On Wed, 29 Jan 2020 01:30:19 +0100, Bruno Campanini
Post by Bruno CampaniniPost by Valerio VanniNon necessariamente: la presenza di quella /e/ nel nesso non esclude
una pronuncia tautosillabica.
- grammaticalmente è un dodecasillabo
Il "grammaticalmente", se si ha in mente la dimensione orale del
testo, lascia un po' il tempo che trova.
Nel senso che possiamo avere un testo che la grammatica "spaziatrice"
e "mandatrice a capo" divide in 16 sillabe, ma foneticamente ci sono
solo 10 o 11 sillabe.
Nell'oralità, la soluzione più normale è quella della fusione
sillabica quando si trovano vocali a cavallo delle parole. Che sia
elisione o sinalefe, metricamente è irrilevante.
Il testo scritto "si era", nel parlato sta generalmente in due sillabe
al pari di "s'era" /'sE.ra/... anche lasciando la /j/ "'sjE.ra/.
Il vero caso particolare è la dialefe, la pronuncia trisillabica
/si'E.ra/.
E per oralità intendo la poesia, le canzoni e il parlato spontaneo.
Queste tre dimensioni collimano parecchio. Non serve un corso per
azzeccare le sinalefi, il parlante lo fa già spontaneamente.
Sono, piuttosto, gli scrittori di poesie e di canzoni che ragionano in
base all'orecchio della loro lingua, che guarda caso è lo stesso della
gente comune. Oh, ci sono le eccezioni (dialefi e sinalefi innaturali,
per effetti speciali, perché non si trovava il testo per far
diversamente etc), ma per lo più le cose collimano.
Post by Bruno Campanini- la nostra mente gradisce moltissimo il suono
dell'endecasillabo tant'è che a volte elimina
motu proprio l'inutile intruso che scombinerebbe
il verso.
Mi trovo abbastanza d'accordo sul "motu proprio". Non necessariamente
sull'endecasillabo, le strutture sono varie. Nei testi cantati,
leggevo in uno studio, la frase melodica tende alle sette sillabe.
Certo, leggendo una poesia con una struttura ritmica regolare si è
portati a ricondurre le frasi successive a quelle precedenti, ma in
tanti casi l'intruso non c'è proprio. Nel senso che non c'è nemmeno
nel parlato.
Nello scritto si usano gli spazi per distinguere le parole, ma
nell'emissione vocale lo spazio non genera niente. "In fondo" ha la
stessa pronuncia di "infondo". Fanno eccezione i casi in cui c'è
necessità di particolare chiarezza o evitare un'ambiguità, insomma
quando è proprio necessario isolare la singola parola.
Post by Bruno CampaniniTu, citando quel verso, scriveresti indifferentemente
"ne avvede" e "n'avvede"?
Sì, perché il mio orecchio sente quel segmento trisillabico in
entrambi i casi. /neav've.de/ e /nav've.de/.
Al giorno d'oggi nel testo scritto le elisioni sono più rare, ma chi
parla non si è messo a moltiplicare le sillabe.
Post by Bruno CampaniniDuplicazione è qualcosa che definisce la ripetizione
di un lemma in maniera assolutamente neutra (non esprime
giudizio sulla circostanza).
Tautologia è invece qualcosa che definisce negativamente
l'inutilità della circostanza.
Se quanto premesso è vero (se non lo è fammelo sapere!)
Sei andato troppo sul filosofico :-)
Erano cose più terra terra, nessun giudizio di merito o di inutilità.
Sequenza tautosillabica: gruppo di vocali che costituisce una sillaba.
Sequenza eterosillabica: gruppo di vocali che costituisce due sillabe
(o più, ma non ci andiamo a complicare la vita).
"Zaino": tautosillabica /'dzai.no/
"Caino": eterosillabica /ka'i.no/
Oppure puoi confrontare la pronuncia toscana e quella nordica della
parola "viaggio".
Post by Bruno Campaninimi spiegheresti cosa vuoi significare con "non esclude
una pronuncia tautosillabica"?
Quello che ho detto sopra: viene fuori una sillaba più complessa
/neav/ contro /nav/, ma sempre una sola. L'orecchio non si mette di
certo a farne due /ne'av/. A monte dell'accento di parola, poi, meno
che mai...
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Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.