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Cosa determina il prezzo di un bene?
(troppo vecchio per rispondere)
La zanzara 76
2006-12-04 09:16:07 UTC
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Uno dei problemi principali dell'economia politica consiste nello
spiegare quali sono i fattori che determinano il prezzo di un bene. La
tradizionale microeconomia, almeno nelle formulazioni più generiche,
fa dipendere i prezzi dalle utilità dei beni, ossia il rapporto tra i
prezzi di due beni equivale il rapporto tra le utilità marginali.
Quindi con ogni euro speso il consumatore consegue la stessa utilità
marginale in relazione alla quantità di ogni bene che acquista,
cosicché più un bene è utile, più costa; in pratica c'è una
proporzionalità tra prezzo e utilità.
Tuttavia a me sembra che l'utilità non sia l'unico fattore che
determina i prezzi.
Infatti tali fattori sono molteplici. Cerco di elencarne i principali:

1) Il principale fattore che determina il prezzo di un bene sono i suoi
costi di produzione, che consistono nei costi variabili e nei costi
fissi: ossia se il bene richiede un certo numero di ore di lavoro per
essere prodotto, allora il denaro speso nei salari di quelle ore di
lavoro va computato nei costi di produzione del bene, come costo
variabile. Invece quando nei costi di produzione si computano tutti gli
altri costi necessari a produrre il bene in questione (ad esempio i
costi del macchinario, i costi di assicurazione, le tasse, l'affitto
dell'edificio, ecc.) questi sono classificati come costi fissi.

2) Il secondo fattore è la legge della domanda e dell'offerta: le
imprese immettono sul mercato il bene prodotto ad un certo prezzo
(calcolato secondo la formula: costi di produzione più una percentuale
di profitto), tuttavia se l'offerta supera la domanda il prezzo cala,
altrimenti se la domanda supera l'offerta il prezzo sale. In tal caso
il fattore utilità fa variare il prezzo iniziale calcolato solo sui
costi di produzione, infatti una utilità marginale molto alta
significa che i consumatori reputano molto utile il bene in questione,
tanto che sono disposti a pagare di più per avere il bene e questo fa
lievitare il prezzo quando l'offerta è scarsa rispetto alla domanda.

3) Il terzo fattore è il potere contrattuale delle parti: se gli
acquirenti hanno molto potere contrattuale rispetto ad un certo
venditore, allora possono spuntare un prezzo più vantaggioso. Ad
esempio, nei rapporti tra sindacati e datori di lavoro, se i sindacati
a causa di una eccessiva disoccupazione hanno un minore potere
contrattuale, allora non riusciranno ad elevare di molto il salario dei
lavoratori.

4) Il quarto fattore che influisce sul prezzo è la reputazione del
venditore, ossia se questi possieda un marchio affermato: in tal caso i
consumatori sono disposti a pagare un prezzo maggiore pur di ottenere
un prodotto prestigioso, mentre un bene che non possieda tali requisiti
lo reputano di minor prezzo.

Quindi il prezzo di mercato di un bene è il risultato di molti fattori
che agiscono contemporaneamente, quindi ha una dinamica molto complessa
perché tali fattori possono agire con pesi diversi, ed anche
equilibrarsi a vicenda. Questa complessità forse non viene compresa
dalla attuale microeconomia, la quale compiendo un processo di
astrazione molto spinto, trascura molte delle variabili che agiscono
sul prezzo, almeno nelle nozioni di base. Infatti essa tiene conto solo
del fattore 2, mentre capovolge il fattore 1, ossia fa dipendere i
costi di produzione dal prezzo di mercato mentre sono i primi ad agire
sul prezzo di mercato. Infatti si dice che l'impresa produce finché
i costi di produzione crescenti non uguaglino il prezzo di mercato del
bene prodotto, mentre in realtà i costi di produzione sono la base di
partenza della determinazione del prezzo.
Albion of Avalon
2006-12-04 10:42:01 UTC
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Post by La zanzara 76
Uno dei problemi principali dell'economia politica consiste nello
spiegare quali sono i fattori che determinano il prezzo di un bene. La
tradizionale microeconomia, almeno nelle formulazioni più generiche,
fa dipendere i prezzi dalle utilità dei beni, ossia il rapporto tra i
prezzi di due beni equivale il rapporto tra le utilità marginali.
Eh?
Il prezzo del bene è determinato dal punto d'incontro della curva di
domanda e di offerta.
Post by La zanzara 76
1) Il principale fattore che determina il prezzo di un bene sono i suoi
costi di produzione, che consistono nei costi variabili e nei costi
fissi: ossia se il bene richiede un certo numero di ore di lavoro per
essere prodotto, allora il denaro speso nei salari di quelle ore di
lavoro va computato nei costi di produzione del bene, come costo
variabile. Invece quando nei costi di produzione si computano tutti gli
altri costi necessari a produrre il bene in questione (ad esempio i
costi del macchinario, i costi di assicurazione, le tasse, l'affitto
dell'edificio, ecc.) questi sono classificati come costi fissi.
Questo si chiama prezzo di offerta.
Post by La zanzara 76
2) Il secondo fattore è la legge della domanda e dell'offerta: le
imprese immettono sul mercato il bene prodotto ad un certo prezzo
(calcolato secondo la formula: costi di produzione più una percentuale
di profitto), tuttavia se l'offerta supera la domanda il prezzo cala,
altrimenti se la domanda supera l'offerta il prezzo sale. In tal caso
il fattore utilità fa variare il prezzo iniziale calcolato solo sui
costi di produzione, infatti una utilità marginale molto alta
significa che i consumatori reputano molto utile il bene in questione,
tanto che sono disposti a pagare di più per avere il bene e questo fa
lievitare il prezzo quando l'offerta è scarsa rispetto alla domanda.
Mischi il prezzo di domanda e il libero gioco delle curva.

Siamo alle basi di microeconomia.

Allora.
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
Post by La zanzara 76
3) Il terzo fattore è il potere contrattuale delle parti: se gli
acquirenti hanno molto potere contrattuale rispetto ad un certo
venditore, allora possono spuntare un prezzo più vantaggioso. Ad
esempio, nei rapporti tra sindacati e datori di lavoro, se i sindacati
a causa di una eccessiva disoccupazione hanno un minore potere
contrattuale, allora non riusciranno ad elevare di molto il salario dei
lavoratori.
Ti rispondo con Marshall. Marshall ammoniva i sindacati che il prezzo
del lavoro non può superare l'utilità marginale del lavoro stesso.
Post by La zanzara 76
4) Il quarto fattore che influisce sul prezzo è la reputazione del
venditore, ossia se questi possieda un marchio affermato: in tal caso i
consumatori sono disposti a pagare un prezzo maggiore pur di ottenere
un prodotto prestigioso, mentre un bene che non possieda tali requisiti
lo reputano di minor prezzo.
MArketing.
Non centra con microeconomia.
In microeconomia si cerca di ridurre il più possibile le variabili onde
trovare una correlazione fra i fattori principali.
CMQ il fattore h (umano) viene sempre eliminato poichè una variabile
causale.
Post by La zanzara 76
Quindi il prezzo di mercato di un bene è il risultato di molti fattori
che agiscono contemporaneamente, quindi ha una dinamica molto complessa
perché tali fattori possono agire con pesi diversi, ed anche
equilibrarsi a vicenda. Questa complessità forse non viene compresa
dalla attuale microeconomia,
Mah.
Veramente mi sa che hai preso un testo di microeconomia e lo critichi
così senza sapere di che parli.
Ovviamente criticare un modello dei primi dell'ottocento perchè non mi
prende in considerazione il marketing è assurdo e ridicolo.
Andiamo a noi.
Il concetto che ti serve, e che ignori, è il concetto delle aspettative
adattive.
Io acquisto un bene poichè in base alle mie aspettative esso soddisferà
un mio bisogno. Queste aspettative le creo in base alle informazioni in
mio possesso. Queste informazioni sono influenzate anche dal marketing.
Una volta che acquisto il bene ricalibrerò le mie aspettative sul
bisogno in base alle nuove informazioni che ricevo.
Esempio. La fiat pubblicizza una macchina che con 1 litro di benzina fa
30km e la Nissan una che ne fa 20km a litro. Io in base a quelle
informazioni ritengo che il bene Fiat soddisfi il mio bisogno di una
macchina che consumi poco e non il bene Nissan. Ergo io disegno una
curva di domanda anche in funzione dell'aspettativa che ho di questi
prodotti.
Claro?
Post by La zanzara 76
la quale compiendo un processo di
astrazione molto spinto, trascura molte delle variabili che agiscono
sul prezzo, almeno nelle nozioni di base. Infatti essa tiene conto solo
del fattore 2, mentre capovolge il fattore 1, ossia fa dipendere i
costi di produzione dal prezzo di mercato mentre sono i primi ad agire
sul prezzo di mercato.
Mi indichi una macchina d'oro?
Uscendo dalla metafora vaniamo a noi.
Se io attivo un processo di produzione devo avere l'aspettativa che
quantomeno copro i costi (Matteo prima che sbrodoli cazzate a raffica
fra i costi c'è anche la remunerazione del capitale investito ed i
stipendi&salari).
Post by La zanzara 76
Infatti si dice che l'impresa produce finché
i costi di produzione crescenti non uguaglino il prezzo di mercato del
bene prodotto, mentre in realtà i costi di produzione sono la base di
partenza della determinazione del prezzo.
Ma quando mai!
I prezzi di produzione sono indipendenti dal prezzo di mercato.
Se io devo fare la mia macchina d'oro sia che la vendo ad 1 euro che la
vendo a 10.000.000 di euro il costo di produzione è invariato.
Se proprio vogliamo scavare possiamo dire che se si riesce ad attivare
un meccanismo di costi in scala allora abbiamo un risparmio sui costi di
produzione. Ma i costi in scala sono indipendenti dal prezzo e
dipendenti dal volume. Ma qui trabordiamo in tecnica industriale ed
ingegneria gestionale.
Poi, già una volta, ti dissi che in realtà non si scende fino a zero
(che rappresenta la produzione massima prima di andare in perdita) ma ci
si ferma prima. Quando il tasso di ritorno è pari al tasso di
aspettativa di remunerazione del mercato dei capitali.

Ti invito caldamente a prendere qualche buon testo di economia ed
iniziare a studiare. Il Samuelson è un buon inizio.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Radicale
2006-12-04 11:08:35 UTC
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Post by Albion of Avalon
Eh?
Il prezzo del bene è determinato dal punto d'incontro della curva di
domanda e di offerta.
Vero. Ma si puo dimostrare che in condizioni di concorrenza perfetta il
rapporto tra i prezzi e' uguale al rapporto delle loro utilita'
marginali.
Sai come fanno gli economisti no ? Modellino matematico ecc ecc ... :0)
Post by Albion of Avalon
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
AMMAZZA che ficata ! Sei di una chiarezza esemplare !!!!
(non scherzo ... Sai, potrebbe sembrare ironia allora puntualizzo) :
l'avessi trovata cosi la spiegazione sui libri ci mettevo 2 anni di
meno a capire!
Sottoscrivo in pieno. Nella teoria.

Saluti.
Albion of Avalon
2006-12-04 11:11:44 UTC
Permalink
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Eh?
Il prezzo del bene è determinato dal punto d'incontro della curva di
domanda e di offerta.
Vero. Ma si puo dimostrare che in condizioni di concorrenza perfetta il
rapporto tra i prezzi e' uguale al rapporto delle loro utilita'
marginali.
Sai come fanno gli economisti no ? Modellino matematico ecc ecc ... :0)
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
AMMAZZA che ficata ! Sei di una chiarezza esemplare !!!!
l'avessi trovata cosi la spiegazione sui libri ci mettevo 2 anni di
meno a capire!
Sottoscrivo in pieno. Nella teoria.
Teoria.
Per sapere nella pratica come si forma il prezzo ci si rivolge al
marketing.
Ripeto la microeconomia serve a capire il funzionamento del sistema. Per
i particolari ci si rivolge ad altre materie.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
no
2006-12-04 12:28:39 UTC
Permalink
Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Eh?
Il prezzo del bene è determinato dal punto d'incontro della curva di
domanda e di offerta.
Vero. Ma si puo dimostrare che in condizioni di concorrenza perfetta il
rapporto tra i prezzi e' uguale al rapporto delle loro utilita'
marginali.
Sai come fanno gli economisti no ? Modellino matematico ecc ecc ... :0)
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
AMMAZZA che ficata ! Sei di una chiarezza esemplare !!!!
l'avessi trovata cosi la spiegazione sui libri ci mettevo 2 anni di
meno a capire!
Sottoscrivo in pieno. Nella teoria.
Teoria.
Per sapere nella pratica come si forma il prezzo ci si rivolge al
marketing.
Bene così si presenta un bond argentino e ci caschiamo tutti...
Post by Albion of Avalon
Ripeto la microeconomia serve a capire il funzionamento del sistema. Per i
particolari ci si rivolge ad altre materie.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle, stand
like a rock. -- Thomas Jefferson
Albion of Avalon
2006-12-04 14:56:12 UTC
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Post by no
Post by Albion of Avalon
Teoria.
Per sapere nella pratica come si forma il prezzo ci si rivolge al
marketing.
Bene così si presenta un bond argentino e ci caschiamo tutti...
Perchè non compri mai fregature nei supermercati?
Purtroppo la completezza dell'informazione, o meglio l'asimmetria
informativa, è uno dei problemi più grossi che si ha in una economia
avanzata.
Sui bond argentini.
Se si è così idioti da pensare che l'argentina dava un tasso d'interesse
superiore a quello italiano solo perché erano più generosi.... Che dire?
Ben gli sta. Le informazioni dei rating erano li. Bastava leggerle.
Quello è un caso ove l'avidità è stata punita.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
no
2006-12-05 00:58:07 UTC
Permalink
Post by Albion of Avalon
Post by no
Post by Albion of Avalon
Teoria.
Per sapere nella pratica come si forma il prezzo ci si rivolge al
marketing.
Bene così si presenta un bond argentino e ci caschiamo tutti...
Perchè non compri mai fregature nei supermercati?
Purtroppo la completezza dell'informazione, o meglio l'asimmetria
informativa, è uno dei problemi più grossi che si ha in una economia
avanzata.
Sui bond argentini.
Se si è così idioti da pensare che l'argentina dava un tasso d'interesse
superiore a quello italiano solo perché erano più generosi.... Che dire?
Ben gli sta. Le informazioni dei rating erano li. Bastava leggerle.
Quello è un caso ove l'avidità è stata punita.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle, stand
like a rock. -- Thomas Jefferson
Si ma un conto un mercatino da quattro soldi e un conto una istituzione
pubblica come dovrebbe essere la banca.
Albion of Avalon
2006-12-05 07:20:59 UTC
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Post by no
Si ma un conto un mercatino da quattro soldi e un conto una istituzione
pubblica come dovrebbe essere la banca.
Ambe due vendono.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
no
2006-12-05 19:39:46 UTC
Permalink
Post by Albion of Avalon
Post by no
Si ma un conto un mercatino da quattro soldi e un conto una istituzione
pubblica come dovrebbe essere la banca.
Ambe due vendono.
Calma un conto è produrre un bene un'altro è un ausilio finanziario per
crearlo.
La precedenza alla produzione non ai suoi accessori, e per giunta quasi
inutili.
Post by Albion of Avalon
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle, stand
like a rock. -- Thomas Jefferson
Albion of Avalon
2006-12-05 20:04:04 UTC
Permalink
Post by no
Post by Albion of Avalon
Post by no
Si ma un conto un mercatino da quattro soldi e un conto una istituzione
pubblica come dovrebbe essere la banca.
Ambe due vendono.
Calma un conto è produrre un bene un'altro è un ausilio finanziario per
crearlo.
La precedenza alla produzione non ai suoi accessori, e per giunta quasi
inutili.
Fine economista.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
ZigZag
2006-12-06 19:30:57 UTC
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Post by Albion of Avalon
Post by no
Calma un conto è produrre un bene un'altro è un ausilio finanziario per
crearlo.
La precedenza alla produzione non ai suoi accessori, e per giunta quasi
inutili.
Fine economista.
Non mi meraviglio di quello che scrive, visto che purtroppo cominciano a far
acqua anche economisti abbastanza intelligenti come Tim Harford, su
Internazionale di questa settimana, che dà consigli in materia di sesso e
relazioni scambiando la causa per l'effetto (insomma, come quelli secondo
cui il calo del dollaro causerà una riduzione delle esportazioni europee in
USA invece di essere il sintomo del loro aumento passato: basta farsi una
semplice domanda, è più semplice vendere una valuta su un mercato mondiale
sparso come il FOREX o cambiare fornitore?)
no
2006-12-07 17:41:04 UTC
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Post by ZigZag
Post by Albion of Avalon
Post by no
Calma un conto è produrre un bene un'altro è un ausilio finanziario per
crearlo.
La precedenza alla produzione non ai suoi accessori, e per giunta quasi
inutili.
Fine economista.
Non mi meraviglio di quello che scrive, visto che purtroppo cominciano a far
acqua anche economisti abbastanza intelligenti come Tim Harford, su
Internazionale di questa settimana, che dà consigli in materia di sesso e
relazioni scambiando la causa per l'effetto (insomma, come quelli secondo
Certo dipende da che punto di vista li guardi. Tutto è rlativo.
Se neghi le deviazioni che ha il mercato e credi in una perfezione certo che
di strada in logica ne hai da fare. Poi puoi digerire 94004040 miliardi di
volumi, ma rischi di affogarti in un bicchiere d'acqua.
Post by ZigZag
cui il calo del dollaro causerà una riduzione delle esportazioni europee in
USA invece di essere il sintomo del loro aumento passato: basta farsi una
semplice domanda, è più semplice vendere una valuta su un mercato mondiale
sparso come il FOREX o cambiare fornitore?)
no
2006-12-06 13:33:26 UTC
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Post by Albion of Avalon
Post by no
Si ma un conto un mercatino da quattro soldi e un conto una istituzione
pubblica come dovrebbe essere la banca.
Ambe due vendono.
Secondo te è possibile e produttivo che il sistema finanziario detti legge
su quello produttivo?
Il sistema produttivo dovrebbe essere guidato dal mercato, e non da una
programmazione a tavolino. Poi chi abbiamo come programmatore? Un privato, o
un'ente, o il popolo.
E' il mercato che avvisa il produttore ciò che deve produrre, la quantità,
la qualità ecc.
L'unica programmazione possibile ad alto livello sarebbe tramite i media,
che indichi al consumatore una strada che è produttiva per lo stesso
soprattutto con una programmazione che coinvolga anche il lungo periodo.
Fare cultura è essenziale.
Invece qua si utilizza la pubblicità per far vendere quello che è più
economico per le holding leader.
Le imprese con la pubblicità propongono in genere il prodotto che è più
conveniente per loro stesse, ovviamente dopo aver fatto i conti con il
sistema creditizio. Se una banca mi dice di rientrare in una certa posizione
o non mi concede dei fondi per lo sviluppo dei prodotti certamente questo si
riperquote sul consumatore. Spesso ci sono dei giochi di potere in questo,
ed è compito del pubblico indagare su questo, facendo in modo che qualsiasi
idea rivoluzionaria non venga bloccata.
La pubblicità deve essere utilizzata possibilmente per creare informazione
sul prodotto, non come sistema persuasivo.
Ciao
Albion of Avalon
2006-12-06 15:02:53 UTC
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Post by no
Post by Albion of Avalon
Post by no
Si ma un conto un mercatino da quattro soldi e un conto una istituzione
pubblica come dovrebbe essere la banca.
Ambe due vendono.
Secondo te è possibile e produttivo che il sistema finanziario detti legge
su quello produttivo?
Cosa intendi?
Se per finanza che detta intendi gli azionisti che dettano le condizioni
all'azienda mi sembra giusto visto che gli azionisti sono i proprietari.
Post by no
Il sistema produttivo dovrebbe essere guidato dal mercato, e non da una
programmazione a tavolino. Poi chi abbiamo come programmatore? Un privato, o
un'ente, o il popolo.
Cazzo centra il popolo con il sistema produttivo?
Mah.
Post by no
E' il mercato che avvisa il produttore ciò che deve produrre, la quantità,
la qualità ecc.
Dici?
Quindi secondo questa tua logica saremmo all'età della pietra.
Post by no
L'unica programmazione possibile ad alto livello sarebbe tramite i media,
che indichi al consumatore una strada che è produttiva per lo stesso
soprattutto con una programmazione che coinvolga anche il lungo periodo.
Un grandioso grande fratello insomma.
Post by no
Fare cultura è essenziale.
Ma non spetta a nessuno se non a te stesso "fare cultura".
Poi che vuol dire fare cultura solo te lo sai.
Post by no
Invece qua si utilizza la pubblicità per far vendere quello che è più
economico per le holding leader.
Le imprese con la pubblicità propongono in genere il prodotto che è più
conveniente per loro stesse, ovviamente dopo aver fatto i conti con il
sistema creditizio. Se una banca mi dice di rientrare in una certa posizione
o non mi concede dei fondi per lo sviluppo dei prodotti certamente questo si
riperquote sul consumatore.
In effetti la banca deve finanziare ogni crack pot che entra dalla porta.
Post by no
Spesso ci sono dei giochi di potere in questo,
ed è compito del pubblico indagare su questo, facendo in modo che qualsiasi
idea rivoluzionaria non venga bloccata.
E si, infatti vengono bloccate.
Post by no
La pubblicità deve essere utilizzata possibilmente per creare informazione
sul prodotto, non come sistema persuasivo.
Ok.
Adesso inizia a studiare economia e dire meno stronzate qualunquiste.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Radicale
2006-12-04 13:09:57 UTC
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Post by Albion of Avalon
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
... In che senso ? A che ti riferisci ? Non ho capito ...
Io parlavo del fatto che in teoria il rapporto dei prezzi e' uguale a
quello delle loro utilita marginali.
no
2006-12-04 14:08:52 UTC
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La teoria del pusher in economia la conoscete?
Post by Albion of Avalon
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
... In che senso ? A che ti riferisci ? Non ho capito ...
Io parlavo del fatto che in teoria il rapporto dei prezzi e' uguale a
quello delle loro utilita marginali.
Radicale
2006-12-04 14:14:56 UTC
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Post by no
La teoria del pusher in economia la conoscete?
No. Ti andrebbe di spiegarmela ?
no
2006-12-05 00:57:12 UTC
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E' un pò come quella dell'insider trading.
Quelli in giacca e cravatta che to lo mettono sempre nel ......
Post by Radicale
Post by no
La teoria del pusher in economia la conoscete?
No. Ti andrebbe di spiegarmela ?
Albion of Avalon
2006-12-04 15:02:55 UTC
Permalink
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
... In che senso ? A che ti riferisci ? Non ho capito ...
Io parlavo del fatto che in teoria il rapporto dei prezzi e' uguale a
quello delle loro utilita marginali.
Che la classica idea del domanda e dell'offerta serve a dirci grossomodo
come funge la domanda e l'offerta. Ma non è sempre così.
Nella realtà si può aumentare il prezzo di un bene e registrarne un
aumento dei consumi.
Questo la teoria classica dice che è impossibile, mentre la teoria delle
aspettative ci dice che è possibile.
Quindi mentre la teorizzazione delle aspettative è un poco più
complicata e meno immediata da mettere in matematica la teoria classica
è semplice da mettere in matematica.
Ma alla fine nessuno dei due ci dirà esattamente a quale prezzo si avrà
la massima quantità scambiata tale da ottimizzare i processi produttivi.
Avremo delle approssimazioni.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Karlhammer
2006-12-04 16:22:04 UTC
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Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Eh?
Il prezzo del bene è determinato dal punto d'incontro della curva di
domanda e di offerta.
Non nel sistema di Sraffa. Nei classici (e in Marx) la faccenda è ancora più
complessa.
Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Vero. Ma si puo dimostrare che in condizioni di concorrenza perfetta il
rapporto tra i prezzi e' uguale al rapporto delle loro utilita'
marginali.
Sai come fanno gli economisti no ? Modellino matematico ecc ecc ... :0)
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
Non direi. Il modello è assiomatico: un conto è il "calcolo puntuale", un
altro è la falsificabilità degli assiomi.
Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
Ecco, si vede che non ti sei mai occupato di econometria: il problema è che
da un punto di vista empirico non ci tiri fuori nulla dalle curve classiche.
Inoltre, ti consiglieri di dare un'occhiata al teorema di
Sonnenschein-Mantel-Debreu, prima di dare per scontato che le aggregazioni
delle curve individuali possano condurre ad un equilibrio stabile.
Albion of Avalon
2006-12-04 16:35:21 UTC
Permalink
Post by Karlhammer
Non nel sistema di Sraffa. Nei classici (e in Marx) la faccenda è ancora più
complessa.
Senza dubbio.
Ma i classici parlano sempre di curva di offerta e curva di domanda.
Semplicemente ho semplificato di molto i concetti.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Vero. Ma si puo dimostrare che in condizioni di concorrenza perfetta il
rapporto tra i prezzi e' uguale al rapporto delle loro utilita'
marginali.
Sai come fanno gli economisti no ? Modellino matematico ecc ecc ... :0)
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
Non direi. Il modello è assiomatico: un conto è il "calcolo puntuale", un
altro è la falsificabilità degli assiomi.
Mi sono spiegato male.
Il modellino dei classici di domanda ed offerta non ci fornisce uno
strumento per calcolare esattamente il prezzo. Ci dice solamente che
dove si incontrano le due curve quello è il prezzo.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Post by Albion of Avalon
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
Ecco, si vede che non ti sei mai occupato di econometria: il problema è che
da un punto di vista empirico non ci tiri fuori nulla dalle curve classiche.
Hai visto giusto.
Purtroppo ho questa pecca.
Post by Karlhammer
Inoltre, ti consiglieri di dare un'occhiata al teorema di
Sonnenschein-Mantel-Debreu, prima di dare per scontato che le aggregazioni
delle curve individuali possano condurre ad un equilibrio stabile.
Dove lo trovo questo teorema?
CMQ le curve non sono stabili nel breve periodo in microeconomia? La
premessa da cui partiamo è "data la famiglia di curve di utilità". E
questo paradigma nel breve dovrebbe essere stabile.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Karlhammer
2006-12-05 07:42:03 UTC
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Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Non nel sistema di Sraffa. Nei classici (e in Marx) la faccenda è ancora
più complessa.
Senza dubbio.
Ma i classici parlano sempre di curva di offerta e curva di domanda.
Semplicemente ho semplificato di molto i concetti.
Non proprio. Ricardo fonda una teoria del valore lavoro, tentata in
precedenza da Smith: i valori dipendono solo, in un certo senso, dai costi,
mentre le oscillazioni determinate dalla domanda e offerta derivano da
fenomeni temporanei (d'altra parte bisogna considerare l'epoca in cui si
trovano a scrivere, predominata dall'agricoltura). I marginalisti fondano
una teoria basata sull'utilità, mentre marshall tenta ua sintesi tra
l'orientamento classico e quello marginalista: non a caso è definito
neoclassicismo.
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Radicale
Vero. Ma si puo dimostrare che in condizioni di concorrenza perfetta il
rapporto tra i prezzi e' uguale al rapporto delle loro utilita'
marginali.
Sai come fanno gli economisti no ? Modellino matematico ecc ecc ... :0)
Serve a dare una idea.
Non ha descrivere puntigliosamente la realtà.
Non direi. Il modello è assiomatico: un conto è il "calcolo puntuale", un
altro è la falsificabilità degli assiomi.
Mi sono spiegato male.
Il modellino dei classici di domanda ed offerta non ci fornisce uno
strumento per calcolare esattamente il prezzo. Ci dice solamente che dove
si incontrano le due curve quello è il prezzo.
OK
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Inoltre, ti consiglieri di dare un'occhiata al teorema di
Sonnenschein-Mantel-Debreu, prima di dare per scontato che le
aggregazioni delle curve individuali possano condurre ad un equilibrio
stabile.
Dove lo trovo questo teorema?
Per avere un'idea generale, qui:
http://en.wikipedia.org/wiki/Sonnenschein-Mantel-Debreu_Theorem
Post by Albion of Avalon
CMQ le curve non sono stabili nel breve periodo in microeconomia? La
premessa da cui partiamo è "data la famiglia di curve di utilità". E
questo paradigma nel breve dovrebbe essere stabile.
Diciamo che diventa un problema legato alle proprietà topologiche delle
curve di domanda quando vengono aggregate, in modo che non funzioni come
dovrebbe l'assioma di Samuelson. Non si può, così, esludere instabilità
dell'equilibrio economico generale.
Post by Albion of Avalon
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle, stand
like a rock. -- Thomas Jefferson
Albion of Avalon
2006-12-05 07:57:51 UTC
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Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Non nel sistema di Sraffa. Nei classici (e in Marx) la faccenda è ancora
più complessa.
Senza dubbio.
Ma i classici parlano sempre di curva di offerta e curva di domanda.
Semplicemente ho semplificato di molto i concetti.
Non proprio. Ricardo fonda una teoria del valore lavoro, tentata in
precedenza da Smith: i valori dipendono solo, in un certo senso, dai costi,
mentre le oscillazioni determinate dalla domanda e offerta derivano da
fenomeni temporanei (d'altra parte bisogna considerare l'epoca in cui si
trovano a scrivere, predominata dall'agricoltura). I marginalisti fondano
una teoria basata sull'utilità, mentre marshall tenta ua sintesi tra
l'orientamento classico e quello marginalista: non a caso è definito
neoclassicismo.
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Si, i marginalisti mi dicono che è l'utilità che determina il tutto. Ma
per i marginalisti il costo è, per certi versi, la manifestazione
numerica della utilità.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Inoltre, ti consiglieri di dare un'occhiata al teorema di
Sonnenschein-Mantel-Debreu, prima di dare per scontato che le
aggregazioni delle curve individuali possano condurre ad un equilibrio
stabile.
Dove lo trovo questo teorema?
http://en.wikipedia.org/wiki/Sonnenschein-Mantel-Debreu_Theorem
Lo conoscevo. Non pensavo avesse un nome.
Buono a sapersi.
La prossima volta che lo cito lo chiamo per nome.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
CMQ le curve non sono stabili nel breve periodo in microeconomia? La
premessa da cui partiamo è "data la famiglia di curve di utilità". E
questo paradigma nel breve dovrebbe essere stabile.
Diciamo che diventa un problema legato alle proprietà topologiche delle
curve di domanda quando vengono aggregate, in modo che non funzioni come
dovrebbe l'assioma di Samuelson. Non si può, così, esludere instabilità
dell'equilibrio economico generale.
Nel breve si. La microeconomia classica, anzi l'economia classica, altro
non è che una sorta di fotografia di come si comporta il consumatore in
un dato istante. Smith andava ad una asta del cotone a Liverpool e da
come si comportavano i partecipanti aveva una conferma empirica della
sua legge di mercato. Erano per certi versi economie molto più stabili
della nostra. Non c'erano crash finanziari. Se non ricordo male la prima
crisi fu intorno al 1812.
Se invece guardiamo le cose già 50 anni dopo i mercati sono diversi. E
si inizia a vedere una differenza fra micro e macro. Differenza che
abbiamo appieno solo con Keynes.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Matteo
2006-12-05 14:33:48 UTC
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Post by Albion of Avalon
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Che, tradotto nell'italiano corrente di fiaccherai e cameriere di bar per
camioniste si scrive: "ognuno fa quel cazzo che vuole coi soldi che ha
finchè non finiscono". Visto che lo sappiamo tutti, siamo tutti grandi
economisti come te?
Albion of Avalon
2006-12-05 17:01:15 UTC
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Post by Matteo
Post by Albion of Avalon
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Che, tradotto nell'italiano corrente di fiaccherai e cameriere di bar per
camioniste si scrive: "ognuno fa quel cazzo che vuole coi soldi che ha
finchè non finiscono". Visto che lo sappiamo tutti, siamo tutti grandi
economisti come te?
Quindi per te una curva di costi è quello?
Prendiamo nota.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Matteo
2006-12-05 21:47:54 UTC
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Post by Albion of Avalon
Post by Matteo
Post by Albion of Avalon
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Che, tradotto nell'italiano corrente di fiaccherai e cameriere di
bar per camioniste si scrive: "ognuno fa quel cazzo che vuole coi
soldi che ha finchè non finiscono". Visto che lo sappiamo tutti,
siamo tutti grandi economisti come te?
Quindi per te una curva di costi è quello?
Prendiamo nota.
Io mi limito a tradurre le tue parole. Se poi ritieni che la traduzione sia
infedele, opera le dovute correzioni.
Karlhammer
2006-12-05 22:06:59 UTC
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Post by Albion of Avalon
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Si, i marginalisti mi dicono che è l'utilità che determina il tutto. Ma
per i marginalisti il costo è, per certi versi, la manifestazione numerica
della utilità.
Assolutamente no. Il marginalismo delle origini fa scaturire il valore
dall'utilità (dimentichiamo, al momento, la sintesi neoclassica di
Marshall). Addirittura, i primi marginalisti, sulla scorta delle teorie
psicologiche fechneriane, pensavano di poter concepire una teoria cardinale
dell'utilità (misurabile in *utils* :-) :-); rido per non piangere).
Il costo non centra nulla!
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Inoltre, ti consiglieri di dare un'occhiata al teorema di
Sonnenschein-Mantel-Debreu, prima di dare per scontato che le
aggregazioni delle curve individuali possano condurre ad un equilibrio
stabile.
Dove lo trovo questo teorema?
http://en.wikipedia.org/wiki/Sonnenschein-Mantel-Debreu_Theorem
Lo conoscevo. Non pensavo avesse un nome.
Buono a sapersi.
La prossima volta che lo cito lo chiamo per nome.
Non è semplicissimo da capire, a meno che non si ha una buona conoscenza
della topologia. Del resto, Debreu che l'ha *perfezionato* è un matematico
puro. Ecco, questa deriva matematicista inaugurata da Walras e Pareto (che
ebbe uno scontro epocale con altri economisti italiani sulla superiorità
dell'applicazione dei metodi della meccanica razionale all'economia, tra cui
Pantaleoni) oggi suona come ingenua. Ma solo perché si sono sofisticati i
mezzi. Il problema non è la mancanza di un *aggancio* tra l'economia reale e
i teoremi topologici, il problema sono gli assiomi. Io trovo antistorici
quelli marginalisti, fondati su un equilibrio non osservabile (il caffè che
bevi al bar ha un prezzo di equilibrio? domanda retorica, e chi lo sa!), ma
anche quelli Sraffiani che non considerano, di fatto, alcuna teoria della
domanda.
Ma il problema ancora più rilevante è che postulare la non sazietà, ad
esempio, alla fine non è convincente. Con Robbins l'economia si è voluta
svincolare da tutto, pretendendo di descrivere in modo asettico la realtà.
Ma nel momento in cui ti convinco che non puoi mai essere sazio di ciò che
possiedi ti forzo a ritenere che sia così. Invece è solo un incidente
storico corroborato da una teoria dominante. I tibetani (ma non solo) sono
agli antipodi: esistono forse più *nature umane*, o la non sazietà è un
fatto culturale?
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
CMQ le curve non sono stabili nel breve periodo in microeconomia? La
premessa da cui partiamo è "data la famiglia di curve di utilità". E
questo paradigma nel breve dovrebbe essere stabile.
Il sopracitato teorema ci dice che l'aggregazione delle curve di domanda,
che derivano da quelle di utilità, non è detto che soddisfino all'assioma
delle preferenze rivelate di Samuelson. Ora, delle due l'una: o la
matematica è una sega mentale (psicologismo: siamo fatti così, come i puffi)
oppure l'aggregazione va presa con le pinze.
Post by Albion of Avalon
Nel breve si. La microeconomia classica, anzi l'economia classica, altro
non è che una sorta di fotografia di come si comporta il consumatore in un
dato istante.
No, questa è quella marginalista, che si sviluppa a partire dal 1870.

Smith andava ad una asta del cotone a Liverpool e da
Post by Albion of Avalon
come si comportavano i partecipanti aveva una conferma empirica della sua
legge di mercato.
Smith cerca una teoria del valore, ben diversa dalle oscillazioni
accidentali della domanda e offerta (seppure ben presenti nel suo
ragionamente). Ma non la trova: per lui il valore lavoro è solo una misura.
Ricardo, al contrario, fonderà la sua teoria sul lavoro incorporato, ben
conscio che esistono oscillazioni legate alla domanda e offerta. Ma non
esiste alcun esplicito riferimento agli assiomi sul comportamento dei
consumatori che da Jevons in poi permeano il marginalismo, quando si parla
di domanda. Marshall, come ho detto, tenta una sintesi, fondata sugli
equilibri parziali. Però ricorda: ogni volta che manipoli le curve, lo fai
in condizioni i coeteris paribus di tutte le altre condizioni: ti pare
realistico?
Va da sè che per i classici l'economia non è svincolata dall'etica: nel
trattato sui sentimenti morali (Smith insegnò filosofia morale) l'idea di
*simpatia* gli fa ritenere che gli uomini non hanno interesse a defezionare
da una sana competizione. E vallo a raccontà ai sottoscrittori dei bond
della Parmalat :-)

Erano per certi versi economie molto più stabili
Post by Albion of Avalon
della nostra. Non c'erano crash finanziari. Se non ricordo male la prima
crisi fu intorno al 1812.
Se invece guardiamo le cose già 50 anni dopo i mercati sono diversi. E si
inizia a vedere una differenza fra micro e macro. Differenza che abbiamo
appieno solo con Keynes.
La differenza tra micro e macro nasce con Keynes (non esplicitamente), che
peraltro elude il problema micro: semmai non esiste nelle teorie walrasiane,
dove si parla di equilibrio economico generale! La nuova economia keynesiana
cerca di colmare il gap. Tanto per fare un nome, Akerlof ne è un esponente
(i lemmon markets). Asimmetrie informative, rigidità reali e nominali, etc.
sono tutti elementi di una fondazione della teoria microeconomica dei
post-keynesiani.
Post by Albion of Avalon
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle, stand
like a rock. -- Thomas Jefferson
Matteo
2006-12-06 12:02:34 UTC
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Post by Karlhammer
Ecco, questa deriva matematicista inaugurata da
Walras e Pareto (che ebbe uno scontro epocale con altri economisti
italiani sulla superiorità dell'applicazione dei metodi della
meccanica razionale all'economia, tra cui Pantaleoni) oggi suona come
ingenua. Ma solo perché si sono sofisticati i mezzi. Il problema non
è la mancanza di un *aggancio* tra l'economia reale e i teoremi
topologici, il problema sono gli assiomi. Io trovo antistorici quelli
marginalisti, fondati su un equilibrio non osservabile (il caffè che
bevi al bar ha un prezzo di equilibrio? domanda retorica, e chi lo
sa!)
Se si usa il metodo scientifico, si osserva un fenomeno, si costruisce una
teoria per spiegarlo e si cerca un esperimento che, se fallisce, smentisce
la teoria. Se l'esperimento riesce, la teoria è provvisoriamente accettata,
finché non ne nasce una che spiega meglio i fenomeni accertati.
La teoria della relatività di Einstein ha origine da un esperimento che
tentava di misurare il moto della terra nello spazio assoluto, secondo la
teoria newtoniana, allora generalmente accettata. L'esperimento fallì e ciò
diede occasione ad Einstein di costruire una teoria che prescinde da spazio
e tempo assoluti e spiega, usando il linguaggio matematico, alcuni fenomeni
controintuitivi. Gli esperimenti dimostrano che la teoria einsteniana si
approssima meglio alla realtà percepibile del modello newtoniano.
Se Newton non è affidato alla discarica delle idee è perchè, per i limitati
bisogni terrestri, la sua teoria è una buona approssimazione, più facile da
maneggiare di uno spazio-tempo nel quale, contro le convinzioni dello stesso
Einstein, Dio gioca a dadi.
Accapigliarsi sulla ventesima cifra decimale della misura dell'accelerazione
di gravità all'equatore e al polo ha senso nel mondo accademico, ma non
serve all'ingegnere che calcola quanto cemento armato è necessario per
costruire un ponte che sia sicuro. Quello dello scienziato e quello del
tecnologo sono due mestieri diversi, con due approcci diversi alla stessa
realtà.
I classici (quelli veri, non quei marginalisti che il tuo interlocutore
spaccia per classici) tentarono un approccio scientifico al problema dei
prezzi, arrivando alla conclusione che ogni bene ha un prezzo naturale,
corrispondente alla quantità di lavoro, presente e passato, che vi
s'incorpora. Il fatto che i prezzi salgano e scendano dipende dalla domanda
e dall'offerta, che sono accidentali, ma nella media il prezzo è determinato
dal lavoro, che è il vero valore.
Questa teoria nasce con l'industria, e si approssima bene alla spiegazione
dei prezzi dei prodotti fatti in serie dall'industria. Non spiega *tutti* i
prezzi e i loro reciproci rapporti.
Però spiega bene come la produzione industrializzata tenda a far diminuire
costantemente il prezzo dei prodotti agricoli e industriali, diminuendo
costantemente la quota di lavoro attuale che vi s'incorpora. (Tra parentesi,
proprio un mese fa sono andato a visitare la fabbrica nella quale si
producono i Baci Perugina: una catena lunga un paio di chilometri, alla fine
della quale i Baci escono già nelle diverse confezioni. Gli unici esseri
umani che abbiamo visto erano tre ragazze, travestite da operaie, che
chiacchieravano tranquillamente).
Poiché la teoria del valore-lavoro, inventata da intellettuali borghesi,
provocava effetti politici dirompenti, dopo essere finita nella mani dei
socialisti, si ripete ciò che avvenne con la teoria eliocentrica di
Copernico: al metodo scientifico si sostituisce un metodo
deduttivo-assiomatico, basato su alcuni dogmi, senza preoccuparsi del fatto
che ciò che è inconfutabile non può essere scientifico. Perciò, alla
concreta realtà del suk, nel quale il prezzo di ogni singola vendita dipende
dall'abilità del compratore e del venditore, si sostituisce un mercato
astratto, nel quale non si contratta, ma si obbedisce a delle leggi, che non
sono verificate ma solo dedotte.
Nella realtà, come minimo, il produttore agricolo o industriale vende al
grossista, il grossista vende al dettagliante e il dettagliante vende al
consumatore. I prezzi di mercato sono almeno tre, e almeno tre sono i
soggetti per i quali il bene è utile solo perchè può essere venduto.
La teoria dice ancora che, se il costo di produzione è 50 e il massimo della
domanda è a 40, si produrranno tanti pezzi quanti il mercato può assorbirne
a 50. La realtà ci dice che si vende a 500 finché non c'è più domanda a quel
prezzo, poi a 450, poi a 400 e così via, e il massimo profitto si realizza
quando la merce avanzata si vende sottocosto. A quel punto quel bene
sparisce dal mercato e viene sostituito da un bene che può essere migliore o
peggiore.
La regola quindi è che sul mercato (non nei micromercati ai quali pensa il
microeconomista cui rispondi) ogni bene ha diversi prezzi che dipendono
dallo spazio e dal tempo e che il fenomeno entropico dedotto dagli
assiomatici non si verifica perchè il mercato è cosa viva, quindi
essenzialmente neghentropico.
Una volta constatato ciò, valore-lavoro e marginalismo si lasciano agli
storici del pensiero economico e si pensa ad altro, interrogandosi, per
esempio, sulla democraticità del marketing territoriale, visto che il
territorio non si può né spostare né produrre in quantità variabile e che la
sua proprietà è ampiamente discussa (ed è solo un esempio: se la democrazia,
e quale democrazia, produca sviluppo economico è un tema all'ordine del
giorno tra gli economisti che prendono il premio Nobel).
Karlhammer
2006-12-06 22:13:36 UTC
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Post by Matteo
Post by Karlhammer
Ecco, questa deriva matematicista inaugurata da
Walras e Pareto (che ebbe uno scontro epocale con altri economisti
italiani sulla superiorità dell'applicazione dei metodi della
meccanica razionale all'economia, tra cui Pantaleoni) oggi suona come
ingenua. Ma solo perché si sono sofisticati i mezzi. Il problema non
è la mancanza di un *aggancio* tra l'economia reale e i teoremi
topologici, il problema sono gli assiomi. Io trovo antistorici quelli
marginalisti, fondati su un equilibrio non osservabile (il caffè che
bevi al bar ha un prezzo di equilibrio? domanda retorica, e chi lo
sa!)
I classici (quelli veri, non quei marginalisti che il tuo interlocutore
spaccia per classici) tentarono un approccio scientifico al problema dei
prezzi, arrivando alla conclusione che ogni bene ha un prezzo naturale,
corrispondente alla quantità di lavoro, presente e passato, che vi
s'incorpora. Il fatto che i prezzi salgano e scendano dipende dalla domanda
e dall'offerta, che sono accidentali, ma nella media il prezzo è determinato
dal lavoro, che è il vero valore.
Questa teoria nasce con l'industria, e si approssima bene alla spiegazione
dei prezzi dei prodotti fatti in serie dall'industria. Non spiega *tutti* i
prezzi e i loro reciproci rapporti.
Però spiega bene come la produzione industrializzata tenda a far diminuire
costantemente il prezzo dei prodotti agricoli e industriali, diminuendo
costantemente la quota di lavoro attuale che vi s'incorpora.
Ecco, sei riuscito a condensare migliaia di pagine in poche righe efficaci
:-)
ZigZag
2006-12-07 16:12:39 UTC
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(Tra parentesi, proprio un mese fa sono andato a visitare la fabbrica
nella quale si
producono i Baci Perugina: una catena lunga un paio di chilometri, alla fine
della quale i Baci escono già nelle diverse confezioni. Gli unici esseri
umani che abbiamo visto erano tre ragazze, travestite da operaie, che
chiacchieravano tranquillamente).
Ok, allora mi domando, perché l'offshoring?
Matteo
2006-12-07 20:42:15 UTC
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Post by ZigZag
(Tra parentesi, proprio un mese fa sono andato a visitare la
fabbrica nella quale si producono i Baci Perugina: una catena lunga
un paio di chilometri, alla fine della quale i Baci escono già nelle
diverse confezioni. Gli unici esseri umani che abbiamo visto erano
tre ragazze, travestite da operaie, che chiacchieravano
tranquillamente).
Ok, allora mi domando, perché l'offshoring?
Mai sentito parlare di rendita fondiaria e/o speculazione edilizia?
Prova a costruire una fabbrica nuova a Perugia, comprando regolarmente il
terreno, e confronta il prezzo con quello della stessa fabbrica in Romania,
paese che non manca di strade e ferrovie.
Il fatto che la classe dei proprietari terrieri si sia estesa a gran parte
della popolazione non significa che il proletario, divenuto padrone di una
casa, sia meno avido del latifondista. Anzi.
Si parla tanto dell'effetto nimby. Prova a tradurlo in "non nel mio
giardino, se non ti compri il giardino, pagandolo il prezzo che voglio io".
Poi, quando spendi 5 euro per ricaricare il telefonino, prova a pensare che
quei 5 euro servono a pagare gli affitti dei terrazzi condominiali sui quali
sono installate le antenne. Ecc.
Marx divenne non marxista quando i marxisti cominciarono a dire che le
classi sono due e non tre.
ZigZag
2006-12-07 21:53:43 UTC
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Post by Matteo
Marx divenne non marxista quando i marxisti cominciarono a dire che le
classi sono due e non tre.
Questa è nuova. Marx era un ricardiano duro e puro?
Matteo
2006-12-08 00:04:03 UTC
Permalink
Post by ZigZag
Post by Matteo
Marx divenne non marxista quando i marxisti cominciarono a dire che
le classi sono due e non tre.
Questa è nuova. Marx era un ricardiano duro e puro?
Cito dalla "Critica del programma di Gotha":
[programma]
2. "Nella società presente, i mezzi di lavoro sono monopolio della classe
dei capitalisti. La dipendenza della classe operaia da ciò determinata è la
causa della miseria e dell'asservimento in tutte le forme."
[Marx]
Questa proposizione, presa dallo Statuto internazionale è, in questa
edizione "corretta," falsa.
Nella società presente i mezzi di lavoro sono monopolio dei proprietari
fondiari (il monopolio della proprietà fondiaria è anzi base del monopolio
del capitale) e dei capitalisti. Lo Statuto internazionale non menziona nel
passo relativo né l'una né l'altra classe dei monopolizzatori. Esso parla
del "monopolio dei mezzi di lavoro, cioè delle fonti dell'esistenza."
L'aggiunta "fonti dell'esistenza" mostra a sufficienza che la terra è
compresa nei mezzi di lavoro.
La correzione fu portata perchè Lassalle, per ragioni ora universalmente
note, attaccava solo la classe dei capitalisti, non i proprietari fondiari.
In Inghilterra il capitalista, per lo più, non è in pari tempo proprietario
del suolo su cui sorge la sua fabbrica.
Albion of Avalon
2006-12-06 14:21:25 UTC
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Karlhammer ha scritto:
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Si, i marginalisti mi dicono che è l'utilità che determina il tutto. Ma
per i marginalisti il costo è, per certi versi, la manifestazione numerica
della utilità.
Assolutamente no. Il marginalismo delle origini fa scaturire il valore
dall'utilità (dimentichiamo, al momento, la sintesi neoclassica di
Marshall). Addirittura, i primi marginalisti, sulla scorta delle teorie
psicologiche fechneriane, pensavano di poter concepire una teoria cardinale
dell'utilità (misurabile in *utils* :-) :-); rido per non piangere).
Il costo non centra nulla!
Io sto dicendo che alla fine noi esprimiamo con il costo la nostra
funzione di utilità.
Cerco di spiegarmi.
I marginalisti dicono che io acquisto un bene se e solo se soddisfa un
mio bisogno. E si va con il classico esempio dei bicchieri d'acqua e
dell'assetato.
Ma concretamente come quantizziamo queste utilità? Con i soldi. Per me,
in base al mio paradigma di utilità, il bene x vale una utilità cento
che io converto in una somma di denaro y.
Io non sto discutendo di come si forma il concetto di utilità e del
concetto di utilità marginale. Ma dico che ad i fini pratici questi
valori teorici noi li mettiamo in moneta.
Post by Karlhammer
Ma il problema ancora più rilevante è che postulare la non sazietà, ad
esempio, alla fine non è convincente. Con Robbins l'economia si è voluta
svincolare da tutto, pretendendo di descrivere in modo asettico la realtà.
Ma nel momento in cui ti convinco che non puoi mai essere sazio di ciò che
possiedi ti forzo a ritenere che sia così. Invece è solo un incidente
storico corroborato da una teoria dominante. I tibetani (ma non solo) sono
agli antipodi: esistono forse più *nature umane*, o la non sazietà è un
fatto culturale?
Personalmente ritengo che la cultura abbia una certa influenza ma che
noi umani tendiamo ad essere incontentabili.
Cerchiamo sempre di migliorare la nostra situazione. Sarà poi la spinta
culturale a convogliare la nostra spinta a migliorarci.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Albion of Avalon
CMQ le curve non sono stabili nel breve periodo in microeconomia? La
premessa da cui partiamo è "data la famiglia di curve di utilità". E
questo paradigma nel breve dovrebbe essere stabile.
Il sopracitato teorema ci dice che l'aggregazione delle curve di domanda,
che derivano da quelle di utilità, non è detto che soddisfino all'assioma
delle preferenze rivelate di Samuelson. Ora, delle due l'una: o la
matematica è una sega mentale (psicologismo: siamo fatti così, come i puffi)
oppure l'aggregazione va presa con le pinze.
L'aggregazione va presa per grosse linee.
L'unica cosa a cui ci serve è per capire come funziona il meccanismo. Le
variabili che vanno a condizionare il meccanismo sono troppe.
Post by Karlhammer
Smith andava ad una asta del cotone a Liverpool e da
Post by Albion of Avalon
come si comportavano i partecipanti aveva una conferma empirica della sua
legge di mercato.
Smith cerca una teoria del valore, ben diversa dalle oscillazioni
accidentali della domanda e offerta (seppure ben presenti nel suo
ragionamente). Ma non la trova: per lui il valore lavoro è solo una misura.
Ricardo, al contrario, fonderà la sua teoria sul lavoro incorporato, ben
conscio che esistono oscillazioni legate alla domanda e offerta. Ma non
esiste alcun esplicito riferimento agli assiomi sul comportamento dei
consumatori che da Jevons in poi permeano il marginalismo, quando si parla
di domanda. Marshall, come ho detto, tenta una sintesi, fondata sugli
equilibri parziali. Però ricorda: ogni volta che manipoli le curve, lo fai
in condizioni i coeteris paribus di tutte le altre condizioni: ti pare
realistico?
Va da sè che per i classici l'economia non è svincolata dall'etica: nel
trattato sui sentimenti morali (Smith insegnò filosofia morale) l'idea di
*simpatia* gli fa ritenere che gli uomini non hanno interesse a defezionare
da una sana competizione. E vallo a raccontà ai sottoscrittori dei bond
della Parmalat :-)
Siamo in una epoca diversa.
Classico tema della letteratura dell'epoca, parlo dei racconti a puntate
sui giornali, era la disgrazia che cadeva su un povero imprenditore che
falliva per colpa del socio senza scrupoli e del suo riscatto.
Smith cerva di capire quale fosse la vera fonte della ricchezza. o
meglio, cosa fosse la ricchezza. Aprì una strada che tutt'ora è aperta.
Nessuno sa dire esattamente cosa sia la ricchezza e quale sia il valore
di un bene.
Post by Karlhammer
La differenza tra micro e macro nasce con Keynes (non esplicitamente), che
peraltro elude il problema micro: semmai non esiste nelle teorie walrasiane,
dove si parla di equilibrio economico generale!
Veramente si parla di macroeconomia microfondata.
Post by Karlhammer
La nuova economia keynesiana
cerca di colmare il gap. Tanto per fare un nome, Akerlof ne è un esponente
(i lemmon markets). Asimmetrie informative, rigidità reali e nominali, etc.
sono tutti elementi di una fondazione della teoria microeconomica dei
post-keynesiani.
Che personalmente trovo molto più interessanti dei vecchi classici.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Karlhammer
2006-12-06 22:23:39 UTC
Permalink
Post by Albion of Avalon
Però alla fine torniamo a quello che dicevo io.
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Ognuno di noi disegna in base ad i propri costi le proprie curve di
domanda ed offerta in base ad i propri paradigmi di costo.
Poi quali siano i propri paradigmi non varia.
Si, i marginalisti mi dicono che è l'utilità che determina il tutto. Ma
per i marginalisti il costo è, per certi versi, la manifestazione
numerica della utilità.
Assolutamente no. Il marginalismo delle origini fa scaturire il valore
dall'utilità (dimentichiamo, al momento, la sintesi neoclassica di
Marshall). Addirittura, i primi marginalisti, sulla scorta delle teorie
psicologiche fechneriane, pensavano di poter concepire una teoria
cardinale dell'utilità (misurabile in *utils* :-) :-); rido per non
piangere).
Il costo non centra nulla!
Io sto dicendo che alla fine noi esprimiamo con il costo la nostra
funzione di utilità.
Cerco di spiegarmi.
I marginalisti dicono che io acquisto un bene se e solo se soddisfa un mio
bisogno. E si va con il classico esempio dei bicchieri d'acqua e
dell'assetato.
Ma concretamente come quantizziamo queste utilità? Con i soldi. Per me, in
base al mio paradigma di utilità, il bene x vale una utilità cento che io
converto in una somma di denaro y.
Io non sto discutendo di come si forma il concetto di utilità e del
concetto di utilità marginale. Ma dico che ad i fini pratici questi valori
teorici noi li mettiamo in moneta.
Alla fine i rapporti tra utilità e prezzi dei componenti il vettore di beni
scelto, dato il vincolo di bilancio, sono uguali. In alcuni casi, alcuni
beni non sono neppure scelti perché cadono agli estremi del vincolo, e
questo è un discorso chiaro se si guarda agli strumenti di ottimizzazione
che si usano (teorema di Kuhn-Tucker).
Ma il costo è un'altra cosa, ovvero la quantità di merci e lavoro che viene
*utilizzata* per produrre un certo bene.
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Ma il problema ancora più rilevante è che postulare la non sazietà, ad
esempio, alla fine non è convincente. Con Robbins l'economia si è voluta
svincolare da tutto, pretendendo di descrivere in modo asettico la
realtà. Ma nel momento in cui ti convinco che non puoi mai essere sazio
di ciò che possiedi ti forzo a ritenere che sia così. Invece è solo un
incidente storico corroborato da una teoria dominante. I tibetani (ma non
solo) sono agli antipodi: esistono forse più *nature umane*, o la non
sazietà è un fatto culturale?
Personalmente ritengo che la cultura abbia una certa influenza ma che noi
umani tendiamo ad essere incontentabili.
Cerchiamo sempre di migliorare la nostra situazione. Sarà poi la spinta
culturale a convogliare la nostra spinta a migliorarci.
Difficile dirlo. Gli psicologisti dicono che dipende da come è fatto il
nostro cervello, e questo spiegherebbe tutto (religione, scienza, etc.).
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Post by Albion of Avalon
Post by Albion of Avalon
CMQ le curve non sono stabili nel breve periodo in microeconomia? La
premessa da cui partiamo è "data la famiglia di curve di utilità". E
questo paradigma nel breve dovrebbe essere stabile.
Il sopracitato teorema ci dice che l'aggregazione delle curve di domanda,
che derivano da quelle di utilità, non è detto che soddisfino all'assioma
delle preferenze rivelate di Samuelson. Ora, delle due l'una: o la
matematica è una sega mentale (psicologismo: siamo fatti così, come i
puffi) oppure l'aggregazione va presa con le pinze.
L'aggregazione va presa per grosse linee.
L'unica cosa a cui ci serve è per capire come funziona il meccanismo. Le
variabili che vanno a condizionare il meccanismo sono troppe.
Io non mi avventuro oltre, perché altrimenti parlerei di topologia e non di
economia :-)
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
Smith andava ad una asta del cotone a Liverpool e da
Post by Albion of Avalon
come si comportavano i partecipanti aveva una conferma empirica della
sua legge di mercato.
Smith cerca una teoria del valore, ben diversa dalle oscillazioni
accidentali della domanda e offerta (seppure ben presenti nel suo
ragionamente). Ma non la trova: per lui il valore lavoro è solo una
misura. Ricardo, al contrario, fonderà la sua teoria sul lavoro
incorporato, ben conscio che esistono oscillazioni legate alla domanda e
offerta. Ma non esiste alcun esplicito riferimento agli assiomi sul
comportamento dei consumatori che da Jevons in poi permeano il
marginalismo, quando si parla di domanda. Marshall, come ho detto, tenta
una sintesi, fondata sugli equilibri parziali. Però ricorda: ogni volta
che manipoli le curve, lo fai in condizioni i coeteris paribus di tutte
le altre condizioni: ti pare realistico?
Va da sè che per i classici l'economia non è svincolata dall'etica: nel
trattato sui sentimenti morali (Smith insegnò filosofia morale) l'idea di
*simpatia* gli fa ritenere che gli uomini non hanno interesse a
defezionare da una sana competizione. E vallo a raccontà ai
sottoscrittori dei bond della Parmalat :-)
Siamo in una epoca diversa.
Classico tema della letteratura dell'epoca, parlo dei racconti a puntate
sui giornali, era la disgrazia che cadeva su un povero imprenditore che
falliva per colpa del socio senza scrupoli e del suo riscatto.
Smith cerva di capire quale fosse la vera fonte della ricchezza. o meglio,
cosa fosse la ricchezza. Aprì una strada che tutt'ora è aperta.
Nessuno sa dire esattamente cosa sia la ricchezza e quale sia il valore di
un bene.
Vero.
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
La differenza tra micro e macro nasce con Keynes (non esplicitamente),
che peraltro elude il problema micro: semmai non esiste nelle teorie
walrasiane, dove si parla di equilibrio economico generale!
Veramente si parla di macroeconomia microfondata.
Il concetto è lo stesso. Ma il famigerato teorema, mette in crisi questa
soluzione :-)
Post by Albion of Avalon
Post by Karlhammer
La nuova economia keynesiana cerca di colmare il gap. Tanto per fare un
nome, Akerlof ne è un esponente (i lemmon markets). Asimmetrie
informative, rigidità reali e nominali, etc. sono tutti elementi di una
fondazione della teoria microeconomica dei post-keynesiani.
Che personalmente trovo molto più interessanti dei vecchi classici.
La critica agli assiomi marginalisti è stata devastante. Due esempi:
completezza informativa (Akerloff); razionalità assoluta (Simon).
Post by Albion of Avalon
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle, stand
like a rock. -- Thomas Jefferson
La zanzara 76
2006-12-05 14:09:28 UTC
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Post by Albion of Avalon
Post by La zanzara 76
Uno dei problemi principali dell'economia politica consiste nello
spiegare quali sono i fattori che determinano il prezzo di un bene. La
tradizionale microeconomia, almeno nelle formulazioni più generiche,
fa dipendere i prezzi dalle utilità dei beni, ossia il rapporto tra i
prezzi di due beni equivale il rapporto tra le utilità marginali.
Eh?
Il prezzo del bene è determinato dal punto d'incontro della curva di
domanda e di offerta.
Certo. Ma se si considerano più beni allora si vedrà che il rapporto
tra i loro prezzi corrisponde al rapporto tra le utilità marginali:
del resto, se il bene A è meno utile del bene B, allora la domanda di
A calerà mentre la domanda di B aumenterà, quindi il prezzo di A
calerà, quello di B salirà. Questo processo termina quando il
rapporto tra i prezzi arriverà a coincidere con quello delle utilità
marginali.
Post by Albion of Avalon
Post by La zanzara 76
2) Il secondo fattore è la legge della domanda e dell'offerta: le
imprese immettono sul mercato il bene prodotto ad un certo prezzo
(calcolato secondo la formula: costi di produzione più una percentuale
di profitto), tuttavia se l'offerta supera la domanda il prezzo cala,
altrimenti se la domanda supera l'offerta il prezzo sale. In tal caso
il fattore utilità fa variare il prezzo iniziale calcolato solo sui
costi di produzione, infatti una utilità marginale molto alta
significa che i consumatori reputano molto utile il bene in questione,
tanto che sono disposti a pagare di più per avere il bene e questo fa
lievitare il prezzo quando l'offerta è scarsa rispetto alla domanda.
Mischi il prezzo di domanda e il libero gioco delle curva.
Siamo alle basi di microeconomia.
Allora.
Il produttore tenuto conto dei sui costi disegna la propria curva di
offerta.
Il consumatore tenuto conto delle proprie utilità (sia positive che
negative) disegna la curva di domanda.
Prendi queste due curve le schiaffi nello stesso grafico che chiamiamo
mercato e se si incontrano hai il prezzo di mercato del bene.
Dove sta il problema?
D'accordo. Non volevo criticare la validità della legge della
domanda e dell'offerta o la determinazione della curva di domanda in
base alle utilità (o la determinazione della curva di offerta in base
ai costi). In verità criticavo il fatto di prendere questi tre
elementi come esclusivi, trascurando altri fattori determinanti.
Infatti se ci basiamo solo su quei fattori allora non si spiega la
varietà di prezzi, di un certo bene, presenti sul mercato. E spiegare
come si generi tale varietà di prezzi è un problema da affrontare.
Post by Albion of Avalon
Post by La zanzara 76
4) Il quarto fattore che influisce sul prezzo è la reputazione del
venditore, ossia se questi possieda un marchio affermato: in tal caso i
consumatori sono disposti a pagare un prezzo maggiore pur di ottenere
un prodotto prestigioso, mentre un bene che non possieda tali requisiti
lo reputano di minor prezzo.
MArketing.
Non centra con microeconomia.
In microeconomia si cerca di ridurre il più possibile le variabili onde
trovare una correlazione fra i fattori principali.
CMQ il fattore h (umano) viene sempre eliminato poichè una variabile
causale.
Va bene. Però dopo aver stabilito le relazioni fondamentali
bisognerebbe arricchire la teoria per poter spiegare quello che
constatiamo ogni giorno nel mercato di ogni singolo bene: ossia prezzi
molto variabili e diversificati tra i diversi produttori.
Post by Albion of Avalon
Post by La zanzara 76
Infatti si dice che l'impresa produce finché
i costi di produzione crescenti non uguaglino il prezzo di mercato del
bene prodotto, mentre in realtà i costi di produzione sono la base di
partenza della determinazione del prezzo.
Ma quando mai!
I prezzi di produzione sono indipendenti dal prezzo di mercato.
Se io devo fare la mia macchina d'oro sia che la vendo ad 1 euro che la
vendo a 10.000.000 di euro il costo di produzione è invariato.
Se proprio vogliamo scavare possiamo dire che se si riesce ad attivare
un meccanismo di costi in scala allora abbiamo un risparmio sui costi di
produzione. Ma i costi in scala sono indipendenti dal prezzo e
dipendenti dal volume. Ma qui trabordiamo in tecnica industriale ed
ingegneria gestionale.
Poi, già una volta, ti dissi che in realtà non si scende fino a zero
(che rappresenta la produzione massima prima di andare in perdita) ma ci
si ferma prima. Quando il tasso di ritorno è pari al tasso di
aspettativa di remunerazione del mercato dei capitali.
A mio modesto parere, c'è una relazione tra prezzo di mercato e
costo: infatti se produrre un bene costa all'impresa 100 allora essa
deve vendere a più di 100 per ricavare un utile. Quindi il costo è
dato e il prezzo di vendita dipende da esso. Invece la microeconomia
prende il prezzo di vendita come un dato e fa espandere la produzione
finché il costo non raggiunge un livello che consenta la remunerazione
desiderata. Ma così non si spiega la varietà di prezzi sul mercato di
un certo bene.
Post by Albion of Avalon
Ti invito caldamente a prendere qualche buon testo di economia ed
iniziare a studiare. Il Samuelson è un buon inizio.
Ammetto di essere un principiante in economia, per questo pongo delle
questioni allo scopo di capire meglio.
Matteo
2006-12-05 15:25:45 UTC
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Post by La zanzara 76
Va bene. Però dopo aver stabilito le relazioni fondamentali
bisognerebbe arricchire la teoria per poter spiegare quello che
constatiamo ogni giorno nel mercato di ogni singolo bene: ossia prezzi
molto variabili e diversificati tra i diversi produttori.
Anche con un unico produttore e in un rapporto diretto
produttore-consumatore. Guarda le tariffe Vodafone e vedrai che una
telefonata può avere un'ottantina di prezzi diversi. Aggiungi le altre
compagnie e scoprirai che senza il lavoro di almeno due diversi laureati non
saprai mai, volta per volta, qual è il modo più conveniente di telefonare.
Il gioco è abbastanza scoperto: il massimo profitto si realizza vendendo la
stessa merce a prezzi diversi a consumatori diversi.
E ciò che fa la singola impresa lo fa il mercato. Nessun bene o servizio ha
un prezzo solo.
La microeconomia marginalista (che, checchè ne pensi l'anglosassone, non ha
nulla a che vedere con i classici) inventa un mercato puramente logico, che
non ha nulla a che vedere col mercato reale, neanche come vaga
approssimazione.
D'altra parte, chi non s'accorge che il ricercatore italiano è pagato poco,
in Italia, perchè il mercato non sa che farsene, ha evidentemente un'idea
poco concreta del mercato. Colpa di studi che non allenano alla critica, ma
premiano i bravi pappagalli.
ZigZag
2006-12-05 16:55:37 UTC
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Post by Matteo
D'altra parte, chi non s'accorge che il ricercatore italiano è pagato poco,
in Italia, perchè il mercato non sa che farsene, ha evidentemente un'idea
poco concreta del mercato.
Mercato in Italia? Quale? Quello delle autostrade? ***LOL***
Matteo
2006-12-05 21:47:05 UTC
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Post by ZigZag
Post by Matteo
D'altra parte, chi non s'accorge che il ricercatore italiano è
pagato poco, in Italia, perchè il mercato non sa che farsene, ha
evidentemente un'idea poco concreta del mercato.
Mercato in Italia? Quale? Quello delle autostrade? ***LOL***
Il mercato è unico, ed è tutto ciò che si compra e si vende nel mondo (per
ora, forse un dì anche sulla Luna ed oltre). Dal punto di vista economico
l'Italia è solo un territorio scelto con criteri del tutto arbitrari, nel
quale comunque si fanno acquisti, si pagano pedaggi e si vendono autostrade
a degli spagnoli e a delle province.
I ricercatori sono una merce come un'altra. Si vendono sottocosto o perchè
come venditori non valgono niente, o perchè sono merce scadente, o perchè
sono merce inutile che il privato non vuole e il pubblico tiene perchè un
sussidio non si nega a nessuno.
Albion of Avalon
2006-12-05 17:12:19 UTC
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Post by La zanzara 76
D'accordo. Non volevo criticare la validità della legge della
domanda e dell'offerta o la determinazione della curva di domanda in
base alle utilità (o la determinazione della curva di offerta in base
ai costi). In verità criticavo il fatto di prendere questi tre
elementi come esclusivi, trascurando altri fattori determinanti.
Infatti se ci basiamo solo su quei fattori allora non si spiega la
varietà di prezzi, di un certo bene, presenti sul mercato. E spiegare
come si generi tale varietà di prezzi è un problema da affrontare.
Invece lo spiega perfettamente.
Esistono molteplici prezzi poichè esistono molteplici beni che si
scambiano su molteplici mercato.
Nel mercato Auchan io compro la cocacola ad 1 euro, nel mercato Coop a
90 centesimi.
Io posso tracciare una curva mia di utilità che dice che la disutilità
del maggior prezzo dell'auchan è ampiamente compensata dal fatto che ho
l'utilità di averlo sul tragitto casa lavoro e trvo parcheggio. Mentre
il risparmio che mi da la Coop è penalizata dal fattoche c'è poco
parcheggio e mi viene fuori strada.
Noi queste curve le disegnamo in continuo. Secondo per secondo. Ogni
volta che facciamo una scelta facciamo un curva di utilità e vediamo.
Adesso Matteo verrà e sbrodolerà sugli acquisti d'impulso. Ma in realtà
se io compro d'impulso vuol dire che reputo il prezzo del bene così
basso da renderlo ininfluente ad i fini del mio bilancio.
Ovviamente parliamo di soggetti razionali.
Post by La zanzara 76
Post by Albion of Avalon
MArketing.
Non centra con microeconomia.
In microeconomia si cerca di ridurre il più possibile le variabili onde
trovare una correlazione fra i fattori principali.
CMQ il fattore h (umano) viene sempre eliminato poichè una variabile
causale.
Va bene. Però dopo aver stabilito le relazioni fondamentali
bisognerebbe arricchire la teoria per poter spiegare quello che
constatiamo ogni giorno nel mercato di ogni singolo bene: ossia prezzi
molto variabili e diversificati tra i diversi produttori.
Cheè spuiegato con le curve di utilità.
Perché compro birra ceres e non birra moretti che costa meno?
Perché l'utilità della ceres per me è superiore rispetto all'utilità
della moretti. Erggo sono disposoto a spendere di più per una stessa
dose di bene.
Post by La zanzara 76
A mio modesto parere, c'è una relazione tra prezzo di mercato e
costo: infatti se produrre un bene costa all'impresa 100 allora essa
deve vendere a più di 100 per ricavare un utile. Quindi il costo è
dato e il prezzo di vendita dipende da esso. Invece la microeconomia
prende il prezzo di vendita come un dato e fa espandere la produzione
finché il costo non raggiunge un livello che consenta la remunerazione
desiderata. Ma così non si spiega la varietà di prezzi sul mercato di
un certo bene.
Primo si lavora sull'astrazione del modello di libera concorrenza.
Ma lo stesso modello ti dice che nella realtà non si lavora in un piano
egalitario e che esistono tante curve di ottimo quante sono le aziende.
Ecco la tua risposta.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
Matteo
2006-12-05 21:48:20 UTC
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Post by Albion of Avalon
Adesso Matteo verrà e sbrodolerà sugli acquisti d'impulso. Ma in
realtà se io compro d'impulso vuol dire che reputo il prezzo del bene
così basso da renderlo ininfluente ad i fini del mio bilancio.
Ovviamente parliamo di soggetti razionali.
Io sbrodolo sul fatto che il compratore irrazionale ha pari dignità e
concorre quanto quello razionale a influenzare il mercato.
Se non fosse così Montecarlo non esisterebbe.
La razionalità, in economia, non ha senso. Le leggi dell'economia
s'impongono proprio perchè sono indipendenti dai comportamenti individuali.
In caso contrario non sono leggi, dal punto di vista scientifico.
Hamlet
2006-12-06 17:39:27 UTC
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"Albion of Avalon" ha scritto
Post by Albion of Avalon
Post by La zanzara 76
4) Il quarto fattore che influisce sul prezzo è la reputazione del
venditore, ossia se questi possieda un marchio affermato: in tal caso i
consumatori sono disposti a pagare un prezzo maggiore pur di ottenere
un prodotto prestigioso, mentre un bene che non possieda tali requisiti
lo reputano di minor prezzo.
MArketing.
Non centra con microeconomia.
In microeconomia si cerca di ridurre il più possibile le variabili onde
trovare una correlazione fra i fattori principali.
CMQ il fattore h (umano) viene sempre eliminato poichè una variabile
causale.
Volevi scrivere "casuale" invece di "causale"?

Comunque chi t'ha detto che il fattore umano viene sempre eliminato dagli
studi economici???
Vorrei ricordarti che nel 2002 Daniel Kahneman ha vinto il Nobel
(http://nobelprize.org/nobel_prizes/economics/laureates/2002/)
con questa motivazione:
"for having integrated insights from psychological research into economic
science, especially concerning human judgment and decision-making under
uncertainty"

Ciao

Hamlet
no
2006-12-04 12:26:56 UTC
Permalink
Ci risiamo con i soliti discorsi accademici teorici.

Il prezzo di un bene è influenzato da una serie di fattori inponderabili.
Solo se si conosce bene i segreti è possibile avere un'idea.
Radicale
2006-12-04 13:12:44 UTC
Permalink
Post by no
Ci risiamo con i soliti discorsi accademici teorici.
... Be che c'e' di male ?
Post by no
Il prezzo di un bene è influenzato da una serie di fattori inponderabili.
Solo se si conosce bene i segreti è possibile avere un'idea.
Certo, ma poi alla fine le componenti fondamentali sono quelle esposte
nelle teorie.
Perlo meno ci si provano !
no
2006-12-05 01:00:23 UTC
Permalink
Post by no
Ci risiamo con i soliti discorsi accademici teorici.
... Be che c'e' di male ?
Post by no
Il prezzo di un bene è influenzato da una serie di fattori inponderabili.
Solo se si conosce bene i segreti è possibile avere un'idea.
Certo, ma poi alla fine le componenti fondamentali sono quelle esposte
nelle teorie.
Perlo meno ci si provano !


La teoria ti dice che il prezzo è determinato dalla dom e off del bene.
Invece sono gli speculatori che lo determinano.
Quelli che ingrossano i loro conti in off shore. La teoria va riscritta
tutta, la storia tutto è da riscrivere.
Matteo
2006-12-04 15:55:22 UTC
Permalink
Post by La zanzara 76
1) Il principale fattore che determina il prezzo di un bene sono i
suoi costi di produzione
Che sono prezzi. Il gatto che si morde la coda.
Post by La zanzara 76
2) Il secondo fattore è la legge della domanda e dell'offerta: le
imprese immettono sul mercato il bene prodotto ad un certo prezzo
(calcolato secondo la formula: costi di produzione più una percentuale
di profitto), tuttavia se l'offerta supera la domanda il prezzo cala,
altrimenti se la domanda supera l'offerta il prezzo sale.
Stai parlando di prezzi o di prezzi al dettaglio? Il produttore, di regola,
non vende al dettaglio, e fa sconti maggiori a chi domanda di più.
Post by La zanzara 76
3) Il terzo fattore è il potere contrattuale delle parti: se gli
acquirenti hanno molto potere contrattuale rispetto ad un certo
venditore, allora possono spuntare un prezzo più vantaggioso. Ad
esempio, nei rapporti tra sindacati e datori di lavoro, se i sindacati
a causa di una eccessiva disoccupazione hanno un minore potere
contrattuale, allora non riusciranno ad elevare di molto il salario
dei lavoratori.
Sicuro sicuro? L'esperienza dice che c'è un rapporto di questo tipo tra la
disoccupazione e i salari degli occupati? La teoria marginalista sostiene
che ci sono molti disoccupati se i salari sono molto alti, ma sostiene anche
che in tal caso il monte salari è il massimo (Einaudi, Lezioni di politica
sociale, Losanna 1944). E sostiene anche (stesso testo) che il sussidio ai
disoccupati supera, in tal caso, il salario che permetterebbe l'occupazione
di tutti i venditori di lavoro salariato.
L'esperienza dimostra, poi, che gli alti salari promuovono lo sviluppo
economico e contribuiscono a ridurre la disoccupazione. Per ridurre il
potere contrattuale dei sindacati ci vuole un rincretinimento di massa (che
non si promuove gratis) oppure una efficiente polizia politica (che in
Italia ha funzionato, ma solo per un ventennio.
Post by La zanzara 76
4) Il quarto fattore che influisce sul prezzo è la reputazione del
venditore, ossia se questi possieda un marchio affermato: in tal caso
i consumatori sono disposti a pagare un prezzo maggiore pur di
ottenere un prodotto prestigioso, mentre un bene che non possieda
tali requisiti lo reputano di minor prezzo.
Google e Yahoo, come prezzo al dettaglio, costano 0. I consumatori italiani
quasi non conoscono Yahoo, che pure è un marchio affermatissimo, nel resto
del mondo. C'entra il prezzo? Le imprese, o la pubblica amministrazione,
grandi consumatori, seguono i capricci dei consumatori finali?
Post by La zanzara 76
Quindi il prezzo di mercato di un bene è il risultato di molti fattori
che agiscono contemporaneamente, quindi ha una dinamica molto
complessa perché tali fattori possono agire con pesi diversi, ed anche
equilibrarsi a vicenda.
I prezzi al dettaglio sono solo una delle componenti di un sistema di
prezzi. Il mercato comprende tutte le merci del mondo, cioè tutti i beni e
servizi che sono venduti e comprati, denaro e lavoro compresi. Nel mercato
reale puoi rilevare, anche al dettaglio, solo delle medie, perchè anche
merci prodotte in grandissima serie non hanno mai lo stesso prezzo, talvolta
neppure lo stesso giorno presso lo stesso venditore.
Post by La zanzara 76
Infatti si dice che l'impresa produce
finché
i costi di produzione crescenti non uguaglino il prezzo di mercato del
bene prodotto, mentre in realtà i costi di produzione sono la base di
partenza della determinazione del prezzo.
Lascia perdere ciò che penso di certi microeconomisti. Però l'imprenditore
inizia ad intraprendere quando il prezzo promette un buon profitto e smette
d'intraprendere quando il prezzo riduce stabilmente il profitto a zero o
sotto. La nascita e la morte delle imprese sono determinate dai prezzi, non
viceversa. Tra l'altro, se l'obiettivo di un'impresa nascente è raggiungere
il monopolio in un segmento del mercato, quell'impresa venderà sottocosto
per un certo periodo, finché tutti i concorrenti si ritireranno o saranno
assorbiti. Berlusconi ha fatto così, poi, raggiunto il monopolio del settore
pubblicità, s'è dato alla politica e ha lasciato a seri manager il compito
di ripianare i debiti esagerati dell'impresa.
La tua critica alla microeconomia marginalista ne esagera l'importanza. A
parte i compiti scritti che si danno a scuola, nessuno usa quei concetti
nella vita pratica, tant'è che io faccio 20 euro di benzina dal benzinaio
sotto casa che la vende a 1,228 al litro, invece che da quello a due
chilometri che la vende a 1,216. Lo so che ci smeno un paio di chilometri di
percorrenza, ma quell'altro mi sta antipatico. L'utilità della simpatia è
numerabile?
ZigZag
2006-12-04 17:38:44 UTC
Permalink
Post by Matteo
Google e Yahoo, come prezzo al dettaglio, costano 0.
la barzelletta del millennio...
Post by Matteo
Berlusconi ha fatto così, poi, raggiunto il monopolio del settore
pubblicità

raggiunto? praticamente lo ha sempre avuto, mica doveva vendere sottocosto
Post by Matteo
di ripianare i debiti esagerati dell'impresa.
non ha ripianato niente, ha trasformato i debiti in azioni, infatti
Fininvest che è praticamente tutta sua ha ben meno del 50% di Mediaset. La
stessa cosa piacerebbe alla Telecom, peccato che la concorrenza che lì c'è e
non nel settore televisivo non fa prevedere grandi affari all'azienda ex
monopolista
Post by Matteo
L'utilità della simpatia è numerabile?
La prossima volta che passo da Chicago lo chiedo a Gary Becker. Secondo me
lui pensa di sì
Albion of Avalon
2006-12-04 18:01:49 UTC
Permalink
Post by ZigZag
Post by Matteo
Google e Yahoo, come prezzo al dettaglio, costano 0.
la barzelletta del millennio...
Con me costavano.
Misteri.
Post by ZigZag
Post by Matteo
L'utilità della simpatia è numerabile?
La prossima volta che passo da Chicago lo chiedo a Gary Becker. Secondo me
lui pensa di sì
E non solo lui.
--
In matters of style, swim with the current; in matters of principle,
stand like a rock. -- Thomas Jefferson
ZigZag
2006-12-04 19:18:49 UTC
Permalink
Post by Albion of Avalon
Post by ZigZag
Post by Matteo
Google e Yahoo, come prezzo al dettaglio, costano 0.
la barzelletta del millennio...
Con me costavano.
Misteri.
Anche perché il signor Brin come faceva a inventare Google senza il signor
Alessandro Volta, il signor Thomas Edison, il signor Alexander Bell (o
Meucci a seconda delle simpatie), nonché del signor Bill Gates o del signor
Steve Jobs visto che se non ho un sistema operativo cosa me ne faccio di un
motore di ricerca? E non credo di pagare 0 di telefono, 0 di energia
elettrica, 0 di sistema operativo (oltre a 0 di hardware)
Matteo
2006-12-04 20:03:56 UTC
Permalink
Post by ZigZag
Post by Albion of Avalon
Post by ZigZag
Post by Matteo
Google e Yahoo, come prezzo al dettaglio, costano 0.
la barzelletta del millennio...
Con me costavano.
Misteri.
Anche perché il signor Brin come faceva a inventare Google senza il
signor Alessandro Volta, il signor Thomas Edison, il signor Alexander
Bell (o Meucci a seconda delle simpatie), nonché del signor Bill
Gates o del signor Steve Jobs visto che se non ho un sistema
operativo cosa me ne faccio di un motore di ricerca? E non credo di
pagare 0 di telefono, 0 di energia elettrica, 0 di sistema operativo
(oltre a 0 di hardware)
Ogni tanto io cerco d'essere preciso.
Ho detto prezzo al dettaglio di certi servizi.
Sopportare la pubblicità non si può quantificare in termini monetari. Per me
la cosa è intollerabile, e infatti faccio a meno dei più diffusi motori di
ricerca, ad altri non dà nessun fastidio. A quel punto non parliamo più d'un
prezzo, ma di tanti prezzi quanti sono gli utenti attuali e potenziali, e
comunque sono soldi che vedrebbero i nostri medici, non i proprietari di
quelle macchine fabbricaquattrini.
ZigZag
2006-12-05 16:57:26 UTC
Permalink
Post by Matteo
Sopportare la pubblicità non si può quantificare in termini monetari.
e chi ha parlato di pubblicità? io parlo di pagare il pc, pagare il SO,
pagare l'energia elettrica, ecc. dire che google non costa niente è come non
contare il costo dell'autostrada o della nave per portare le arance da
palermo al nord
Matteo
2006-12-05 21:47:35 UTC
Permalink
Post by ZigZag
Post by Matteo
Sopportare la pubblicità non si può quantificare in termini monetari.
e chi ha parlato di pubblicità? io parlo di pagare il pc, pagare il
SO, pagare l'energia elettrica, ecc. dire che google non costa niente
è come non contare il costo dell'autostrada o della nave per portare
le arance da palermo al nord
Io insisto: prezzo al dettaglio dei motori di ricerca e altri servizi che si
trovano nell'Internet.
O consideri il consumo delle suole quando vai a comprare il giornale a
piedi?
Comunque sia, Google, Yahoo, Msn, dei portali o il sito di sadiochì hanno lo
stesso costo. Qual è il criterio di scelta dell'utente? La teoria che per
trovare il prezzo si basa su costo di produzione e utilità marginale del
consumatore finale non ti spiegherà mai perchè i due ragazzotti sono
diventati più ricchi dei sani capitalisti di Altavista. E' evidente che sono
più bravi dal punto di vista commerciale, ma quali sono le leggi economiche
che determinano il vincitore in una competizione commerciale? L'unica legge
che si può rilevare empiricamente dice che chi fornisce il prodotto migliore
perde sempre.
ZigZag
2006-12-07 16:25:29 UTC
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Post by Matteo
O consideri il consumo delle suole quando vai a comprare il giornale a
piedi?
Io no ma il giornalaio sì. Mai visto un'edicola in aperta campagna.
Matteo
2006-12-07 20:42:30 UTC
Permalink
Post by ZigZag
Post by Matteo
O consideri il consumo delle suole quando vai a comprare il giornale
a piedi?
Io no ma il giornalaio sì. Mai visto un'edicola in aperta campagna.
Però l'hai vista in un'autogrill sull'autostrada.
Il prezzo d'un giornale è un euro.
Non cambia se tu lo compri scendendo al piano terra in ciabatte o se fai 200
chilometri andata e ritorno, pagando macchina, benzina e pedaggio.
Si può anche scherzare, ogni tanto, ma il marginalista anglofilo non scherza
mai e ha il guaio di credere che le sue curvette spieghino perchè con un
euro uno compra il Manifesto e l'altro Libero. Chissà quale dei due è
razionale, visto che sicuramente uno è matto.
Matteo
2006-12-04 19:36:46 UTC
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Post by ZigZag
Post by Matteo
Berlusconi ha fatto così, poi, raggiunto il monopolio del settore
pubblicità
raggiunto? praticamente lo ha sempre avuto, mica doveva vendere sottocosto
Italia1 e Rete4 erano di Rizzoli e Rusconi. Prima li ha messi in ginocchio
vendendo pubblicità a metà prezzo, poi gli ha comprato le reti per un boccon
di pane.
E per quanto sia bugiardo quel signore, che da quando è in politica non si
occupa più delle aziende mi sembra credibile. I manager che gliele portano
avanti sono bravi e finalmente quelle ditte sono normali aziende capitaliste
che arricchiscono l'azionista. Infatti oggi è molto più ricco di quando
cercava appoggi politici per avere più credito dei concorrenti.
Bisognerebbe comunque evitare l'uso di parole ambigue. Il mercato è uno
solo. Il prezzo di mercato si riferisce, invece, a qualcosa di limitato
nello spazio e nel tempo. Il prezzo dello stesso bene sul mercato di Crotone
e su quello di Bolzano non è, in genere, lo stesso. E il prezzo di oggi non
è in genere quello di ieri o di domani.
Tu ci ridi, ma la quantità di cose che sono offerte gratis al consumatore
finale è oggi una parte rilevante dei Pil. Quanto paghi per vedere un film
in televisione o sentire una canzone alla radio? Spendi in elettricità, sei
costretto a un po' di zapping per tentare di sottrarti alla pubblicità, dai
soldi ogni tanto ai venditori di televisori, ma il film in sé non lo paghi.
Come non paghi mezza Internet, che è diventata un costo irrilevante anche
per medie aziende. Né i classici, né i marginalisti hanno dovuto cercare le
leggi economiche di ciò che è gratuito al dettaglio. Varrà anche lì la legge
della domanda e dell'offerta, ma uno domanda, scegliendo tra tante opzioni
gratuite, e un altro paga.
ZigZag
2006-12-04 19:52:20 UTC
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Post by Matteo
Italia1 e Rete4 erano di Rizzoli e Rusconi. Prima li ha messi in ginocchio
vendendo pubblicità a metà prezzo, poi gli ha comprato le reti per un boccon
di pane.
mah...
Post by Matteo
I manager che gliele portano avanti sono bravi e finalmente quelle ditte
sono normali aziende > capitaliste che arricchiscono l'azionista.

ROTFL

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La zanzara 76
2006-12-06 14:38:53 UTC
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Post by Matteo
Post by La zanzara 76
1) Il principale fattore che determina il prezzo di un bene sono i
suoi costi di produzione
Che sono prezzi. Il gatto che si morde la coda.
Certo. Questo è un problema che per il momento non sono in grado di
risolvere. Tuttavia se per ipotesi si usassero monete d'oro per far
circolare i beni, allora si potrebbe istituire una corrispondenza
diretta tra il valore della moneta e valore di un bene, in tal modo i
prezzi dipenderebbero dalla produttività delle miniere (che incide sul
valore dell'oro). Invece con moneta cartacea non si può istituire
tale corrispondenza, perché in questo caso il denaro ha un valore
simbolico. Così si cade nel circolo che un prezzo dipende da altri
prezzi, perché non esiste un mezzo di misura esatto come sarebbe
l'oro.
Post by Matteo
Post by La zanzara 76
2) Il secondo fattore è la legge della domanda e dell'offerta: le
imprese immettono sul mercato il bene prodotto ad un certo prezzo
(calcolato secondo la formula: costi di produzione più una percentuale
di profitto), tuttavia se l'offerta supera la domanda il prezzo cala,
altrimenti se la domanda supera l'offerta il prezzo sale.
Stai parlando di prezzi o di prezzi al dettaglio? Il produttore, di regola,
non vende al dettaglio, e fa sconti maggiori a chi domanda di più.
Qui ho peccato di astrattezza dimenticando l'intermediazione delle
imprese commerciali. Comunque la domanda che supera l'offerta di cui
parlavo, non era quella di un singolo commerciante, ma la domanda
aggregata di tutti gli acquirenti siano essi pure commercianti. In tal
caso se tale domanda sale il prezzo sale. Invece nel caso di un singolo
commerciante va come dici tu.
Post by Matteo
Lascia perdere ciò che penso di certi microeconomisti. Però l'imprenditore
inizia ad intraprendere quando il prezzo promette un buon profitto e smette
d'intraprendere quando il prezzo riduce stabilmente il profitto a zero o
sotto. La nascita e la morte delle imprese sono determinate dai prezzi, non
viceversa.
Certo. Tuttavia ogni impresa ha anche la libertà di imporre un suo
prezzo diverso da quello delle altre imprese, in base ai propri costi,
in base alle proprie strategie. Raramente sul mercato vi è un unico
prezzo per tutti.
Gian Maria Freddi
2006-12-05 14:59:55 UTC
Permalink
http://worldsocialism.blog.excite.it/permalink/327379
Luca Vierucci
2006-12-07 06:50:31 UTC
Permalink
Hello, Gian!
You wrote on Tue, 05 Dec 2006 14:59:55 GMT:

GMF> http://worldsocialism.blog.excite.it/permalink/327379


With best regards, Luca Vierucci. E-mail: ***@tin.it
Er Principe
2006-12-13 13:29:13 UTC
Permalink
Post by La zanzara 76
Uno dei problemi principali dell'economia politica consiste nello
spiegare quali sono i fattori che determinano il prezzo di un bene. La
tradizionale microeconomia, almeno nelle formulazioni più generiche,
fa dipendere i prezzi dalle utilità dei beni, ossia il rapporto tra i
prezzi di due beni equivale il rapporto tra le utilità marginali.
Quindi con ogni euro speso il consumatore consegue la stessa utilità
marginale in relazione alla quantità di ogni bene che acquista,
cosicché più un bene è utile, più costa; in pratica c'è una
proporzionalità tra prezzo e utilità.
Non sono laureato in economia, ma dico lo stesso la mia :-)
Innanzitutto una cosa e' il prezzo all'offerta, il prezzo richiesto,
altra cosa e' il prezzo reale.
Il prezzo reale si concretizza solo quando c'e' l'effettivo scambio. Se
sono libero di scegliere un bene, lo compro solo se trovo che la sua
utilita' e' superiore al suo prezzo. E se ho alternative, scelgo quella
che mi da piu' "surplus".

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