Dr. Pianale
2015-02-16 14:17:05 UTC
Ciao cari
Io che in passato ne ho fatti tanti (ma ora che ho un auto particolarissima
sono fuori dal "giro") me lo sono sempre chiesto, riferendolo qui, il CDO
E' evidente che non era solo una mia sensazione che qualcosa non funziona se
alla fine le Case spendono un sacco di soldi per commissionare il servizio a
società incaricate e poi se ne "fregano" come bene descritto dall'articolo
qui sotto in 7 punti
**** Clinic Test, buonsenso e la voglia di capire davvero *****
http://www.automotivespace.it/clinic-test-buonsenso-e-la-voglia-di-capire-davvero/?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+AutomotiveSpace+%28Automotive+Space%29
Ci sono pagine di report che capita di ripetere ciclicamente nel corso del
tempo per gli stessi Clienti (Produttori), che ci obbligano costantemente a
ripetere alcune (inutili) domande invece che andare alla ricerca delle
motivazioni più vere e profonde.
Un po’ come girare attorno ai buchi invece che concentrarsi sul
formaggio…una situazione francamente improduttiva e demotivante, capace di
vanificare in buona parte i consistenti investimenti che caratterizzano ogni
Clinic Test oltre che a danneggiare il prodotto.
Il Clinic Test è uno strumento di ricerca eccezionale, un momento unico all’interno
del quale Consumatore, Consulenti (marketing, immagine, comunicazione) e
Capi Progetto Aziendali hanno l’opportunità di interagire e scambiarsi
opinioni di fronte a uno o più prototipi e a una rappresentazione
significativa del mercato competitivo.
Dovrebbe essere un momento di studio (cit. studiando s’impara) e
comprensione (cit. ascoltando s’impara), in cui si stabiliscono le basi per
le strategie e i progetti di vita del veicolo.
Però, perché il tutto funzioni a dovere, sarebbe opportuno che tutti gli
‘attori’ –professionali e non- cercassero di capirsi al meglio partendo dall’istituzione
di un linguaggio comune e –non ultimo- un sostanziale uso di buon senso.
Allora sarebbe corretto che in primo luogo i Signori Produttori facessero
qualche sforzo, che andassero al di fuori del proprio gergo e delle proprie
convinzioni, non ostinandosi a imporle universalmente, a titolo
esemplificativo:
1) Premium in italia è una marca di biscotti (Saiwa); se obblighi un
automobilista italiano a reagire a questa definizione non puoi non prevedere
che lui pensi ai biscotti e non alla definizione tecnica di una marca
automobilistica di un certo livello;
2) Se a una bicicletta attacchi i fari allo xeno questa resta una bicicletta
con i fari potenti. Non un’auto di lusso: non è solo la feature a fare l’appeal
(men che meno il posizionamento);
3) Se sei una marca di second’ordine all’interno di un certo mercato e ti
metti a tirartela come le marche più solide e well-reputated fai ridere i
polli, non attrai i clienti: il prodotto non è l’unico elemento all’interno
del marketing mix, e il Consumatore magari è naif ma non è proprio
imbecille;
4) Non basta prendere il cruscotto di una NSU Prinz e sbatterci un tablet
attaccato in qualche modo per guadagnare il vissuto di prodotto lussuoso,
ricercato e tecnologicamente avanzato: lusso in Italia è (anche) una
semplice Tshirt nera marcata Armani, non certo una maglietta di marca Zumbù
con inserti in pelliccia e rifiniture d’oro zecchino;
5) Se un Consulente Ricercatore italiano ti dice che per gli italiani una
macchina con assetto ribassato, interni rosso fuoco e cromati la considerano
tamarra e non di lusso non è perché odia la tua auto o la tua marca, ma
perché sta cercando di fare il suo lavoro al meglio: ascolta sempre chi
paghi per la sua esperienza locale, oltre che per le sue capacità tecniche;
6) Se altre marche si chiamano Audi, BMW e Mercedes e tu non lo sei, loro
possono farsi pagare di più e tu puoi anche crepare di invidia, ma ci devi
mettere anni, investimenti, impegno e voglia di capire per cambiare la
situazione. Non basta una proposta, non basta un prodotto a ribaltare una
situazione, il valore della marca resta comunque e a prescindere
7) Se l’intenzione d’acquisto è molto positiva ma il posizionamento di
prezzo al 30% sotto le ipotesi aziendali cerca di proiettare la risposta un
metro oltre le parole: vuol dire che il tuo prodotto e la tua marca hanno
attrattiva ZERO in quel contesto;
Ci sono pagine di report che capita di ripetere ciclicamente nel corso del
tempo per gli stessi Clienti (Produttori), che ci obbligano costantemente a
ripetere alcune (inutili) domande invece che andare alla ricerca delle
motivazioni più vere e profonde.
Un po’ come girare attorno ai buchi invece che concentrarsi sul
formaggio…una situazione francamente improduttiva e demotivante, capace di
vanificare in buona parte i consistenti investimenti che caratterizzano ogni
Clinic Test oltre che a danneggiare il prodotto.
Io che in passato ne ho fatti tanti (ma ora che ho un auto particolarissima
sono fuori dal "giro") me lo sono sempre chiesto, riferendolo qui, il CDO
E' evidente che non era solo una mia sensazione che qualcosa non funziona se
alla fine le Case spendono un sacco di soldi per commissionare il servizio a
società incaricate e poi se ne "fregano" come bene descritto dall'articolo
qui sotto in 7 punti
**** Clinic Test, buonsenso e la voglia di capire davvero *****
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Ci sono pagine di report che capita di ripetere ciclicamente nel corso del
tempo per gli stessi Clienti (Produttori), che ci obbligano costantemente a
ripetere alcune (inutili) domande invece che andare alla ricerca delle
motivazioni più vere e profonde.
Un po’ come girare attorno ai buchi invece che concentrarsi sul
formaggio…una situazione francamente improduttiva e demotivante, capace di
vanificare in buona parte i consistenti investimenti che caratterizzano ogni
Clinic Test oltre che a danneggiare il prodotto.
Il Clinic Test è uno strumento di ricerca eccezionale, un momento unico all’interno
del quale Consumatore, Consulenti (marketing, immagine, comunicazione) e
Capi Progetto Aziendali hanno l’opportunità di interagire e scambiarsi
opinioni di fronte a uno o più prototipi e a una rappresentazione
significativa del mercato competitivo.
Dovrebbe essere un momento di studio (cit. studiando s’impara) e
comprensione (cit. ascoltando s’impara), in cui si stabiliscono le basi per
le strategie e i progetti di vita del veicolo.
Però, perché il tutto funzioni a dovere, sarebbe opportuno che tutti gli
‘attori’ –professionali e non- cercassero di capirsi al meglio partendo dall’istituzione
di un linguaggio comune e –non ultimo- un sostanziale uso di buon senso.
Allora sarebbe corretto che in primo luogo i Signori Produttori facessero
qualche sforzo, che andassero al di fuori del proprio gergo e delle proprie
convinzioni, non ostinandosi a imporle universalmente, a titolo
esemplificativo:
1) Premium in italia è una marca di biscotti (Saiwa); se obblighi un
automobilista italiano a reagire a questa definizione non puoi non prevedere
che lui pensi ai biscotti e non alla definizione tecnica di una marca
automobilistica di un certo livello;
2) Se a una bicicletta attacchi i fari allo xeno questa resta una bicicletta
con i fari potenti. Non un’auto di lusso: non è solo la feature a fare l’appeal
(men che meno il posizionamento);
3) Se sei una marca di second’ordine all’interno di un certo mercato e ti
metti a tirartela come le marche più solide e well-reputated fai ridere i
polli, non attrai i clienti: il prodotto non è l’unico elemento all’interno
del marketing mix, e il Consumatore magari è naif ma non è proprio
imbecille;
4) Non basta prendere il cruscotto di una NSU Prinz e sbatterci un tablet
attaccato in qualche modo per guadagnare il vissuto di prodotto lussuoso,
ricercato e tecnologicamente avanzato: lusso in Italia è (anche) una
semplice Tshirt nera marcata Armani, non certo una maglietta di marca Zumbù
con inserti in pelliccia e rifiniture d’oro zecchino;
5) Se un Consulente Ricercatore italiano ti dice che per gli italiani una
macchina con assetto ribassato, interni rosso fuoco e cromati la considerano
tamarra e non di lusso non è perché odia la tua auto o la tua marca, ma
perché sta cercando di fare il suo lavoro al meglio: ascolta sempre chi
paghi per la sua esperienza locale, oltre che per le sue capacità tecniche;
6) Se altre marche si chiamano Audi, BMW e Mercedes e tu non lo sei, loro
possono farsi pagare di più e tu puoi anche crepare di invidia, ma ci devi
mettere anni, investimenti, impegno e voglia di capire per cambiare la
situazione. Non basta una proposta, non basta un prodotto a ribaltare una
situazione, il valore della marca resta comunque e a prescindere
7) Se l’intenzione d’acquisto è molto positiva ma il posizionamento di
prezzo al 30% sotto le ipotesi aziendali cerca di proiettare la risposta un
metro oltre le parole: vuol dire che il tuo prodotto e la tua marca hanno
attrattiva ZERO in quel contesto;
Ci sono pagine di report che capita di ripetere ciclicamente nel corso del
tempo per gli stessi Clienti (Produttori), che ci obbligano costantemente a
ripetere alcune (inutili) domande invece che andare alla ricerca delle
motivazioni più vere e profonde.
Un po’ come girare attorno ai buchi invece che concentrarsi sul
formaggio…una situazione francamente improduttiva e demotivante, capace di
vanificare in buona parte i consistenti investimenti che caratterizzano ogni
Clinic Test oltre che a danneggiare il prodotto.