Post by CasimiroAllora, è valida ancora la famosissima Relatività che tanto ha pesato
anche sulla filosofia del '900?
O è un mostro sacro che non si deve toccare?
Ogni volta che la religione o la filosofia "toccano" la scienza si scottano,
si bruciano, si contorcono e si pentono di averci provato. Qualunque cosa
abbiano tentato di dire i filosofi o i sacerdoti "entrando nel merito" di
questioni scientifiche ha fatto ridere l'umanità per secoli. Qualunque
fisico si sbellica dalle risate a leggere le considerazioni di Hegel sul
numero dei pianeti, e anche un filosofo intelligente come Popper, quando
tentò di dire la sua sulla meccanica quantistica entrando nel merito delle
questioni prettamente scientifiche, sparò una fila di fesserie che la metà
bastavano.
Persino le apparenti eccezioni alla fine rientrano in questa regola.
Ad esempio quando Newton e Leibniz fondarono il calcolo infinitesimale,
usarono il concetto di "infinitesimo" in un modo che appariva
"ragionevolmente assurdo" (anche se aveva il merito non comune di
"funzionare") e il vescovo Berkeley si prese gioco delle assurdità che
stavano alla base della scienza degli "analisti", cercando di mostrare che
quella scienza non poteva pretendere di essere più scientificamente fondata
dei dogmi religiosi. Solo nel XX secolo, come conseguenza dei più avanzati
teoremi di logica, si è capito che il concetto di "infinitesimo" può essere
definito in modo rigoroso e - guarda caso - va usato proprio come lo hanno
usato Newton, Leibniz e tutti gli altri a partire dal XVII. Quindi anche
quando sembra che la scienza si trovi in momentanea difficoltà concettuale e
che una volta tanto siano i filosofi o i religiosi a potersi predere gioco
della scienza anziché il contrario, anche in quella occasione poi salta
fuori che il vescovo-filosofo ha torto. Non può non averlo.
Quanto alle speculazioni filosofiche sulla relatività einsteiniana, non
riesco nemmeno a commentare. Per il 99% tali speculazioni sono assurde e
inconsistenti, e anche quell'1% che sembra essere sensato in realtà non lo
è, anche se magari ancora i fisici non riescono a spiegare perché non lo
sia: semplicemente "sanno" che non è così, altrimenti ci avrebbero già
pensato o lo avrebbero già fatto.
D'altra parte qualcosa di analogo capita quando gli scienziati si vogliono
"impicciare" troppo di filosofia. Una cosa è avvicinarsi a una disciplina
cercando di capire cosa stanno facendo quelli che se ne occupano, ma lo
scienziato che arriva a dire che alle domande millenarie della filosofia si
può rispondere così e così fa puntualmente la figura del fesso. Ci sono
fisici eccellenti convinti come dei pompieri che quelle che loro scoprono
sono delle "Leggi di Natura", e se gli si chiede «Ma "Leggi" in che senso?»
o «Ma "Natura" in che senso?» scrollano le spalle seccati come se gli si
fosse rivolta una domanda sciocca o assurda, senza nessuna
consapevolezza di essere portatori di forme di superstizione
animistica che già nel tardo paleolitico cominciavano ad essere
superate, tant'è che i preistorici pittori delle grotte di Lascaux
(http://www.culture.gouv.fr/culture/arcnat/lascaux/fr/)
mostrano spesso di essere concettualmente più raffinati di tanti
scienziati.
Probabilmente c'è gente che nasce con l'"orecchio assoluto" - una spiccata
sensibilità per una certa disciplina e per i problemi che la animano - e che
riescono a "fare la cosa giusta" anche quando mancano i presupposti
concettuali e teorici per rendere conto di quella prassi.
Stando così le cose (ovvero stante il fatto che ogni qualvolta la religione
o la filosofia pretendono di "entrare nel merito" della scienza dicono
puntualmente delle cose destinate e far ridere l'umanità per i secoli
successivi, anche quando dicono qualcosa che appare assolutamente
"evidente"), ecco - dicevo - stando così le cose, che possono fare la
religione o la filosofia quando vogliono parlare del mondo? Dobbiamo forse
vietare alla religione o alla filosofia di dire "come è fatto" il mondo? Non
possono il filosofo o il sacerdote parlare di cellule, neuroni, elettroni o
quark?
Il problema è il seguente: perché il filosofo o il sacerdote possono parlare
tranquillamente di onde elettromagnetiche (se non altro perché usano il
cellulare), ma non possono più parlare dell'"etere" o del "calorico", mentre
possono avere delle riserve a parlare di "stringhe" o di "quark"? Non
possono il filosofo e il sacerdote "dire la loro", decidere ad esempio di
considerare un "fatto evidente" l'esistenza delle onde elettromagnetiche,
e avere delle riserve sui "quark"?
No, non possono. L'unica cosa che possono fare la religione e la filosofia è
dire: «Il mondo è fatto esattamente così come lo descrivono i fisici».
Questa è l'unica cosa che possa "salvare" la religione e la filosofia.
Qualunque altro atteggiamento è destinato all'"errore" (anche nel senso
etimologico del termine) e al "ridicolo".
Sia ben chiaro che questo non significa affatto riconoscere ai fisici una
sorta di "infallibilità". Di tutto ciò in cui i fisici attualmente "credono"
fra due o tre secoli sarà rimasto ben poco. Forse fra qualche decennio
arriverà un grande fisico a mostrare che il concetto di "particella" è
altrettanto inconsistente di quanto ora appaia inconsistente quello di
"etere", e dopo di lui già alle scuole superiori si insegnerà ai ragazzi che
una volta i fisici "credevano nelle particelle", nonostante tutte le
insormontabili difficoltà concettuali che quell'ipotesi poneva, e prima
ancora "credevano nell'etere" e prima ancora "credevano nel calorico".
Ci sono almeno due buone ragioni per le quali il filosofo e il religioso non
si devono "impicciare" del modo in cui si sviluppa e si dipana storicamente
la descrizione che i fisici danno del mondo:
1) Innanzi tutto, come ho cercato di far vedere fino a qui, non ne sono in
grado. È vero che fra qualche secolo della fisica di oggi sarà rimasto ben
poco, ma le nuove idee, le nuove interpretazioni del mondo, verranno
comunque da dei fisici, e se ora un religioso o un filosofo cercassero di
"entrare nel merito" ed essere loro a proporre una nuova interpretazione del
mondo, quella interpretazione sarebbe inaccettabile per i fisici, e non
avrebbe futuro, se non come ennesimo esempio di castroneria suscitatrice di
grande ilarità fra i fisici del futuro.
2) In secondo luogo i fisici per fare il loro lavoro hanno bisogno di
gestirsi e barcamenarsi in forme di pseudo-consapevolezza che sono
incompatibili con le esigenze della filosofia. Tutti noi per poterci
innamorare di una donna (e viceversa) abbiamo bisogno di conoscerla poco:
nessuno si innamora di qualcuno che conosce benissimo e che ha frequentato
per anni. Analogamente tutti noi per poter continuare a vivere abbiamo
bisogno di dimenticarci continuamente di dover morire: se fossimo in ogni
istante perfettamente consapevoli di dover morire, e che qualunque cosa
facciamo basterà aspettare cento anni dopodiché sarà del tutto irrilevante
non solo ciò che avremo fatto ma anche il fatto di essere esistiti o meno,
ecco se in ogni instante della nostra vita avessimo questa consapevolezza
totale noi non potremmo più vivere. Analogamente all'innamorato che non
conosce l'oggetto del suo amore e al mortale che rimuove continuamente la
consapevolezza della propria morte, il fisico, nel momento in cui elabora
una certa immagine del mondo ha bisogno di "crederci". I fisici con una
parte di sé sono ben consapevoli che di qui a qualche secolo della loro
immagine del mondo sarà rimasto ben poco, e tuttavia per poter dispiegare la
propria creatività essi, in quel momento, hanno bisogno di non saperlo o di
dimenticarlo. Già oggi la concezione "geometrica" che Einstein aveva dello
spazio-tempo sembra destinata ad essere superata in modo radicale. Non
parliamo poi di Maxwell, che scrisse le sue famose equazioni
dell'elettromagnentismo pensando di star descrivendo le proprietà
dell'etere. Noi scriviamo equazioni pensando sempre ad una certa immagine
del mondo, ma poi quell'immagine viene superata e restano solo le equazioni.
Nessuno di noi riesce a capire come possano "restare le equazioni" quando
l'immagine del mondo che ha permesso di scriverle è stata definitivamente
superata, si sa solo che per poterle scrivere bisogna pescare dentro di sé
ad un livello molto profondo, la dove stanno le "credenze", cioè quei
pensieri da cui è impossibile "prendere le distanze". Da questo punto di
vista il fisico più che infallibile risulta "intoccabile": se andiamo a
romepere il suo precario equilibrio interno di pseudo-consapevolezza
rischiamo di "rompere il gioco", e trasformare un "genio bambino" in un
"adulto inibito". Se Einstein e Feymann per fare quel che hanno fatto hanno
avuto bisogno di ipostatizzare la Natura, ben venga.
Cosa vuol dire allora che il mondo è fatto esattamente così come lo
descrivono il fisici? Come dicevo, non vuol certo dire che essi siano
infallibili. Vuol dire soltanto che il religioso e il filosofo che fossero
vissuti all'epoca in cui gli scienziati "credevano" al calorico e all'etere
avrebbero dovuto descrivere il mondo dicendo che esistevano il calorico e
l'etere. Qualunque altra affermazione sarebbe stata comunque "fallimentare".
Qualora un filosofo o un religioso dell'epoca avessero dichiarato che non
c'era nessun calorico e nessun etere, non solo si sarebbero tirati contro
tutta la comunità degli scienziati dell'epoca, ma anche oggi, andando a
rileggere le ragioni per le quali essi non credevano all'etere e al
calorico, scopriremmo che la convizione era "giusta" (rispetto a quella a
cui "crediamo" oggi) ma la motivazione era certamente "sbagliata". Così se
pure è vero che oggi i fisici credono tutti (o quasi) all'"ipotesi atomica"
(cioè al fatto che il mondo sia fatto di "particelle", anche se
probabilmente continueranno a crederci ancora per poco, ma noi non ci
saremo), questo non vuol dire affatto che "Democrito aveva ragione". Se
andiamo a leggere in Democrito le ragioni per le quali egli postulava gli
"atomi" non troviamo nulla che avrebbe potuto (o dovuto) convincere uno
scienziato del XVIII o del XIX secolo, e per far accettare alla comunità
scientifica l'ipotesi atomica si sono dovuti attendere Maxwell, Boltzmann e
tutti gli altri, i quali portavano idee e concezioni che il vecchio
Democrito non avrebbe potuto nemmeno lontanamente immaginare.
Pretendere di "entrare nel merito" è sempre e comunque una partita persa in
partenza, e nell'istante in cui i filosofi o i religiosi scendono su quel
piano sono comunque destinati a uscirne sconfitti. Tuttavia, come dicevo
poco fa, questo non dipende da una pretesa "infallibilità" degli scienziati,
e su questo punto cruciale la strada della filosofia diverge sensibilmente
da quella della religione.
Infatti se la religione si rifiuta di ammettere che il mondo è fatto così
come lo descrivono gli scienziati, è destinata a "scottarsi" continuamente,
ma al tempo stesso non può nemmeno dire che il mondo è fatto sempre e
comunque come lo descrivono gli scienziati, perché a volte la concezione del
mondo della religione è incompatibile con quella che va per la maggiore fra
la comunità scientifica, e inoltre la religione non può mettere nelle mani
della comunità scientifica una sorta di certificato di infallibilità che la
porrebbe in una posizione subordinata rispetto alla scienza. Tutto ciò però
si pone perché la religione ha bisogno di partire dal presupposto che il
mondo "è fatto in qualche modo". Da questo punto di vista i sacerdoti sono
come gli ingegneri e i fisici: non possono "prendere le distanze"
dall'idea che gli elettroni o i fotoni o l'etere o il calorico aut esistono
aut non esistono. In altri termini, i sacerdoti, gli ingegneri e molti
fisici "credono" che una delle due cose sia vera: o esistono i fotoni oppure
non esistono, e dunque credono che quando i fisici non credevano che
esistessero i fotoni (per molti anni fisici anche molto illustri
resistettero strenuamente a questa ipotesi) essi credevano una cosa "non
vera", mentre oggi che i fisici ai fotoni ci credono essi credono una cosa
"vera". Come dicevo, il sacerdoti, gli ingegneri e i fisici non possono
"prendere le distanze" da tutto ciò: i religiosi perché credono che Dio
abbia creato il mondo che esiste ed è fatto così come è concepito e
percepito dall'Intelletto di Dio, per cui esso è fatto in un certo modo e
non in un altro, e gli ingegneri e i fisici perché hanno bisogno di pensare
così per ragioni che per ora non ci interessano (ci interessa solo il fatto
che essi in virtù di questa "credenza" poi possano "funzionare": costruire,
scoprire eccetera).
Questo "vincolo di credenza" per la filosofia (e forse anche per la
matematica, o se non altro per certa matematica, ma è un discorso lungo) non
sussiste: la filosofia può sopravvivere al pensiero esplicito e consapevole
che il mondo "può non essere fatto in alcun modo". A partire da questo
fatto il filosofo - contrariamente a tutti gli altri - può trasformare
quella che sembrava una sua debolezza nella sua forza. Il filosofo che parte
da questo presupposto, quando dice che il mondo è fatto esattamente così
come lo descrivono i fisici, non una virgola di più, non una virgola di
meno, sta dicendo che il compito del filosofo non è quello di sottoporre a
critica delle forme di animismo arcaico e di ipostatizzazione (che è poi un
tipo di investimento libidico) come quelle legate ad una presunta
"oggettività" del mondo, ma compito del filosofo è invece quello di studiare
quel fenomeno culturale che è la formazione del consenso e del pensiero
intersoggettivo all'interno di una certa comunità.
Dopodiché per completare il quadro il filosofo dovrà essere in grado di
sottoporre anche la comunità dei filosofi a questa osservazione critica
chiedendosi, ad esempio, come avvenga che i filosofi ad un certo punto
possano "decidere" di dire che il mondo è fatto sempre e comiunque
esattamente come lo descrivono i fisici. Questa forma di consapevolezza
sarà quella che "farà la differenza" essendo completamente preclusa agli
scienziati, i quali invece per poter "esistere" (= "lavorare") sono
costretti a pensare che se la comunità dei fisici alla fine ha deciso di
"credere ai fotoni" è perché i fotoni "esistono davvero". Qui saranno i
filosofosi a sbellicarsi dalle risate per i secoli a venire. Altrimenti
ridono i fisici.
Ad ogni modo l'importante è stare allegri, per cui comunque si faccia va
bene.
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Saluti.
D.