Adriana
2008-09-06 08:00:48 UTC
Voglio scoprire i numeri della paura
Carlo Lucarelli
Mio nonno e mia nonna litigavano sempre per l'acqua minerale.
La compravano a casse, ogni mese, e la mettevano in cantina. Più o meno a
metà mese mia nonna cominciava a dire che non ce n'era più abbastanza e che
bisognava ordinarne ancora, mentre mio nonno sosteneva il contrario.
Litigavano per un po' e poi finiva sempre nello stesso modo: mi mandavano
giù a contare le bottiglie presenti, le dividevano per i giorni rimasti e
così sapevano se la cantina era «mezza piena» o «mezza vuota» (di solito
aveva ragione mio nonno).
Uso un banale e simpatico aneddoto familiare per parlare di cose gravi come
la paura, la sicurezza e la metà oscura della vita quotidiana nelle nostre
città perché credo che proprio qui stia il punto. Perché è vero che viviamo
tempi inquieti -i tempi lo sono sempre, di cose brutte che fanno paura ne
sono sempre accadute- ma mai come oggi l'inquietudine stessa, la paura e la
sicurezza, sono state così urgenti e così importanti. È dall'11 settembre
che con la paura e la sicurezza si vincono le elezioni e si governano i
paesi, dagli Stati Uniti all'Italia.
Il punto, però, credo che sia proprio questo: paura o sicurezza? Perché sono
due cose diverse. Una è una sensazione, l'altro un effettivo stato di cose e
non sempre l'uno è legato all'altra.
Io vivo in una città, Bologna, che raramente arriva sulle pagine nazionali
dei quotidiani, sia per i fattacci brutti (per fortuna) che (purtroppo) per
quelli belli. Eppure a Bologna un sacco di gente, tra cui molti miei amici,
ha paura ad uscire la sera. E mica solo a Bologna, l'ho sentito e lo sento
dire praticamente per tutte le città italiane, da Roma a Faenza. Non una
paura piccola, da tempi inquieti, ma un vero e proprio terrore che fa
auspicare a tanti, qualunque sia il livello culturale e sociale o la parte
politica, l'impiego di ogni mezzo possibile per uscire da questo stato di
insicurezza.
O di paura?
Ora, io questa paura non ce l'ho. Può darsi che mi sbagli, che sia così
perché sono un incallito giallista, un incosciente o semplicemente perché
fino ad oggi sono stato fortunato, ma questo terrore generalizzato non lo
sento. E quando ho cercato di chiederne le ragioni a chi invece lo prova, mi
sono perso in un labirinto di sensazioni e di parole. Ho paura perché se ne
leggono tante sui giornali. Ho paura perché guarda cosa dicono alla
televisione. Ho paura perché in giro ci sono un sacco di facce strane.
Ora, chi è stato violentato, ferito, rapinato e scippato potrà dirmi che la
sua non è soltanto una sensazione, che lui ha paura per quello che gli è
successo, che non è successo soltanto a lui e che continua a succedere in
tutte le nostre città, a Roma, a Milano e anche a Bologna.. E ha ragione. E
di nuovo mi permetto di dire che proprio qui sta il punto.
Le cose hanno un nome e dietro ogni cosa ci sono i numeri e ogni numero vuol
dire, a sua volta, una cosa precisa. Se non capiamo esattamente di cosa
stiamo parlando e di quale sia la sua reale entità, corriamo il rischio di
fare le cose sbagliate.
Se nella statistica degli omicidi di una città balzata di colpo in testa
alle classifiche nazionali ci sono anche gli omicidi colposi, per esempio,
come gli incidenti in autostrada o le famose stragi del sabato sera, ecco
che il problema cambia, e così invochiamo i militari per la strada a
difenderci da un branco di killer mentre invece avremmo bisogno di vigili
urbani, stradini e semafori. Nel primo caso la parola giusta è criminalità,
nel secondo è viabilità,e sono due cose diverse. Le facce strane che di
notte popolano i centri svuotati delle città, magari male illuminati, e che
terrorizzano chi li deve percorrere, soprattutto se donna e sola, sono
criminalità quando stuprano, spacciano o rapinano, se no sono disagio
sociale o magari anche degrado, ed è un altro problema, che va risolto in un
altro modo.
Se ci fermiamo alle sensazioni, al senso di angoscia e di paura, allora
basta una risposta psichiatrica, uno psicofarmaco, tante divise che si
facciano vedere in giro, così la paura passa e il problema non c'è più. Ma
non funziona così. E magari ci perdiamo altri dati, come per esempio che in
città sono aumentate le estorsioni, e questo significa una cosa precisa, che
in città adesso c'è più mafia, e questo dovrebbe fare molta, ma molta paura.
Di cose brutte ne accadono tante nelle nostre città, a Roma, a Milano e
anche a Bologna, ma dobbiamo capire esattamente cosa accade e perché.
Ecco perché ho citato i miei vecchi e concreti nonni toscani, con il loro
metodo bipartisan per capire se la cantina era mezzo piena o mezzo vuota.
Io, per esempio, al di là di quello che si legge sul giornale, che si dice
in televisione e di guarda quante facce strane ci sono in giro, vorrei
capire perché la mia città, Bologna, si senta più terrorizzata adesso di
quanto non lo fosse a cavallo tra gli anni 80 e 90, quando la Banda della
Uno Bianca fece venticinque omicidi e più di duecento azioni criminali,
quando si moriva per essere andati a fare un versamento alle poste, per aver
detto "chiamate la polizia" durante una rapina o quando le pattuglie dei
carabinieri venivano mitragliate per la strada. Se c'è un motivo, se c'è
qualcosa di cui avere più paura vorrei scoprirlo, documentarlo bene con nomi
e numeri, e capire cosa esattamente si può fare per risolvere il problema.
Insomma, cosa succede, esattamente, in città?
Credo sia arrivato il momento, per chi voglia farlo o non l'abbia già fatto,
di scendere in cantina a contare le bottiglie.
Carlo Lucarelli
Mio nonno e mia nonna litigavano sempre per l'acqua minerale.
La compravano a casse, ogni mese, e la mettevano in cantina. Più o meno a
metà mese mia nonna cominciava a dire che non ce n'era più abbastanza e che
bisognava ordinarne ancora, mentre mio nonno sosteneva il contrario.
Litigavano per un po' e poi finiva sempre nello stesso modo: mi mandavano
giù a contare le bottiglie presenti, le dividevano per i giorni rimasti e
così sapevano se la cantina era «mezza piena» o «mezza vuota» (di solito
aveva ragione mio nonno).
Uso un banale e simpatico aneddoto familiare per parlare di cose gravi come
la paura, la sicurezza e la metà oscura della vita quotidiana nelle nostre
città perché credo che proprio qui stia il punto. Perché è vero che viviamo
tempi inquieti -i tempi lo sono sempre, di cose brutte che fanno paura ne
sono sempre accadute- ma mai come oggi l'inquietudine stessa, la paura e la
sicurezza, sono state così urgenti e così importanti. È dall'11 settembre
che con la paura e la sicurezza si vincono le elezioni e si governano i
paesi, dagli Stati Uniti all'Italia.
Il punto, però, credo che sia proprio questo: paura o sicurezza? Perché sono
due cose diverse. Una è una sensazione, l'altro un effettivo stato di cose e
non sempre l'uno è legato all'altra.
Io vivo in una città, Bologna, che raramente arriva sulle pagine nazionali
dei quotidiani, sia per i fattacci brutti (per fortuna) che (purtroppo) per
quelli belli. Eppure a Bologna un sacco di gente, tra cui molti miei amici,
ha paura ad uscire la sera. E mica solo a Bologna, l'ho sentito e lo sento
dire praticamente per tutte le città italiane, da Roma a Faenza. Non una
paura piccola, da tempi inquieti, ma un vero e proprio terrore che fa
auspicare a tanti, qualunque sia il livello culturale e sociale o la parte
politica, l'impiego di ogni mezzo possibile per uscire da questo stato di
insicurezza.
O di paura?
Ora, io questa paura non ce l'ho. Può darsi che mi sbagli, che sia così
perché sono un incallito giallista, un incosciente o semplicemente perché
fino ad oggi sono stato fortunato, ma questo terrore generalizzato non lo
sento. E quando ho cercato di chiederne le ragioni a chi invece lo prova, mi
sono perso in un labirinto di sensazioni e di parole. Ho paura perché se ne
leggono tante sui giornali. Ho paura perché guarda cosa dicono alla
televisione. Ho paura perché in giro ci sono un sacco di facce strane.
Ora, chi è stato violentato, ferito, rapinato e scippato potrà dirmi che la
sua non è soltanto una sensazione, che lui ha paura per quello che gli è
successo, che non è successo soltanto a lui e che continua a succedere in
tutte le nostre città, a Roma, a Milano e anche a Bologna.. E ha ragione. E
di nuovo mi permetto di dire che proprio qui sta il punto.
Le cose hanno un nome e dietro ogni cosa ci sono i numeri e ogni numero vuol
dire, a sua volta, una cosa precisa. Se non capiamo esattamente di cosa
stiamo parlando e di quale sia la sua reale entità, corriamo il rischio di
fare le cose sbagliate.
Se nella statistica degli omicidi di una città balzata di colpo in testa
alle classifiche nazionali ci sono anche gli omicidi colposi, per esempio,
come gli incidenti in autostrada o le famose stragi del sabato sera, ecco
che il problema cambia, e così invochiamo i militari per la strada a
difenderci da un branco di killer mentre invece avremmo bisogno di vigili
urbani, stradini e semafori. Nel primo caso la parola giusta è criminalità,
nel secondo è viabilità,e sono due cose diverse. Le facce strane che di
notte popolano i centri svuotati delle città, magari male illuminati, e che
terrorizzano chi li deve percorrere, soprattutto se donna e sola, sono
criminalità quando stuprano, spacciano o rapinano, se no sono disagio
sociale o magari anche degrado, ed è un altro problema, che va risolto in un
altro modo.
Se ci fermiamo alle sensazioni, al senso di angoscia e di paura, allora
basta una risposta psichiatrica, uno psicofarmaco, tante divise che si
facciano vedere in giro, così la paura passa e il problema non c'è più. Ma
non funziona così. E magari ci perdiamo altri dati, come per esempio che in
città sono aumentate le estorsioni, e questo significa una cosa precisa, che
in città adesso c'è più mafia, e questo dovrebbe fare molta, ma molta paura.
Di cose brutte ne accadono tante nelle nostre città, a Roma, a Milano e
anche a Bologna, ma dobbiamo capire esattamente cosa accade e perché.
Ecco perché ho citato i miei vecchi e concreti nonni toscani, con il loro
metodo bipartisan per capire se la cantina era mezzo piena o mezzo vuota.
Io, per esempio, al di là di quello che si legge sul giornale, che si dice
in televisione e di guarda quante facce strane ci sono in giro, vorrei
capire perché la mia città, Bologna, si senta più terrorizzata adesso di
quanto non lo fosse a cavallo tra gli anni 80 e 90, quando la Banda della
Uno Bianca fece venticinque omicidi e più di duecento azioni criminali,
quando si moriva per essere andati a fare un versamento alle poste, per aver
detto "chiamate la polizia" durante una rapina o quando le pattuglie dei
carabinieri venivano mitragliate per la strada. Se c'è un motivo, se c'è
qualcosa di cui avere più paura vorrei scoprirlo, documentarlo bene con nomi
e numeri, e capire cosa esattamente si può fare per risolvere il problema.
Insomma, cosa succede, esattamente, in città?
Credo sia arrivato il momento, per chi voglia farlo o non l'abbia già fatto,
di scendere in cantina a contare le bottiglie.