Ciao potrebbe esserti utile questa sentenza di Cassazione.
In particolare il terzo motivo del ricorso e le considerazioni che la
Cassazione fa in tema di pertinenze.
ciao
Corte di Cassazione Sezione Tributaria civile
Sentenza 25.03.2005, n. 6505
Integrale
--------------------------------------------------------------------------------
TRIBUTI DIVERSI E LOCALI - ICI - EDIFICIO INDUSTRIALE - PERTINENZE - POTERI
DEL COMUNE- AVVISO DI LIQUIDAZIONE NON ANTICIPATO DA AVVISO DI
ACCERTAMENTO - OBBLIGO - CONDIZIONI E LIMITI
--------------------------------------------------------------------------------
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ugo Riggio - Presidente
Dott. Stefano Monaci - Consigliere
Dott. Vittorio Glauco Ebner - Consigliere
Dott. Francesco Ruggiero - Consigliere
Dott. Maria Rosaria Cultrera - Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Av. Ph. S.p.A., in persona del procuratore pro tempore, elettivamente
domiciliato in Ro. Viale Gi. Ma. 11, presso lo studio legale Ga. Sa.,
rappresentata e difesa dagli Avvocati Fr. Ga. e Li. Sa., giusta procura
Notaio Gi. Re. di Mi., rep. 18958 del 14.04.2004;
ricorrente
contro
Comune di Sc., in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato
in Ro. Via Si. Di Sa. Bo. 42, presso lo studio legale Di. Fe. Sa. e Gu. Pe.,
difeso dagli Avvocati Ma. Ra. e An. Bo., giusta delega a margine;
controricorrente
avverso la sentenza n. 36/03 della Commissione Tributaria Regionale di
L'Aquila, depositata il 28/11/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/05
dal Consigliere Dott. Maria Rosaria Cultrera:
udito per il ricorrente, l'Avvocato Ga. Sa. che ha chiesto l'accoglimento
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marcella
Matera che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo; il rigetto del
primo motivo del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'Av. Ph. S.p.A., impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale
dell'Aquila l'avviso di liquidazione per omesso versamento dell'ICI per
l'anno 1998, emesso dal Comune di Sc. in relazione ad area che la società
reputava non autonomamente tassabile, siccome destinata a pertinenza di
edificio industriale di cui costituiva parte integrante, ai sensi dell'art.
2 comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 504/92. Deducendo che suddetta natura,
attribuita all'atto dell'accatastamento dell'edificio, era stata partecipata
al Comune in sede di dichiarazione ICI 1993 resa dalla società Ho. Ma. Ro.
S.p.A., originaria proprietaria dei complesso immobiliare, e non era stata
rettificata dal competente ufficio del Territorio, lamentava sia che nella
specie il Comune avrebbe dovuto provvedere con avviso d'accertamento
motivato, e non con avviso di liquidazione, sia che quest'ultimo atto era
comunque illegittimo perché privo di motivazione, dal momento che non
esponeva le ragioni di sostegno della pretesa tributaria, né indicava i
parametri di determinazione del maggior tributo, sia, infine, che
erroneamente la superficie era stata tassata come area fabbricabile. In
fatto rilevava di aver effettuato i versamenti d'imposta sulla base della
rendita catastale dell'intera unità immobiliare che descriveva fabbricato e
pertinenze.
Il Comune si costituiva eccependo in fatto che l'area era eccessiva rispetto
al fabbricato principale per potersi ritenere pertinenziale, ed era invece
corretta la dichiarazione della società dante causa che aveva dichiarati
distinti edifici, aree accessorie per mq. 40,020, e lotto edificabile per
mq. 155.671.
La Commissione adita respingeva il ricorso con sentenza n. 182/05/2002, che
veniva confermata con la pronuncia in epigrafe n. 36/5/03 dalla Commissione
Tributaria Regionale abruzzese che, qualificato l'avviso impugnato come atto
d'accertamento, presentandone i requisiti essenziali, tra cui la
motivazione, asseriva che, a mente dell'art. 2 lett. b) del D.Lgs. n. 504/92
il Comune era legittimato a far riferimento, piuttosto che alle risultanze
catastali, allo strumento urbanistico, da cui emergeva l'edificabilità
dell'area in questione.
La società contribuente ricorre ora per la cassazione di questa decisione
con tre mezzi, illustrati anche con memoria depositata ex art. 378 c.p.c..
Il Comune di Sc. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo mezzo la ricorrente lamenta omessa pronuncia su di un punto
decisivo della controversia, dolendosi del fatto che l'organo d'appello non
né esaminato né deciso sulla doglianza con la quale si era denunciato
l'errore materiale contenuto nell'avviso impugnato concernente l'omesso
versamento dell'acconto d'imposta per il 1998, che invece era stato
effettuato.
Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 11
commi 2 e 2 bis dal D.Lgs. n. 504/92 dell'art. 3 comma 1 della l. n. 241/90,
dell'art. 7 comma 1 della L. n. 212/2000, e correlato vizio di omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia, lamenta che la Commissione Regionale Abruzzese ha erroneamente
escluso il difetto di motivazione dell'atto impugnato, con il quale si è
assoggettata ad imposta area qualificabile come pertinenziale, sostenendo,
in maniera apodittica, che detto requisito si desume dall'allegato A in cui
"vengono individuati gli immobili, insieme alla tipologia di accertamento".
Data la natura sostanziale d'avviso d'accertamento dell'atto impugnato,
ritenuta dai giudici del gravame, il Comune avrebbe dovuto esplicitare
preventivamente in detto atto le ragioni della rettifica ed i criteri di
determinazione del valore applicati. Solo in corso di giudizio è emersa la
circostanza che l'avviso di liquidazione opposto, erroneamente assunto in
tale veste, era stato emesso per disconoscere la natura pertinenziale
dell'area, e non per correggere un errore di calcolo, contestando un
insufficiente versamento d'imposta.
Il vizio denunciato determina la nullità assoluta e radicale dell'avviso
stesso, insuscettibile di sanatoria in giudizio. Cita a conforto della sua
tesi il precedente arresti di questa Corte SS.UU. n. 1322/1986 e le pronunce
richiamate postesi sul suo solvo, ai cui principi rinvia.
Prosegue, osservando ancora, che la pronuncia dei Giudici d'appello, che
hanno ritenuto adempiuto l'obbligo motivazionale in ragione del fatto che
l'avviso impugnato fa riferimento all'allegato A in cui "sono stati
individuati gli immobili insieme alla tipologia d'accertamento", è errata,
siccome la tralatizia trasposizione degli elementi segnalati non vale ad
rappresentare le ragioni dell'accertamento. La pronuncia stessa è, a sua
volta, carente di motivazione sul punto.
Il Comune replica alla censura osservando di aver provveduto nel palese
rispetto della norma rubricata, sulla base della dichiarazione della Società
Ho. Ma. Ro. S.p.A., da cui è sorta per scissione l'odierna ricorrente, che
avendo inserita in dichiarazione l'immobile per cui è causa, evidentemente
lo reputò autonomamente tassabile. Mediante l'avviso opposto si provvide a
rettificare la rendita dichiarata, ed a liquidare l'importo dovuto secondo i
criteri indicati nell'allegato A, cui hanno fatto riferimento i Giudici
d'appello.
L'avviso, comunque, prescindendo dal suo nomen juris, deve essere
qualificato alla stregua della sua natura di atto d'accertamento. Cita a
conforto della sua difesa i numerosi precedenti di legittimità e degli
organi di giustizia amministrativa, ai cui principi rinvia. Ribadisce,
infine, la necessità di emettere l'avviso impugnato, che accertò l'omesso
versamento e rettificò l'errare liquidando il quantum dell'imposta dovuta.
Incontroversa, dunque, la natura d'avviso d'accertamento dell'atto in esame,
il controricorrente rileva che esso è adeguatamente motivato.
Col terzo mezzo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione
degli artt. 2 comma 1 lett. a) e 5 comma 2 del D.Lgs. n. 504/92 dell'art. 3
comma 58 della L. 23.12.96 n. 662 e dell'art. 817 c.c., e correlato vizio di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
della controversia, denuncia, in via subordinata, l'errore in cui è incorso
l'organo di gravame, laddove ha ritenuto che il Comune avesse il potere di
determinare il tributo sulla base dell'astratta edificabilità dell'area,
vale a dire sulla base dello strumento urbanistico, anziché sulle risultanze
del classamento, che neppure aveva contestato. La norma contenuta nell'art.
2 lett. a) del D.Lgs. n. 507/92 che sancisce la tassazione delle aree
pertinenziali, ha natura speciale, e prevale invece rispetto alla previsione
generale contenuta nella successiva lett. b), che sancisce l'autonoma
tassabilità delle aree edificabili. Osserva, inoltre, che l'area edificabile
è tassabile solo se è posseduta come tale, mentre, laddove sia destinata in
concreto a pertinenza rientra nella base imponibile in uno al fabbricato cui
accede, alla stregua del disposto dell'art. 5 comma 2 del decreto suddetto,
secondo cui l'imposta comunale deve determinarsi sulla base della rendita
dell'intero immobile. In questo caso il Comune, peraltro, non dispone del
potere accertativo sulla congruità della rendita, ma di una mera facoltà
d'impulso nei confronti dell'Ufficio del Territorio, a mente dell'art. 3
comma 58 della L. n. 662/96 rubricata. La Commissione, quindi, avrebbe
potuto convalidare l'operato del Comune di Sc. solo in caso di esito
negativo della verifica, che avrebbe dovuto condurre in fatto, circa
l'effettività della destinazione accessoria dell'area controversa, siccome
solo in questo caso si sarebbe potuto tener conto dello strumento
urbanistico.
cita a sostegno i precedenti di questa Corte n. 19375/2003 e n. 17035/2004,
quest'ultimo menzionato in sede di discussione orale.
Conclude quindi asserendo che, considerato che la destinazione pertinenziale
dell'area non rappresenta tema discusso, e dunque, è pacifica, il criterio
seguito dal Comune di Sc. è illegittimo.
Il Comune resiste osservando, sulla premessa di principio che il D.Lgs. n.
504/92 non distingue tra edificabilità legale, discendente dalla
classificazione delle aree nello strumento urbanistico, ed edificabilità di
fatto, che, in concreto, la dante causa dell'odierna ricorrente indicò in
dichiarazione rendita ed estensione dell'area, suggellandone la natura
pertinenziale solo attraverso l'omesso versamento del tributo comunale. Il
c.d. "edificato", vale a dire la costruzione a servizio o ornamento in
questione ha un'estensione di mq. 24.012, e la destinazione pertinenziale è
solo episodica e sproporzionata.
Per esigenze di ordine l'esame del primo motivo è subordinato alla verifica
degli altri due mezzi.
Il secondo motivo è infondato.
A mente dell'art. 11 del D.Lgs. n. 504/92 comma 2, richiamato in rubrica, il
Comune provvede con avviso d'accertamento, e rettifica le dichiarazioni o le
denunce in caso di infedeltà, incompletezza od inesattezza, mentre emette
avviso di liquidazione, ai sensi del comma 1, allorché "controlla le
dichiarazioni e le denunce presentate ai sensi dell'art. 10 ...".
Il caso in cui il contribuente non segnala in dichiarazione il presunto
regime agevolativo ovvero il criterio applicato in concreto in forza del
quale abbia omesso il versamento dell'imposta con riguardo ad immobile
inserito in dichiarazione, rientra nel paradigma della suddetta previsione,
secondo la quale, mediante avviso di liquidazione l'ente impostore
interviene non solo per correggere gli errori del contribuente, ma anche per
recuperare il tributo non versato in presenza di una dichiarazione che ne
legittimi l'esazione.
Nel caso di specie, quindi, il Comune di Sc. ha operato legittimamente, dal
momento che con l'atto impugnato non ha provveduto alla rettifica della
dichiarazione originaria della società contribuente, che conteneva
regolarmente il cespite tassabile, ma ha recuperato a tassazione l'imposta
dovuta e non versata.
La Commissione Regionale, comunque, con motivazione adeguata, ha qualificato
l'atto esaminato come avviso d'accertamento alla stregua del suo contenuto
effettivo, così aderendo alla tesi della contribuente, che pertanto non ha
più interesse a tale profilo della censura.
È indubbio che non rappresentava ostacolo alla detta qualificazione il nomen
dell'atto stesso, siccome è principio pacifico che l'atto amministrativo,
genus in cui rientrano gli atti dell'amministrazione tributaria, deve essere
interpretato secondo il suo contenuto effettivo ed il potere in concreto
esercitato, e non sulla base della sua vesta formale (Cfr: Cns.
Stato n. 974/96).
D'altra parte l'attribuzione del nomen errato non si traduce ex se in un
vizio di legittimità (cfr. Cons. Stato n. 877/ 1980).
Anche in ordine all'ulteriore profilo enunciato, la critica mossa dalla
ricorrente è infondata.
L'avviso d'accertamento e di liquidazione, a mente dell'art. 11 comma 2 bis
del D.Lgs. n. 504/92, "devono essere motivati in relazione a presupposti di
fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati. Se la motivazione
fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente
deve essere allegato, salvo che non ne riproduca il contenuto essenziale".
La Commissione regionale ha applicato correttamente questa disposizione, dal
momento che ha ritenuto soddisfatto il requisito motivazionale attraverso il
rinvio contenuto nell'atto all'allegato A, in cui sono indicati gli
immobili, insieme alla tipologia d'accertamento, il cui contenuto è entrato
a far parte dell'avviso stesso per relationem, e che ha ritenuto
esaurientemente esplicativo.
La ricorrente ribadisce l'esigenza di una "trasparente effettiva e diffusa
esplicitazione incentrata sulla puntuale individuazione delle norme
asseritamene violate e sulla ragioni per cui la presunta violazione era da
ritenersi tale", ma in concreto non deduce né di non aver ricevuto tale
allegato A, né di non averlo conosciuto, né che l'avviso impugnato non lo
riproducesse, né, infine che esso in realtà non avesse il contenuto che la
Commissione ha indicato.
A mente del citato art. 11 comma 2 bis, in presenza di richiamo ad altro
atto alle condizioni espressamente sancite, è onere del contribuente che
denuncia carenza di motivazione, quanto meno, dedurre l'assenza di dette
condizioni, negando di averne avuto conoscenza, né contestualmente né in
precedenza, ed adducendo altresì che tale omissione gli ha precluso lo
svolgimento di adeguata difesa (v. Cass. n. 1209/2000, n. 11669/2002, n.
4430/2003).
La contribuente, attuale ricorrente, non ha addotto alcuna di tali
circostanza, ed ha invece svolto adeguata difesa, contestando in giudizio
puntualmente i presupposti dell'imposizione, sicché deve ritenersi che
l'atto, contrariamente a quanto lamenta, conteneva quell'adeguata
informazione sugli elementi essenziali della pretesa azionata di cui lamenta
l'assenza (cfr. Cass. n. 14566/2001).
Il terzo motivo è invece fondato.
La norma contenuta nell'art. art. 1 comma 2 del D.Lgs. n. 504/92 pone quale
presupposto applicativo dell'ICI il possesso di fabbricati, di aree
fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi
uso destinati ...".
Nel successivo art. 2 il legislatore tributario ha fornito le rispettive
nozioni, prevedendo al comma 1 2 lett. a) che "per fabbricato s'intende
l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto urbano,
considerandosi parte integrante del fabbricato la parte occupata dalla
costruzione e quella che ne costituisce pertinenza ..."; alla lett. b) del
medesimo comma, che "per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a
scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi
ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione ...", estendendone
la nozione a tutte quelle che hanno, in fatto ed in diritto, detta vocazione
edificatoria. Infine nella lett. c), ha definito cosa debba intendersi per
terreni agricoli.
Si tratta quindi di tre tipologie di immobili diverse, aventi ciascuna
propria rilevanza ai fini fiscali, ma, soprattutto, distinte ed autonome fra
di loro.
Il criterio di tassazione di un immobile dipende quindi dal suo
inquadramento in una delle tre categorie considerate, con la conseguenza che
l'individuazione dell'una preclude la configurabilità delle altre.
Ne discende che, avuto riguardo alle porzioni immobiliari asservite ad
immobile principale, il relativo trattamento fiscale, sancito nel paradigma
della lett. a), ed avente natura speciale, rende irrilevante il regime di
edificabilità, che lo strumento urbanistico nondimeno può loro attribuire,
(cfr. Cass. n. 19735/2003) e preclude l'ingresso al relativo criterio di
tassazione. Del resto, a mente dell'art. 818 c.c., "i rapporti giuridici che
hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non
è diversamente disposto". Dal momento che una tale deroga, che avrebbe
dovuto essere espressamente esplicitata, non i contenuta nella norma
tributaria in esame, che neppure fornisce un'autonoma formulazione della
nozione di "pertinenza" che resta perciò quella di cui alla nozione generale
contenuta nell'art. 817 del c.c., cui rinvia sic et simpliciter recependone
anche il regime sostanziale, ai fini ICI, l'area funzionalmente collegata al
fabbricato è insuscettibile di autonoma e separata disciplina, ma segue
invece il regime del fabbricato, bene principale.
E pertanto, quando nella medesima porzione immobiliare coesistono
accessorietà ed edificabilità, l'effetto attrattivo che discende dal vincolo
d'asservimento, rende irrilevante l'altra destinazione, siccome essa è
strumentale a fini estranei al rapporto con la cosa principale.
È chiaro che il regime in esame trova applicazione solo se la natura
pertinenziale resta convalidata mediante la verifica in concreto dei
presupposti, oggettivo e soggettivo, posti dalla norma ordinaria.
Questa indagine comporta un apprezzamento dei dati probatori acquisiti, che
deve essere condotta in sede di merito.
Nel caso di specie, dal momento che la contribuente ha indicato in
dichiarazione, senza smentita proveniente né dal Comune di Sc. né
dall'ufficio del territorio, l'esistenza del vincolo funzionale dell'area
rispetto al manufatto principale siccome era stata accatastata in questa
categoria, e le risultanze catastali ratificano tale rapporto
d'asservimento, l'operatività del relativo criterio di tassazione intanto
poteva essere esclusa, consentendo l'ingresso al criterio sancito per le
aree fabbricabili, in quanto fosse stato accertata effettivamente l'assenza
delle caratteristiche obiettive poste dall'art. 817 c.c., e, dunque, che
l'area stessa non costituiva parte integrante del fabbricato in relazione al
quale era stata corrisposta per intero l'imposta. La rilevanza della sua
incontrovertibile vocazione edificatoria era quindi subordinata
all'eventuale esito negativo di tale verifica.
La decisione impugnata, che ha accolto la tesi del Comune di Sc. dando
prevalenza alla qualificazione discendente dallo strumento urbanistico
rispetto alle risultanze dell'accatastamento, ha risolto la questione sulla
base di un'esegesi non corretta del disposto normativo riferito.
Il ricorso pertanto deve essere accolto per quanto di ragione, restando
assorbita altresì la verifica del primo motivo.
La decisione impugnata deve essere cassata e gli atti devono essere rimessi
al Giudice d'appello, che dovrà verificare in concreto se in relazione alla
porzione in questione sussistano, la condizione oggettiva della durevole
destinazione dell'area controversa a servizio dell'unità principale, posta
dall'art. 817 c.c., nonché il requisito soggettivo posto dalla medesima
norma. Il Giudice di rinvio dovrà provvedere altresì in ordine al governo
delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
Accoglie per quanto di ragione il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo
anche per le spese del presente giudizio.