Post by Roberto Bianchinon penso alla superiorità di nessuno, non mi sento superiore né
inferiore, scusa, hai fatto un discorso lunghissimo quando il mio
concetto è semplice: non voglio finire su un letto di ospedale in coma
per più di 15 giorni, assistito da estranei o anche familiari, che mi
devono fare anche le pulizie intime, etc.
ne faccio un discorso pratico: chi pensa che questa sia vita è quanto
più distante dal mio pensiero. poi se qualcuno vuole vivere in quel modo
che glielo si consenta, vedi, io non mi oppongo, al contrario io voglio
terminare per *me* una situazione del genere che non considero dignitosa
nei più fondamentali fondamenti umani.
smettetela di interferire, di fare ingerenze nella politica italiana, se
voi avete le vostre convinzioni applicatele a voi non a noi, ti
ribadisco che altrimenti questa la considero, e penso di dire
*consideriamo* una gravissima arroganza che alimenta un odio reciproco
atei-credenti.
un abbraccio
non vorrei tediarti ma non so bene perché mi sento spinto
a condividerti parte di un testo che ho trovato su internet
proprio ieri e parla di una donna, testimone di Geova lei e la
sua famiglia, che non ha voluto la trasfusione che le
avrebbe salvato facilmente la vita... è morta per una
emorragia intestinale dovuta a gastrite grave... una cosa
che si sarebbe risolta al 100% con la trasfusione che lei,
per motivi della sua Fede, ha rifiutato, accettata anche dai figli...
il medico ha pubblicato un suo testo,
questo:
"""""Oggi sono triste e contemporaneamente incazzato nero. Una paziente
è venuta meno nel mio reparto perché ha rifiutato una trasfusione di
sangue. Era testimone di Geova. L’avrei salvata al 100% ma ha rifiutato
ed è morta. I figli ed i parenti solidali con lei. Ho fatto di tutto. Mi
sono scontrato con tutti i familiari ma… nulla. Alla fine i figli si
sono esaltati dicendo: «Mamma sei stata grande, hai dato una lezione a
tutti i medici ed a tutto il reparto». Mi chiedo:
1) come può una religione ancora oggi permettere un suicidio;
2) come è possibile che io deputato per giuramento a salvare vite umane,
sia stato costretto a presenziare e garantire un suicidio assistito?"""""
la "rete" si è indignata contro la scelta di questa donna
una credente cattolica (lo specifico solo per chiarire le posizioni
visto che si parla di Geova ecc..) ha scritto in merito un testo che io
ti metto in modo sintetico, cioè ridotto il più possibile:
""""""""""""
...la volontà del paziente si è messa di traverso tra le sue mani e la
flebo. E per quale motivo poi! Un precetto religioso!
Sui social si leggono commenti indignati contro i testimoni di Geova e
questa loro presa di posizione, ritenuta del tutto assurda. Qualcuno
dice “povera donna plagiata”, qualcuno più crudamente “le sta bene, ha
avuto quello che si meritava”. Nessuno, mi pare, ha voluto notare che il
medico non ha inveito contro Geova in particolare, ma contro tutte le
religioni che permettono un suicidio. Io, invece, l’ho notato. Ed ho
notato anche che il martirio, ritenuto dal cristianesimo causa immediata
di salvezza dell’anima, spesso somiglia tanto ad un suicidio: quando i
cristiani di certe zone tormentate del mondo vengono messi di fronte
alla scelta di abiurare la propria fede o morire, e scelgono di morire,
non si stanno forse “suicidando” come questa donna? Essi non vorrebbero
morire, ma ciò che viene chiesto loro in cambio della vita non lo
possono concedere. Ogni fede chiede questo tipo di “suicidio” in fondo:
mettere i principi cardine della propria religione al di sopra di ogni
altra cosa, costi quel che costi.
Avere una fede nel cuore è come uscire di casa avendo un posto specifico
da raggiungere, secondo tempi certi. Si può condividere la strada con
gente che non ha nessuna meta e passeggia a casaccio e allora si ferma
al primo bar, si infila in un cinema, prova le esperienze che gli
capitano. Chi ha una meta, però, non sempre può indugiare e fila via
diritto, declina tanti inviti, perdendosi un sacco di occasioni, buone o
cattive che siano. Il contrario del carpe diem, insomma. Chi non sa dove
andare non può comprendere questa premura della fede, questo restare in
cammino, questo puntare ad altro, e concepisce la vita solo come un
buffet da cui piluccare qua e là in libertà.
La vita per chi non ha fede è un bene grande, non sacrificabile per
dogmi astratti e dichiarazioni di fede, ma non è comunque un bene
supremo, come lo è invece per chi è disposto a rinunciarci: resta tutto
una questione di rapporto costi/benefici. Se costa poco vivere, è un
vero peccato non farlo. Se costa molto, insomma, ne riparliamo: quegli
stessi utenti che ora inveiscono contro la signora testimone di Geova
forse hanno esultato l’altro ieri per la sentenza della consulta sul
suicidio assistito, inneggiando alla libertà di autodeterminazione (che
esiste già, come il caso odierno ci dimostra).
La morale dell’analisi di tutte queste reazioni web è che
l’autodeterminazione pura non è ritenuta un valore da nessuno: la gente
non deve poter fare di sé ciò che vuole, bensì ciò che il sentire comune
ritiene opportuno. Questo sentire comune, poi, si sta spostando compatto
verso una divisione delle vite degne da quelle indegne, secondo fumosi
criteri di autosufficienza, possibilità di realizzazione nella società,
sofferenza fisica e psicologica.
Al di fuori di questi minacciosi binari, si deve vivere con entusiasmo e
sfrenata libertà, ogni altra manifestazione di libero arbitrio, che si
esprima tramite dei no e dei rifiuti alle offerte mondane, è ritenuta
impropria, anacronistica, da vietare addirittura.
Insomma, va bene l’autodeterminazione se si tratta di “suicidare” un
malato grave ma non va assolutamente bene se si parla di sacrificarsi
per un ideale trascendente.
Il medico del post si dichiara obiettore, sebbene, visto il contenuto
critico verso le religioni, con ogni probabilità non cattolico: questo
mette in luce un’evidenza che i radicali e loro sostenitori si rifiutano
di riconoscere e cioè che la vocazione medica, di per sé stessa,
costitutivamente è per la vita e mai per la morte e che l’obiezione di
coscienza è tanto diffusa perché è la scelta più naturale, ovvia,
consequenziale alla professione medica.
Il suicidio assistito, sancendo un indefinito diritto ad essere aiutati
a morire, sottintende la nascita del dovere in capo a qualcuno di
mettere in pratica questo aiuto: i medici non possono essere questo
soggetto ...
E non per motivi ideologici, né per scelte fideistiche, ma per salute
mentale: se puoi salvare qualcuno, tutto nel tuo essere ti dice che devi
salvarlo. Si tratta di istinto primario, di natura base, di necessità
inconscia. La vita difende sé stessa urlando nel nostro cervello: “salva!”.
E anche chi preferisce il martirio alla vita lo fa perché sceglie una
vita più piena e grande, non perché sceglie la morte.
(Lucia Scozzoli)
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un caro abbraccio anche a te
saluti
GMG