Discussione:
Musica internazionale vs musica italiana
(troppo vecchio per rispondere)
Moroni
2004-07-23 12:33:53 UTC
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Il thread su Buckley e Conte mi ha fatto pensare ad una sorta di confronto
tra la scena musicale italiana e quella internazionale.

Pur ammettendo che in questi ultimi anni in Italia sono uscite un sacco di
piacevoli novità musicali, dai PGR alla Donà tanto per citarne due che vanno
per la maggiore, un confronto tra i nostri gruppi più promettenti e i gruppi
più promettenti della scena internazionale, mi pare perdente. E non solo per
una questione statistica o di numeri: mi sembra che invece noi non riusciamo
a liberarci delle nostre radici musicali provinciali e un po' barocche.

Una delle argomentazioni più ricorrenti che si leggono sulle riviste di
critica musicale italiane nei confronti di gruppi un po' troppo orientati
verso una produzione musicale di tipo internazionale, è che, per fare musica
in Italia, se si vuole essere credibili, non si può prescindere dalla
tradizione musicale italiana soprattutto cantautorale. Come dire: sei
italiano, devi fare musica Italian style oppure noi non spingiamo i lettori
verso l'apprezzamento dei tuoi lavori.

Il risultato qual è? E' che, se prendi la Donà, seppur brava, da una parte
vedi che si ritrova a dover pronunciare 56 parole nel giro di 4 secondi, e
dall'altra a dover scrivere testi che se confrontati a quelli di Guccini o
De André valgono poco o niente. Gruppi come i Pixies o i Rem degli esordi in
Italia, per l'importanza che viene attribuita ai testi, non avrebbero mai
sfondato. Sarebbero forse addirittura stati tacciati di non essere
rispettosi della tradizione cantautorale.

Un altro cliché associato alla musica italiana è che un cantante, per
sfondare, deve avere una bellissima voce oppure una voce perlomeno
particolare. Perché per forza, dal momento che le produzioni italiane
tendono a mixare la voce relativamente alta rispetto al resto delle
strumentazioni, se canti non granché bene, la differenza si sente. Certo: è
preferibile che un cantante abbia una voce alla Tim Buckley, ma se invece ha
una voce alla Bob Dylan cosa fa? Se è incapace di cantare come Billy Corgan
cosa fa?

Anche riguardo ai mostri sacri della nostra musica confrontati ai mostri
sacri della musica internazionale, non è che vedo molta possibilità di
confronto vittorioso per gli artisti tricolore. Meglio Tim Buckley o De
André, ci si chiedeva nell'altro thread? Meglio senz'altro il primo, perché,
fondamentalmente, se il discrimine di giudizio tra un artista e l'altro
dev'essere la qualità di un testo (bellissimi, comunque, anche quelli di
Buckley) non parliamo più di musica, ma di poesia. La musica va giudicata
per la musica, i testi sono un valore aggiunto. Perché quando ascolto i
Sigur Ros, che non cantano neanche in islandese, dei testi me ne frega
niente. E' la musica la chiave che mi permette di apprezzarli, e la voce la
giudico in base alla modulazione, e non in base alla profondità dei concetti
che pronuncia (profondità difficilmente raggiungibile dal 90% degli
scrittori di testi musicali, soprattutto se confrontata con la profondità di
testi poetici di artisti della penna).

E in generale se la musica italiana è più orientata verso un impianto di
produzione musicale in cui gli strumenti e la musica stessa, in generale,
sono una sorta di sfondo per la voce narrante, come si fa a vincere il
confronto su un piano musicale con un Frank Zappa, nonostante non sia uno
dei miei beniamini?
Huyhnhnm
2004-07-23 12:35:53 UTC
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La musica va giudicata per la musica, i testi
sono un valore aggiunto. Perché quando ascolto i Sigur Ros, che non
cantano neanche in islandese, dei testi me ne frega niente. E' la
musica la chiave che mi permette di apprezzarli, e la voce la giudico
in base alla modulazione, e non in base alla profondità dei concetti
che pronuncia (profondità difficilmente raggiungibile dal 90% degli
scrittori di testi musicali, soprattutto se confrontata con la
profondità di testi poetici di artisti della penna).
L'esempio dei Sigur lo faccio sempre anch'io, quindi straquotissimo. Va da
sè che un bel testo abbinato a una bella musica è catalanamente meglio di un
brutto testo, ma una brutta voce è in grado di affossare anche il più bello
dei testi. Fabrizio De Andrè, peraltro, aveva una bellissima voce: non
commettiamo l'errore opposto, di utilizzare la bellezza dei testi per
sminuire la bellezza della voce. Se vuoi fare un esperimento, ascolta De
Andrè in inglese: ti chiederai se sia nato prima l'uovo o la gallina, Scott
Walker o Fabrizio.
Ps. Se non è il tuo cognome, non hai scelto un gran nick :-)
Jun Misugi
2004-07-23 12:45:43 UTC
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Post by Huyhnhnm
Ps. Se non è il tuo cognome, non hai scelto un gran nick :-)
Perchè, non è il faraone?
--
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Huyhnhnm
2004-07-23 12:47:14 UTC
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Post by Jun Misugi
Perchè, non è il faraone?
Con una frase così: "Pur ammettendo che in questi ultimi anni in Italia sono
uscite un sacco di
piacevoli novità musicali, dai PGR alla Donà tanto per citarne due che vanno
per la maggiore"?
Jun Misugi
2004-07-23 12:56:15 UTC
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Post by Huyhnhnm
Con una frase così: "Pur ammettendo che in questi ultimi anni in Italia sono
uscite un sacco di
piacevoli novità musicali, dai PGR alla Donà tanto per citarne due che vanno
per la maggiore"?
In effetti....eppoi ,in tutta 'sta pappardella,nemmeno un accenno a
Finisterre o Germinale....c'hai raggione,non è mica lui :)
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
wag
2004-07-23 13:08:06 UTC
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"Moroni"
Come dire: sei
Post by Moroni
italiano, devi fare musica Italian style oppure noi non spingiamo i lettori
verso l'apprezzamento dei tuoi lavori.
Credo che i gruppi e gli artisti italiani migliori di sempre :

Area, Arti e Mestieri, Carnascialia, De Andre', Murolo, Alan Sorrenti, il
primo Dalla, Tenco, Mina, C.S.I., qualcosa di Battiato, Perigeo ecc.

Abbiano tutti (chi più e chi meno) "immesso" la loro italianità o meglio le
loro radici mediterranea nella musica che hanno prodotto.
Che senso ha per un gruppo italiano fare musica totalmente di stampo
anglosassone?
Certo i testi sono meno importanti della musica, ma meglio cantare cose
intelligente che scemenze...
Poi in generale più che ciò che si canta conta come lo si canta, con quale
convinzione e partecipazione, con quale sincerità..
w
Saty
2004-07-23 13:15:03 UTC
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Post by wag
Che senso ha per un gruppo italiano fare musica totalmente di stampo
anglosassone?
A ognuno il suo, come si suol dire :)
Post by wag
Poi in generale più che ciò che si canta conta come lo si canta, con
quale convinzione e partecipazione, con quale sincerità..
Proprio vero. Tuttavia il risultato finale lo da anche la "qualità" del
testo.
Moroni
2004-07-23 15:05:19 UTC
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Post by wag
Che senso ha per un gruppo italiano fare musica totalmente di stampo
anglosassone?
Non totalmente, nel senso che forse non esiste nemmeno una musica di stampo
anglosassone se fai conto che ci sono 6 o 7 paesi anglofoni che hanno radici
musicali abbastanza slegate tra loro (Irlanda, Scozia, Inghilterra, Stati
Uniti coi loro 50 stati e le decine di gruppi etnici, Australia e così via).

Il punto diventa un altro ed è questo: chi l'ha detto che se io sono
irlandese, ad esempio, devo tener conto della musica celtica? Non so, ma a
me sembra che gli U2, ad esempio, fin dal primo album, fossero stati
influenzati da una marea di ascolti giovanili (dai Led Zeppelin ai Clash,
dai Cure ai Beatles) che non avevano alcuna radice con la musica
tradizionale irlandese eppure avevano ben presenti di essere irlandesi e di
vivere il Irlanda. Quello che voglio dire è che se io sono un musicista,
piuttosto che un artista, sono io a scegliere i canoni e le modalità della
mia arte. Specialmente in un mondo globalizzato in cui, a differenza degli
anni 40 o 50 che venivano citati in uno dei messaggi di questo e dell'altro
thread, basta accendere la tv ed ascoltare (di solito della scadente) musica
rap in inglese.

Pertanto oggi è difficile parlare di radici musicali. Un gruppo italiano di
ragazzi ventenni sa poco o niente della musica lirica mentre invece ha tutti
i dischi dei beastie boys e dei radiohead. Allora che senso ha parlare di
tradizione lirica italiana? Conosco molti musicisti appassionati di blues o
di jazz, e le loro radici non sono certo da ricercare nel cantautorato
italiano o nella tradizione lirica di qualche secolo fa, né tantomeno nella
musica etnica siciliana e così via. Se io sono un italiano che ascolta jazz,
tra le altre cose, le mie radici musicali sono da ricercare nel jazz,
specialmente in quello internazionale.

La musica è un genere molto soggetto a contaminazioni e che varca le
frontiere. I dEUS, ad esempio, sono un gruppo belga, ma che cos'hanno di
belga, a parte un po' di pronuncia strana in alcune canzoni? Sono un gran
bel gruppo che se fosse un gruppo italiano, tutti sarebbero lì a dire che i
testi fan schifo, che non dovrebbero cantare in inglese, che non rispettano
la tradizione lirica o cantautorale italiana.

E con questo provincialismo, che non investe solo il campo della musica ma
anche quello dell'arte (sin dalla polemica tra romanticismo e
neoclassicismo), ci perdiamo, secondo me, la possibilità di veder crescere
un sacco di gente brava.
wag
2004-07-23 15:27:31 UTC
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"Moroni"
Post by Moroni
Quello che voglio dire è che se io sono un musicista,
piuttosto che un artista, sono io a scegliere i canoni e le modalità della
mia arte.
Pertanto oggi è difficile parlare di radici musicali. Un gruppo italiano di
ragazzi ventenni sa poco o niente della musica lirica mentre invece ha tutti
i dischi dei beastie boys e dei radiohead. Allora che senso ha parlare di
tradizione lirica italiana? Conosco molti musicisti appassionati di blues o
di jazz, e le loro radici non sono certo da ricercare nel cantautorato
italiano o nella tradizione lirica di qualche secolo fa, né tantomeno nella
musica etnica siciliana e così via. Se io sono un italiano che ascolta jazz,
tra le altre cose, le mie radici musicali sono da ricercare nel jazz,
specialmente in quello internazionale.
Le proprie radici saltano o dovrebbero saltare fuori in ogni caso,
impossibile dimenticare ed ignorare tutto il ns background culturale.
Io ho sempre pensato che i gruppi e7o artisti più interessanti fossero
fortemente caratterizzati.
Se pensi a:
Dylan
Beatles
Faust
Can
Miles Davis
Jefferson Airplane
ma anche
Clash
Talking Heads
Pop Group
Slint

chiunque abbia un po' di orecchio indovinerebbe almeno nel 90 % la
provenienza di ognuno di loro in un blind test.
Io credo che si possano usare tutti gli stilemi di qualsiasi genere
musicale, possibilmente mischiandoli tra loro per produrre qualcosa di
nuovo, ma credo anche che una base solida di partenza ci debba essere.
questa base può essere solo la propria cultura, che non è solo quella
musicale,.
certo al giorno d'oggi ci sono meno differenze di prima, ma ce ne sono
ancora molte e la diversità, come recita uno slogan ben riuscito, è una
grande forza.
w
Moroni
2004-07-23 16:24:06 UTC
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Post by wag
Le proprie radici saltano o dovrebbero saltare fuori in ogni caso,
impossibile dimenticare ed ignorare tutto il ns background culturale.
Dipende se ce l'hanno, Wag, un background culturale, e che tipo di
background culturale è. Voglio dire: è innegabile che oggi un musicista
italiano relativamente giovane, sia cresciuto ascoltando più musica che
internazionale che italiana e che difficilmente ha un'infarinatura classica.

Penso proprio al chitarrista che mette in piedi una band coi proprio
compagni di classe e che con un po' di culo arriva al successo. Tanti
cominciano così, no? Ecco, è più facile che conoscano bene i Sigur Ros che
non Paolo Conte, è più facile che abbiano avuto un'adolescenza passata a
guardare MTV e che per loro la musica italiana sia rappresentata dagli
scarsissimi Ligabue o Vasco Rossi che non dai PGR...

certo, poi crescendo arrivano ai PGR, arrivano a Conte, arrivano a tante
cose buone: ma in percentuale la musica italiana valida ascoltata dalle loro
orecchie non ammonta che ad un 5 o al massimo 10% dei cd che hanno
ascoltato. Le loro radici musicali, nel bene o nel male, non possono essere
rappresentate da un 10% di cose che hanno ascoltato relativamente tardi.
Figuriamoci poi che conoscenza hanno della musica lirica o della tradizione
musicale etnica italiana. Non so: se vado da un Max Gazzé, di sicuro conosce
la tarantella, ma ho idea che abbia ascoltato più dischi dei (mettiamo)
Depeche Mode che non tarantella. Io Gazzé non lo conosco e può darsi che mi
sbagli, ma è tutto per dire che è difficile parlare di radici nazionale
quando sei fruitore di musica che viene da tutto il mondo.
Post by wag
Io ho sempre pensato che i gruppi e7o artisti più interessanti fossero
fortemente caratterizzati.
[cut]
Post by wag
chiunque abbia un po' di orecchio indovinerebbe almeno nel 90 % la
provenienza di ognuno di loro in un blind test.
Su questo sono abbastanza d'accordo. Però nel caso italiano e non solo mi
chiedo: quanto il tipo produzione o di sound sono riconducibili ad una
scelta più dovuta al mercato, che non alla consapevolezza delle proprie
radici? Faccio l'esempio che facevo prima: in Italia difficilmente ci
saranno un produttore e una casa discografica che accettino di tenere
relativamente basso il volume della voce, rispetto alla musica. Opteranno
quasi sempre per il contrario.
Post by wag
Io credo che si possano usare tutti gli stilemi di qualsiasi genere
musicale, possibilmente mischiandoli tra loro per produrre qualcosa di
nuovo, ma credo anche che una base solida di partenza ci debba essere.
questa base può essere solo la propria cultura, che non è solo quella
musicale,.
Io sono perfettamente d'accordo con te. Ma, torno a ripetere: la propria
cultura, volenti o nolenti, non è più quella nazionale. Non è più come una
volta che, piacesse o no, uno cresceva con il festival di San Remo e con tre
quarti di canzoni italiane che passavano per radio. Oggi che ci siamo
"internazionalizzati" nel bene o nel male, le radici sono molto più vaghe e
cosmopolite di quanto non si creda. E allora hanno ancora senso, da parte
della critica e del mercato discografico, cercare di orientare le produzioni
degli artisti nostrani verso i cliché della musica italiana (voce più alta,
testi di un certo tipo e così via)?
Martin Denny
2004-07-23 17:52:43 UTC
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Post by Moroni
Io sono perfettamente d'accordo con te. Ma, torno a
ripetere: la
Post by Moroni
propria cultura, volenti o nolenti, non è più quella
nazionale.

Direi che questa frase è sufficientemente agghiacciante.
Post by Moroni
Non è più come una volta che, piacesse o no, uno cresceva
con il >festival di San Remo e con tre quarti di canzoni
italiane che >passavano per > radio.

Diciamo piuttosto che le radio ormai sono network
tentacolari farciti di pubblicità sonante, e che per radio
passano solo novità e materiale conformista adatto per un
livello di conoscenza basso che vuole soprattutto mantenersi
tale.
Inoltre diciamo che in Italia non si ristampa nulla dei '50,
per cui a parte 3 nomi in croce, della musica orchestrale di
tanta gente famosa si perderanno sempre di più le tracce.
Nel frattempo però ci revivalizzano un soggetto tipo Bublè,
e tutti a inginocchiarsi al "nuovo" che però abbiamo anche
noi ben seppellito...
Post by Moroni
Oggi che ci siamo "internazionalizzati" nel bene o nel
male,

Più che internazionalizzati, ci siamo "multinazionalizzati".
Il che è ben diverso, ma il pubblico italiano che non legge
e non ascolta è stato facilitato dalla propria incultura e
stupidità ad essere omologato sul globale, sulle rockstar
che più bovine e caprine sono meglio è.
Post by Moroni
le radici sono molto più vaghe e cosmopolite di quanto non
si creda.
Post by Moroni
E allora hanno ancora senso, da parte della critica e del
mercato
Post by Moroni
discografico, cercare di orientare le produzioni degli
artisti
Post by Moroni
nostrani verso i cliché della musica italiana (voce più
alta, testi
Post by Moroni
di un certo tipo e così via)?
Secondo me *ha senso* orientare la gente verso quei bagliori
di freschezza che riescono a svagare, a far storia e
cultura. In generale, proprio in generale. Se esistesse una
vera "libertà di scelta", uno potrebbe scegliere se
ascoltare dalla radio un Bublè o un Rabagliati, un Togliani
o uno Sting. Quello che è successo invece è che una "certa
italia" è completamente stata sradicata, annientata: e
quelli di cui sto parlando erano cantanti come Sinatra o
Dean Martin, suppergiù, non emuli di Bocelli, tenori o
similia.
Piuttosto che perdere tempo a consacrare determinate prassi
come "irreversibili", proporrei una minor superficialità e
un salutare recupero dei dischi dei nostri nonni, se le
fonovalige non se li sono arati fino alla inascoltabilità.

saluti
Martin D
--
La scoperta del 'buon gusto del cattivo
gusto' può essere molto liberatoria. L'individuo
che insista su alti e seriosi piaceri priva sé stesso 'del'
piacere; continua a restringere il campo di cio' che
gli aggrada; nel costante esercizio del suo buon gusto
alla fine prezzerà sé stesso fuori dal mercato. Ecco che
il gusto Camp si sovrappone al buon gusto come un
incantevole e spiritoso edonismo. Rende allegro l'uomo
di ' buon gusto' prima che corra il rischio di
essere cronicamente frustrato. E' cosa buona e
giusta per la digestione.

Susan Sontag
Against Interpretation "Notes on 'Camp' ",
Note 54 (1964; repr. 1966).
Moroni
2004-07-23 18:48:29 UTC
Permalink
Post by Moroni
Post by Moroni
Io sono perfettamente d'accordo con te. Ma, torno a
ripetere: la
Post by Moroni
propria cultura, volenti o nolenti, non è più quella
nazionale.
Direi che questa frase è sufficientemente agghiacciante.
Bah. Se mi spieghi perché ti posso rispondere.

Su tutto il resto sono d'accordo e spero si sia capito che, bene o male, la
mia visione corrisponde alla tua se non per un non del tutto insignificante
particolare: l'operazione di riculturizzazione non deve, per quanto mi
riguarda, abbracciare un progetto di riscoperta della sola cultura o musica
italiana.

Qualche messaggio fa pensavo a Joyce che è scappato dall'Irlanda in quanto
non ne poteva più di sentirsi dire, da Yeats fino all'ultimo letterato di
Dublino, che nella sua produzione doveva dare più spazio alla tradizione e
al costume irlandese. A quest'ora, forse, se avesse dato ascolto a chi
tentava di provincializzarlo, non se lo ricorderebbe più nessuno. Invece lui
da buon testardo cominciò a leggere la letteratura internazionale e da un
autore francese che al momento non mi sovviene, prese spunto per la tecnica
di scrittura che l'ha reso celebre nella storia della letteratura: quella
del flusso di coscienza.

Ecco: se Joyce non avesse cercato le sue radici e la sua arte al di fuori
dei confini di una cultura nazionale che disprezzava, non avrebbe mai
scritto né Ulisse né Finnegans Wake, e a quest'ora, forse, (non) lo
ricorderemmo se non per qualche poesia o qualche commediuola nello stile
irlandese sulla società rurale isolana.
_Airplane_
2004-07-23 19:56:04 UTC
Permalink
"Martin Denny" <***@lou.nge> ha scritto nel messaggio news:LfcMc.43373$***@news4.tin.it...
[....]
Post by Martin Denny
Diciamo piuttosto che le radio ormai sono network
tentacolari farciti di pubblicità sonante, e che per radio
passano solo novità e materiale conformista adatto per un
livello di conoscenza basso che vuole soprattutto mantenersi
tale.
Inoltre diciamo che in Italia non si ristampa nulla dei '50,
per cui a parte 3 nomi in croce, della musica orchestrale di
tanta gente famosa si perderanno sempre di più le tracce.
Nel frattempo però ci revivalizzano un soggetto tipo Bublè,
e tutti a inginocchiarsi al "nuovo" che però abbiamo anche
noi ben seppellito...
Vabbè, ma dai, il mondo cambia, non si possono rincorrere chimere e sogni
del passato.
Ognuno fa e combatte come vuole, per carità, ma la situzione mondiale
attuale 'globalizzata' e in evoluzione abbisogna di novità, di creatività,
non degli anni '50 italiani.

Air
Martin Denny
2004-07-24 10:29:11 UTC
Permalink
Post by _Airplane_
Vabbè, ma dai, il mondo cambia, non si possono rincorrere
chimere e
Post by _Airplane_
sogni del passato.
Ma poi quando il critico ti incensa il remaster triplo di
quell'Allman o Neil Y. tu corri a prenderlo e magari a
decantarlo. Si rincorrono le chimere che si sono
sclerotizzate dentro a 14 anni. E continuerai a ridere di
Claudio Villa e a comprare Neil Y. fintanto che camperai,
come facevi a 14 anni. E alla fine dirai di aver ascoltato
grande arte perchè ti ha sempre commosso, ma nello stesso
modo per tutta la vita.
Post by _Airplane_
Ognuno fa e combatte come vuole, per carità, ma la
situzione mondiale > attuale 'globalizzata' e in evoluzione
abbisogna di novità, di
Post by _Airplane_
creatività, non degli anni '50 italiani.
Il concetto di global è idiota, a differenza di glocal. Tu
rimani regionale e agisci su scala globale, non viceversa.
Se poi su questa fantastica scala di valori dobbiamo
esaltare le novità, rimane vero che chi non conosce la
storia è condannato ad ascoltarsi Bublè finchè non esce
dalla propria (immensa) ignoranza.

bye
Martin D
--
La scoperta del 'buon gusto del cattivo
gusto' può essere molto liberatoria. L'individuo
che insista su alti e seriosi piaceri priva sé stesso 'del'
piacere; continua a restringere il campo di cio' che
gli aggrada; nel costante esercizio del suo buon gusto
alla fine prezzerà sé stesso fuori dal mercato. Ecco che
il gusto Camp si sovrappone al buon gusto come un
incantevole e spiritoso edonismo. Rende allegro l'uomo
di ' buon gusto' prima che corra il rischio di
essere cronicamente frustrato. E' cosa buona e
giusta per la digestione.

Susan Sontag
Against Interpretation "Notes on 'Camp' ",
Note 54 (1964; repr. 1966).
_Airplane_
2004-07-24 11:15:57 UTC
Permalink
Post by _Airplane_
Post by _Airplane_
Vabbè, ma dai, il mondo cambia, non si possono rincorrere
chimere e
Post by _Airplane_
sogni del passato.
Ma poi quando il critico ti incensa il remaster triplo di
quell'Allman o Neil Y. tu corri a prenderlo e magari a
decantarlo.
Ma che ne sai che compro io? Qui nel ng, come nella vita io vedo individui,
non stereotipi.
Uno dice: mi piace Neil Young e tu lo incaselli subito: è quello che compra
Buscadero, ex-hippy... ma chi te l'ha detto?
Io cerco di vedere persone piuttosto che rimandare le pesone ai miei facili
schemi.

Si rincorrono le chimere che si sono
Post by _Airplane_
sclerotizzate dentro a 14 anni.
Questo può essere vero ma, in parte, non ci vedo niente di male.
Post by _Airplane_
Il concetto di global è idiota, a differenza di glocal. Tu
rimani regionale e agisci su scala globale, non viceversa.
Anche su questo sono abbastanza d'accordo, 'glocal', sì; che poi, parliamoci
chiaro, molto local e poco global, no? ;-)


Air
wag
2004-07-24 08:04:48 UTC
Permalink
"Moroni"
Post by Moroni
Penso proprio al chitarrista che mette in piedi una band coi proprio
compagni di classe e che con un po' di culo arriva al successo. Tanti
cominciano così, no? Ecco, è più facile che conoscano bene i Sigur Ros che
non Paolo Conte, è più facile che abbiano avuto un'adolescenza passata a
guardare MTV e che per loro la musica italiana sia rappresentata dagli
scarsissimi Ligabue o Vasco Rossi che non dai PGR...
certo, ma la propria cultura non è solo musicale, ed anche questa spesso è
inconscia (anche non volendo tutti noi conosciamo il liscio,o la tarantella,
o le canzoni napoletane).
Nonostante i bombardamenti mediatici un italiano è sempre diverso da un
tedesco, da un francese o da un americano , per non parlare della differenza
che esiste tra un siciliano ed un umbro (ad esempio),queste differenze
(sociali,culturali, geografiche) si rifletteranno nella propria musica.
Se non si vuole fare musica banale ci si deve per forza dare un progetto e
magari approfondire qualche intuizione o stilema artistico, mi sembra più
logico che sia qualcosa che faccia parte della propria cultura che di una
cultura estranea.
w
h a r v e y
2004-07-29 12:50:43 UTC
Permalink
Post by Moroni
Pertanto oggi è difficile parlare di radici musicali. Un gruppo italiano di
ragazzi ventenni sa poco o niente della musica lirica mentre invece ha tutti
i dischi dei beastie boys e dei radiohead.
parli dunque di "ragazzi ventenni" che sono conformisti, consumatori di quel
che il mercato offre, prima ancora che creatori e ricercatori. Parli cioè di
gruppi che non potranno offrire nulla, se non svolgere una propria attività
economica in un determinato settore merceologico (vendita di dischi,
concerti, canzoni). Se vuoi parlare di espressione artistica, è necessario
un lavoro di consapevolezza più profondo, è necessario essersi formati, aver
vissuto, aver sperimantato, aver cercato di capire. Questo è difficile,
infatti gli artisti che dicono qualcosa sono pochi.

Ciò a cui ti riferisci tu non è lavoro musicale significativo ma la semplice
affermazione in una sorta di frullatore globale. Ma attenzione: i tappeti
più belli vengono dalla Turchia dalla Persia e dall'Afghanistan, e li
annodano in villaggi dove si tramandano gli schemi da secoli. Poi, se vuoi,
puoi anche accontentarti del tappetaccio industriale fatto alla maglieria di
Prato, e scegliere quello con i colori più belli, magari vagamente
"somigliante" a un vero tappeto se visto da lontano e se si evita di
toccarlo. Ma quest'ultimo è solo un frullato per il supermercato, l'opera
dove dentro c'è qualcosa esige consapevolezza di sé e del luogo in cui si
vive, non ci sono scorciatoie.

Piuttosto, i ragazzotti che escono dalla scuola italiana adesso e che
respirano l'attuale atmosfera culturale italiana, fatta solo di luoghi
comuni e di "appartenenze visuali", ho gran timore che ce ne sia qualcuno
capace di produrre cose che non siano scopiazzate e fgrullate. Infatti mi
sembrano che cantano un po' tutti uguale, tipo "giochiamo a fare il Cobain o
lo Smith o il Tom Waits". Secondo me, è molto istruttivo vedere lo stato in
cui è ridotto il cinema italiano, per capire quale totale anonimia abbia
generato l'omologazione. Non bisogna stupirsi se molte delle cose più
interessanti degli ultimi anni arrivano proprio dalle parti d'Italia un po'
meno "globalizzate", la provincia profonda e meno abbiente, spesso a
meridione (Salento, Sicilia, Campania, Sardegna). Dove la memoria di cosa
era l'Italia di 3 generazioni fa si è potuta, almeno in parte, tramandare.
Post by Moroni
Conosco molti musicisti appassionati di blues o
di jazz, e le loro radici non sono certo da ricercare nel cantautorato
italiano o nella tradizione lirica di qualche secolo fa, né tantomeno nella
musica etnica siciliana e così via. Se io sono un italiano che ascolta jazz,
tra le altre cose, le mie radici musicali sono da ricercare nel jazz,
specialmente in quello internazionale.
io temo che potrà venirne, in generale, poco che vada al di là di un
piacevole, anonimo, buon disco da sottofondo, da certe mode astratte e
imperanti, come appunto quella dell'innesto jazzistico in Europa. A me pare
che spesso sia soprattutto per afre scena, manca il mood. Ci sento quasi
sempre solo compiacimento e civetteria. Le mode si diffondono, ma le cose
belle le fanno gli iniziatori. Prontissimo ad accogliere con entusiasmo le
eccezioni.
Post by Moroni
La musica è un genere molto soggetto a contaminazioni e che varca le
frontiere. I dEUS, ad esempio, sono un gruppo belga, ma che cos'hanno di
belga, a parte un po' di pronuncia strana in alcune canzoni? Sono un gran
bel gruppo che se fosse un gruppo italiano, tutti sarebbero lì a dire che i
testi fan schifo, che non dovrebbero cantare in inglese, che non rispettano
la tradizione lirica o cantautorale italiana.
sui deus ho qualche dubbio, li collocherei nella categoria del "piacevole",
del "carino" che ALLA FINE non lascia molto, fatte salve quelle 2 o 3 belle
canzoni (e forse una sola riesce davvero ad affondare "For the roses",
mentre The ideal crash non sono nemmeno mai riuscito ad ascoltarlo una
seconda volta, e mi sa che lo rivendo presto).
Post by Moroni
E con questo provincialismo, che non investe solo il campo della musica ma
anche quello dell'arte (sin dalla polemica tra romanticismo e
neoclassicismo), ci perdiamo, secondo me, la possibilità di veder crescere
un sacco di gente brava.
a proposito di provincialismo, credo che un bel segno di provincialismo sia
proprio inseguire a ogni costo le suggestioni e scimmiottare le ultime mode.
Oscilliamo tra la riproposizione ottusa del peggio della nostra tradizione,
anche quella a uso di giapponesi o americani in cerca dell'elemento etnico e
lo scimmiottamento ridicolo del trend quello cool. Così ci ritroviamo con i
Bobby Solo, i Morandi e i Celentani, e i Bocelli. La voce più grande
prodotta dall'Italia nell'ultimo secolo è stato Montale, che certo parlava a
tutti ed era inserito nel quadro della poesia a lui contemporanea, eppure
portava con sé un paesaggio e una lingua fortemente geografiza, reminiscente
delle terre dove era cresciuto e dove aveva vagato. E' un poeta di luoghi,
di memorie, oltre che di persone o di idee. Ecco, io non vedo più nella
canzone o nel cinema italiani qualcuno che sappia parlare di luoghi, che
porti con sé le voci di terre e di persone incontrate.
wag
2004-07-29 13:28:05 UTC
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"h a r v e y"
Post by h a r v e y
Se vuoi parlare di espressione artistica, è necessario
un lavoro di consapevolezza più profondo, è necessario essersi formati, aver
vissuto, aver sperimantato, aver cercato di capire. Questo è difficile,
infatti gli artisti che dicono qualcosa sono pochi.
quoto, l'arte costa fatica, impegno, studio e passione.
Post by h a r v e y
Non bisogna stupirsi se molte delle cose più
interessanti degli ultimi anni arrivano proprio dalle parti d'Italia un po'
meno "globalizzate", la provincia profonda e meno abbiente, spesso a
meridione (Salento, Sicilia, Campania, Sardegna). Dove la memoria di cosa
era l'Italia di 3 generazioni fa si è potuta, almeno in parte, tramandare.
d'accordo

w
Marco Aurelio Dux Imperator
2004-07-23 15:20:37 UTC
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Post by wag
Area, Arti e Mestieri, Carnascialia, De Andre', Murolo, Alan Sorrenti, il
primo Dalla, Tenco, Mina, C.S.I., qualcosa di Battiato, Perigeo ecc.
Il Banco scalcia in culo a metà di questi nomi
wag
2004-07-23 15:41:34 UTC
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"Marco Aurelio Dux Imperator"
Post by Marco Aurelio Dux Imperator
Il Banco scalcia in culo a metà di questi nomi
Del Banco conosco solo "Darwin!", troppo poco per dare un giudizio sul
gruppo, comunque il mio non era un elenco esaustivo.
Volevo solo citare alcuni nomi...
potrei aggiungere almeno Paolo Conte e Fred Buscaglione, ma ce ne sono altri
di ottimo livello, magari anche Guccini e Lolli (anche se un pelo dietro..)
w
h a r v e y
2004-07-30 23:32:48 UTC
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Post by wag
Del Banco conosco solo "Darwin!",
Darwin! secondo me è un gran bel disco. Anche il salvadanaio è bello, ma
Darwin! è davvero ispirato, ben concepito, bene strutturato, originale, e
contiene un manciato di ottime canzoni. Certo, risentito oggi, a partire dai
titoli, sembra un tantino datato, fa veramente _molto_ anni '70 (per esempio
Miserere alla storia!!!!) [una mia amica mi dice che le fa una gran
tenerezza quando risente quel disco]. Ma, almeno in questo caso, non darei
una valenza negativa all'aggettivo "datato" (tutta la musica lo è). In
questo caso non si tratta infatti della semplice imitazione e riproposizione
di un suono o uno stile che allora andava per la maggiore, giusto per essere
inseriti nel mainstream del momento, quanto piuttosto di un loro uso
efficace ed espressivo, che non stucca neppure dopo più di 30 anni.

In particolare, l'intento di cantare una vera e propria epica
dell'evoluzione naturale a me pare che sia piuttosto ben riuscita (devo
pensare a 2001 Odisse anello spazio) per ritrovare qualcosa di simile che
abbia dato buoni risultati. C'è un vasto senso della storia, della storia
umana inserita in una storia molto più vasta, dove ci si perde.

E c'è una delle canzoni d'amore più belle in assoluto: "750000 anni fa ....
l'amore".
Il dialogo interiore di uno scimmione/ominide innamorato, una creatura già
avanti nella scala evolutiva che dovrebbe portare alla nostra specie, ormai
in prossimità di avere un qualche linguaggio, una comunicazione verbale e un
pensiero interiore verbalizzato, ma che ancora non si trova nella posizione
di poter esprimere verbalmente le sue sensazioni: "Lo so la mente vuole, ma
il labbro inerte non sa dire niente" (chi ha vissuto per un po' all'estero
da solo e senza italiani vicino può capire cosa intende lo scimmione...).

La scimmia amata sembrerebbe più evoluta di lui ("ed io tengo il respiro, se
mi vedessi fuggiresti via"), sembra avere più libertà, più carisma, più
iniziativa. Lui non ha il coraggio di avvicinarsi, probabilmente i due non
potranno accoppiarsi ("io non posso, fuggiresti, possederti io non posso,
anche una volta sola"). E' così che si compie l'evoluzione, e il Banco ne
coglie in pieno lo svolgersi e lo restituisce con straordinaria efficacia e
finezza (sia scientifica che poetica che psicologica). Lui, che è più
arretrato, non potrà riprodursi con lei. Lei sceglierà un compagno che sia
al suo livello evolutivo e forse la loro progenie (dopo altri 400000 anni)
porterà all'homo sapiens. La canzone si conclude con lui che sembra rimasto
indietro, tagliato fuori da questa linea e confinato in un ramo "secondario"
dell'evoluzione.

Credo che masi nessun altro sia riuscito in maniera tanto convincente a
rendere il monologo interiore di uno scimmione innamorato, e mai nessuno era
riuscito a fare dell'evoluzione delle specie una fonte di ispirazione
poetica e tormento così bene espresso. Il cantato di Di Giacomo è in questo
brano ai suoi massimi per potenza, timbro, intonazione, sentimento,
delicatezza, tutto il brano è insieme dolcissimo, sofferto, trascinante
(anche la sezione centrale coi sintetizzatori, che fa molto "prog", riesce a
non rovinare l'atmosfera, anzi contribuisce a tenere sospesa la tensione
lirica). In definitiva, un vero, grandissimo capolavoro (del quale mi
dispiace molto che fuori dall'Italia non possano comprendere le parole,
perché sentendo solo la musica e l'intonazione si perdono un testo a dir
poco spettacolare).

L'unico difetto di tutto Darwin! è un piccolo anacronismo: la seconda
traccia è "la conquista della posizione eretta", e dopo viene "danza dei
grandi rettili". Ora, se i grandi rettili sono (come io penso) i dinosauri &
co, bisognerebbe ricordare che essi si sono estinti circa 70 milioni di anni
fa, infinitamente prima che la nostra specie conquistasse la posizione
eretta. Dunque le due tracce andavano invertite come ordine (oppure
bisognava cambiare titolo alla "danza"). Scherzi a parte, la bellezza di
questo disco conferma un mio vecchio pregiudizio: che per fare bei dischi
bisogna parlare meno possibili di se stessi e delle proprie cazzate e,
invece, raccontare del mondo. Ma per far ciò, serve aver viaggiato (almeno
con la mente), aver conosciuto, avere studiato.
Post by wag
Volevo solo citare alcuni nomi...
potrei aggiungere almeno Paolo Conte e Fred Buscaglione
d'accordo per Conte. Buscaglione buono ma eviterei di sopravvalutarlo e
farne ciò che non è mai stato, ossia un poeta. Buscaglione è stato
soprattutto un grande intrattenitore (la sua canzone d'amore più bella "Love
in Portofino" si è pure scoperto esser stata plagiata, copiata da un tizio
che gliela aveva mandata per proporgliela, e mai da lui accreditata).
Post by wag
magari anche Guccini e Lolli (anche se un pelo dietro..)
Lolli lo metterei anche 5 o 6 peli indietro (lasciamo perdere). Guccini, in
alcuni dischi, è stato un grandissimo, ha firmato alcuni capolavori che
pochi altri possono annoverare in Italia (primi fra tutti "L'isola non
trovata" e "Guccini", oltre a un mucchio di buoni dischi e di grandi canzoni
sparse qua e là). Credo che Guccini sia stato molto svantaggiato dalla sua
voce, alla quale sono anche affezionato, ma che bisogna riconoscere essere
non proprio bella ed elegante, sicuramente troppo pastosa. Gli ultimi 3 o 4
dischi di Guccini, purtroppo, sono una pena infinita. Bisognerebbe sapere
quando è il momento di fermarsi.
Punkinaro
2004-07-31 00:21:08 UTC
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Subject: Re: Musica internazionale vs musica italiana
From: "h a r v e y"
Ma, almeno in questo caso, non darei
una valenza negativa all'aggettivo "datato" (tutta la musica lo è).
tutta la musica? magari la musica rock

il jazz anni `60 non suona vecchio pe` niente, lo stesso dicasi per il
bluegrass o tantissima musica acustica.
A pensarci bene, l`unica musica che suona vecchia e` il rock vecchio, e of
course i cantautori italiani.
wag
2004-07-31 10:01:48 UTC
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"h a r v e y"
Post by h a r v e y
Certo, risentito oggi, a partire dai
titoli, sembra un tantino datato, fa veramente _molto_ anni '70 (per esempio
Miserere alla storia!!!!) [una mia amica mi dice che le fa una gran
tenerezza quando risente quel disco]. Ma, almeno in questo caso, non darei
una valenza negativa all'aggettivo "datato" (tutta la musica lo è).
Io direi che più che datato si potrebbe definire caratterizzato, mi sembra
comunque un album in cui le intuizioni non sono state espresse in maniera
convincente al 100 %, lo trovo un po' artefatto e forse eccessivamente
ambizioso sia nei testi che in alcuni passaggi strumentali e vocali.
"750.000.." rimane comunque un grande pezzo.
Post by h a r v e y
Credo che masi nessun altro sia riuscito in maniera tanto convincente a
rendere il monologo interiore di uno scimmione innamorato, e mai nessuno era
riuscito a fare dell'evoluzione delle specie una fonte di ispirazione
poetica e tormento così bene espresso. Il cantato di Di Giacomo è in questo
brano ai suoi massimi per potenza, timbro, intonazione, sentimento,
delicatezza, tutto il brano è insieme dolcissimo, sofferto, trascinante
(anche la sezione centrale coi sintetizzatori, che fa molto "prog", riesce a
non rovinare l'atmosfera, anzi contribuisce a tenere sospesa la tensione
lirica). In definitiva, un vero, grandissimo capolavoro (del quale mi
dispiace molto che fuori dall'Italia non possano comprendere le parole,
perché sentendo solo la musica e l'intonazione si perdono un testo a dir
poco spettacolare).
d'accordo
Post by h a r v e y
d'accordo per Conte. Buscaglione buono ma eviterei di sopravvalutarlo e
farne ciò che non è mai stato, ossia un poeta. Buscaglione è stato
soprattutto un grande intrattenitore (la sua canzone d'amore più bella "Love
in Portofino" si è pure scoperto esser stata plagiata, copiata da un tizio
che gliela aveva mandata per proporgliela, e mai da lui accreditata).
certo, ma Fred dalvivo credo fosse una grande esperienza..
musica trascinante e testi gangster-demenziali 50 anni fa!

w
francofx
2004-07-23 16:02:38 UTC
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Post by Marco Aurelio Dux Imperator
Post by wag
Area, Arti e Mestieri, Carnascialia, De Andre', Murolo, Alan Sorrenti, il
primo Dalla, Tenco, Mina, C.S.I., qualcosa di Battiato, Perigeo ecc.
Il Banco scalcia in culo a metà di questi nomi
A parte Area e Perigeo direi a tutti
Idiot Noia Showland
2004-07-26 00:24:28 UTC
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"francofx" <***@despammed.com>

| > Il Banco scalcia in culo a metà di questi nomi

| A parte Area e Perigeo direi a tutti

Toglierei di mezzo pure Mina e i primi due dischi di Alan Sorrenti. Per
Wag: comunque, non conoscere il Salvadanaione (ossia, il primo, eponimo
album del Banco) è quasi reato :-|
wag
2004-07-26 05:13:01 UTC
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"Idiot Noia Showland"
Post by Idiot Noia Showland
Toglierei di mezzo pure Mina e i primi due dischi di Alan Sorrenti. Per
Wag: comunque, non conoscere il Salvadanaione (ossia, il primo, eponimo
album del Banco) è quasi reato :-|
ci sono migliaia di album che non conosco, al momento non mi interessa.
w
Saty
2004-07-23 12:49:55 UTC
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E' la
musica la chiave che mi permette di apprezzarli, e la voce la giudico
in base alla modulazione, e non in base alla profondità dei concetti
che pronuncia (profondità difficilmente raggiungibile dal 90% degli
scrittori di testi musicali, soprattutto se confrontata con la
profondità di testi poetici di artisti della penna).
E questo perchè quanto sono in grado di tradursi i testi? Personalmente
quando un pezzo mi piace vado alla ricerca della tradzuzione......è
inngegabile che la maggiorparte dei testi stranieri fanno pietà......non
tutti intendiamoci. Ecco perchè proprio la musica in se gioca un ruolo
fondamentale.....e il testo passa in secondo piano.
E in generale se la musica italiana è più orientata verso un impianto
di produzione musicale in cui gli strumenti e la musica stessa, in
generale, sono una sorta di sfondo per la voce narrante, come si fa a
vincere il confronto su un piano musicale con un Frank Zappa,
nonostante non sia uno dei miei beniamini?
Non sarei in grado di rispondere ma provo lo stesso. Quello che tu dintendi
come "sfondo" l'ho capito ma non posso fare a meno di notare come la musica
italiana sia meno "sofisticata" e ricercata se confrontata a quella
straniera. Prova ad ascoltare un cd italiano non dal vivo e un cd qualsiasi
di musica straniera: sentirai che proprio in fase di registrazione in studio
c'è una ricerca e una moltitudine di elementi che fanno impallidire i pezzi
italiani. I pezzi italiani li distingui subito: chitarra, basso, batteria,
voce, e qualche altra "cazzata", i pezzi stranieri sono strabombanti di
effetti e cmq molto più complessi. Il risultato finale è a parer mio un
qualcosa di molto più apprezzabile per quanto riguarda la musica straniera
perchè sembra più curata; d'altro canto quella italiana può vantare una
"pulizia" musicale degna di nota ma che rischia di risultare troppo banale.
Tutto questo a seconda dei casi naturalmente.
Px
2004-07-23 13:28:59 UTC
Permalink
Post by Saty
E questo perchè quanto sono in grado di tradursi i testi? Personalmente
quando un pezzo mi piace vado alla ricerca della tradzuzione......
perchè non goderselo in inglese? impararla sta lingua? :)
è
Post by Saty
inngegabile che la maggiorparte dei testi stranieri fanno pietà......
ma rotfl!

non
Post by Saty
tutti intendiamoci.
hmm...

Ecco perchè proprio la musica in se gioca un ruolo
Post by Saty
fondamentale.....e il testo passa in secondo piano.
sì ma ci sono testi che si adattano al flusso musicale e te lo fanno
assaporare il triplo, mi vengono in mente certi racconti tipo favola
metropolitana dei Belle&Sebastian, o parecchie canzoni degli Smiths... ecco
gli Smiths sono uno di quei gruppi in cui non puoi fare a meno dei testi,
magari le canzoni ti piacciono lo stesso ma ascoltare una Panic senza sapere
di cosa parla è assurdo .... così come improponibile ascoltare il ritornello
di there is a light that never goes out senza capirlo!
Post by Saty
Non sarei in grado di rispondere ma provo lo stesso. Quello che tu dintendi
come "sfondo" l'ho capito ma non posso fare a meno di notare come la musica
italiana sia meno "sofisticata" e ricercata se confrontata a quella
straniera.
mah a che musica italiana ti riferisci?

Prova ad ascoltare un cd italiano non dal vivo e un cd qualsiasi
Post by Saty
di musica straniera: sentirai che proprio in fase di registrazione in studio
c'è una ricerca e una moltitudine di elementi che fanno impallidire i pezzi
italiani. I pezzi italiani li distingui subito: chitarra, basso, batteria,
voce, e qualche altra "cazzata",
tipo basi campionate? sono la vera ridicolaggine.....

i pezzi stranieri sono strabombanti di
Post by Saty
effetti e cmq molto più complessi.
anche il lo-fi?

Il risultato finale è a parer mio un
Post by Saty
qualcosa di molto più apprezzabile per quanto riguarda la musica straniera
perchè sembra più curata;
la musica che sembra curata di solito è quella prodotta per vendere milioni
di copie e non è un pregio di certo... ma forse non ci capiamo.

d'altro canto quella italiana può vantare una
Post by Saty
"pulizia" musicale degna di nota ma che rischia di risultare troppo banale.
Tutto questo a seconda dei casi naturalmente.
no, non ci capiamo...
Saty
2004-07-23 13:39:45 UTC
Permalink
Post by Px
mah a che musica italiana ti riferisci?
Musica italiana in generale, prendi che ne so, Tozzi, De gregori, Samuele
Bersani o qualsiasi altro.......
Post by Px
tipo basi campionate? sono la vera ridicolaggine.....
Anche ma non era di queste che parlavo.
Post by Px
la musica che sembra curata di solito è quella prodotta per vendere
milioni di copie e non è un pregio di certo... ma forse non ci
capiamo.
Beh, oddio dipende.
Post by Px
no, non ci capiamo...
No, credo non ci siamo capiti........ :)

Ti faccio un esempio stupidissimo di quello che volgio dire: prendi un pezzo
dei tre allegri ragazzi morti, con batteria, chitarra, basso e
voce,ascoltalo, senti come suona "banale" nello sviluppo. Cioè come risulta
troppo semplice. Prendi lo stesso pezzo e magari faglielo suonare o
riscrivere che ne so a Richard A. o chi altri, vedrai che ci butta dentro
2000 struementi e anche effetti digitali e campionati si.
Capisci cosa intendo???
Jun Misugi
2004-07-23 13:49:59 UTC
Permalink
Post by Saty
E questo perchè quanto sono in grado di tradursi i testi? Personalmente
quando un pezzo mi piace vado alla ricerca della tradzuzione......è
inngegabile che la maggiorparte dei testi stranieri fanno pietà
Ma io non semplificherei la questione così.
Qui imho ci si dovrebbe addentrare in un discorso linguistico molto piu'
profondo:io non credo che i testi in inglese (prendo come esempio questa
lingua perchè è la piu' diffusa)
"facciano pietà" o siano meno pregni di significato rispetto a quelli in
italiano.
Lì è una questione di semantica e semiologia;l'inglese è molto piu'
scarno,diretto ma piu' adatto ad una canzone (generalizzando),
l'italiano permette raffinatezze,scorciatoie,perifrasi e metafore molto
piu' eleganti ma è meno adatta dell'ingese all'interno di una canzone.
Perchè se prendiamo un testo di Tim Buckley (continuiamo cl parallelismo
tra gli autori citati in questo post e nell'altro) tra i piu' belli
("Once I Was") e lo traducessimo in italiano,esso imho perde quella
"forza" che inizia e finisce nell'esecuzione in inglese.
Se volessimo tradurre, resteremmo un po' contraddetti in quanto avremmo
,per uno dei passaggi migliori del testo) questo adattamento:

"Per i giorni in cui abbiamo riso
e per ore le che passarono veloci
tra la magia nei nostri occhi
e il silenzio delle nostre parole..."

Intendiamoci, sono versi notevoli ma ineluttabilmente migliori in lingua
inglese.
Se lo paragonassimo (breve esempio) a un Conte che dice

"e tramonta questo giorno in arancione
e si gonfia di ricordi che non sai
mi piace restar qui sullo stradone
impolverato se tu vuoi andare vai."

è naturale che ci troveremmo un'abissale differenza a favore di
quest'ultimo.
Ma non è perchè Buckley fosse meno "bravo" di Conte , semplicemente che
quei versi in inglese fanno parte dei massimi espressivi dei una lingua
anglofona in musica.
Quindi, per concludere, si potrebbe dire che il dualismo è tra le due
lingue, non certo tra due autori di lingua diversa.
So che non mi sono spiegato benissimo, ma spero che il concetto che
volevo esprimere sia un minimo chiaro :)
--
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Saty
2004-07-23 13:56:58 UTC
Permalink
Post by Jun Misugi
So che non mi sono spiegato benissimo, ma spero che il concetto che
volevo esprimere sia un minimo chiaro :)
No, ti sei spiegato benissimo secondo me. :) Chiaro che ho generalizzato ma
non è così. Forse dal fatto che ascoltando per lo più gruppi semisconosciuti
e amanti del rock/nu-metal, mi sono accorto di come i testi facciano un po
schifo: sempre i soliti. E tradotti fanno schifo proprio perchè perdono un
po del loro significato originario o l'assonanza con la musica.
Cmq il tuo ragionamento è giusto, alla fine, linguisticamente parlando siamo
sempre noi er meio! :)
h a r v e y
2004-07-29 12:06:08 UTC
Permalink
Post by Jun Misugi
Qui imho ci si dovrebbe addentrare in un discorso linguistico molto piu'
profondo:io non credo che i testi in inglese (prendo come esempio questa
lingua perchè è la piu' diffusa)
"facciano pietà" o siano meno pregni di significato rispetto a quelli in
italiano.
Lì è una questione di semantica e semiologia;l'inglese è molto piu'
scarno,diretto ma piu' adatto ad una canzone (generalizzando),
l'italiano permette raffinatezze,scorciatoie,perifrasi e metafore molto
piu' eleganti ma è meno adatta dell'ingese all'interno di una canzone.
questo non è vero: il vocabolario inglese è immensamente più grande di
quello italiano (qualcosa come 5 o 6 volte di più): in pratica contiene
quest'ultimo come piccolo sottoinsieme, dato che la gran parte delle radici
latine sono passate nell'inglese, oltre a una quantità enorme di radici dal
ceppo germanico. Il fatto che poiu la lingua inglese parlata si limiti
(nell'uso) a un dizionario molto ristretto non deve trarre in inganno: chi
sa usare le risorse della lingua e le conosce, con l'inglese ha a
disposizione un vero pozzo di san Patrizio. Quindi di raffinatezze e di
sfumature anche in inglese ce ne sono in abbondanza, tutto sta a conoscerele
e saperle usare.
Jun Misugi
2004-07-29 13:48:24 UTC
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Post by h a r v e y
tutto sta a conoscerele
e saperle usare.
Ma è innegabile che l'italiano (proprio per quello che dici tu) conserva
il "calore" e il lirismo propio dielle lingue latine, caratteristica
smussata (nell'inglese) dalla contaminazione con gli idiomi nordici.
Ma ,come ho precisato, il mio era tutto l'opposto di un paragone di
valore;sono due approcci linguistici diversi e non certo uno migliore
dell'altro.
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
gigino
2004-07-23 13:36:14 UTC
Permalink
Moroni ha scritto:

mi sembra che invece noi non riusciamo
Post by Moroni
a liberarci delle nostre radici musicali provinciali e un po' barocche.
Scelgo questo brano della tua interessante dissertazione, perche' e'
quello su cui non sono d'accordo.
Mi pare dovremmo affrontare il problema da un altro punto di vista: la
cultura musicale italiana è lirica, puo' piacere o no, ma mi sembra
innegabile. Tutti gli italiani che cantano non possono cancellare questo
DNA impresso da generazioni nelle corde vocali di tutti noi.
Questo porta a tutte quelle conseguenza che tu descrivi. Non si tratta di
dare piu' importanza al testo che alla musica, ma mentre il rock in
generale e' ritmo ed energia, la canzone italiana e' melodia e la melodia
in primis è canto. Quindi un disco di rock ti entra sottopelle per
l'energia che ti comunica e per la maggior parte di non anglosassoni,
chissenefrega di quello che dice !
Un disco di De Andrè, Guccini, De Gregori ti entra nel cuore per le
emozioni che i testi - insieme alla musica - ti trasmettono. Non si tratta
di sapere se e' meglio l'uno e l'altro: sono semplicemente due modi
diversi di fare musica.
La conferma di quello che dico e' l'andamento del mercato in senso largo:
se i vari Bocelli, Pausini - prima di loro, rammento, in sud america
andava da bestia Nicola DI Bari ! - sfondano all'estero e vendono
l'iradiddio, e' perche' quelli - oltre che sostenuti dalle major - sono
nell'immaginario collettivo degli altri popoli, gli italiani che cantano !
Da Enrico Caruso, si scende a Pavarotti e si arriva a Bocelli/Pausini.
Cosi' come qualunque ragazzino anglosassone arriva in Italia e con tre
accordi su un'elettrica ti colpisce, cosi' qualunque italiano - leggi
Bocelli - faccia finta di fare un gorgheggio lirico in America, stende il
pubblico che ha davanti.
Questo non significa che l'italiano non puo' o non sa fare rock e che non
esistono soprani o tenori in America, ma che comunque avra' nel modo di
farlo una sfumatura che tradisce la cultura dove e' nato.
Un esempio di quest'ultima cosa e' il blues; ormai tutti fanno blues, ma
quando lo fa un nero americano, anche se e' meno dotato musicalmente di
altri, centra sempre in qualche modo il bersaglio.

Augh ! Un po' lungo... scusate

Gigino
--
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Px
2004-07-23 13:40:13 UTC
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Post by gigino
Augh ! Un po' lungo... scusate
ma totalmente condivisibile in ogni sfumatura :)
Saty
2004-07-23 13:45:42 UTC
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Post by gigino
Un disco di De Andrè, Guccini, De Gregori ti entra nel cuore per le
emozioni che i testi - insieme alla musica - ti trasmettono.
Quoto! Per quanto riguarda De gregori, che è l'unico che ascolto dei 3!
ldb
2004-07-23 14:19:12 UTC
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Moroni ha scritto:

Meglio Tim Buckley o De
Post by Moroni
André, ci si chiedeva nell'altro thread? Meglio senz'altro il primo, perché,
fondamentalmente, se il discrimine di giudizio tra un artista e l'altro
dev'essere la qualità di un testo (bellissimi, comunque, anche quelli di
Buckley) non parliamo più di musica, ma di poesia. La musica va giudicata
per la musica, i testi sono un valore aggiunto.
Diciamo che dissento totalmente, sia sul paragone Buckley - De André, che
sul giudizio sui testi come 'valore aggiunto'.
E' chiaro che, se la leggi in quest'ottica, De André non fa per te, come
anche Brassens.

ldb
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
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h a r v e y
2004-07-29 13:12:10 UTC
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Post by Moroni
Il thread su Buckley e Conte mi ha fatto pensare ad una sorta di confronto
tra la scena musicale italiana e quella internazionale.
quel che non capisco è che senso abbia fare un confronto Italia-Resto del
mondo. L'italia ha 60 milioni di abitanti. Il resto del mondo 5 miliardi e
mezzo. Di che razza di paragone stai parlando?
Post by Moroni
E non solo per
una questione statistica o di numeri: mi sembra che invece noi non riusciamo
a liberarci delle nostre radici musicali provinciali e un po' barocche.
la musica barocca (Vivaldi, Albinoni, Marcello, Scarlatti, Corelli) è stato
il meglio che abbia prodotto l'Italia, dopo di che è iniziata la notte buia
(melodramma) e l'Italia ha detto poco o nulla più.
Post by Moroni
Un altro cliché associato alla musica italiana è che un cantante, per
sfondare, deve avere una bellissima voce oppure una voce perlomeno
particolare.
beh un cantante dovrà saper cantare, no? A me sembra normale, almeno quanto
un dentista sa fare un'otturazione. No? Poi sul cosa sia la "bella" voce c'è
ampia libertà, direi. Si va da Battisti a de Andre' a Battiato: voci
diversissime, ma molto apprezzate. Io non vedo il problema che dici tu. Se
poi uno canta da cane, che vogliamo farci?
Post by Moroni
Se è incapace di cantare come Billy Corgan
cosa fa?
un altro mestiere, ce ne sono tanti. Se invece fa un disco e vende, bene per
lui. Cmq la voce di Corgan non è poi brutta, a me pare funzionale al
contenuto, ha una sua espressività.
Post by Moroni
Meglio Tim Buckley o De
André, ci si chiedeva nell'altro thread? Meglio senz'altro il primo,
di questo non sarei così sicuro, ma sono gusti.
Post by Moroni
La musica va giudicata
per la musica, i testi sono un valore aggiunto.
Se uno canta, ha il microfono in mano, fa sognare milioni di persone con le
sue parole, a quel punto m'interessa eccome se il testo è bello oppure una
cagata. Se è una cagata, addio disco, per quanto mi riguarda: non riesco
propio ad ascoltarlo. Poteva non cantare nulla, e fare un brano strumentale,
nessuno lo ha costretto a metterci un testo. Se c'è, ed è una cagata, la
cosa m'interessa.
Post by Moroni
E' la musica la chiave che mi permette di apprezzarli, e la voce la
giudico in base alla modulazione
conta, ma non è tutto. La pura modulazione prevederebbe un testo non
verbale, come per esempio in Bobby McFerrin. Il punto è che, se c'è un
contenuto verbale, questo conta. Peraltro, questo è uno dei motivi per i
quali quasi tutta la musica lirica mi sembra robaccia: i testi sono
spessissimo delle vere schifezze.
Post by Moroni
(profondità difficilmente raggiungibile dal 90% degli
scrittori di testi musicali, soprattutto se confrontata con la profondità di
testi poetici di artisti della penna).
al contrario, la musica può aiutare a trovare una maggiore profondità
emotiva rispetto alla sola parola.
Post by Moroni
E in generale se la musica italiana è più orientata verso un impianto di
produzione musicale in cui gli strumenti e la musica stessa, in generale,
sono una sorta di sfondo per la voce narrante, come si fa a vincere il
confronto su un piano musicale con un Frank Zappa,
e che c'entra?
n***@yahoo.it
2014-06-11 08:38:03 UTC
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Post by Moroni
Il thread su Buckley e Conte mi ha fatto pensare ad una sorta di confronto
tra la scena musicale italiana e quella internazionale.
Pur ammettendo che in questi ultimi anni in Italia sono uscite un sacco di
piacevoli novità musicali, dai PGR alla Donà tanto per citarne due che vanno
per la maggiore, un confronto tra i nostri gruppi più promettenti e i gruppi
più promettenti della scena internazionale, mi pare perdente. E non solo per
una questione statistica o di numeri: mi sembra che invece noi non riusciamo
a liberarci delle nostre radici musicali provinciali e un po' barocche.
Una delle argomentazioni più ricorrenti che si leggono sulle riviste di
critica musicale italiane nei confronti di gruppi un po' troppo orientati
verso una produzione musicale di tipo internazionale, è che, per fare musica
in Italia, se si vuole essere credibili, non si può prescindere dalla
tradizione musicale italiana soprattutto cantautorale. Come dire: sei
italiano, devi fare musica Italian style oppure noi non spingiamo i lettori
verso l'apprezzamento dei tuoi lavori.
Il risultato qual è? E' che, se prendi la Donà, seppur brava, da una parte
vedi che si ritrova a dover pronunciare 56 parole nel giro di 4 secondi, e
dall'altra a dover scrivere testi che se confrontati a quelli di Guccini o
De André valgono poco o niente. Gruppi come i Pixies o i Rem degli esordi in
Italia, per l'importanza che viene attribuita ai testi, non avrebbero mai
sfondato. Sarebbero forse addirittura stati tacciati di non essere
rispettosi della tradizione cantautorale.
Un altro cliché associato alla musica italiana è che un cantante, per
sfondare, deve avere una bellissima voce oppure una voce perlomeno
particolare. Perché per forza, dal momento che le produzioni italiane
tendono a mixare la voce relativamente alta rispetto al resto delle
strumentazioni, se canti non granché bene, la differenza si sente. Certo: è
preferibile che un cantante abbia una voce alla Tim Buckley, ma se invece ha
una voce alla Bob Dylan cosa fa? Se è incapace di cantare come Billy Corgan
cosa fa?
Anche riguardo ai mostri sacri della nostra musica confrontati ai mostri
sacri della musica internazionale, non è che vedo molta possibilità di
confronto vittorioso per gli artisti tricolore. Meglio Tim Buckley o De
André, ci si chiedeva nell'altro thread? Meglio senz'altro il primo, perché,
fo
TONY BRASCHI E' ENTRATO NELLE CHARTS U.S.A.

Con "You'll Go Ahead", il nuovo brano dedicato alla scomparsa di Nelson Mandela, Tony Braschi nè approdato nelle classifiche americane: le Charts U.S.A.

http://www.soundclick.com/player/single_player.cfm?songid=12781428&q=hi http://www.soundclick.com/player/single_player.cfm?songid=12781426&q=hi&newref=1


Il brano è scritto - suonato - interpretato - prodotto dal Chitarrista e Vocalist TONY BRASCHI. Egli ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma: "Questo brano e' un inedito che riposava nel cassetto da 9/10 anni. Qualche settimana fa mi e' tornato in mente ed e' diventato un mio tormentone. Riascoltandolo ho avuto i brividi e, per la prima volta dopo anni, mi sono commosso. Il giorno stesso ho appreso della scomparsa terrena di NELSON MANDELA. Sono rimasto senza parole. Poi le ho ritrovate nel mio inedito che proprio in quei giorni era diventato il mio tormentone: la mia reiterata ossessione. A quel punto ho capito che il brano era stato una Premonizione. E cosi' ho deciso di pubblicarlo cosi' com'e': esattamente il demo inedito che riposava nel mio archivio d'inediti. Ora e' pronto per vivere di luce propria insieme allo spirito del suo ispiratore, il grande Uomo di questo Nuovo Millennio".


Tony Braschi è uno dei pochissimi artisti italiani che ha il privilegio di essere distribuito oltre oceano e negli USA è stato recensito positivamente da DWMmusic. Inserito a pieno merito dalla stampa e dagli addetti ai lavori tra i primi 50 migliori chitarristi italiani, vicino a nomi quali Ricky Portera, Andrea Braito, Nick Becattini, Alex Britti, Paolo Bonfanti, Maurizio Solieri, Alex Masi, Pino Daniele... fonti ufficiali pubblicate presso IL POPOLO DEL BLUES (http://www.ilpopolodelblues.com/pdb/old/rev/dic05/concerti/tony-braschi.html) (http://www.ilpopolodelblues.com/pdb/old/rev/nov05/rec/tony-braschi.html) e presso GUITARLIST (http://www.guitarlist.it/newsite/profili2.asp)



Reduce dalla pubblicazione del suo Tributo a Joe Cocker, (http://tonybraschi.blogspot.it/) ed ora con il nuovo brano dedicato a Nelson Mandela, YOU'LL GO AHEAD, l'artista al momento non sembra intenzionato ad iniziare un nuovo Tour, ma ha deciso di pubblicare una parte consistente del suo cospicuo materiale inedito.

Il suo precedente cd-album Rock Blues Experience, ha vantato la presenza gli ospiti internazionali, tra i quali: HERBIE GOINS, KARL POTTER, DEREK WILSON, DAVE SUMNER, ERIC DANIEL, DANIELE SEPE, AGOSTINO MARANGOLO, MARK HANNA, DOUGLAS MEAKIN, ed altri.

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Rock Blues Experience ha avuto la consacrazione della critica anche in Italia.
Post by Moroni
Rock & blues italiano DOC, ma dal respiro internazionale, non solo per la scelta di cantare in Inglese, ma per la struttura dei brani, il modo di suonare e la validità del risultato che non temono confronti con produzioni analoghe provenienti da altre nazioni.
AXE - Mario Milan
Post by Moroni
Nei 14 brani arrivano sferzate e colpi di pennata tipiche dei vecchi maestri in vena di sfoderare grinta e mestiere. Rock my Blues è un piccolo capolavoro con la sua andatura Shuffle, compreso l'assolo centrale a deliziare i fan di E. Clapton, S. Ray Vaughan.
CHITARRE - Mauro Salvatori
Post by Moroni
Definito spesso il Johnny Winter italiano, Tony Braschi è uno dei più sorprendenti e talentuosi chitarristi della scena blues italiana. Il suo tono vocale rauco e pungente che ci riporta spesso alla mente tanto Joe Cocker quanto George Thorogood.
IL POPOLO DEL BLUES - M. Manzi
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Solo la chitarra sarebbe più che sufficiente per mandare in visibilio lo zio Fender. Inoltre Tony Braschi fornisce una grande dimostrazione della sua abilità di cantante, sprigionando una voce calda alla Bruce Springsteen.
DNA MUSIC - Alessio Romani
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Braschi compone con organicità una musica dai toni contemporanei che comunica confidenza e si snoda armonicamente con classe ed eleganza e che non teme confronti con quelli di artisti di più grosso calibro del circuito internazionale.
ERNESTO DE PASCALE - Booklet CD
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Riferimenti possono sicuramente essere trovati in Sound come quello dei Led Zeppelin e anche dei Metallica più morbidi. L'accostamento più naturale nel Sound è sicuramente quello con Buddy Guy e Eric Clapton.
LIVE CITY - Federico Armeni
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Ciò che caratterizza questo disco in modo particolare è la grande energia sprigionata da Tony in studio che rispecchia in tutto e per tutto l'esplosiva potenza dei suoi concerti.
FOLK BULLETTIN - Salvatore Esposito
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Tony Braschi tira fuori un blues a cavallo tra passato e futuro, tra grande produzione e intenso artigianato musicale, solismo raffinato e riconoscibile. Non perdete questo cd: un'indimenticabile esperienza rock blues.
MOVIMENTI PROG - Donato Zoppo
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Difficile trovare un brano migliore dell'altro, dal primo all'ultimo minuto Tony Braschi riesce a dare emozioni in ogni suono, in ogni armonia.
SONIK MUSIK - Camozzato Loris
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Braschi ha dato alle stampe un ottimo disco. lo ha fatto con mestiere, intelligenza e onestà verso chi ascolta. L'energia è infatti ben presente, così come l'ottima capacità compositiva.
L'ISOLA CHE NON C'ERA - Michele Manzotti
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Compositore attento alle tendenze d'oltralpe, i suoi brani hanno fatto immediatamente il giro d'Europa, restando primi in classifica in Danimarca, Germania, Inghilterra e Olanda e a breve faranno rotta su Los Angeles e i paesi dell'Est. Tanto personale e attuale, da riuscire intrigante anche per la diffusione radiofonica.
CAMPANIA ON WEB (novembre '05) Dario de Simone
Post by Moroni
He became a fantastic European attraction because of his incredible live performances. These songs are powerful and melodic blues which at times, invoke the spirit of Bob Seger.
DWM MUSIC (USA- Dwm)

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BLOG TONY BRASCHI:


http://tonybraschi.blogspot.it/

FACEBOOK:

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MP3 / You'll Go Ahead:

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http://www.soundclick.com/player/single_player.cfm?songid=12781426&q=hi&newref=1
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