Y u n a n, the Red Comet
2010-02-14 22:35:29 UTC
Le bugie raccontate sull'Interruzione Volontaria di Gravidanza
di Renzo Puccetti*
ROMA, domenica, 14 febbraio 2010 (ZENIT.org).- In queste settimane, forse
complici alcune candidature, in molti sono stati costretti ad uno sforzo di
memoria circa alcuni avvenimenti, purtroppo spesso rimossi in quanto scomodi
o dolorosi.
Eppure, come insegnano i latini, contra factum non valet argumentum. Hanno
aiutato a ricordare alcune foto del passato riproposte sui giornali,
complice la campagna elettorale alle porte.
Mi sto riferendo ad un periodo, quello che attraversa la fine degli anni '60
ed ha lambito il termine del decennio successivo, caratterizzato da
sommovimenti tellurici che investirono l'ambito della moralità e che
trascinarono nella loro caduta concetti fondanti il diritto stesso nel suo
aspetto più essenziale, quello dei diritti fondamentali.
Il terremoto di allora si fa ancora oggi sentire attraverso un bradisismo
relativista che nel biodiritto e nella biopolitica tende a spostare
l'arbitrio nell'ambito del lecito.
Eppure, scava, scava, alla radice di grandi iniquità si nasconde sempre la
menzogna e la falsificazione dei fatti. Se cerca una gemma preziosa e
splendente la cui vista è celata da tonnellate di dura roccia, il minatore
deve indirizzare i propri colpi di piccone con perizia, forza e costanza; un
lavoro lungo ed estenuante, spesso non appagato nei risultati a breve
termine.
La verità è simile a quella gemma, è coperta dalle menzogne, dalla
manipolazione delle fonti, dalla dittatura dell'opinione; la ricerca di essa
è sempre faticosa. Eppure se si guarda bene vi sono dei varchi che aiutano
ad aprirsi la strada.
Riguardo al tema della clandestinità dell'aborto prima della legge 194 un
illuminante aiuto alla comprensione è offerto dalla lettura di un depliant
di 16 pagine dell'ottobre 1974 edito dal C.I.S.A. (Centro informazioni
sterilizzazione aborto) riproposto su uno dei siti radicali.[1]
Il C.I.S.A. era un organismo che provvedeva ad organizzare viaggi all'estero
per le donne che abortivano e, attraverso strutture proprie, metteva a
disposizione medici che nel territorio italiano praticavano in maniera
illegale l'aborto. Nel sommario si riporta una stesura organizzata "in
paragrafi didatticamente molto precisi".
Si tratta di un materiale che nelle intenzioni dovrebbe essere istruttivo.
In un certo senso siamo d'accordo, è un materiale altamente istruttivo della
ignoranza di chi lo ha redatto. Nel descrivere ad esempio l'aborto mediante
metodo Barman così si legge: "si aspira in contenuto dell'utero, ancora
informe e grumoso, prima del terzo mese, cioè prima che l'ovulo fecondato si
agganci alla parete dell'utero e inizi il ciclo morfologico, cioè prenda
forma. Fino a quel momento l'ovulo fecondato non è vitale né capace di
vita".
Che, giunti al terzo mese o poco prima "il contenuto dell'utero" sia
"informe e grumoso", è menzogna che qualsiasi studente che abbia una minima
cognizione di embriologia riconosce come tale. Che il metodo Karman agisca
"su un ovulo fecondato" e non su un embrione o un feto prima che questi "si
agganci alla parete dell'utero" è indizio di una ignoranza della biologia
che fa davvero poco onore a quanti hanno sempre rivendicato la scientificità
delle proprie posizioni, spesso definendo le posizioni dei contraddittori
"oscurantiste".
In tempi non sospetti, quando non vi era la necessità di dipingere come
invasivo e doloroso l'aborto chirurgico per propagandare l'aborto chimico,
nel descrivere l'aborto per isterosuzione il C.I.S.A. scriveva che "se la
donna resta rilassata, non avverte nessun dolore. In genere dopo
l'intervento si ha un dolore diffuso del tipo di quello delle mestruazioni,
che può durare da qualche minuto a mezz'ora, e una supposta di qualunque
antidolorifico è sufficiente a calmare eventuali spasmi e crampi".
E di seguito: "L'aborto fatto con l'aspirazione dura in media tre minuti
effettivi [...] In genere le donne sane e normali si riprendono in un quarto
d'ora e dopo venti minuti urlano dalla fame e vanno di corsa a mangiare" Ma
come? Oggi gli antiaboristi contrari alla RU 486 si fanno passare per gente
che vuole fare soffrire le donne con l'aborto chirurgico, ieri invece lo
stesso aborto chirurgico era una passeggiata di salute che stimolava
l'appetito.
Alla faccia della coerenza! Ma non è finita; sempre dal solito opuscolo
apprendiamo che al C.I.S.A. il prezzo per un aborto chiesto alle donne era
di 100.000 lire, ma si aggiungeva subito che si trattava di un "prezzo
politico", insomma sembrerebbe d'intendere che non vi fosse alcun guadagno.
La cosa è riportata anche nel libro dell'onorevole Carlo Casini che,
ripercorrendo quei giorni vissuti in prima persona in qualità di magistrato
che svolgeva le indagini sulla clinica del C.I.S.A. a Firenze, parla di
150.000 lire ad aborto, oltre che di "corposi versamenti bancari" e di
"documenti personali di donne trattenuti nello studio del medico a garanzia
dei pagamenti".
Secondo l'allora magistrato inquirente "Si trattava evidentemente di una
vera e propria organizzazione. In effetti dalle indagini risultò che per tre
volte la settimana, a giorni alterni, dalle 14 alle 17, vi venivano eseguiti
a catena una quarantina di aborti al giorno, con un record di 80, come,
confessando, dichiarò il medico". Ma quanti soldi erano allora 150.000 lire?
Nel sito cronologia.it, curato da Franco Gonzato, ci viene ricordato che lo
stipendio medio di un operaio era nel 1975 di 154.000.
Facendo qualche conticino si può stimare che l'incasso settimanale fosse di
18 milioni di lire e che in fondo all'anno si potessero raggiungere intorno
ai 900 milioni, cifre che, rapportate ai valori attuali starebbero intorno
ai 5 milioni di euro.
Delle belle sommette come "prezzo politico". Ma era davvero tale? Mah! Il
medico che operava nella villa fiorentina fu arrestato nel 1996 di nuovo con
l'accusa di "aborti clandestini" (eppure la legge che liberalizzava l'aborto
era in vigore da otto anni).
Il Corriere della Sera del tempo riportò un compenso percepito di 600 mila
lire.[2] In anni a noi più vicini le cifre emerse nelle indagini per aborto
clandestino spesso sono state di alcune centinaia di euro, una cifra non
molto distante dal "prezzo politico" del C.I.S.A.
Se ne potrebbe dedurre che o tutti i medici che praticano gli aborti
clandestini lo fanno a prezzo politico (ma non si capisce perché, data
l'attuale liberalizzazione), oppure che i prezzi del C.I.S.A. erano dei
prezzi comuni "di mercato" giustificati dagli alti costi: pompe da
bicicletta come aspiratori e barattoli di marmellata da usare come
contenitori.
Vi sarebbe poi la storia del numero degli aborti clandestini, ma di questo
spero avremo modo di riparlare in una prossima occasione.
[1]
http://www.radioradicale.it/exagora/c-i-s-a-centro-informazioni-sterilizzazione-aborto
(accesso del 3 febbraio 2010).
[2] Corriere della Sera, 17 marzo 1996, p. 13.
* Il dott. Renzo Puccetti è specialista in Medicina Interna e segretario del
Comitato "Scienza & Vita" di Pisa-Livorno.
di Renzo Puccetti*
ROMA, domenica, 14 febbraio 2010 (ZENIT.org).- In queste settimane, forse
complici alcune candidature, in molti sono stati costretti ad uno sforzo di
memoria circa alcuni avvenimenti, purtroppo spesso rimossi in quanto scomodi
o dolorosi.
Eppure, come insegnano i latini, contra factum non valet argumentum. Hanno
aiutato a ricordare alcune foto del passato riproposte sui giornali,
complice la campagna elettorale alle porte.
Mi sto riferendo ad un periodo, quello che attraversa la fine degli anni '60
ed ha lambito il termine del decennio successivo, caratterizzato da
sommovimenti tellurici che investirono l'ambito della moralità e che
trascinarono nella loro caduta concetti fondanti il diritto stesso nel suo
aspetto più essenziale, quello dei diritti fondamentali.
Il terremoto di allora si fa ancora oggi sentire attraverso un bradisismo
relativista che nel biodiritto e nella biopolitica tende a spostare
l'arbitrio nell'ambito del lecito.
Eppure, scava, scava, alla radice di grandi iniquità si nasconde sempre la
menzogna e la falsificazione dei fatti. Se cerca una gemma preziosa e
splendente la cui vista è celata da tonnellate di dura roccia, il minatore
deve indirizzare i propri colpi di piccone con perizia, forza e costanza; un
lavoro lungo ed estenuante, spesso non appagato nei risultati a breve
termine.
La verità è simile a quella gemma, è coperta dalle menzogne, dalla
manipolazione delle fonti, dalla dittatura dell'opinione; la ricerca di essa
è sempre faticosa. Eppure se si guarda bene vi sono dei varchi che aiutano
ad aprirsi la strada.
Riguardo al tema della clandestinità dell'aborto prima della legge 194 un
illuminante aiuto alla comprensione è offerto dalla lettura di un depliant
di 16 pagine dell'ottobre 1974 edito dal C.I.S.A. (Centro informazioni
sterilizzazione aborto) riproposto su uno dei siti radicali.[1]
Il C.I.S.A. era un organismo che provvedeva ad organizzare viaggi all'estero
per le donne che abortivano e, attraverso strutture proprie, metteva a
disposizione medici che nel territorio italiano praticavano in maniera
illegale l'aborto. Nel sommario si riporta una stesura organizzata "in
paragrafi didatticamente molto precisi".
Si tratta di un materiale che nelle intenzioni dovrebbe essere istruttivo.
In un certo senso siamo d'accordo, è un materiale altamente istruttivo della
ignoranza di chi lo ha redatto. Nel descrivere ad esempio l'aborto mediante
metodo Barman così si legge: "si aspira in contenuto dell'utero, ancora
informe e grumoso, prima del terzo mese, cioè prima che l'ovulo fecondato si
agganci alla parete dell'utero e inizi il ciclo morfologico, cioè prenda
forma. Fino a quel momento l'ovulo fecondato non è vitale né capace di
vita".
Che, giunti al terzo mese o poco prima "il contenuto dell'utero" sia
"informe e grumoso", è menzogna che qualsiasi studente che abbia una minima
cognizione di embriologia riconosce come tale. Che il metodo Karman agisca
"su un ovulo fecondato" e non su un embrione o un feto prima che questi "si
agganci alla parete dell'utero" è indizio di una ignoranza della biologia
che fa davvero poco onore a quanti hanno sempre rivendicato la scientificità
delle proprie posizioni, spesso definendo le posizioni dei contraddittori
"oscurantiste".
In tempi non sospetti, quando non vi era la necessità di dipingere come
invasivo e doloroso l'aborto chirurgico per propagandare l'aborto chimico,
nel descrivere l'aborto per isterosuzione il C.I.S.A. scriveva che "se la
donna resta rilassata, non avverte nessun dolore. In genere dopo
l'intervento si ha un dolore diffuso del tipo di quello delle mestruazioni,
che può durare da qualche minuto a mezz'ora, e una supposta di qualunque
antidolorifico è sufficiente a calmare eventuali spasmi e crampi".
E di seguito: "L'aborto fatto con l'aspirazione dura in media tre minuti
effettivi [...] In genere le donne sane e normali si riprendono in un quarto
d'ora e dopo venti minuti urlano dalla fame e vanno di corsa a mangiare" Ma
come? Oggi gli antiaboristi contrari alla RU 486 si fanno passare per gente
che vuole fare soffrire le donne con l'aborto chirurgico, ieri invece lo
stesso aborto chirurgico era una passeggiata di salute che stimolava
l'appetito.
Alla faccia della coerenza! Ma non è finita; sempre dal solito opuscolo
apprendiamo che al C.I.S.A. il prezzo per un aborto chiesto alle donne era
di 100.000 lire, ma si aggiungeva subito che si trattava di un "prezzo
politico", insomma sembrerebbe d'intendere che non vi fosse alcun guadagno.
La cosa è riportata anche nel libro dell'onorevole Carlo Casini che,
ripercorrendo quei giorni vissuti in prima persona in qualità di magistrato
che svolgeva le indagini sulla clinica del C.I.S.A. a Firenze, parla di
150.000 lire ad aborto, oltre che di "corposi versamenti bancari" e di
"documenti personali di donne trattenuti nello studio del medico a garanzia
dei pagamenti".
Secondo l'allora magistrato inquirente "Si trattava evidentemente di una
vera e propria organizzazione. In effetti dalle indagini risultò che per tre
volte la settimana, a giorni alterni, dalle 14 alle 17, vi venivano eseguiti
a catena una quarantina di aborti al giorno, con un record di 80, come,
confessando, dichiarò il medico". Ma quanti soldi erano allora 150.000 lire?
Nel sito cronologia.it, curato da Franco Gonzato, ci viene ricordato che lo
stipendio medio di un operaio era nel 1975 di 154.000.
Facendo qualche conticino si può stimare che l'incasso settimanale fosse di
18 milioni di lire e che in fondo all'anno si potessero raggiungere intorno
ai 900 milioni, cifre che, rapportate ai valori attuali starebbero intorno
ai 5 milioni di euro.
Delle belle sommette come "prezzo politico". Ma era davvero tale? Mah! Il
medico che operava nella villa fiorentina fu arrestato nel 1996 di nuovo con
l'accusa di "aborti clandestini" (eppure la legge che liberalizzava l'aborto
era in vigore da otto anni).
Il Corriere della Sera del tempo riportò un compenso percepito di 600 mila
lire.[2] In anni a noi più vicini le cifre emerse nelle indagini per aborto
clandestino spesso sono state di alcune centinaia di euro, una cifra non
molto distante dal "prezzo politico" del C.I.S.A.
Se ne potrebbe dedurre che o tutti i medici che praticano gli aborti
clandestini lo fanno a prezzo politico (ma non si capisce perché, data
l'attuale liberalizzazione), oppure che i prezzi del C.I.S.A. erano dei
prezzi comuni "di mercato" giustificati dagli alti costi: pompe da
bicicletta come aspiratori e barattoli di marmellata da usare come
contenitori.
Vi sarebbe poi la storia del numero degli aborti clandestini, ma di questo
spero avremo modo di riparlare in una prossima occasione.
[1]
http://www.radioradicale.it/exagora/c-i-s-a-centro-informazioni-sterilizzazione-aborto
(accesso del 3 febbraio 2010).
[2] Corriere della Sera, 17 marzo 1996, p. 13.
* Il dott. Renzo Puccetti è specialista in Medicina Interna e segretario del
Comitato "Scienza & Vita" di Pisa-Livorno.