Downshifter
2011-02-27 09:54:18 UTC
http://www.corrierevicentino.it/2011/02/area-berica-allevamenti-rischio.html
( http://tinyurl.com/6yc9z5h )
Italia non ha mai sforato le quote latte imposte dalla Comunità Europea.
Le multe da stangata definitiva a migliaia di allevatori sono quindi
ingiuste. È la clamorosa conclusione a cui è giunta la commissione
istituita dall'ex ministro dell'agricoltura Zaia, che lo scorso aprile
ha depositato al ministero questo risultato, protocollato dallo stesso
Zaia proprio nell'ultimo giorno del suo incarico a Roma.
A ribadire il risultato, passato quasi sotto silenzio, è il presidente
dei Co.s.p.a. vicentini Mauro Giaretta, storico promotore della protesta
degli allevatori contro le multe.
“Di questi dati non si sta tenendo affatto conto – avverte però Giaretta
– e se a inizio anno partiranno le cartelle esattoriali per gli
allevatori multati, per la maggior parte di loro sarà la chiusura”.
Andiamo con ordine. Può riassumere a grandi tappe la questione?
Le quote latte sono state istituite nell'83. Il tetto di produzione
assegnato all'Italia dall'Europa era già in partenza molto esiguo
rispetto ad altri paesi. La Danimarca produce il quadruplo del latte che
consuma, e in tutti gli stati comunitari le quote concesse superano il
fabbisogno nazionale. Invece la produzione italiana copre circa il 55%
del nostro fabbisogno. Dobbiamo importare quasi la metà del latte che
utilizziamo.
Di chi fu la responsabilità allora?
Soprattutto dei politici che hanno ceduto su questo fronte per ottenere
di più su altri, soprattutto sull'acciaio. Ma oltre a questa decisione
così punitiva in partenza, a colpire le aziende italiane è stata da
sempre la mancanza di conteggi seri della capacità produttiva italiana.
I dati passati alla Comunità europea erano basati su autocertificazioni
dei caseifici e basta, senza riferirsi direttamente agli allevatori. Si
pensi che l'ultimo censimento puntuale delle bestie da latte è del 1937.
Da allora ci si è basati su dati Istat, proiezioni statistiche risultate
errate. Questo ha permesso frodi estese e colossali. Nell'83 le quote
furono assegnate gratuitamente a chi risultava titolare di stalle. Ma
poi, molti che hanno chiuso hanno continuato ad essere assegnatari,
senza diritto. Così vendevano o affittavano le quote che a loro non
servivano. Il fenomeno continua tuttora. Ed è un enorme mercato. Si
pensi che negli anni 90, ma anche oggi, le quote latte sono arrivate a
costare 5 o 6 volte il ricavato della vendita del latte relativo. Molti
allevatori, costretti, le acquistano o le affittano lo stesso, facendo
mutui e sperando che la situazione migliori, per esempio con l'aumento
del prezzo del latte. Ma si tratta di operazioni economicamente disperate.
Che punte ha avuto questo fenomeno?
La commissione Zaia ha scoperto dichiarazioni di grandi stalle, con
quote relative, site in piazza Navona a Roma. Oppure aziende con 70.000
vacche dichiarate in Trentino (in Italia non ne esistono di queste
dimensioni). Poi i Carabinieri sono andati a vedere all'indirizzo, e le
bestie erano quindici. Il bello è che il proprietario non era al
corrente di nulla. Qualcuno aveva fatto la dichiarazione a nome suo,
intascando le quote. Senza contare le truffe alimentari del latte in
polvere importato dall'estero e poi rivenduto come latte liquido, da chi
aveva quote senza avere una vacca.
In base a questa commissione ministeriale, quindi, l'Italia non ha mai
sforato le quote...
Esatto. Noi lo sapevamo già, la commissione lo ha accertato. La
produzione nazionale dichiarata era assai superiore a quella reale, che
è sempre stata inferiore al 95% (probabilmente anche di più) del tetto
massimo consentito da Bruxelles. Un altro lato esasperante di tutta
questa vicenda è che chiamate a pagare le multe per tutti sono solo
2.000 aziende su circa 10.000, in base ad alcuni farraginosi meccanismi.
E adesso?
I Carabinieri hanno consegnato questi dati alla Magistratura e 63
Procure della Repubblica hanno aperto un'inchiesta, compresa quella
di Vicenza. Per molti di noi questa inchiesta è l'ultima, urgente speranza.
Giovanni Salvati
Corriere Vicentino, gennaio 2011
( http://tinyurl.com/6yc9z5h )
Italia non ha mai sforato le quote latte imposte dalla Comunità Europea.
Le multe da stangata definitiva a migliaia di allevatori sono quindi
ingiuste. È la clamorosa conclusione a cui è giunta la commissione
istituita dall'ex ministro dell'agricoltura Zaia, che lo scorso aprile
ha depositato al ministero questo risultato, protocollato dallo stesso
Zaia proprio nell'ultimo giorno del suo incarico a Roma.
A ribadire il risultato, passato quasi sotto silenzio, è il presidente
dei Co.s.p.a. vicentini Mauro Giaretta, storico promotore della protesta
degli allevatori contro le multe.
“Di questi dati non si sta tenendo affatto conto – avverte però Giaretta
– e se a inizio anno partiranno le cartelle esattoriali per gli
allevatori multati, per la maggior parte di loro sarà la chiusura”.
Andiamo con ordine. Può riassumere a grandi tappe la questione?
Le quote latte sono state istituite nell'83. Il tetto di produzione
assegnato all'Italia dall'Europa era già in partenza molto esiguo
rispetto ad altri paesi. La Danimarca produce il quadruplo del latte che
consuma, e in tutti gli stati comunitari le quote concesse superano il
fabbisogno nazionale. Invece la produzione italiana copre circa il 55%
del nostro fabbisogno. Dobbiamo importare quasi la metà del latte che
utilizziamo.
Di chi fu la responsabilità allora?
Soprattutto dei politici che hanno ceduto su questo fronte per ottenere
di più su altri, soprattutto sull'acciaio. Ma oltre a questa decisione
così punitiva in partenza, a colpire le aziende italiane è stata da
sempre la mancanza di conteggi seri della capacità produttiva italiana.
I dati passati alla Comunità europea erano basati su autocertificazioni
dei caseifici e basta, senza riferirsi direttamente agli allevatori. Si
pensi che l'ultimo censimento puntuale delle bestie da latte è del 1937.
Da allora ci si è basati su dati Istat, proiezioni statistiche risultate
errate. Questo ha permesso frodi estese e colossali. Nell'83 le quote
furono assegnate gratuitamente a chi risultava titolare di stalle. Ma
poi, molti che hanno chiuso hanno continuato ad essere assegnatari,
senza diritto. Così vendevano o affittavano le quote che a loro non
servivano. Il fenomeno continua tuttora. Ed è un enorme mercato. Si
pensi che negli anni 90, ma anche oggi, le quote latte sono arrivate a
costare 5 o 6 volte il ricavato della vendita del latte relativo. Molti
allevatori, costretti, le acquistano o le affittano lo stesso, facendo
mutui e sperando che la situazione migliori, per esempio con l'aumento
del prezzo del latte. Ma si tratta di operazioni economicamente disperate.
Che punte ha avuto questo fenomeno?
La commissione Zaia ha scoperto dichiarazioni di grandi stalle, con
quote relative, site in piazza Navona a Roma. Oppure aziende con 70.000
vacche dichiarate in Trentino (in Italia non ne esistono di queste
dimensioni). Poi i Carabinieri sono andati a vedere all'indirizzo, e le
bestie erano quindici. Il bello è che il proprietario non era al
corrente di nulla. Qualcuno aveva fatto la dichiarazione a nome suo,
intascando le quote. Senza contare le truffe alimentari del latte in
polvere importato dall'estero e poi rivenduto come latte liquido, da chi
aveva quote senza avere una vacca.
In base a questa commissione ministeriale, quindi, l'Italia non ha mai
sforato le quote...
Esatto. Noi lo sapevamo già, la commissione lo ha accertato. La
produzione nazionale dichiarata era assai superiore a quella reale, che
è sempre stata inferiore al 95% (probabilmente anche di più) del tetto
massimo consentito da Bruxelles. Un altro lato esasperante di tutta
questa vicenda è che chiamate a pagare le multe per tutti sono solo
2.000 aziende su circa 10.000, in base ad alcuni farraginosi meccanismi.
E adesso?
I Carabinieri hanno consegnato questi dati alla Magistratura e 63
Procure della Repubblica hanno aperto un'inchiesta, compresa quella
di Vicenza. Per molti di noi questa inchiesta è l'ultima, urgente speranza.
Giovanni Salvati
Corriere Vicentino, gennaio 2011