g.g.
2005-03-26 09:15:15 UTC
Scrivo per chiedere il vostro supporto su se e come procedere nei
confronti di un direttore di filiale connivente con un'operazione di
appropriazione indebita.
Situazione: piccola società in bilico tra fallimento e liquidazione, con
conto corrente scarsamente movimentato e praticamente a zero in una
filiale di un paesino di poche migliaia di anime. L'amministratore della
società è contestato e sta per essere revocato alla assemblea che deve
avere luogo di li' a poco.
Miracolosamente la società riceve un contributo pubblico atteso da anni
e mai erogato, per una somma di circa 220.000 euro. Il giorno successivo
all'accredito l'amministratore si reca allo sportello e preleva *in
contanti* l'intero ammontare del contributo, che a quel punto prende il
volo.
Nei giorni successivi avviene l'assemblea, l'amministratore viene
revocato e ci si reca in banca per comunicare il cambiamento e ottenere
informazioni sul conto corrente: la filiale prende tempo per svolgere
accertamenti, traccheggia ben oltre il dovuto e solo dopo qualche
settimana si viene a conoscenza di quanto perpetrato dall'amministratore
precedente.
Ora, è chiaro che da un punto di vista squisitamente formale la banca è
pressoché inattaccabile: la disponibilità c'era e l'amministratore era
autorizzato a operare sul conto. Quello che sconcerta è il candore con
il quale il direttore della filiale afferma che un prelievo per contanti
di quella dimensione rappresenta l'ordinaria amministrazione, e che
normalmente la sua filiale ha in cassa la necessaria disponibilità per
far fronte a operazioni del genere (nella mia esperienza bancaria per
prelievi superiori ai 3-4.000 euro è gradito, e spesso obbligatorio, un
congruo preavviso). Ovviamente i Carabinieri del luogo, informati
dell'accaduto, sostengono che sia impossibile che ci sia una tale
giacenza all'interno della filiale: se fosse così dovrebbero piantonarne
l'ingresso.
Quello che mi chiedo è se sia possibile coinvolgere il direttore della
filiale e/o la banca stessa, oltre che nella associazione a delinquere
per il processo penale in corso, anche in una azione disciplinare o
comunque di responsabilità, nei confronti di un organismo preposto (so
che l'ombudsman viene coinvolto solo per controversie di valore
inferiore ai 10KE). Per dirne una, esiste una qualche normativa che
stabilisce quale debba essere la giacenza media di contanti all'interno
di una filiale di piccole dimensioni? Saperlo mi aiuterebbe a mettere
all'angolo la banca, il cui ufficio reclami è il più classico dei muri
di gomma...
Grazie mille in anticipo per il vostro aiuto,
confronti di un direttore di filiale connivente con un'operazione di
appropriazione indebita.
Situazione: piccola società in bilico tra fallimento e liquidazione, con
conto corrente scarsamente movimentato e praticamente a zero in una
filiale di un paesino di poche migliaia di anime. L'amministratore della
società è contestato e sta per essere revocato alla assemblea che deve
avere luogo di li' a poco.
Miracolosamente la società riceve un contributo pubblico atteso da anni
e mai erogato, per una somma di circa 220.000 euro. Il giorno successivo
all'accredito l'amministratore si reca allo sportello e preleva *in
contanti* l'intero ammontare del contributo, che a quel punto prende il
volo.
Nei giorni successivi avviene l'assemblea, l'amministratore viene
revocato e ci si reca in banca per comunicare il cambiamento e ottenere
informazioni sul conto corrente: la filiale prende tempo per svolgere
accertamenti, traccheggia ben oltre il dovuto e solo dopo qualche
settimana si viene a conoscenza di quanto perpetrato dall'amministratore
precedente.
Ora, è chiaro che da un punto di vista squisitamente formale la banca è
pressoché inattaccabile: la disponibilità c'era e l'amministratore era
autorizzato a operare sul conto. Quello che sconcerta è il candore con
il quale il direttore della filiale afferma che un prelievo per contanti
di quella dimensione rappresenta l'ordinaria amministrazione, e che
normalmente la sua filiale ha in cassa la necessaria disponibilità per
far fronte a operazioni del genere (nella mia esperienza bancaria per
prelievi superiori ai 3-4.000 euro è gradito, e spesso obbligatorio, un
congruo preavviso). Ovviamente i Carabinieri del luogo, informati
dell'accaduto, sostengono che sia impossibile che ci sia una tale
giacenza all'interno della filiale: se fosse così dovrebbero piantonarne
l'ingresso.
Quello che mi chiedo è se sia possibile coinvolgere il direttore della
filiale e/o la banca stessa, oltre che nella associazione a delinquere
per il processo penale in corso, anche in una azione disciplinare o
comunque di responsabilità, nei confronti di un organismo preposto (so
che l'ombudsman viene coinvolto solo per controversie di valore
inferiore ai 10KE). Per dirne una, esiste una qualche normativa che
stabilisce quale debba essere la giacenza media di contanti all'interno
di una filiale di piccole dimensioni? Saperlo mi aiuterebbe a mettere
all'angolo la banca, il cui ufficio reclami è il più classico dei muri
di gomma...
Grazie mille in anticipo per il vostro aiuto,
--
g.g.
g.g.