Post by AngeloPost by PhDNel fatto che per ogni studente che afferma che il professore non sa
spiegare ce n'è un altro che dice che è bravissimo e gli chiede pure la
tesi.
Prima dici che è la preparazione a non consentire di giudicare, adesso
invece sono altri elementi, indipendenti dalla preparazione e che si
riferiscono invece all'onestà intellettuale (o alla pigrizia, la
svogliatezza o comunque la si voglia chiamare) dello studente. Le due
cose sono diverse, è innegabile.
E non influiscono forse sulla preparazione? Se uno studente avesse la
stessa preparazione del docente, potrebbe sicuramente verificare se quello
di quest'ultimo è un buon metodo oppure se ce ne sia un altro più
efficace. Quello che volevo sottolineare io è che prima di porsi tale
problema ce ne sono altri moooolto più evidenti e macroscopici che sono
tutti i difetti degli studenti. Ripeto per l'ennesima volta, sono stato
studente anch'io e non solo all'università, e so che in una classe o in
un'aula magna c'è chi si interessa e si sforza di capire, ama pensare e
imparare cose nuove, e c'è invece chi è interessato ad altro, come passare
la materia, dimostrare che il prof ha questo o quell'altro difetto per
farsi notare dai colleghi o dai compagni, ecc. Quelli veramente
interessati sono pochi, quindi come diceva Stefano Gaburri, qualunque
statistica è fuorviante.
Post by AngeloPersonalmente ho preso buoni voti ad esami i cui corsi erano tenuti da
pessimi professori e buoni voti ad esami tenuti da ottimi professori.
Non sono d'accordo sulla tua definizione di pessimi o di ottimi
professori. Non capisco questa leggerezza nel giudicare una persona per
una volta nella tua vita che hai seguito un suo corso. Ci sono è vero dei
casi eclatanti, ma sono solo eccezioni.
Post by AngeloGran parte delle materie se le studi le capisci, il problema è se
seguire il corso mi ha dato qualcosa in più oppure no. A volte no (anche
se è una minoranza dei casi)
Questo per quanto riguarda l'università
Più di cosa? Perché dovrebbe darti di più o di meno di un tuo modo
soggettivo di studiare? A qualcuno può dare qualcosa, a te può non dare
nulla. Che significa tutto ciò? Mi sembra cercare il pelo nell'uovo. Se tu
sei bravo e riesci ad apprendere dal libro o dai libri senza avere bisogno
che il professore ti spieghi meglio gli argomenti trattati, magari con
qualche esempio in più, perché dovresti sindacare su un corso
universitario? Non hai comunque le competenze per farlo.
Post by AngeloPer quanto riguarda la scuola dell'obbligo credo che sia valido ciò che
afferma don Milani in "Lettere ad una professoressa": ad un vasaio non
si permette di consegnare i pezzi venuti male. Che poi i problemi non
siano causati solo dai professori è innegabile. Ma ci dovrà pur essere
qualcuno che inizia a risolverli.
All'università si dice: Al liceo non hanno imparato niente.
Al liceo: alle medie non hanno acquisito le basi
Alle medie: alle elementari non li hanno scolarizzati
Alle elementari: le famiglie non li hanno educati
bisognerà pur interromperlo questo circolo vizioso!
al liceo, alle medie e alle scuole elementari dicono che i genitori non li
hanno educati bene. E spesso questa è la verità. Oggi i genitori non sono
più come quelli di una volta. Sono impegnati tutta la giornata, non hanno
tempo di seguire i figli, molte famiglie sono già in uno stato di sfacelo
(genitori separati, divorziati, ecc. che si contendono la proprietà del
figlio come fosse un oggetto), tendono ad accontentare in tutto i figli ma
non selezionando e trasmettendo dei valori, ma lasciando che sia la TV a
farlo per loro. Poi nelle scuole ci sono gli elementi di disturbo, che
sono alunni provenienti da padri alcolizzati, pregiudicati, madri
prostitute, ecc. Ne basta uno in una classe per creare un putiferio.
Questi alunni non vogliono nemmeno ascoltarti. Per loro la classe è una
prigione (parlo di scuola dell'obbligo). Perché oltre al problema che
incontrano i genitori, in classe c'è il problema che sono tanti, ma tanti.
Anche i figli di buona famiglia, abituati al ritmo della TV, non sono più
abituati a concentrarsi e appena incontrano un minimo di difficoltà ti
consegnano il foglio in bianco, senza alcun rimorso e senza vergogna. Per
loro sei tu che gli hai lasciato l'esercizio troppo difficile. Hanno
sempre premura di finire tutto subito, per tornare ai loro telefonini e
messaggini. A casa non leggono nemmeno la lezione che gli raccomandi (con
le quattro frasette sottolineate) e passano subito agli esercizi. Hanno
una memoria più corta di un ottantenne: dopo poco tempo (anche mi è
capitato dopo che l'avevo appena detto e mi avevano assicurato di averlo
capito). In classe non ti ascoltano e devi passare almeno il 50% della
lezione a richiamare a destra e a manca. Vorrei vedere tutti quelli che
parlate con una certa leggerezza a trascorrere un'ora di lezione alle
prese con una classe, e poi vedrete se i problemi sono quelli che dite
oppure stanno a monte, cioè che tu la lezione non riesci proprio a farla o
devi interromperla continuamente.
Post by AngeloAltrimenti si inizia a sostenere, come fa Giovanni Sartori in Homo
Videns, citando anche l'Alberoni, che i giovani di oggi sono dei
rincretiniti, che la televisione gli ha levato la capacità di pensiero
astratto e razionale.
E tu perché non ci credi? Non lo dicono solo loro. Ma vi sono molti studi
sociologici e pedagocici a proposito. E io aggiungerei non solo questo, ma
anche, come indicano tali studi, la mancanza di umanità che impervia, la
mancanza di tenerezza. I ragazzi sono molto preparati e aggiornati ma gli
manca la capacità di immedesimarsi negli altri. Egoismo puro. Una volta
c'era più umanità. Le generazioni che hanno vissuto la guerra mondiale, ad
es., i loro figli. Capacità di sacrificarsi per qualcuno.
Post by AngeloIo credo che il problema di fondo sia che Sartori è vissuto in una
società di élite (e quando parla dei giovani anteguerra si riferisce a
quell'élite), oggi la società è di massa. Non è che negli anni '20-'40 i
giovani fossero tutti dei geni, ma i contadini a scuola ci stavano poco,
poi andavano a lavorare la terra (e Sartori non credo andasse in giro
per i campi a fare test di intelligenza).
Una volta chi non studiava non lo faceva perché non poteva permetterselo.
Ma il valore dello studio era molto più riconosciuto di oggi. Oggi di chi
non studia e va lo stesso a scuola e ha gli abiti firmati e i telefonini
all'ultimo grido, tutto di può dire, tranne che non possa permettersi di
studiare.
Post by AngeloAnche gli ottimi licei e le ottime università dei tempi andati erano
università e licei di élite. Oggi sono più o meno gli stessi[1], solo che
la società intorno è tutta diversa.
Sono meno severi, c'è un rapporto più rilassato e più disteso, non ci sono
più le "rigidità" dei ruoli e le cerimonie che ci stavano intorno. Questi
sono gli effetti positivi del '68. Hanno reso la scuola e l'università un
ambiente meno terrorizzante per chi ama lostudio. Il problema è che
l'hanno resa troppo poco terrorizzante per chi ci va a giocare o a fumare
e tutto il resto. E inoltre il '68 ha sfornato un'elite di psicologi,
sociologi, ecc. che sono tutti concentrati sull'alunno e sulle sue
esigenze e pensano che la scuola debba essere vissuta senza il minimo
stress ed essere sempre accontentati. Tuttavia per essere stimolati ad
andare avanti un certo stress ci vuole, altrimenti la maggior parte tende
a rilassarsi troppo, tanto alla fine dell'anno ci arriva comunque, e viene
promossa (su questo ci sarebbe tanto da dire, ma siamo OT).
Post by AngeloA volte si trova un buon professore/professoressa al liceo che ti fa
appassionare ad una materia che da quel momento diventa la tua strada.
Oppure hai una famiglia alle spalle da cui assorbi certi valori e certi
comportamenti. Altrimenti nulla, vieni su cretino, arrivi all'università
(se ci arrivi) e vuoi la pappa scodellata (e dato che non la trovi dopo
qualche anno vai a lavorare)
E' sempre stato così. Al liceo o molto prima, le scelte e gli orientamenti
hanno origini talvolta legate ad un episodio. Io per esempio mi sono
interessato alla scienza da quando ero bambino, leggiucchiando libri o
guardando programmi di divulgazione scientifica e soprattutto film di
fantascienza. La mia generazione era quella di chi da grande voleva fare
l'astronauta. Oggi i bambini vogliono fare il manager (o il cavaliere?)
Post by AngeloVisto che i professori di liceo sono meno dei genitori secondo me si
potrebbe iniziare cambiando i professori[1], sperando che si inneschi un
circolo virtuoso
Bisogna cambiare la TV. Per farlo bisogna cambiare la società. Non
trasmettere il denaro come unico valore. E bisogna ridare un significato
alla famiglia, che rimane ancora l'universo centrale soprattutto in
Italia. Ecco, forse all'estero si risente meno del problema perché i
giovani sono meno influenzati dalla famiglia e resi presto più
indipendenti. Ma questo non fa altro che amplificare l'individualismo. La
società occidentale è troppo individualista. Secondo me cercare la radice
di tutti i mali nelle scuole o nelle università è fin troppo riduttivo.
Post by Angelo[1] ovviamente cambiare i professori non vuol dire togliere tizio e
metterci caio, vuol dire iniziare a dargli un ruolo diverso (iniziando
col pagarli di più), in modo tale che la gente voglia a fare il
professore e non che sia un ripiego.
Già. Ma hanno scelto la soluzione opposta. Ora fare il professore è
difficilissimo, perché devi pagarti i corsi abilitanti e perdere un paio
di anni, e poi rimani precario a vita e pagato con uno stipendio che basta
solo ad una famiglia composta da te stesso. E quindi si raggiungerà lo
stesso l'obiettivo, e cioè chi insegnerà lo farà non come ripiego, non
potrebbe succedere così, ma per una vera e propria missione (e masochismo)
-)
Post by AngeloLa mia impressione è che oggi tra
chi si iscrive all'università solo tra chi si iscrive a Lettere c'è
qualcuno che ambisce a diventare professore di liceo, per tutti gli
altri è un ripiego.
Forse sono male informati. Ormai chi riesce a diventare professore è una
specie di miracolato. E poi scopre che non sia poi così gratificante. E'
un mestiere molto alienante e dequalificante.
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