George Orwell
2010-07-28 11:25:02 UTC
Articolo su Tuttoscienze (La Stampa) di Maurilio Orbecchi
La mente non e' piu' invisibile
La falsa mitologia della mente separata dal cervello
Il dualismo cartesiano, la credenza che la mente sia costituita da una
sostanza astratta non riconducibile alla materia fisica e biologica, ha
dominato il mondo scientifico e intellettuale almeno fino a Darwin.
Nonostante le scoperte sul sistema cerebromentale, ancora oggi molti
filosofi, sociologi e antropologi di scuola postmoderna utilizzano
l'espressione "riduzionismo biologico" per connotare in maniera
dispregiativa i contributi culturali di chi si occupa dei rapporti
mente-cervello da una prospettiva naturalistica.
Eppure esistono strumenti - come la risonanza magnetica funzionale
(fMRI) - che ci forniscono immagini del cervello mentre svolge le sue
attivita'. Il loro utilizzo ha rivoluzionato le neuroscienze e comincia
a trasformare anche la psichiatria e la psicologia.
Con la fMRI e' possibile osservare, grazie al consumo differenziale di
ossigeno, le zone cerebrali attive durante i processi psichici. Cosi'
"vediamo" in azione il cervello mentre pensa, vive delle emozioni,
fantastica. Sono ricerche che stanno conducendo psichiatria e psicologia
a superare i limiti di aleatorieta' da cui erano caratterizzate per
raggiungere uno stadio scientifico piu' maturo, con la ripetibilita' degli
studi e la misura quantitativa di cio' che accade durante le osservazioni.
Due importanti libri, usciti per Bollati Boringhieri, scritti da studiosi
torinesi, affrontano la questione, partendo dalle immagini raccolte con
questa tecnica.
Paola Rocca e Filippo Bogetto in "Fotografare il cervello" mostrano come
qualsiasi stato della mente abbia una localizzazione cerebrale e cio' vale
non solo per le patologie neurologiche, ma anche per quelle psichiatriche
come la schizofrenia, le depressioni e per i normali stati psicologici
come le emozioni. Anna Berti, in "Neuropsicologia della coscienza",
esponendo i suoi studi sulle funzioni mentali in individui che hanno
subito incidenti, si occupa del tema della coscienza, addentrandosi anche
in temi filosofici.
Dall'integrazione di questi due modi di fare ricerca, da un lato sui
luoghi cerebrali attivi durante determinati comportamenti, dall'altro
su come funziona la mente quando sono lesi alcuni settori del cervello,
risulta chiaro come ne' la mente ne' la coscienza siano caratterizzate da
un'unita' del tipo "tutto o nulla". Il sistema appare composto da parti
funzionalmente separate, chiamate con nomi differenti da autori diversi.
Quando uno o piu' di questi circuiti e' lesionato, viene meno solo
l'espressione mentale correlata alle corrispondenti parti biologiche e
non il resto della mente (o della coscienza).
Queste parti, relativamente autonome, sembrano corrispondere ai "moduli"
del cognitivismo o ai "meccanismi" della psicologia evoluzionistica; un
buon punto a favore dell'esempio proposto da Tooby e Cosmides, secondo i
quali l'organo mente-cervello assomiglia piu' a un coltellino svizzero
multifunzione configurato per specifici problemi piuttosto che a una lama
buona per ogni uso.
Gli studi in questo settore sono quindi importanti anche per i biologi
evoluzionisti e per i filosofi della mente, che possono rivolgersi alle
neuroscienze per trovare una soluzione a una battaglia ultradecennale:
per molto tempo si e' discusso se la mente e la coscienza fossero un'unita'
o una sorta di risultato computazionale di cio' che emerge dall'insieme
del lavoro di innumerevoli parti differenti. I risultati che delle
ricerche neuroscientifiche stanno dando ragione alla seconda ipotesi: la
mente e la coscienza non sono una proprieta' unitaria, ma un prodotto di
sottoinsiemi distribuiti nel cervello. Lo stesso Io appare piu' come una
sensazione derivata dall'integrazione di processi mentali frammentari
che come un'unica realta', localizzabile da qualche parte.
Ricerche come queste hanno profonde ricadute filosofiche. L'indipendenza
della mente, della coscienza e dell'Io dal cervello sono ormai mitologia
e nessuna riflessione sull'essere umano puo' prescindere da una visione
naturalistica. Chi e' rimasto impigliato nel postmoderno puo' verificare
che le produzioni culturali umane hanno basi biologiche dalle quali non
si puo' piu' prescindere. Negare ancora la correlazione mente-cervello
sembra piu' una pigrizia intellettuale che una vera e differente visione
della realta'.
Il mittente di questo messaggio|The sender address of this
non corrisponde ad un utente |message is not related to a real
reale ma all'indirizzo fittizio|person but to a fake address of an
di un sistema anonimizzatore |anonymous system
Per maggiori informazioni |For more info
https://www.mixmaster.it
La mente non e' piu' invisibile
La falsa mitologia della mente separata dal cervello
Il dualismo cartesiano, la credenza che la mente sia costituita da una
sostanza astratta non riconducibile alla materia fisica e biologica, ha
dominato il mondo scientifico e intellettuale almeno fino a Darwin.
Nonostante le scoperte sul sistema cerebromentale, ancora oggi molti
filosofi, sociologi e antropologi di scuola postmoderna utilizzano
l'espressione "riduzionismo biologico" per connotare in maniera
dispregiativa i contributi culturali di chi si occupa dei rapporti
mente-cervello da una prospettiva naturalistica.
Eppure esistono strumenti - come la risonanza magnetica funzionale
(fMRI) - che ci forniscono immagini del cervello mentre svolge le sue
attivita'. Il loro utilizzo ha rivoluzionato le neuroscienze e comincia
a trasformare anche la psichiatria e la psicologia.
Con la fMRI e' possibile osservare, grazie al consumo differenziale di
ossigeno, le zone cerebrali attive durante i processi psichici. Cosi'
"vediamo" in azione il cervello mentre pensa, vive delle emozioni,
fantastica. Sono ricerche che stanno conducendo psichiatria e psicologia
a superare i limiti di aleatorieta' da cui erano caratterizzate per
raggiungere uno stadio scientifico piu' maturo, con la ripetibilita' degli
studi e la misura quantitativa di cio' che accade durante le osservazioni.
Due importanti libri, usciti per Bollati Boringhieri, scritti da studiosi
torinesi, affrontano la questione, partendo dalle immagini raccolte con
questa tecnica.
Paola Rocca e Filippo Bogetto in "Fotografare il cervello" mostrano come
qualsiasi stato della mente abbia una localizzazione cerebrale e cio' vale
non solo per le patologie neurologiche, ma anche per quelle psichiatriche
come la schizofrenia, le depressioni e per i normali stati psicologici
come le emozioni. Anna Berti, in "Neuropsicologia della coscienza",
esponendo i suoi studi sulle funzioni mentali in individui che hanno
subito incidenti, si occupa del tema della coscienza, addentrandosi anche
in temi filosofici.
Dall'integrazione di questi due modi di fare ricerca, da un lato sui
luoghi cerebrali attivi durante determinati comportamenti, dall'altro
su come funziona la mente quando sono lesi alcuni settori del cervello,
risulta chiaro come ne' la mente ne' la coscienza siano caratterizzate da
un'unita' del tipo "tutto o nulla". Il sistema appare composto da parti
funzionalmente separate, chiamate con nomi differenti da autori diversi.
Quando uno o piu' di questi circuiti e' lesionato, viene meno solo
l'espressione mentale correlata alle corrispondenti parti biologiche e
non il resto della mente (o della coscienza).
Queste parti, relativamente autonome, sembrano corrispondere ai "moduli"
del cognitivismo o ai "meccanismi" della psicologia evoluzionistica; un
buon punto a favore dell'esempio proposto da Tooby e Cosmides, secondo i
quali l'organo mente-cervello assomiglia piu' a un coltellino svizzero
multifunzione configurato per specifici problemi piuttosto che a una lama
buona per ogni uso.
Gli studi in questo settore sono quindi importanti anche per i biologi
evoluzionisti e per i filosofi della mente, che possono rivolgersi alle
neuroscienze per trovare una soluzione a una battaglia ultradecennale:
per molto tempo si e' discusso se la mente e la coscienza fossero un'unita'
o una sorta di risultato computazionale di cio' che emerge dall'insieme
del lavoro di innumerevoli parti differenti. I risultati che delle
ricerche neuroscientifiche stanno dando ragione alla seconda ipotesi: la
mente e la coscienza non sono una proprieta' unitaria, ma un prodotto di
sottoinsiemi distribuiti nel cervello. Lo stesso Io appare piu' come una
sensazione derivata dall'integrazione di processi mentali frammentari
che come un'unica realta', localizzabile da qualche parte.
Ricerche come queste hanno profonde ricadute filosofiche. L'indipendenza
della mente, della coscienza e dell'Io dal cervello sono ormai mitologia
e nessuna riflessione sull'essere umano puo' prescindere da una visione
naturalistica. Chi e' rimasto impigliato nel postmoderno puo' verificare
che le produzioni culturali umane hanno basi biologiche dalle quali non
si puo' piu' prescindere. Negare ancora la correlazione mente-cervello
sembra piu' una pigrizia intellettuale che una vera e differente visione
della realta'.
Il mittente di questo messaggio|The sender address of this
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reale ma all'indirizzo fittizio|person but to a fake address of an
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