Post by DDVPost by HuygPost by DDVAppunto, dove'è l'authority preposta ai controlli?
Perdonatemi, ma davvero qui non sapete di cosa parlate. Io finora non
ero intervenuto perché alla fine il discorso è lunghissimo e ognuno è
libero di pensarla come vuole,
Ci mancherebbe! la tua opinione è invece molto gradita.
anche se metà buona della mia vita da
Post by Huygricercatore universitario è dedicata agli stereotipi sulla
comunicazione e su come diventano profezia che si autoadempie.
Ecco, un riassunto sarebbe per me mooolto interessante.
Ti potrei consigliare qualche testo (anche mio :oÞ) ma se devo fare un
riassunto davvero stringato, i punti sono sostanzialmente due:
1) il rapporto strutturale di una società con i media di massa: fin da
quando si inizia a parlare di mass media (diciamo inizio Novecento)
emergono posizioni fortemente critiche, che considerano i mass media in
grado di manipolare chiunque e soprattutto di azzerare ogni possibile
resistenza (non a caso la "teoria" che afferma questo viene chiamata
"dell'ago ipodermico" o "del proiettile magico"). Questo clima di
diffidenza - se non di ostilità - verso i mass media ha in qualche modo
settato una visione della comunicazione come qualcosa di superfluo e
pericoloso. In questo contesto, la pubblicità è diventata - in
particolare dopo il 1956 - il "cattivo" ideale, perché oltre a
manipolare ti mette pure le mani in tasca. E in Italia in particolar
modo, perché la pubblicità, figlia diretta dell'industrializzazione
mediante l'iniziativa imprenditoriale (leggasi: essendo strutturalmente
un mezzo per far soldi), non era vista di buon occhio né dai comunisti
né dai cattolici, che erano (e sostanzialmente sono) i due principali
filoni culturali.
Il punto è che questa visione implica una concezione arcaica sia del
sistema della comunicazione, sia della ratio del consumatore, sia della
funzione dell'acquisto, sia - in ultima analisi - della concezione
stessa del mercato. La classica domanda alla quale gli studenti
rimangono con la bocca spalancata: ma tu quante pubblicità di detersivo
hai visto? E quale hai comprato? E gli altri proiettili magici come hai
fatto a schivarli?
Risposta classica: beh, perché io ho un livello culturale superiore, ma
la casalinga di Voghera invece...
Risposta classica mia: e la casalinga di Voghera secondo te compra un
flacone di tutto?
Risposta finale dello studente: ...
2) Il problema della QUALITA' (che voi accennate), sempre enormemente
sottovalutato: quando si parla di pubblicità si tende a fare un unico
calderone nel quale rientrano sia le grandi campagne di Nike e Coca
Cola, sia la società veneta di rinnovabili che ha piazzato sui
cartelloni una gnocca con le brocche di fuori sopra un pannello
fotovoltaico, con il viso che mostrava indiscutibilmente che era a un
passo dal raggiungere l'estasi sessuale strofinandosi su un così bel
ritrovato tecnologico - oltretutto sentendosi anche amica del pianeta,
storico afrodisiaco (campagna bloccata dopo una settimana dallo IAP).
E invece no: ci sono ovviamente pubblicità meravigliose e pubblicità
terribili, e tutto l'arco in mezzo. Il punto qual è? Che più si batte
sul punto 1, e più gli investitori in pubblicità chiederanno alle
agenzie pubblicità orribili, perché convinti che sono più efficaci! E'
qui che di fatto la profezia si autoadempie. Ma il punto è che non è
vero!
Post by DDVPost by HuygPerò sullo IAP sbagliate di grosso, è uno dei rarissimi casi in cui c'è
un codice aggiornato, condiviso, rispettato e un'autorità con un
procedimento snello ed efficace. Non è vero che passa tutto, e i
controlli vengono fatti eccome. Tra l'altro, non poca giurisprudenza è
facilmente consultabile sul sito dello IAP, e ci potete tranquillamente
trovare motivazioni e approfondimenti dei perché sì e dei perché no di
ogni spot. Poi potete dissentire, ma certo in questo caso non può
valere il discorso del "dove sono i controlli quando servono". Mica è
l'ordine dei giornalisti, che ne è l'esatto negativo, e che ha una
frequenza e un'efficacia di intervento ai limiti del grottesco.
Quindi le poche pubblicità che dato il costante martellamento (vedi quella
patetica e assolutamente menzognera del conad) sono costretta a subire, sono
eticamente motivate.
Faccio il puntiglioso: qui si parla
1) di deontologia, non di etica, quindi del precipitato professionale
dell'etica, e
2) non di campagne eticamente motivate, ma di campagne eticamente non
immotivate.
Non dimentichiamoci che il valore etico di riferimento della pubblicità
non è la verità (valore di riferimento, invece, del giornalismo) ma la
non ingannevolezza.
Art. 1 e 2 del codice:
http://www.iap.it/codice-e-altre-fonti/il-codice/
Post by DDVPersonalmente non sono la persona più adatta a giudicare, proprio perché
evito la pubblicità come la peste, ma ai due artigiani di divani e divani che
becco su tutti i canali facendo zapping per evitarli, sparerei
metaforicamente in fronte e considero la pubblicità della fabbrica in
questione, basata su sconti della metà della metà, un'allucinante presa per i
fondelli, che mi irrita profondamente e mi irrita ancor di più dover
constatare che funziona alla grande, visto che si stanno espandendo in tutta
italia.
Lì si potrebbe introdurre una sottigliezza, ma sì, è un buon esempio:
sia perché in una parola spieghi il concetto di target (che
evidentemente non sei tu), sia perché... ti sbagli di marca! Allora
forse non è così facile penetrare nelle menti delle genti, se anche una
pubblicità così martellante, al dunque, non ha fissato il nome della
marca nella mente del pubblico...
Post by DDVPost by Huyg(se vi interessano pubblicazioni scientifiche sull'argomento chiedete
pure, anche se potrei avere conflitti di interessi...)
Be', puoi linkarne qualcuno: sarebbe interessante conoscere le tecniche di
chi lavora per lobotomizzarci:-(
DDV