la mia idea, ma è del tutto
personale, è che ad organizzarlo sia stato qualcuno che le era molto
vicino, perché sono andati a colpo troppo sicuro. Mi dispiace tantissimo
per Silvia e spero che possa essere presto liberata”.
Silvia è una ragazza di ventitre anni, con i desideri e gli entusiasmi
della sua età e vuole vivere in pieno la propria giovinezza. L’indegno
coro d’insulti, di cui è stata fatta oggetto su molti social e blog,
esprime i peggiori sentimenti di una società che vuole dirsi civile. Come
si può sostenere che l’esuberanza giovanile le abbia fatto meritare
l’atrocità di cui è stata vittima? Neppure si deve però cadere
nell’insulsa retorica della sua santificazione. Silvia era una ragazza
normale; né santa, né colpevole e l’assoluta mancanza di equilibrio che si
esprime attraverso gli eccessi (in un senso o nell’altro) è il segno di
quanto effimera sappia diventare l’anima di una società sempre più
parziale e faziosa.