Vabbè Michele,
penso che ci siamo "scannati" abbastanza, e abbiamo dato innumerevoli
spunti per i futuri e presenti lettori per farsi un'idea...
Però mi avrebbe fatto piacere di tediarti per ore con le storielle dettemi
dai reduci (non sui crimini, però! pietà!).
Le testimonianze della Decima le ho su Word, se mi mandi una mail a
***@hotmail.com te le giro.
Se bannano veramente la svastica (vedi pronunciamento di Frattini alla
UE)cosa me ne faccio delle 5.500 fibbie in alluminio con Chtulhu che regge
la svastica e il cartiglio "CHTULHU MIT UNS" che mi sono fatto fare per la
mia 666. Panzer-Rily'egh-Brigade?
Organigramma Unità Comando
C.te Oberst Horst Chtulhu
Ia Major (In Generalstab, iG) Hermann Azatoth
o1 Hauptmann iG HP Liebekraft
Ic Major iG Karl Nyarlathotep
Sempre per dare materiale di lettura al pubblico forummista posto anche
queste considerazioni prese qua e la, facciamole commentare un pò anche
agli altri, però non solo noi due ;) ;)
PS potresti anche dare un'occhiata ai miei libri sugli StuG e Anzio, visto
che non trattano controversie "revisionisticheggianti" potebbero correre
il rischio di piacerti!
RAPPRESAGLIA
(I) - Definizione
Lauterpacht, nella sesta edizione del volume 2 del Diritto Internazionale
di Oppenheim, par.247, definisce la rappresaglia durante la guerra come
una ritorsione con lo scopo di obbligare un nemico colpevole di un certo
atto di guerra illegale ad osservare le leggi di guerra.
Il par.452 del Manuale di Diritto Militare Britannico, definisce la
rappresaglia come "ritorsione per atti illegittimi di guerra allo scopo di
far osservare in futuro al nemico le riconosciute leggi di guerra", ed
aggiunge "sono ammissibili per convenzione come un indispensabile mezzo
per assicurare un comportamento legittimo in guerra", inoltre,"non sono un
mezzo di punizione o di vendetta arbitraria ma di coercizione." (nota per
un resoconto sulle leggi inglesi relative ai processi ai criminali di
guerra, vedi vol. 1 di questi rapporti pagg. 105-110).
W.E. Hall (Trattato sul Diritto Internazionale, 8a ed. 1924 Higgins)
indica i principi alla base del diritto di rappresaglia: quando
l'offensore non può essere raggiunto o identificato, si ricorre alla
rappresaglia nei confronti di coloro che, colpevoli di nessuna offesa,
soffrono per atti di altri, [when the actual offender cannot be reached or
identified reprisals are sometimes resorted to by which persons guilty of
no offence suffer for the acts of others] , "una misura assolutamente
priva di giustizia", e inoltre vi si deve ricorrere solo in caso di
assoluta necessità e con determinate restrizioni.
I punti essenziali che emergono da queste definizioni così come da tutti
gli altri autori che si interessano dell'argomento sono:
1. che la rappresaglia compiuta da un belligerante per essere giustificata
deve essere preceduta da qualche violazione delle leggi e degli usi di
guerra commessa dall'altro belligerante.
2. che il suo scopo è la coercizione, cioè deve essere utilizzata per
obbligare l'altro belligerante ad aderire alle leggi ed agli usi di guerra
in futuro.
3. devono essere utilizzate solo come ultima risorsa e comunque solo con
certe restrizioni.
(II) - art.50 dell'annesso alla 4^ convenzione dell'Aja (1907) e la
rappresaglia
L'art.50 dice: "nessuna sanzione collettiva pecuniaria o altrimenti, può
essere inflitta ad una popolazione a causa di atti di individui per i
quali non può essere considerata collettivamente responsabile". ["No
collective penalty, pecuniary or otherwise shall be inflicted upon the
population on account of acts of individuals for which it cannot be
regarded as collectively responsible."]
Qualche autore conclude da ciò che la responsabilità collettiva deve
essere stabilita prima che la rappresaglia abbia luogo.
Lawrence (Principi del diritto Internazionale, pag 428) dice che atti come
la distruzione di case e fattorie può essere ricompreso nell'art.50 solo
se è provato "che l'intera popolazione simpatizza con gli autori e li
protegge dalla cattura e non altrimenti".
L'opinione prevalente, comunque, è che l'art.50 non ha alcun rapporto con
la questione attinente le rappresaglie. Lauterpacht nel Diritto
Internazionale di Oppenheim, vol. 2, 8^ ed., par.250, dice: "Non v'è
dubbio che l'art.50 degli accordi dell'Aja che sancisce che nessuna
sanzione collettiva pecuniaria o altrimenti, può essere inflitta ad una
popolazione a causa di atti di individui per i quali non può essere
considerata collettivamente responsabile, non impedisce l'incendio di
villaggi e città per rappresaglia ad un attacco a tradimento commessovi ai
danni di soldati nemici da individui sconosciuti, e, stando le cose così,
un belligerante brutale ha la sua opportunità".
Questa stessa ottica è stata adottata dal Manuale di Diritto Militare
Britannico, par.458, che dice: "Nonostante la punizione collettiva della
popolazione sia proibita in caso di atti di individui per i quali non
possa essere considerata come collettivamente responsabile, può essere
necessario il ricorso alla rappresaglia contro una località o una comunità
per alcuni atti commessi dai suoi abitanti o membri che non possono essere
identificati."
Il par.452 del Manuale di Diritto Militare Britannico spiega che della
rappresaglia "non si fa menzione nel testo dell'Aja ma vi si fa
riferimento nel Rapporto presentato alla Conferenza di pace (1889) dal
Comitato che stilò la Convenzione rispettando le leggi e gli usi di guerra
terrestre", e la nota a questo paragrafo del manuale dice: "quando si
riferisce all'art.50 che proibisce le punizioni collettive il rapporto
dichiara che l'articolo non pregiudica la questione delle rappresaglie (
Convenzione dell'Aja, 1899, pag.151)".
Il Prof. Lauterpacht suggerisce, a spiegazione del fatto che la Conferenza
dell'Aja non menziona la questione della rappresaglia, che una delle
precedenti, la Conferenza di Bruxelles del 1874 aveva depennato (struck
out) le sez. 69-71 dal disegno normativo presentato dai Russi, che si
riferivano alle rappresaglie. È stato anche suggerito che la Conferenza di
Bruxelles declinò il potere di legiferare in materia, per una pratica così
reprensibile sebbene in certe circostanze inevitabile.
Le 3 Sezioni del disegno normativo presentato dai Russi che vennero omesse
dalla Conferenza di Bruxelles dicono:
"Sez.69. La rappresaglia è ammissibile solo in casi estremi, tenendo conto
per quanto possibile dei diritti umani, quando è provato senza ombra di
dubbio che le leggi e gli usi di guerra sono stati violati dal nemico, e
che questi abbia fatto ricorso a misure condannate dal diritto delle
Nazioni."
"Sez.70. La scelta dei mezzi e delle intensità della rappresaglia deve
essere proporzionata al grado di infrazione della legge commessa dal
nemico. Le rappresaglie sproporzionatamente severe sono contrarie alle
regole del Diritto Internazionale."
"Sez.71. La rappresaglia è autorizzata solo su autorità del Comandante in
Capo (Commander in Chief), che può similmente determinare il suo grado di
severità e la sua durata."
(III) - Quando la rappresaglia è ammissibile
"La rappresaglia è ammissibile per qualunque illegittimo atto di guerra"
(Lauterpacht nel Diritto Internazionale di Oppenheim, vol. 2, 8^ ed.,
par.248). Una tale rappresaglia è legittima contro atti di governi o atti
di individui. "Gli atti illegittimi possono essere commessi da un governo,
dai suoi comandanti militari o da qualche persona a cui è impossibile
risalire." (par.453, Manuale di Diritto Militare Britannico).
Se è stato commesso un illegittimo atto di guerra è compito del
belligerante offeso decidere se la rappresaglia deve aver luogo
immediatamente o soltanto dopo una contestazione al nemico.
"In pratica, comunque, un belligerante ricorrerà raramente subito alla
rappresaglia, solo se la violazione della regole di guerra non sono molto
gravi e la sicurezza delle proprie truppe non richieda delle pronte e
drastiche misure." (Lauterpacht nel Diritto Internazionale di Oppenheim,
vol. 2, 8^ ed., par.248 nota 2).
Il Manuale di Diritto Militare Britannico adotta lo stesso punto di vista.
Il par.456 dice: ".. Di regola la parte offesa non dovrebbe ricorrere
immediatamente alla rappresaglia, ma dovrebbe prima contestare la
violazione al nemico nella speranza di fermare ogni ripetizione
dell'offesa o di assicurare la punizione del colpevole. Questo iter
dovrebbe sempre essere seguito a meno che la sicurezza delle truppe
richieda un'azione immediata e drastica, e le persone che hanno
effettivamente commesso la violazione non possano essere catturate."
Applicando i principi di cui sopra al caso del crimine commesso da
partigiani sconosciuti in via Rasella, le Autorità tedesche erano
autorizzate a compiere una rappresaglia, qualora fossero giunti alla
conclusione che non si sarebbero potuti scoprire i responsabili e che ci
sarebbe stato pericolo per la sicurezza delle loro truppe.
La Difesa dichiarò che sussistevano entrambe le condizioni. L'Accusa,
nelle sue conclusioni, disse che le Autorità tedesche sarebbero state
autorizzate a far saltare le case di via Rasella. L'Accusa in questo modo
ammise che in questo caso l'uso della rappresaglia era giustificato.
D'altro canto l'Accusa fece notare che non c'era stata nessuna inchiesta
adeguata prima della rappresaglia dato che i due accusati ammisero nel
contraddittorio [cross-examination] che "le inchieste non erano state
ancora completate quando ebbe luogo il massacro delle Fosse Ardeatine."
(IV) Limitazioni imposte dal diritto internazionale ai belligeranti che
adottano rappresaglie
E' opinione di quasi unanime degli autori in materia che se la
rappresaglia è inflitta deve essere:
1. proporzionata
2. ragionevole
3. nel rispetto dei principi fondamentali di guerra come il rispetto della
vita dei non combattenti e
degli interessi dei neutrali.
Il terzo punto non fu considerato, in questo caso, perché non fu coinvolto
nessun interesse neutrale e il crimine per cui si adottò la rappresaglia
era stato commesso da non combattenti, così la questione di risparmiare i
non combattenti non sollevò un'altra controversia. L'accusa si basò sui
punti 1 e 2, contestando che la rappresaglia fu sproporzionata ed
irragionevole.
Il Manuale di Diritto Militare Britannico segue lo stesso punto di vista
espresso dalla maggioranza degli autori. Il par.459 afferma:
"Qualunque sia l'atto cui si ricorra come rappresaglia, esso deve
corrispondere alla violazione commessa dal nemico. Gli atti compiuti come
rappresaglia non devono, dunque, essere eccessivi, e non devono superare
il grado della violazione stessa."
Per chiarire cosa si intende per grado della violazione consideriamo i
seguenti esempi:
Un primo esempio fu durante la guerra franco-tedesca 1870-1871, allorché i
Francesi catturarono 40 navi mercantili tedesche e fecero prigionieri i
loro equipaggi; i Tedeschi considerarono questo contrario al Diritto
Internazionale ed imprigionarono 40 personalità di cittadinanza francese
per rappresaglia.
Altri due esempi sono i casi dell'incendio di costruzioni e villaggi da
parte dei tedeschi durante la guerra del 1870-1871 e l'ordine dato dal
Mar.llo in campo Lord Roberts durante la guerra del Sudafrica di
distruggere per rappresaglia le case e le fattorie nelle vicinanze del
punto in cui erano state danneggiate le linee di comunicazione. Le
rappresaglie adottate in questi precedenti sono dunque imprigionamento a
fronte di una ingiusta cattura da parte del nemico e distruzione della
proprietà a fronte della ingiusta distruzione della proprietà da parte del
nemico.
Le regole della guerra terrestre degli Stati Uniti, 1940, all'art 358
dicono: ".. Villaggi o case ecc., possono essere bruciate per atti ostili
da parte di persone che non possono essere identificate processate e
punite."
Il Manuale di Diritto Militare cap.14°, art. 414, afferma:
"Le consuetudini di guerra permettono come atto di rappresaglia la
distruzione di una casa tramite incendio o altrimenti, i cui abitanti,
senza possedere il diritto di combattenti hanno sparato sulle truppe."
Queste regole, quindi, permettono la distruzione della proprietà come
rappresaglia per aver aperto il fuoco sulle truppe, ma non esistono
precedenti, né si fa riferimento in alcun trattato, al permesso di
uccidere per un illegittimo assassinio da parte del nemico.
Dunque la prima questione che la Corte dovette considerare riguardo la
rappresaglia fu se l'azione intrapresa dagli imputati per fronteggiare il
crimine commesso in via Rasella fosse ragionevole e proporzionata a tal
crimine. Se così fosse stato si sarebbe trattato di rappresaglia
legittima. Fu irragionevole prendere vite umane come rappresaglia per le
vite perse a causa di quel crimine oppure fu il rapporto 10 a 1 eccessivo?
In tal caso si sarebbe trattato di un crimine di guerra.
La Difesa dichiarò che il prendere delle vite umane come rappresaglia per
l'omicidio dei poliziotti tedeschi non "superò il grado della violazione
commessa dal nemico" e che il rapporto 10 a 1 non era eccessivo vista la
situazione estremamente pericolosa, essendo Roma situata a pochi
chilometri dalla linea del fronte.
La seconda questione che la Corte dovette considerare fu quella
dell'esecuzione di tale rappresaglia. Il [Judge Advocate] (consulente
legale del giudice in una corte marziale) disse, nelle sue conclusioni, "a
mio avviso, signori, considerando se una rappresaglia sia adeguata e
legittima e possa essere giustificata secondo il diritto internazionale,
bisogna guardare non solo a ciò che la rappresaglia sarebbe dovuta essere
in principio, ma al modo in cui essa fu eseguita."
La Difesa ammise che l'esecuzione fu inappropriata, ma asserì che gli
imputati non conoscevano le modalità dell'esecuzione ed inoltre che non
potevano essere ritenuti responsabili per l'esecuzione impropria dei loro
ordini, poiché dell'esecuzione di questi ordini era stata incaricata la
S.D.. Gli imputati, non erano quindi obbligati a controllare che i loro
ordini fossero eseguiti propriamente. Nella dichiarazione della Difesa si
negava dunque sia il dolo, sia una colpa per negligenza da parte degli
imputati.
L'Accusa affermò che se gli imputati non sapevano cosa accadde alle Fosse
Ardeatine avrebbero dovuto saperlo in quanto i comandanti militari hanno
l'obbligo di controllare che i loro ordini siano eseguiti propriamente.
Non si può dire con certezza se la Corte trovò la rappresaglia
irragionevole (in quanto l'omicidio non era legittimato), eccessiva (per
il rapporto 10 a 1 delle vittime) o se gli imputati fossero responsabili
per il modo in cui essa era stata eseguita. Una qualunque di queste tesi
avrebbe supportato il verdetto.
La questione se von Mackensen e Maelzer, ordinarono di fucilare soltanto
prigionieri condannati a morte o a lunghe pene detentive, non sembra avere
alcuna connessione con il verdetto sebbene potrebbe averne con la
determinazione della pena.
Il par.454 del Manuale di Diritto Militare Britannico, afferma: "la
rappresaglia è una misura estrema perché nella maggior parte dei casi
causa sofferenze a persone innocenti. Sta in questo però la sua forza
coercitiva, ed essa è indispensabile in quanto ultima risorsa."
Dunque se la rappresaglia fosse stata ragionevole e proporzionata, non
sarebbe stato commesso nessun crimine di guerra anche se le vittime
fossero state interamente persone innocenti. D'altro canto, se la
cosiddetta rappresaglia fosse stata così irragionevole ed eccessiva, il
crimine di guerra sarebbe stato configurabile a prescindere dalla
innocenza delle vittime.
2. La difesa basata sull'Ordine superiore combinata con la difesa basata
sulla rappresaglia
Il [Judge Advocate] (consulente legale del giudice in una corte marziale),
nelle sue relazioni finali disse che non era chiaro se gli imputati
basassero la loro difesa sull'Ordine Superiore o no.
Egli riassunse dunque la difesa del Generale von Mackensen in questo modo:
Non diceva: "Ho solo eseguito un ordine dei miei superiori, e dunque non
posso essere condannato." Bensì diceva, "Avevo quest'ordine, e dovevo
eseguirlo, ma ho cercato di modificarlo e penso di averlo modificato in
maniera più umana." Il [Judge Advocate], quindi, chiarì alla corte che in
genere una difesa basata sulla esecuzione di ordini superiori non assolve
automaticamente un imputato dall'accusa di un crimine di guerra.
Il seguente brano, tratto dall'articolo del Prof. Lauterpacht
dall'Annuario di Diritto Internazionale, 1944, pag. 76, si riferisce alla
difesa basata sugli ordini superiori, quando gli ordini sono, nello
specifico, ordini di rappresaglia:
"L'elemento della rappresaglia può avere connessioni curiose e
significative con l'eccezione di ordine superiore. E' stato dimostrato che
il valore dell'esimente degli ordini superiori è condizionata dal grado di
efferatezza dell'offesa e dalla somiglianza a un delitto comune
evidentemente avulso sia dalla necessità di guerra sia da ogni elementare
rispetto dei diritti umani. Ma l'efficacia di quest'ultima considerazione
può essere considerevolmente ridotta anche se non nel tutto eliminata,
quando l'atto è stato emanato o trasferito al subordinato per l'esecuzione
di una rappresaglia contro un delitto simile o identico commesso dal
nemico. Il subordinato potrebbe, trovandosi innanzi ad un ordine così
palesemente contrario ai diritti umani, eccepire, anche a rischio della
propria vita, il proprio rispetto per la moralità e per la legge. Questo è
un dilemma terribile ma inevitabile. Ma non si può pretendere una tale
indipendenza di pensiero e azione nel caso in cui un soldato o un
ufficiale si trovi di fronte ad un ordine sicuramente illegale e crudele,
ma emanato per rappresaglia ad un atto ugualmente reprensibile commesso
dell'avversario. Potremmo attribuire all'imputato una conoscenza
rudimentale della legge ed uno standard elementare di moralità, ma
potrebbe essere più difficile aspettarsi che egli abbia tutte le
informazioni necessarie per renderlo in grado di giudicare la legittimità
della contromisura in questione, in relazione alle circostanze addotte a
giustificazione. Un esempio illustrerà questa posizione: nessuno può
rispondere ad un'accusa dichiarandosi ignaro del divieto di uccidere dei
prigionieri di guerra che si sono arresi. Nessuno può asserire che,
sebbene convinto dell'illegalità dell'uccidere prigionieri di guerra, non
aveva altra possibilità se non obbedire all'ordine impartito in tal senso.
Ma la situazione è assai più complicata quando l'imputato dichiara non
solo di aver eseguito un ordine superiore, ma il fatto che tale ordine
rappresenta una rappresaglia per l'uccisione, da parte del nemico, di
prigionieri appartenenti al proprio Paese. Quando la Corte Suprema
tedesca, nel caso Dover Castle, assolse nel 1921 gli imputati accusati di
aver silurato un nave ospedale britannica, Essa fondò la sua decisione sul
fatto che gli imputati erano stati autorizzati a considerare
l'affondamento delle navi ospedale del nemico una forma di rappresaglia
per la violazione da parte del nemico della Convenzione dell'Aja N. X sul
numero delle navi militari."
La Corte, giudicando colpevoli entrambi gli imputati, sembra aver
considerato, in questo caso, che la difesa basata sull'ordine superiore
combinata con la difesa basata sulla rappresaglia non assolveva gli
imputati. (sic)
http://www.difesa.it/NR/exeres/9AEFEC11-D0BA-4923-8B46-2C47D4286F39.htm
1. LEGITTIMITA' DELL'UCCISIONE DI PERSONE INNOCENTI PER RAPPRESAGLIA
Nel presentare la tesi dell'Accusa riguardo al primo capo di imputazione,
l'Accusa ha ammesso che l'imposizione di rappresaglie da parte delle
Autorità tedesche era giustificata, dopo la bomba di Via Rasella. Dopo
aver citato alcune fonti autorevoli in materia (pienamente esposte alle
pp.3-7 di questo volume) Essa aveva sottolineato che se c'era autorità di
distruggere la proprietà e di incarcerare cittadini del territorio
occupato per rappresaglia, non c'era però autorità di togliere la vita. La
Difesa ha obiettato che in circostanze estreme il togliere la vita nel
corso di rappresaglie era legittimo. Un commento al Diritto Militare
Tedesco, pubblicato nel corso della II Guerra Mondiale, era stato citato
dall'Avvocato della Difesa in questo contesto. L'autore affermava: "Gli
ostaggi sono tenuti in una specie di custodia a fini di sicurezza. Essi
garantiscono con la loro vita della giusta condotta dell'oppositore.
Secondo le usanze di guerra, si deve annunciare sia che si prendono degli
ostaggi sia la ragione per cui essi sono presi. Soprattutto, la presa di
ostaggi deve essere portata a conoscenza di coloro della cui legittima
condotta gli ostaggi sono garanzia. Se si verifica l'evento per garantirsi
contro il quale gli ostaggi sono stati presi, se per esempio la parte
avversaria persiste nella sua condotta contro legge, gli ostaggi possono
essere uccisi" (Waltzog, Recht der Landkriegführung (Leggi della guerra
terrestre) 1941, p.83). L'Avvocato della Difesa ha sostenuto che "la prima
misura di una rappresaglia è la presa di ostaggi. Egli ha sostenuto che
"qualunque Comandante militare nel corso di una rappresaglia è autorizzato
ad arrestare civili per il caso in cui i partigiani dovessero attaccare le
sue truppe o le sue strutture militari. Se in una fase successiva fossero
stati commessi atti di ostilità violenta contro le truppe della potenza
occupante, i prigionieri appartenenti al gruppo detenuto in ostaggio
avrebbero potuto essere uccisi in corso di rappresaglia". A supporto di
questa tesi, l'Avvocato della Difesa ha citato la sezione 358(d) del testo
americano sulle Rules of Land Warfare (Norme relative alla guerra
terrestre) (FM 27/10, Rules of Land Warfare, 1940)".
Gli ostaggi, presi e tenuti allo scopo dichiarato di garantirsi contro
atti contro legge delle forze nemiche o di gente nemica, possono essere
puniti o mandati a morte se, ciononostante, tali atti contro legge vengono
compiuti".
Il Pubblico Ministero nella sua requisitoria ha detto: "Sono arrivato alla
conclusione che sembra esserci da parte dei giuristi un deliberato
tentativo di non venire allo scoperto e di non rispondere al quesito per
il quale la Corte chiede sia data risposta, vale a dire "se sia possibile,
in talune circostanze, sparare ad una persona innocente per rappresaglia".
.. Il Diritto Internazionale rimane generalmente ad un livello alto.
Riguarda ciò che una parte belligerante può fare contro un'altra parte
belligerante; ma quel che il Feldmaresciallo Kesselring doveva gestire non
era rappresentato da Paesi organizzati con i loro Governi, ma da persone
irresponsabili in generale, con cui non era possibile negoziare; persone
rispetto alle quali egli non poteva dire a leader responsabili 'Voi dovete
controllare i vostri seguaci'. Perciò suggerisco che se mai ci sono state
circostanze in cui si sarebbe dovuto far ricorso alla rappresaglia nel
caso in cui non si fosse riusciti, pur applicandosi in modo adeguato, a
scoprire il vero colpevole, quelle circostanze rappresentano il tipo di
caso in cui la rappresaglia deve essere considerata appropriata. ... Sono
giunto alla conclusione che non c'è nulla che renda assolutamente chiaro
che non c'è circostanza -soprattutto nelle circostanze su cui credo si
concordi in questo caso-, in cui una persona innocente, presa
espressamente allo scopo di rappresaglia, non possa essere condannata a
morte. Io credo che se vi è un qualche dubbio nella legge, il beneficio di
quel dubbio debba essere concesso al Feldmaresciallo, e perciò non sono
disposto a porre il caso nei termini per cui, se voi accettate la tesi che
il Feldmaresciallo ha deliberatamente sparato ad innocenti per
rappresaglia, questa azione debba considerarsi di per sé un crimine di
guerra per il quale egli debba essere incriminato".
Le questioni di fronte alla Corte per il primo capo di imputazione erano
queste:
Le forze armate tedesche, rappresentate dall'imputato, o il Servizio di
Sicurezza, rappresentato dal Capo dell'SD di Roma, sono responsabili delle
uccisioni?
L'uccisione di 335 italiani è stata una legittima rappresaglia o è stata
invece un crimine di guerra?
Per quanto riguarda la prima domanda, il Pubblico Ministero ha suggerito
alla Corte nella sua requisitoria che "se riteneva che, sulla base delle
prove in generale, le uccisioni fossero state chiara responsabilità del
Servizio di Sicurezza e che tutta la responsabilità fosse stata trasferita
dalla Wehrmacht, allora, secondo la sua opinione, essa era tenuta a
prosciogliere l'imputato". E la Corte appare aver ritenuto l'imputato
responsabile di queste uccisioni. Con riferimento al secondo quesito, la
Corte ha ritenuto in effetti le esecuzioni un crimine di guerra, ma ciò
non risolve in realtà il quesito se sia lecito o meno togliere la vita per
rappresaglia; perché le conclusioni della Corte potrebbero essere
supportate sia sostenendo che il rapporto di 10 a 1 era eccessivo che
adducendo il fatto che sono state uccise 335 persone invece che 330, come
era stato ordinato. Il Pubblico Ministero, nella sua requisitoria, ha
affermato: "Comunque la pensiate sul Diritto Internazionale e sulle
rappresaglie, chiaramente cinque di questi 335 italiani sono stati
assassinati. E' stato un crimine di guerra, e da qui non si sfugge. Non
c'erano ordini del Führer a coprirlo, ed era al di fuori di qualunque
rappresaglia."
La questione di fronte alla Corte, riguardo al secondo capo di
imputazione, non era semplicemente se le misure ordinate dall'imputato
fossero o meno legittima rappresaglia, ma, come ha sottolineato il
Pubblico Ministero nella sua requisitoria: "L'accusa è molto più seria e
grave ed è che il Feldmaresciallo deliberatamente, e consapevolmente,
quando ha prodotto quegli importanti ordini, li aveva prodotti in forma
tale che sapeva quali sarebbero stati i loro risultati e che, nel redigere
questi ordini, egli intendeva
p.14
produrre questi risultati. Questo è ciò che la Pubblica Accusa deve
provare, con riferimento a questo capo di imputazione".
Così, il verdetto della Corte su entrambe i capi di imputazione lascia
aperta la questione della legittimità o meno dell'uccisione di persone
innocenti per rappresaglia.
2. OSTAGGI E RAPPRESAGLIE
Le uccisioni di cittadini italiani di cui l'imputato era stato accusato
erano, in entrambe le imputazioni, descritte come rappresaglie. Le
uccisioni alle Fosse Ardeatine, oggetto del primo capo di imputazione,
furono senza dubbio rappresaglia, e come tale furono rappresentate dalle
Autorità tedesche. L'ordine del 1 luglio, che costituisce l'oggetto
principale del secondo capo di accusa, ordina sia la presa di ostaggi (...
"una proporzione di popolazione maschile dell'area sarà arrestata e, nel
caso in cui siano commesse delle violenze, questi uomini saranno uccisi")
che l'inflizione di rappresaglie (... "nel caso in cui le truppe, ecc.
fossero fatte oggetto di fuoco da qualunque villaggio, il villaggio
sarebbe bruciato"). La Pubblica Accusa ha descritto entrambe le parti
dell'ordine come rappresaglia; il Consiglio di Difesa ha considerato la
presa di ostaggi come il primo passo verso l'inflizione di una
rappresaglia. Il Pubblico Ministero non ha fatto riferimento a tale
distinzione nella sua requisitoria finale. Questa distinzione è stata
fatta invece nella sentenza della Corte Governativa Militare americana
negli Stati Uniti contro List e altri: (v. p.61 di questo volume) "Ai fini
di questo parere il termine 'ostaggi' sarà considerato indicare quelle
persone, tra la popolazione civile, che sono prese in custodia affinché
garantiscano, con la loro vita, della futura buona condotta del gruppo di
popolazione da cui esse sono prese. Il termine 'prigionieri per
rappresaglia' sarà considerato indicare quegli individui che sono presi
dalla popolazione civile per essere uccisi in rappresaglia per i reati
commessi da ignoti all'interno dell'area occupata; ... casi in cui
innocenti cittadini sono catturati e puniti per una violazione delle leggi
di guerra che è già avvenuta; qui non è questione di ostaggi. E' soltanto
l'inflizione di una rappresaglia. ... In tutte le prove di questo caso
troviamo il termine 'ostaggi' applicato laddove si è trattato invece solo
di 'rappresaglia'".
Il Professor Lauterpacht (Oppenheim-Lauterpacht, International Law
(Diritto Internazionale), Vol.II, p.460) sottolinea che la presa di
ostaggi "non deve essere confusa con l'uso, ancora praticato, di catturare
singoli nemici al fine di renderli oggetto di rappresaglia".
Si è soliti parlare di "ostaggi" nei territori occupati quando le forze
occupanti imprigionano membri della comunità del territorio occupato
annunciando al contempo che essi saranno trattati come ostaggi se la
comunità non si asterrà da determinate attività contro le forze occupanti.
Il termine "rappresaglia" è utilizzato in connessione con ciò per le
misure adottate dalle forze occupanti per ritorsione contro la condotta
illegittima di membri non identificati della comunità del territorio
occupato. Gli ostaggi, dunque, sono presi prima che l'atto illegittimo di
guerra sia compiuto dai nemici, mentre le rappresaglie sono inflitte dopo
un atto di questo tipo. (V. anche p.79).
</XMP></BODY></HTML>
Michele Armellini ha scritto:
> "andrea lombardi" <***@hotmail.com> ha scritto nel messaggio
> news:cslbqh$41f$***@news.newsland.it...
> >
> Hai già scritto due volte che non intendevi continuare la discussione. Si
> vede che la trovi abbastanza interessante da continuare a cambiare idea.
> Mi fa piacere.
> >
> > Scusa ma questo vale SOLTANTO per i civili uccisi da aeroplanelli o anche
> > da terra? Se vale anche per i terricoli allora hai appena dato un bel
> > vantaggioso esempio "giustificazionista" ai cultori delle SS e del
> > revisionismo. Complimenti!
> >
> Se sei tanto ben informato dovresti già sapere le risposte. Se invece non le
> sai, prova a leggerti l'articolo intero.
> >
> > Comunque mi sa che ritieni "rilevanti" o "irrilevanti" solo i fatti che
> > fanno comodo alle tue tesi.
> >
> > Un approccio "filosofico" che di storico ha ben poco.
> >
> La rilevanza, ovviamente, ha un significato relativo, non assoluto. Relativo
> al problema in esame.
> Problema
> Possiamo noi oggi stabilire se Tizio, durante la guerra X, ha commesso il
> crimine Y? Se sì, che cosa è rilevante al problema?
> Risposta:
> Sì.
> Sono rilevanti:
> a) i comportamenti effettivamente tenuti da Tizio (e qui c'è il lavoro dello
> storico)
> b) le leggi di guerra applicabili alla guerra X (e qui magari aiuta il
> giurista).
> Poi arriva uno e dice:
> "Ma anche Caio ha commesso il crimine Y!" E' rilevante per il problema?
> "Ma Caio ha commesso il crimine Y e non è stato condannato!" E' rilevante
> per il problema?
> "Ma Caio e Sempronio hanno commesso il crimine Z!" E' rilevante per il
> problema?
> "Ma la guerra è una brutta cosa!" E' rilevante per il problema?
> Le risposte a queste ultime domande dovrebbero essere facili, specie per chi
> si picca di essere uno storico, ma, in realtà, per chiunque.
> Comunque, tutto questo è ormai di secondaria importanza rispetto alla
> differenza fondamentale tra le nostre due posizioni:
> - tu ritieni che sia preferibile che i torturatori della guerra d'Algeria
> siano rimasti impuniti per i crimini da loro commessi in violazione delle
> leggi vigenti;
> - io invece no.
> Nel rispetto delle regole del newsgroup, lascerò che ogni lettore tragga le
> sue conclusioni d'ordine etico e morale.
> > Facciamo così: torna ai giochi di ruolo, e lascia la storia agli storici.
> Perchè, hai qualcosa contro i giochi di ruolo?
> Devo rivelarti alcune cose.
> La prima è che diversi dei lettori e scrittori su questo newsgroup si
> dilettano, oltre che di storia, chi di giochi di ruolo, chi di giochi di
> simulazione e wargames, chi di rievocazioni storiche in uniformi antiche
> (figurati che c'è anche chi gioca a briscola e chi a scacchi!). Se ritieni
> che questo precluda loro la possibilità di interessarsi anche di storia, dai
> un dispiacere a tutti loro - anche se non credo che terranno molto conto
> della tua opinione.
> Se invece ritieni che di storia dovrebbero interessarsi solo i
> professionisti, anche su questo caschi male. Infatti, la seconda rivelazione
> è che su questo newsgroup siamo tutti dilettanti. Non è quindi il posto
> adatto per invocare una riserva per addetti ai lavori.
> L'ultima rivelazione è questa. Può anche capitare che su questo newsgroup
> arrivi qualcuno che, in senso più o meno lato, è un professionista anzichè
> un dilettante. Ma cos'è un professionista? Un autore che è stato pubblicato?
> Bè, se è per questo anche Carell alias Schmidt è stato pubblicato, ed è
> anche abbastanza letto, eppure parecchi dilettanti non ne hanno grande
> stima. E, comunque, cosa ci farebbe un vero professionista, a perdere tempo
> qui tra noi dilettanti? Se un vero professionista sceglie di passare il suo
> tempo qui, allora direi che perciostesso si pone sullo stesso piano di noi
> dilettanti. Ne sa più di noi? Lo dimostri citando i fatti - possibilmente
> fatti rilevanti, vedi sopra. Non vuole perdere tempo con noi? Benissimo, e
> chi lo obbliga?
> >
> > PS rispondendo al mio riferimento delle testimonianze dei reduci con
> > l'esempietto Zen, senza nemmeno dimostrare un minimo di curiosità a chi
> > erano, cosa mi hanno detto di preciso, o dove li ho incontrati hai
> > dimostrato nuovamente che non ti interessa la storia e le storie delle
> > persone che la fanno, ma andare in giro per forum a esibire la tua
> > dialettica, e le tue tesi "preconfezionate" avulse da una reale conoscenza
> > degli uomini e delle loro vicende.
> Scusa, ma anche io ho parlato con reduci e letto diari. Quindi non ho
> bisogno di avvicinarmi ai loro resoconti per mezzo di un filtro della cui
> oggettività non sono certo.
> Tu, invece, evitando di rispondere all'esempietto, hai dimostrato proprio
> che l'esempietto coglieva nel segno.
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it