Salve ho 29 anni , peso 92 Kg , alto 1,80, vorrei perdere circa 10, 12 Kg. > Che consigli mi date? [...] > Quante calorie devo assumere quotidianamente? > > Premetto che cado (quasi) sempre in peccati di gola (come evitarli?)
Ciao fex,
una domanda come la tua, in un ng come questo, è un po' come andare su
it.politica e chiedere "secondo voi per chi dovrei votare?"
Questo per dirti che alle tue domande non esiste una risposta univoca,
ben determinata e che riscuota consenso unanime. Ora ti scrivo come la
vedo io, precisando che non sono un medico né un ricercatore, ma solo
uno che ha avuto lo stesso problema e che ama informarsi e farsi un'idea
di testa propria senza dare nulla per scontato. Molti non saranno
d'accordo su quello che sto per scrivere e ti invito a leggere
attentamente le loro obiezioni, in modo di farti a tua volta un'idea
indipendente di come stanno le cose.
NON sarò breve.
Ci sono sostanzialmente due possibili approcci al problema (ognuno con
mille sfumature). Un approccio di tipo "classico" ed un approccio di
tipo "alternativo".
L'approccio di tipo classico dice che se sei sovrappeso o obeso è perché
hai mangiato/mangi troppe calorie rispetto a quelle che bruci. Per
dimagrire devi semplicemente fare il contrario. Per cui devi
innanzitutto stimare il tuo consumo di calorie giornaliero, sulla base
di sesso, età, peso, altezza, stile di vita, eventuale attività fisica.
Esistono tabelle apposite per aiutarti in questo. Una volta fatta questa
stima, tutto sta a seguire un regime dietetico che preveda l'assunzione
di qualche centinaio di calorie in meno, ed il problema
dell'obesità/sovrappeso è risolto.
Tuttavia è bene che un regime dietetico, una volta fissato il dato
meramente energetico/quantitativo, sia impostato in modo da essere il
più possibile "sano", "salutare", "corretto", "equilibrato". Esistono
quindi alcune raccomandazioni in tal senso.
In primo luogo per quanto riguarda il rapporto tra i macronutrienti
(carboidrati, proteine e grassi). Siccome si pensava (è corretto usare
il passato) che i grassi fossero responsabili dei peggiori scempi
all'interno dell'organismo umano, la tipica raccomandazione era quella
di limitare al massimo l'assunzione dei grassi. Tra l'altro, si
ragionava, i grassi costituiscono la fonte più densa di calorie, per cui
limitando i grassi è più facile limitare le calorie. Quindi lo slogan
era "mangiare meno grassi possibile". A dire la verità più o meno
all'inizio degli anni '90, con il boom mediatico della cosiddetta "dieta
mediterranea", la posizione intransigente sui grassi si è un filino
ammorbidita, riconoscendo che alcuni grassi possono non essere dannosi.
Ciò non toglie che l'indicazione è sempre in sostanza quella di limitare
molto il consumo di grassi.
Per quanto riguarda le proteine, le raccomandazioni ufficiali fanno
riferimento a quella che secondo alcuni studi è la quota minima che
consente il mantenimento della muscolatura per un individuo adulto
sedentario, ossia circa 1gr al giorno per ogni kg di peso corporeo.
Perché mangiarne di più se non servono? In realtà la funzione plastica è
solo una delle tante che svolgono gli aminoacidi (i "mattoni" che
costituiscono le proteine), ma alla cosa non viene dato troppo peso. E'
anche ampiamente dibattuto se lo sportivo (che usa i muscoli più
frequentemente e più intensamente del sedentario) abbia o meno un
fabbisogno proteico maggiore (cosa che anche al buon senso sembra di
evidenza solare). Si teme molto di più (e non si capisce perché) un
eccesso che una carenza di proteine. E' vero che troppe proteine sono
nocive a chi ha delle disfunzioni renali serie (i.e. sclerosi renale
multipla) ma nulla dimostra che ciò valga per i soggetti sani. Nessuno
consiglierebbe ad un soggetto con disfunzioni cardiache di farsi 5 piani
a piedi di corsa ogni volta che rientra a casa, ma non mi sembra una
ragione sufficiente per sconsigliarlo a chi ha un cuore sano. Anzi,
probabilmente gli fa bene. Credo che su questo atteggiamento
tendenzialmente anti-proteico abbia un peso anche il fatto che tutti i
cibi proteici si portano dietro, chi più chi meno, una certa quantità di
grasso. Tra l'altro il grasso animale viene visto con estremo sospetto.
Si tende a pensare che "grasso animale" sia sinonimo di "grasso saturo",
quando non è affatto vero. Così come non è affatto scontato tutto il
male che si dice dei grassi saturi. Ma questo sarebbe un discorso lungo.
Infine c'è sicuramente la pressione della lobby dei vegetarianisti in
servizio permanente effettivo, che sa benissimo che incoraggiare un
maggiore consumo di proteine significherebbe quasi automaticamente
incoraggiare un maggiore consumo di carne, e la cosa li fa inorridire.
(Una precisazione. Distinguo sempre molto attentamente il "vegetariano"
dal "vegetarianista". Il primo è una persona che per ragioni etiche,
religiose, filosofiche, politiche o di qualsiasi altro tipo, ha fatto un
certo tipo di scelta; a lui va tutto il mio rispetto e la mia simpatia.
Il "vegetarianista" è colui che vorrebbe che gli altri si allineassero
alla sua scelta personale, e cerca di indurli a farlo attraverso mezzi
spesso disonesti e subdoli, quale soprattutto una certa disinformazione
terroristicheggiante. Quest'ultimo non mi sta per niente simpatico, anzi
mi sta un po' sulle balle. E qui chiudo.)
Con pochissimi grassi e poche proteine, la maggior parte del fabbisogno
calorico non può che venire dai carboidrati. Quindi, purché restando nei
limiti dell'apporto calorico stabilito, si invita tranquillamente a
scialare nel consumo degli stessi.
Una volta sistemata la questione macronutrienti, le raccomandazioni
spingono a privilegiare i cibi più ricchi di micronutrienti (vitamine,
sali minerali, oligoelementi, antiossidanti, ecc.) e di altri componenti
importanti come le fibre.
Più o meno questo è tutto per quanto riguarda l'approccio
classico-ipocalorico al problema del sovrappeso.
Ci sono molte possibili critiche a questo tipo di approccio, ma (anche
se me ne è già scappata qualcuna qui e là) non mi ci soffermo oltre.
Passo invece a decrivere l'approccio "alternativo".
Il ragionamento parte più o meno dalla stessa osservazione per cui il
soggetto obeso/sovrappeso tipicamente mangia molto. Quindi è confermata
la relazione di causa-effetto tra mangiare molto e ingrassare. Ma lo
scenario è un po' più complesso di così. Il soggetto sovrappeso/obeso
mangia molto perché ha sempre fame, una fame irresistibile. E ha sempre
fame perché è obeso. In altre parole la relazione causa effetto funziona
in entrambi i sensi: "E' ciccione perché mangia molto", ma anche "Mangia
molto perché è ciccione". Le persone sovrappeso/obese sono prigioniere
di questo circolo vizioso per cui più mangiano, più ingrassano, più
hanno fame, più mangiano, e così via. Ci sono varie possibili ragioni
per cui si entra in questa spirale perversa: magari c'è un po' di
predisposizione genetica, ma può bastare qualche mese di "bagordi",
magari legati a ragioni sociali o psicologiche, per trovarsi
intrappolati nel circolo vizioso.
Uscire da un circolo vizioso, non è uno scherzo. Non basta dire "mangia
di meno" ad uno che sta provando una sensazione di fame come se non
mangiasse da un mese (anche se magari ha finito di pranzare 3 ore
prima). Con molta forza di volontà può contenersi per un po' di tempo,
ma non gli si può chiedere di soffrire i morsi della fame vita natural
durante. La fame è una delle sensazioni peggiori che un uomo può provare
in vita sua, e la fame che sentono i ciccioni è fame vera, non gola.
Per uscire dal circolo vizioso bisogna studiarne bene i meccanismi che
lo alimentano e capire dove si può intervenire per bloccarlo, e magari
invertirne il senso per trasformarlo in un circolo virtuoso. L'approccio
"classico" ipocalorico di questi meccanismi metabolici ormonali, e lo
dico chiaramente in francese, se ne strafotte.
Il motore del circolo vizioso ha un nome ed un cognome. Si chiama
"Resistenza Insulinica". Una persona obesa, o in sovrappeso, o comunque
con un'alta percentuale di massa grassa ha una resistenza insulinica
alta. Questo significa che le sue cellule rispondono in modo pigro
all'azione dell'insulina. L'insulina è un ormone "accumulatore": il suo
compito è quello di accumulare le molecole di glucosio (che derivano dai
carboidrati assunti) nel fegato e nei muscoli. Quando questi depositi
sono pieni, se c'è ancora troppo glucosio in giro, l'insulina lo
converte in grasso e lo fa accumulare nell'adipe. Nel frattempo se
incontra qualche acido grasso nel sangue, che per esempio deriva dai
grassi alimentari che si mangiano, stocca allegramente anche esso nelle
cellule adipose, senza pensarci un attimo.
Sono tutte funzioni utilissime e fondamentali per la sopravvivenza.
Guai a demonizzare l'insulina. Purtroppo nei soggetti che hanno alta
"resistenza insulinica" per fare quel lavoro ne è richiesta una
quantità maggiore, e questa quantità maggiore rimane in circolo nel
sangue più a lungo.
Quando c'è insulina in circolo succedono altre due cose: primo, il
fegato non è abilitato a rilasciare la sua scorta di glucosio
(glicogeno) nel sangue. Secondo, l'insulina impedisce che vengano usati
i grassi (quindi anche quelli di deposito) per l'energia. Quindi il
livello di glucosio nel sangue scende, e comincia a scarseggiare il
carburante per tutti gli organi, Primo tra tutti il cervello. Né è
possibile ricorrere all'altro carburante, ossia i grassi. Risultato: il
soggetto prova sonnolenza, debolezza, incapacità di concentrazione
mentale, e soprattutto una fame da lupo. Il corpo urla disperatamente il
suo bisogno di glucosio come se stesse per morire di fame. Il glucosio
ci sarebbe, ma i depositi sono inutilizzabili. L'altro carburante è
ugualmente inutilizzabile. C'è una sola via di scampo. Aprire il
frigorifero e aggredire un qualsiasi cibo ricco di carboidrati. Allora
c'è un momentaneo sollievo, ma subito dopo entra in scena l'insulina,
stimolata da un altro pasto ricco di carboidrati e dalla risposta allo
stesso in termini di glicemia, e l'incubo ricomincia. Questo è il
meccanismo del circolo vizioso.
Come si può interromepere questo circolo vizioso? Solo con un modo: con
un'alimentazione che non provochi sbalzi di insulina, e di fatto questo
si ottiene principalmente con la limitazione dell'assunzione dei
carboidrati. Per questo le strategie "alternative", tutte un po' diverse
l'una dall'altra, ma tutte affratellate dall'obiettivo principe del
controllo dell'insulina, vengono generalmente chiamate "low-carb".
Fatte salve le differenze, ci sono alcune caratteristiche comuni in
tutte le diete low-carb, oltre al ridotto tenore di carboidrati. In
tutte per esempio si riconosce la necessità che il corpo passi
attraverso una prima fase di adattamento, di solito non più lunga di
pochi giorni. Infatti è tipico che un corpo intrappolato per lungo tempo
nel circolo vizioso di cui sopra abbia "dimenticato" come funziona il
metabolismo dei grassi. E' come un motore che dopo essere stato a lungo
inutilizzato si sia "ingolfato", e richieda un po' di pazienza prima di
rimettersi in moto. In questa prima fase a volte si pena, sia perché si
deve rinunciare quasi completamente ai carboidrati tanto amati, che sono
ormai quasi una droga per l'organismo, sia perché il corpo risente della
difficoltà di mandare a regime il "motore dei grassi". Spesso è un
grande conforto psicologico la rapida perdita di peso che si sperimenta
nei primissimi giorni, anche se si tratta per lo più di perdita di
liquidi. Una volta passata questa fase tuttavia la strada è decisamente
in discesa. Il corpo è ben felice di poter funzionare con entrambi i
motori. L'insulina sotto controllo permette alla glicemia di restare
costante a lungo, migliorando la sensazione di benessere generale, ma
soprattutto non si prova più quella irrefrenabile fame di carboidrati.
Ci si accorge di mangiare di meno. Anche se alcuni approcci "low-carb"
non mettono limiti al consumo di grassi e proteine, è praticamente
impossibile che se ne abusi. Sono cibi che nessuno continuerebbe a
mangiare indefinitamente, se consumati senza pane. Quindi anche a
livello calorico il conto torna. Ma la maggior parte degli approcci
low-carb suggerisce che non c'è nessun particolare bisogno di contare
le calorie. Una volta spezzato il circolo vizioso il corpo tende da solo
a tenersi lontano da eccessi ed a consumare la quantità giusta.
Si perde peso che è una bellezza. Non con la velocità della prima
settimana, ma tipicamente in modo lento, regolare e costante. Non ci si
sente deboli, perché l'organismo sa che può attingere per l'energia alle
illimitate riserve di adipe, e risparmiare quel poco glucosio per le
funzioni per le quali è indispensabile. Non si prova la fame, per le
ragioni dette sopra, ossia perché la glicemia resta stabile a lungo.
Il circolo vizioso diventa un circolo virtuoso. Diminuendo l'adipe
diminuisce anche la resistenza insulinica e molti degli approcci low
carb suggeriscono che una volta raggiunto il peso-forma, si debba
cercare di stabilire qual è la quantità di carboidrati che il corpo
riesce a gestire senza tornare nell'incubo, e programmarsi su quella
quantità. E' quello che talora viene definito il "set-point dei
carboidrati" e varia da persona a persona.
Molte persone possono mangiare tranquillamente quel 55-65% di calorie
dai carboidrati che l'approccio "classico" consiglia, senza ingrassare e
sentendosi benissimo. Sono soggetti la cui predisposizione è ad avere
una resistenza insulinica bassa e quindi possono gestire senza problemi
diete ricche di carboidrati. Ma è pittosto improbabile che una persona
che è stata obesa o sensibilmente sovrappeso se lo possa permettere,
anche una volta tornata nella sua forma migliore. Quindi ci si deve
rassegnare a consumare poca pasta e pane per il resto dei nostri giorni,
ma è una mancanza che si può sopportare senza drammi, anche se chi è nel
circolo vizioso stenterebbe a crederci.
Bisogna dire che le voci ufficiali della scienza della nutrizione,
almeno quelle che hanno un briciolo di onestà intellettuale, riconoscono
che le diete low-carb funzionano come riduzione di massa grassa, che a
parità di altri parametri sono più efficaci delle "classiche"
ipocaloriche high-carb, che in tutti gli studi che si sono fatti nessun
soggetto ha mostrato danni di salute di alcun tipo dall'aver seguito
una dieta low-carb (e quindi relativamente più ricca di grassi e di
proteine). Tuttavia si esprimono dei dubbi su quanto sia consigliabile
seguire queste diete, sicuramente "sbilanciate" secondo la visione più
ortodossa, per una durata prolungata. Purtroppo non esistono studi sul
lungo periodo, quindi la loro conclusione è che "non raccomandano". Quei
dubbi sono leciti. Per il mio modo di pensare i dubbi in campo
scientifico sono sempre leciti. Ma bisogna ricordare che un "dubbio"
resta solo un "dubbio" e di per sè significa solo che c'è bisogno di
approfondire il discorso.
Quindi più o meno questa è la posizione più "laica" sulle diete
low-carb. "Fanno dimagrire, va bene, ma non sarà che poi fanno male alla
salute?" (notare il punto interrogativo, che è fondamentale).
Confesso che io stesso avevo gli stessi dubbi. Conosco le diete
low-carb e la loro filosofia da anni, e ho sempre goduto come un matto
a far rizzare i capelli dallo sconcerto a chi mi vedeva dimagrire a
vista d'occhio mangiando uova fritte con salsiccia e formaggio a
colazione (senza pane, ovvio).
Ma anche io, pur non avendo mai avuto sintomi sospetti di nessun
tipo, dopo qualche settimana, appena il peso rientrava in ranghi
accettabili, abbandonavo la dieta per paura. E, magari non subito, ma
inevitabilmente sul lungo periodo, tornavo a metter su adipe. Più o meno
inconsciamente pensavo che le diete low carb fossero uno "sporco trucco"
per costringere il corpo a bruciare un po' di grasso, ma che non fossero
il massimo per la salute. In realtà non c'era nessuna evidenza che ciò
fosse vero, al contrario esistevano varie dimostrazioni del contrario.
Ma erano dimostrazioni che non andavano certo in onda nel tg di prima
serata. Anche la scienza, per quanto si pensi, si nutre di pregiudizi,
non sempre giustificati.
A questo punto entra in scena Barry Sears.
La Zona di Barry Sears è in un certo senso l'ultimo grido in termini di
diete low-carb. Questo signore si è presentato e ha detto: "Guardate che
tenere sotto controllo l'insulina non è affatto solo lo sporco trucco
per dimagrire in fretta. Tenere sotto controllo l'insulina è quanto di
più importante tu possa fare con la dieta per la tua salute e per il tuo
benessere in generale. Perdere il grasso superfluo, per chi è
sovrappeso, è solo un piacevole effetto collaterale." Infatti lui
raccomanda la sua dieta, con le sue strategie per il controllo
dietetetico dell'insulina, non solo agli obesi, ma anche ai soggetti a
rischio di malattie cardiache (come lo stesso Sears), agli atleti che
vogliono migliorare le loro prestazioni, a qualsiasi persona normale che
voglia semplicemente sentirsi meglio.
E spiega anche molto dettagliatamente le sue ragioni. L'insulina agisce
facendo sballare gli equilibri tra gli eicosanoidi, che sono dei super
ormoni la cui scoperta è abbastanza recente. Tantissime malattie,
probabilmente quasi tutte, dipendono da un alterato equilibrio degli
eicosanoidi, e il primo colpevole di tale equilibrio alterato è proprio
l'eccessiva insulina che hanno in circolo alcuni soggetti.
Allo stato non esistono sufficienti studi sugli eicosanoidi per avere
molte conferme a questa tesi. Di certo nessuno dei detrattori di Sears
prova nemmeno lontanamente a scendere in campo contro di lui in materia
di eicosanoidi. Ma non c'è bisogno di scomodare gli eicosanoidi per
scoprire che qualcosa di vero deve esserci.
Sono sempre di più gli studi che imputano all'eccesso di insulina tutta
una serie di conseguenze gravissime sulla salute. La "resistenza
insulinica" è alla base di quella che viene chiamata la Syndrome X, una
condizione metabolica sballata capillarmente diffusa tra la popolazione
del mondo occidentale, che è la porta di ingresso a diabete, obesità,
malattie cardiache, aterosclerosi, alzheimer, tumori vari, e chi più ne
ha più ne metta. Insomma c'è una certa evidenza che moltissimi problemi
vengono da lì. La Syndrome X, dice chi l'ha studiata e ha fatto ricerche
in proposito, molto spesso è la conseguenza di una dieta povera di
grassi e ricca di carboidrati.
C'è anche, nel frattempo, una certa imbarazzata presa di coscienza da
parte della parte più avanzata della comunità scientifica che si occupa
di nutrizione, sul fatto che certe raccomandaziani di darci dentro
tranquilli coi carboidrati perché fanno sempre bene, sono state
piuttosto frettolose. Nella prossima "piramide" delle raccomandazioni
ufficiali negli Stati Uniti prevista per il 2006 (ne esce una ogni 5
anni) è molto probabile che pane, pasta, riso, patate e cereali saltino
dal piano terra, quello dei cibi da consumare con massima frequenza,
all'ultimo piano, quello dei cibi da consumare con molta molta molta
moderazione.
Gli esponenti dell'establishment scientifico stanno infatti anche
cominciando a rivedere l'atteggiamento iniziale, fortemente critico, nei
confronti della Zona. Persino Del Toma, riconosciuto come uno dei più
prestigiosi nutrizionisti del nostro paese (ma mi sembra sia anche
endocrinologo e specializzato nella cura del diabete) ormai parla di
Zona in TV in termini tutt'altro che demonizzanti.
Qualcuno prevede che non manchi poi molto al momento del "salto di
paradigma", quello in cui le diete "low carb" diventeranno la
"raccomandazione ufficiale". In attesa di qualche nuovo "approccio
alternativo" che tenterà di metterle in discussione sulla base di nuove
ipotesi. Le scienze umane evolvono in questo modo, con bruschi
capovolgimenti di fronte, non in maniera regolare e continua. La storia
lo dimostra.
Per quanto riguarda la Zona più in particolare, ci sono ancora molte
voci critiche, ma non ne ho trovata nessuna che faccia serie obiezioni
sulla sostanza del discorso, che risiede nell'importanza di controllare
la risposta ormonale (in particolare insulinica) al cibo come chiave per
prevenire molte malattie (non solo l'obesità) e per raggiungere un
miglior benessere generale. Su come Sears suggerisca di implementare
questi principi generali nella realtà di tutti i giorni possono esserci
mille e più osservazioni critiche. Ma secondo me è possibile rimanere
fedeli ai principi ispiratori della dieta (ed è quello che conta
davvero) senza seguirne le regolette in modo così pedissequo. Quindi è
inutile stare lì ad arzigogolare mille sofismi sui calcoli dei
"blocchetti": la Zona si identifica con i principi scientifici che la
supportano, non con le regolette pratiche pensate per semplificare la
vita alla massaia di Oklahoma City.
Nel frattempo milioni di persone stanno abbracciando la Zona o altre
diete low-carb, e ne sonoentusiaste. Malati che migliorano, atleti che
incrementano le prestazioni, persone normalissime, senza nemmeno
problemi di peso, che vedono scomparire miriadi di piccoli disturbi,
dai mal di testa, al senso generale di stanchezza e così via.
Io stesso che seguo da 14 mesi una versione un po' eretica della Zona,
con alcune contaminazioni della dieta Metabolica di Mauro di Pasquale,
("Zonabolica"?) non posso che dirne tutto il bene possibile, sia dal
punto di vista della linea, sia dal punto di vista della salute e del
senso di benessere, sia dal punto di vista della "sopportabilità". Non
mi sento di essere a dieta: mangio naturalmente in un certo modo e mi
sembra pure di mangiare un sacco. Mi scoccia quando per ragioni pratiche
contingenti devo tornare a mangiare "normale", come nelle due settimane
di vacanze che ho fatto a luglio scorso. Non ho ripreso molto peso, ma
mi sentivo molto meno brillante e più "imbolsito". Poter tornare a
mangiare come dico io è stata una delle poche consolazioni del triste
dover tornare al tran tran quotidiano.
Questa è la mia lunghissima risposta. Spero di aver smosso il tuo
interesse fino al punto di spingerti ad approfondire indipendentemente
gli argomenti che ti sembrano più interessanti. Naturalmente se hai
bisogno di qualche indicazione sono a tua disposizione.
Xlater
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