Discussione:
accentazione
(troppo vecchio per rispondere)
edi'®
2018-06-14 18:52:10 UTC
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La definizione di parola tronca, in tutti i siti che ho visitato, è di
parola accentata sull'ultima *sillaba*

Ad esempio Treccani scrive
- Hanno accentazione tronca (detta anche ossitona) le parole accentate
sull’ultima *sillaba*
Quando la parola ha più di una sillaba, l’accento è segnalato graficamente.
Wikipedia scrive
- Nella terminologia grammaticale, una parola tronca od ossitona è una
parola con accento tonico sull'ultima *sillaba* [...]
Nelle parole tronche è necessario indicare l'accento tonico con un
accento grafico.

Ora, prendendo alla lettera le definizioni di cui sopra, i termini come
solai, mortai, vorrei, bui, cui, poi...
e tutti quelli che presentano una vocale debole atona in finale di
parola sarebbero tronchi, visto che si tratta di parole con accento
tonico sull'ultima sillaba.

Sbaglio o c'è qualcosa che non va nella definizione?

E.D.
Wolfgang
2018-06-14 19:24:37 UTC
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Post by edi'®
La definizione di parola tronca, in tutti i siti che ho visitato, è
di parola accentata sull'ultima *sillaba*
Ad esempio Treccani scrive
- Hanno accentazione tronca (detta anche ossitona) le parole
accentate sull'ultima *sillaba*
Quando la parola ha più di una sillaba, l'accento è segnalato
graficamente.
Wikipedia scrive
- Nella terminologia grammaticale, una parola tronca od ossitona è
una parola con accento tonico sull'ultima *sillaba* [...]
Nelle parole tronche è necessario indicare l'accento tonico con un
accento grafico.
Ora, prendendo alla lettera le definizioni di cui sopra, i termini come
solai, mortai, vorrei, bui, cui, poi...
e tutti quelli che presentano una vocale debole atona in finale dil
parola sarebbero tronchi, visto che si tratta di parole con accento
tonico sull'ultima sillaba.
Sbaglio o c'è qualcosa che non va nella definizione?
Ovviamente è sbagliata la regola che vuole che si metta l'accento
grafico sull'ultima sillaba delle parole ossitone. È la *vocale*
finale, anziché l'ultima *sillaba*, che richiede il segnaccento
quando è tonica.

Ciao,
Wolfgang
edi'®
2018-06-14 21:09:47 UTC
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Post by Wolfgang
Post by edi'®
Sbaglio o c'è qualcosa che non va nella definizione?
Ovviamente è sbagliata la regola che vuole che si metta l'accento
grafico sull'ultima sillaba delle parole ossitone. È la *vocale* finale,
anziché l'ultima *sillaba*, che richiede il segnaccento quando è tonica.
Proprio qui volevo arrivare... cioè che la definizione di parola tronca
che danno Treccani e compagnia bella è *sbagliata*

E.D.
Valerio Vanni
2018-06-14 22:25:52 UTC
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Post by edi'®
Post by Wolfgang
Ovviamente è sbagliata la regola che vuole che si metta l'accento
grafico sull'ultima sillaba delle parole ossitone. È la *vocale* finale,
anziché l'ultima *sillaba*, che richiede il segnaccento quando è tonica.
Proprio qui volevo arrivare... cioè che la definizione di parola tronca
che danno Treccani e compagnia bella è *sbagliata*
Di per se non è sbagliata, secondo me.

Basterebbe semplicemente dire "il segnaccento ci vuole per le parole
tronche uscenti in vocale semplice", così si lasciano fuori gli altri
due casi (uscita in dittongo e uscita in consonante).
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Giovanni Drogo
2018-06-15 08:09:31 UTC
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Post by Valerio Vanni
Di per se non è sbagliata, secondo me.
Non e' sbagliata, e' un nome convenzionale, e che ha una sua ragione
etimologica per quanto non esaustiva. Nel senso che si dice "tronca"
perche' e' stata troncata rispetto all'originale latino (p.es. civitaS
-> citta', virtuS -> virtu'), e con spostamento dell'accento. Ma non
tutte le accentate sull'ultima sillaba derivano necessariamente da un
troncamento.
Post by Valerio Vanni
Basterebbe semplicemente dire "il segnaccento ci vuole per le parole
tronche uscenti in vocale semplice", così si lasciano fuori gli altri
due casi (uscita in dittongo e uscita in consonante).
tra cui anche nomi come farmacIa, bugIa, colonscopIa ecc.
edi'®
2018-06-15 08:49:22 UTC
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Post by Giovanni Drogo
Post by Valerio Vanni
Di per se non è sbagliata, secondo me.
Non e' sbagliata, e' un nome convenzionale, e che ha una sua ragione
etimologica per quanto non esaustiva.
Per come la vedo io, se una definizione non è esaustiva è sbagliata.
Post by Giovanni Drogo
Post by Valerio Vanni
Basterebbe semplicemente dire "il segnaccento ci vuole per le parole
tronche uscenti in vocale semplice", così si lasciano fuori gli altri
due casi (uscita in dittongo e uscita in consonante).
tra cui anche nomi come farmacIa, bugIa, colonscopIa ecc.
Le parole che indichi non sono tronche, neanche secondo la definizione
"non esaustiva" di cui sopra: far-ma-'ci-a, bu-'gi-a, co-lon-sco-'pi-a

E.D.
Giovanni Drogo
2018-06-18 15:29:11 UTC
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Post by edi'®
Post by Giovanni Drogo
Non e' sbagliata, e' un nome convenzionale, e che ha una sua ragione
etimologica per quanto non esaustiva.
Per come la vedo io, se una definizione non è esaustiva è sbagliata.
L'"esaustivo" non si riferiva alla definizione ma all'etimologia del
termine "parola tronca". Deriva dal fatto che molti termini restano
accentati sull'ultima sillaba/vocale perche' e' caduta qualcosa che la
seguiva. Tutti no ma buona parte.
Post by edi'®
Le parole che indichi non sono tronche, neanche secondo la definizione
"non esaustiva" di cui sopra: far-ma-'ci-a, bu-'gi-a, co-lon-sco-'pi-a
Davvero si sillaba in quel modo ? Non l'avrei mai detto. Forse perche'
in nessun testo uno andrebbe a capo con una singola lettera (cioe' la
terza di quanto sotto non la userei proprio mai)

bla bla bbla bla bla bla bla bla bla bla oggi sono andato in farmacia

bla bla bbla bla bla bla bla bla bla bla bla oggi sono andato in farma-
cia

bla bla bbla bla bla bla bla bla blah blah oggi sono andato in farmaci-
a

bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla bla oggi sono andato in
farmacia
edi'®
2018-06-18 18:08:59 UTC
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Post by Giovanni Drogo
Post by edi'®
Le parole che indichi non sono tronche, neanche secondo la definizione
"non esaustiva" di cui sopra: far-ma-'ci-a, bu-'gi-a, co-lon-sco-'pi-a
Davvero si sillaba in quel modo ? Non l'avrei mai detto. Forse perche'
in nessun testo uno andrebbe a capo con una singola lettera (cioe' la
terza di quanto sotto non la userei proprio mai)
La sillabazione ortografica segue regole semplici, e per formare un
dittongo ci vuole una vocale debole atona.
I termini che hai preso a esempio finiscono in "a" (vocale forte)
preceduta da "i" tonica, quindi la sillabazione è quella che ti ho già
indicato.
Detto ciò, è "esteticamente" riprovevole andare a capo con
colonscopi-
a
Ciò però non toglie che quella parola ha cinque sillabe, e infatti "pia"
è un bisillabo.

E.D.
Valerio Vanni
2018-06-18 19:24:17 UTC
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On Mon, 18 Jun 2018 17:29:11 +0200, Giovanni Drogo
Post by Giovanni Drogo
Post by edi'®
Le parole che indichi non sono tronche, neanche secondo la definizione
"non esaustiva" di cui sopra: far-ma-'ci-a, bu-'gi-a, co-lon-sco-'pi-a
Davvero si sillaba in quel modo ? Non l'avrei mai detto. Forse perche'
in nessun testo uno andrebbe a capo con una singola lettera (cioe' la
terza di quanto sotto non la userei proprio mai)
Tieni presente che è una convenzione scritta sulle grammatiche, a
livello fonetico era giusta la tua sillabazione spontanea: far-ma-cia,
bu-gia etc.

Tra l'altro questa convenzione ha un'evidente asimmetria: non
concepisce il dittongo (vocale sillabica + vocale asillabica) con "i"
e "u" sillabica seguite da "a" "e" "o" asillabiche, e chiama "iato"
tale sequenza.

Quindi viene fuori che "assai" ha un dittongo, e "ossia" uno iato.
Foneticamente sono identiche.
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
edi'®
2018-06-18 21:32:25 UTC
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Post by Valerio Vanni
Tieni presente che è una convenzione scritta sulle grammatiche, a
livello fonetico era giusta la tua sillabazione spontanea
Visto che Giovanni parla di come andare a capo, ciò che conta sono
proprio le "convenzioni scritte sulle grammatiche".

Sai bene che ti ho seguito con attenzione finché si trattava di
fonetica, sillabe in musica etc. Ma qui si tratta di pura e semplice
*ortografia*

E.D.
Valerio Vanni
2018-06-18 21:59:01 UTC
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Post by edi'®
Post by Valerio Vanni
Tieni presente che è una convenzione scritta sulle grammatiche, a
livello fonetico era giusta la tua sillabazione spontanea
Visto che Giovanni parla di come andare a capo, ciò che conta sono
proprio le "convenzioni scritte sulle grammatiche".
Sai bene che ti ho seguito con attenzione finché si trattava di
fonetica, sillabe in musica etc. Ma qui si tratta di pura e semplice
*ortografia*
Io volevo solo dirgli che il suo orecchio ci aveva preso. L'ho visto
parecchio meravigliato di quella strana divisione, e magari si
chiedeva come aveva fatto a prendere un granchio così grande.

E' un invito a scindere le due cose.

Un fattore problematico è che la sillabazione convenzionale viene
presentata come fonetica e il credere a questo comporta due rischi:

1) Usare l'orecchio e giungere a conclusioni non previste dalla
convenzione: far-ma-cia, bu-gia.

2) Ritenere di avere l'orecchio fallato quando si scopre che la
convenzione dice far-ma-ci-a e bu-gi-a.
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
edi'®
2018-06-19 08:33:54 UTC
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Post by Valerio Vanni
Io volevo solo dirgli che il suo orecchio ci aveva preso.
Se "colonscopia" (per rimanere sugli esempi già portati) per te non ha
cinque sillabe, significa che "pia" lo consideri monosillabo.

A prescindere dalle convenzioni ortografiche (per le quali non vi è
nessun dubbio che la suddivisione sia pi-a), a me questo termine suona
assolutamente come un bisillabo, a differenza di piè o più che sono
naturalmente monosillabi, sia foneticamente che ortograficamente.

A questo punto sarei curioso solamente - per evitare di ricominciare un
discorso più volte affrontato - di sentire un parere terzo, ossia di
Giovanni Drogo, il cui /orecchio/ tu hai già lodato:
Giovanni, tu "pia" lo senti mono o bisillabo?

E.D.
Voce dalla Germania
2018-06-19 08:50:44 UTC
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Post by edi'®
A prescindere dalle convenzioni ortografiche (per le quali
non vi è nessun dubbio che la suddivisione sia pi-a), a me
questo termine suona assolutamente come un bisillabo, a
differenza di piè o più che sono naturalmente monosillabi,
sia foneticamente che ortograficamente.
A questo punto sarei curioso solamente - per evitare di
ricominciare un discorso più volte affrontato - di sentire
un parere terzo, ossia di Giovanni Drogo, il cui /orecchio/
Giovanni, tu "pia" lo senti mono o bisillabo?
Aspettando Giovanni, vorrei intervenire per chiedere se
siamo tutti d'accordo su questi due punti:
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
2) Copio da Dardano, Trifone "La lingua italiana": "C'è
iato, p. es.:
- quando non ci sono né la i né la u
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
- dopo il prefisso ri-

Questo sul piano fonetico. Sul piano ortografico, siamo
tutti d'accordo che non si va a capo in spi-a, mi-o e in
generale quando ci sarebbe una sola lettera all'inizio della
nuova riga? A parte tutto, quando si usano caratteri non
proporzionali il trattino e una lettera qualsiasi occupano
esattamente lo stesso spazio.
Valerio Vanni
2018-06-19 09:12:48 UTC
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On Tue, 19 Jun 2018 10:50:44 +0200, Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
Aspettando Giovanni, vorrei intervenire per chiedere se
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
2) Copio da Dardano, Trifone "La lingua italiana": "C'è
- quando non ci sono né la i né la u
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
- dopo il prefisso ri-
Questo sul piano fonetico.
Sul piano fonetico, sono in totale disaccordo. Su tutti e tre gli
esempi.
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Voce dalla Germania
2018-06-19 09:28:44 UTC
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Post by Valerio Vanni
On Tue, 19 Jun 2018 10:50:44 +0200, Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
Aspettando Giovanni, vorrei intervenire per chiedere se
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
2) Copio da Dardano, Trifone "La lingua italiana": "C'è
- quando non ci sono né la i né la u
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
- dopo il prefisso ri-
Questo sul piano fonetico.
Sul piano fonetico, sono in totale disaccordo. Su tutti e tre gli
esempi.
Adesso potremmo cominciare a chiarirci le idee sul punto 2),
se ci spieghi perché sei in totale disaccordo e fornisci
qualche esempio. Anche la tua definizione di "iato" potrebbe
spiegare molte cose.
Siamo d'accordo almeno sul punto 1)?
edi'®
2018-06-19 09:40:02 UTC
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Post by Voce dalla Germania
Adesso potremmo cominciare a chiarirci le idee sul punto 2),
se ci spieghi perché sei in totale disaccordo e fornisci
qualche esempio.
Ci sono stati thread abbastanza lunghi sulla questione, anche
recentemente, e Valerio ha senz'altro allargato i miei orizzonti sulla
materia.

In alcuni casi mi sono trovato a dargli ragione, in altri non mi ha
convinto, in altri ancora ho sospeso momentaneamente il giudizio.

E.D.
edi'®
2018-06-19 09:43:54 UTC
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Post by edi'®
In alcuni casi mi sono trovato a dargli ragione, in altri non mi ha
convinto, in altri ancora ho sospeso momentaneamente il giudizio.
Ricordo ad esempio il fatto che foneticamente
Paolo Paolo Pa, Paolo maledetto...
avrebbe in effetti lo stesso numero di sillabe (foneticamente) di
Paulo Paulo Pa, Paulo maledetto...
cosa che invece non è dal punto di vista della suddivisione sillabica
ortografica.

E.D.
Valerio Vanni
2018-06-19 13:04:39 UTC
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On Tue, 19 Jun 2018 11:28:44 +0200, Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
2) Copio da Dardano, Trifone "La lingua italiana": "C'è
Adesso potremmo cominciare a chiarirci le idee sul punto 2),
se ci spieghi perché sei in totale disaccordo e fornisci
qualche esempio. Anche la tua definizione di "iato" potrebbe
spiegare molte cose.
Siamo d'accordo almeno sul punto 1)?
Tralascio momentaneamente il trittongo (e relativo esempio), e mi
trovo d'accordo sul punto 1.

Riparto dalla mia definizione di iato (che poi non è mia): è un
dittongo quando tra le due vocali non ci sono elementi di stacco, è
uno iato quando c'è un elemento di stacco.

Se i nuclei sillabici sono due, è uno iato. Quali sono gli elementi di
stacco? Possono essere diversi: un'interruzione nel suono (es. colpo
di glottide), un cambio brusco di frequenza, un aumento improvviso nel
volume, una riarticolazione (in pratica è uno smorzamento al posto di
un'interruzione).

Anzitutto, perché ci sia iato bisogna che ci siano due vocali piene, e
non approssimanti. Quindi scartiamo più, può etc dato che lì abbiamo
delle approssimanti /j/ /w/. Da noi si scrivono uguali, quindi la
parte "grafematica" della nostra sensibilità linguistica tende a
parlare genericamente di "i" e di "u" ma foneticamente sono diverse.
Nella struttura sillabica si comportano da consonanti, fanno parte
dell'attacco e non del nucleo. Per esempio, "più" fa rima con "tu" e
"blu": il nucleo (che è l'inizio della rima) è "u". In parole come
"mio", "zio" "oblio" la "i" invece è il nucleo.

Nota interlinguistica: in inglese, per esempio, anche la sensibilità
grafematica distingue "i" e "u" vocali da "i" "u" approssimanti. La
presenza nel testo di "i" e "u" [1] suggerisce una vocale, quella di
"y" e "w" un'approssimante.
Un inglese, per pronunciare una sequenza come le nostre "radio" e
"uovo" dovrebbe trovarle scritte "radyo" e "wovo".

Dicevo, quindi scartiamo con decisione "può" "qui" "più" "piazza"
"pianto".

Dopo bisogna guardare le due vocali piene a contatto: c'è stacco o no?
Nella nostra lingua, la forma primaria di stacco è l'aumento brusco di
volume, in pratica bisogna guardare se la seconda vocale ha l'accento
tonico. Esempi: Caino, Riace, poema, maestro, paura.

La prima è una vocale sillabica, c'è una sillaba "ca" "ri" (cosa che
non accadrebbe con le approssimanti: in "più" non c'è un /pj/).
Poi il volume aumenta bruscamente /ca'i/ /ri'a/ etc.

Insomma: ci vuole un accento sulla seconda.
Altrimenti è un dittongo: il volume decresce gradualmente passando
alla seconda vocale. Come in "mia" e in "mai": non c'è una sillaba
sulla seconda vocale.

Riprendo le regole che hai citato, portando controesempi.
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
- quando non ci sono né la i né la u
"maestrale" "faesite" "faentino" "poematico"

Non ci sono le due vocali elencate, ma non c'è iato perché l'accento
non è sulla seconda delle due vocali. L'accento è sulla sillaba
successiva, non puoi metterne uno sulla "e" come faresti in "maestro
"Faenza" "poema".
Se cerchi di partire dicendo "poema" e fai lo stacco tra "o" ed "e",
poi vuoi continuare correggendo "poematico" ti accorgi che ti sei già
mangiato l'accento e non ce l'hai più per il -màtico.

Se la parola è lunga, e l'accento primario è lontano (nel senso che
c'è almeno un'atona in mezzo) si può formare uno iato per accentazione
secondaria.

La parola "aeroplano" per esempio, grazie alla sillaba "ro" che fa da
cuscinetto, potrebbe portare un accento secondario sulla "e" e quindi
avere la sequenza come iato.
Se ti interessa, posso fornire degli esempi audio di "aeroplano" in
cui la sequenza è iato oppure dittongo.
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
Questi sono dittonghi, a meno che non mettiamo un'accento sull'ultima
sillaba far-ma-ci-à.
Tra "poi" e "pio" non c'è differenza, come tra "mai" e "mia". Entrambe
sono accentate sulla prima vocale, e la seconda è asillabica.
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
- dopo il prefisso ri-
Lì dipende dalla struttura accentuale: dov'è l'accento? Da quello
dipende tutto.
In "riesco" l'accento è su "e", quindi c'è iato.
In "riuscito" l'accento è sulla sillaba dopo, quindi non può stare
sulla "u".

[1] Eccezione: se la "u" è preceduta da "q" è approssimante anche da
loro.
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Voce dalla Germania
2018-06-23 06:52:53 UTC
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La discussione sembra morta. Peccato, perché la trovo molto
interessante. Perciò cerco di riviverla rispondendo fra le
righe.
Post by Valerio Vanni
On Tue, 19 Jun 2018 11:28:44 +0200, Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
2) Copio da Dardano, Trifone "La lingua italiana": "C'è
Adesso potremmo cominciare a chiarirci le idee sul punto 2),
se ci spieghi perché sei in totale disaccordo e fornisci
qualche esempio. Anche la tua definizione di "iato" potrebbe
spiegare molte cose.
Siamo d'accordo almeno sul punto 1)?
Tralascio momentaneamente il trittongo (e relativo esempio), e mi
trovo d'accordo sul punto 1.
Riparto dalla mia definizione di iato (che poi non è mia): è un
dittongo quando tra le due vocali non ci sono elementi di stacco, è
uno iato quando c'è un elemento di stacco.
Se i nuclei sillabici sono due, è uno iato. Quali sono gli elementi di
stacco? Possono essere diversi: un'interruzione nel suono (es. colpo
di glottide), un cambio brusco di frequenza, un aumento improvviso nel
volume, una riarticolazione (in pratica è uno smorzamento al posto di
un'interruzione).
Anzitutto, perché ci sia iato bisogna che ci siano due vocali piene, e
non approssimanti. Quindi scartiamo più, può etc dato che lì abbiamo
delle approssimanti /j/ /w/. Da noi si scrivono uguali, quindi la
parte "grafematica" della nostra sensibilità linguistica tende a
parlare genericamente di "i" e di "u" ma foneticamente sono diverse.
Nella struttura sillabica si comportano da consonanti, fanno parte
dell'attacco e non del nucleo. Per esempio, "più" fa rima con "tu" e
"blu": il nucleo (che è l'inizio della rima) è "u". In parole come
"mio", "zio" "oblio" la "i" invece è il nucleo.
Nota interlinguistica: in inglese, per esempio, anche la sensibilità
grafematica distingue "i" e "u" vocali da "i" "u" approssimanti. La
presenza nel testo di "i" e "u" [1] suggerisce una vocale, quella di
"y" e "w" un'approssimante.
Un inglese, per pronunciare una sequenza come le nostre "radio" e
"uovo" dovrebbe trovarle scritte "radyo" e "wovo".
Dicevo, quindi scartiamo con decisione "può" "qui" "più" "piazza"
"pianto".
Fin qui penso di essere d'accordo.
Post by Valerio Vanni
Dopo bisogna guardare le due vocali piene a contatto: c'è stacco o no?
Nella nostra lingua, la forma primaria di stacco è l'aumento brusco di
volume, in pratica bisogna guardare se la seconda vocale ha l'accento
tonico. Esempi: Caino, Riace, poema, maestro, paura.
La prima è una vocale sillabica, c'è una sillaba "ca" "ri" (cosa che
non accadrebbe con le approssimanti: in "più" non c'è un /pj/).
Poi il volume aumenta bruscamente /ca'i/ /ri'a/ etc.
Insomma: ci vuole un accento sulla seconda.
Dubito e spiego dopo perché.
Post by Valerio Vanni
Altrimenti è un dittongo: il volume decresce gradualmente passando
alla seconda vocale. Come in "mia" e in "mai": non c'è una sillaba
sulla seconda vocale.
Riprendo le regole che hai citato, portando controesempi.
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
- quando non ci sono né la i né la u
"maestrale" "faesite" "faentino" "poematico"
Non ci sono le due vocali elencate, ma non c'è iato perché l'accento
non è sulla seconda delle due vocali. L'accento è sulla sillaba
successiva, non puoi metterne uno sulla "e" come faresti in "maestro
"Faenza" "poema".
Sicuramente non metto un accento sulla e, però metto un
accento _secondario_ sulla vocale prima della e.
Post by Valerio Vanni
Se cerchi di partire dicendo "poema" e fai lo stacco tra "o" ed "e",
poi vuoi continuare correggendo "poematico" ti accorgi che ti sei già
mangiato l'accento e non ce l'hai più per il -màtico.
Se la parola è lunga, e l'accento primario è lontano (nel senso che
c'è almeno un'atona in mezzo) si può formare uno iato per accentazione
secondaria.
Appunto, per me l'atona in mezzo è la e. Lo stesso discorso
della vecchia discussione su jihadista, dove anche con
l'acca muta per me c'è un accento secondario su ji, uno iato
ji-a e l'accento primario su di.
Post by Valerio Vanni
La parola "aeroplano" per esempio, grazie alla sillaba "ro" che fa da
cuscinetto, potrebbe portare un accento secondario sulla "e" e quindi
avere la sequenza come iato.
Sono d'accordo che qui può esserci un accento secondario,
anzi, direi proprio che c'è. Sulla e, stranamente, non mi
suona innaturale, ma tenderei a metterlo sulla a.
Post by Valerio Vanni
Se ti interessa, posso fornire degli esempi audio di "aeroplano" in
cui la sequenza è iato oppure dittongo.
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
Questi sono dittonghi, a meno che non mettiamo un'accento sull'ultima
sillaba far-ma-ci-à.
Se ci fosse un accento sulla a avremmo una i approssimante
in pià e colonscopià, mentre in farmacià la i sarebbe solo
un segno grafico per indicare che non va letto farmacà.

Quante note senti in "Nella vecchia fattoria, ia, ia, o"? 4
in "nella vecchia", ma dopo?
Post by Valerio Vanni
Tra "poi" e "pio" non c'è differenza, come tra "mai" e "mia". Entrambe
sono accentate sulla prima vocale, e la seconda è asillabica.
Cito Luca Serianni "Italiano": Quando l'incontro di due
vocali non dà luogo al dittongo, si produce uno iato. Ciò
avviene essenzialmente:
...
b) se una delle due vocali è i tonica o u tonica e l'altra è
a, e, o: Maria, faina, cigolio, paura, due, suo.
...
A me sembra che pio e mia rientrino in questa definizione.
Se non sei d'accordo, sarei curiosissimo di leggere la tua
discussione con Serianni.
Post by Valerio Vanni
Post by Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
- dopo il prefisso ri-
Lì dipende dalla struttura accentuale: dov'è l'accento? Da quello
dipende tutto.
In "riesco" l'accento è su "e", quindi c'è iato.
In "riuscito" l'accento è sulla sillaba dopo, quindi non può stare
sulla "u".
Però c'è un accento secondario sulla prima i.
Post by Valerio Vanni
[1] Eccezione: se la "u" è preceduta da "q" è approssimante anche da
loro.
Valerio Vanni
2018-06-23 11:41:52 UTC
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On Sat, 23 Jun 2018 08:52:53 +0200, Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
Post by Valerio Vanni
Dopo bisogna guardare le due vocali piene a contatto: c'è stacco o no?
Nella nostra lingua, la forma primaria di stacco è l'aumento brusco di
volume, in pratica bisogna guardare se la seconda vocale ha l'accento
tonico. Esempi: Caino, Riace, poema, maestro, paura.
La prima è una vocale sillabica, c'è una sillaba "ca" "ri" (cosa che
non accadrebbe con le approssimanti: in "più" non c'è un /pj/).
Poi il volume aumenta bruscamente /ca'i/ /ri'a/ etc.
Insomma: ci vuole un accento sulla seconda.
Dubito e spiego dopo perché.
Post by Valerio Vanni
"maestrale" "faesite" "faentino" "poematico"
Non ci sono le due vocali elencate, ma non c'è iato perché l'accento
non è sulla seconda delle due vocali. L'accento è sulla sillaba
successiva, non puoi metterne uno sulla "e" come faresti in "maestro
"Faenza" "poema".
Sicuramente non metto un accento sulla e, però metto un
accento _secondario_ sulla vocale prima della e.
In italiano per avere accenti secondari ci vuole una parola lunga.
Normalmente, due accenti forti non stanno a contatto al punto che in
fonosintassi ci sono degli spostamenti per evitare lo scontro.

Ma forse il punto su cui discordiamo è la presenza di una sillaba.
Senti come me che in "faen" la "a" è più forte della "e".
Solo che per te "en" è una sillaba, per me è un mezzo nucleo + coda.
Post by Voce dalla Germania
Post by Valerio Vanni
Se cerchi di partire dicendo "poema" e fai lo stacco tra "o" ed "e",
poi vuoi continuare correggendo "poematico" ti accorgi che ti sei già
mangiato l'accento e non ce l'hai più per il -màtico.
Se la parola è lunga, e l'accento primario è lontano (nel senso che
c'è almeno un'atona in mezzo) si può formare uno iato per accentazione
secondaria.
Appunto, per me l'atona in mezzo è la e.
Ecco, appunto ;-)
Post by Voce dalla Germania
Post by Valerio Vanni
La parola "aeroplano" per esempio, grazie alla sillaba "ro" che fa da
cuscinetto, potrebbe portare un accento secondario sulla "e" e quindi
avere la sequenza come iato.
Sono d'accordo che qui può esserci un accento secondario,
anzi, direi proprio che c'è. Sulla e, stranamente, non mi
suona innaturale, ma tenderei a metterlo sulla a.
Infatti "aeroplano" è più facilmente accentata (secondariamente [1])
sulla "a" /,ae.ro'pla.no/ (Sec + atona + Prim + atona).

L'altra /a'E.ro'pla.no/ (atona + Sec + atona + Prim + atona) l'ho
citata come (remota) possibilità e come esempio di (quello che io
chiamo) iato.

La puoi sentire da Jovanotti, nella canzone "A te" al minuto 1:47.

In genere, però, quella parola viene cantata su 4 note. Per far
qualche esempio:

883 nella canzone "Aeroplano": ascolta Max Pezzali al 2:55.
La ragazza che canta all'inizio pronuncia la parola in maniera
differente /,ae.reo'pla.no/ (una delle altre due pronunce diffuse ma
considerate scorrette), ma con lo stesso numero di note.

E, grazie a quella scorrettezza, ci fa sentire in fila due dittonghi
che nelle regole da te citate (quelle per andare a capo) non sono
previsti e sarebbero considerati iati.
A seguir quelle regole, dovrebbero esserci addirittura 6 sillabe!

L'altra pronuncia, sempre scorretta ma diffusa è /'a.reo.pla.no/, che
elimina completamente la "e" ma ce la fa ritrovare nella sillaba dopo.

Ascolta Celentano in "Azzurro" o Dalla in "Quale allegria" al min
2:03.

A proposito, scendiamo un attimo dagli aeroplani: qui Dalla ci fa
sentire differenti versioni della parola "allegria": bisillabica a
inizio strofa, e trisillabica alla fine.

Ascolta la prima, senti la "i" come sfuma dolcemente nella "a"?
Ascolta la seconda, senti la "a" com'è netta e con cambio di nota?

In linea di massima, in queste sequenze lo iato può apparire più
facilmente in posizione finale. Nelle canzoni però è più facile farlo
che nel parlato perché c'è un'arma in più: le note.

---
Quale allegria
se ti ho cercato per una vita senza trovarti
senza nemmeno avere la soddisfazione di averti
per vederti andare via
quale allegria
---
Post by Voce dalla Germania
Post by Valerio Vanni
Post by Voce dalla Germania
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
Questi sono dittonghi, a meno che non mettiamo un'accento sull'ultima
sillaba far-ma-ci-à.
Se ci fosse un accento sulla a avremmo una i approssimante
in pià e colonscopià, mentre in farmacià la i sarebbe solo
un segno grafico per indicare che non va letto farmacà.
Mi sono spiegato male, non parlavo della parola come viene
pronunciata.
Era un'ipotesi per assurdo, me ne stavo inventando una pronuncia, con
"i" sillabica e "a" accentata. Volevo dire "ci sarebbe un bello iato
se fosse pronunciata così".
Se non è chiaro cosa intendevo, dimmelo che registro questa stramberia
perché non si è mai sentita ;-)
Post by Voce dalla Germania
Quante note senti in "Nella vecchia fattoria, ia, ia, o"? 4
in "nella vecchia", ma dopo?
Questo è un caso un po' dubbio, secondo me. Gli spartiti trovati
indicano le sequenze come iati, a me sembra di sentire solo
leggerissime riarticolazioni.
Post by Voce dalla Germania
Post by Valerio Vanni
Tra "poi" e "pio" non c'è differenza, come tra "mai" e "mia". Entrambe
sono accentate sulla prima vocale, e la seconda è asillabica.
Cito Luca Serianni "Italiano": Quando l'incontro di due
vocali non dà luogo al dittongo, si produce uno iato. Ciò
...
b) se una delle due vocali è i tonica o u tonica e l'altra è
a, e, o: Maria, faina, cigolio, paura, due, suo.
...
A me sembra che pio e mia rientrino in questa definizione.
Ci rientrano perfettamente, ma è una convenzione proposta e
riproposta, niente di più.
Foneticamente non sono differenti dalle sorelle in cui è tonica "a".
Questa convenzione è pessima per analizzare una canzone o una poesia.

Qualche tempo fa mi sono messo ad analizzare un po' di Divina
Commedia, e ho visto che un'analisi di dittonghi e iati fatta con
metodo fonetico (quello di cui parlo sempre) trova tutto molto
lineare, se invece applichiamo le regole di cui parli sbagliamo tutto
a meno di non gestire la quasi totalità dei casi come "eccezioni".

Una nota sull'elenco che hai fatto: due di queste (faina e paura)
rientrano anche per me negli iati.
Post by Voce dalla Germania
Se non sei d'accordo, sarei curiosissimo di leggere la tua
discussione con Serianni.
Non c'è molto da discutere con una cosa stabilita per convenzione.
Post by Voce dalla Germania
Post by Valerio Vanni
Lì dipende dalla struttura accentuale: dov'è l'accento? Da quello
dipende tutto.
In "riesco" l'accento è su "e", quindi c'è iato.
In "riuscito" l'accento è sulla sillaba dopo, quindi non può stare
sulla "u".
Però c'è un accento secondario sulla prima i.
Siamo al solito punto su cui non concordiamo: per me lì non c'è
nessuna sillaba. Ti faccio notare una cosa, però: il discorso "c'è il
prefisso" è una considerazione *morfologica*, non fonetica.
Mi dici che morfologicamente c'è un "ri" seguito da una parola, e
nella divisione vuoi dare peso a questa cosa. Se poi questa divisione
sia presente anche foneticamente, è tutto da vedere.
Falso, secondo me, quella "u" è l'elemento debole di un dittongo;
vero, dirai tu, c'è una "u" che fa sillaba.

Però in ogni caso ti invito a non dare per scontato che una divisione
morfologica corrisponda a una divisione fonetica: la madre di tutte le
divisioni morfologiche, che è il confine di parola [2], è un punto
indiscusso per andare a capo.

Ma non necessariamente è un punto di divisione fonetica.
"un cane": concordanza
"un altro": discordanza
"come in casa": discordanza
"uno strano": discordanza
"lo voglio": concordanza

Insomma, se non è scontato nel confine di parola non lo è nemmeno
dentro.


[1] Attenzione a una cosa: l'accento secondario in italiano non è
necessariamente presente: tende a formarsi se la parola è lunga. Ha
posizioni certe solo in pochi casi: le composizioni (es.
"portafoglio", in cui si identificano la parole di base) e le parole
con i clitici ("portamelo", accento secondario sul clitico), le
tronche con tre sillabe ("porterò", accento secondario all'inizio... e
vorrei anche vedere che fosse a metà).

[2] E' una mia definizione scherzosa...
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Valerio Vanni
2018-06-23 11:52:36 UTC
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On Sat, 23 Jun 2018 13:41:52 +0200, Valerio Vanni
Post by Valerio Vanni
Però in ogni caso ti invito a non dare per scontato che una divisione
morfologica corrisponda a una divisione fonetica: la madre di tutte le
divisioni morfologiche, che è il confine di parola [2], è un punto
indiscusso per andare a capo.
http://www.treccani.it/enciclopedia/sillaba/

Qui, per esempio, vengono elencate anche sillabazioni etimologiche:
dis-u-gua-le, che tronca sul prefisso anziché sulla sillaba fonetica.
Occhio però a non dedurre che lì ci sia una sillaba "dis",
foneticametne parlando.
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Valerio Vanni
2018-07-05 23:23:24 UTC
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On Sat, 23 Jun 2018 13:41:52 +0200, Valerio Vanni
Post by Valerio Vanni
Post by Voce dalla Germania
Quante note senti in "Nella vecchia fattoria, ia, ia, o"? 4
in "nella vecchia", ma dopo?
Questo è un caso un po' dubbio, secondo me. Gli spartiti trovati
indicano le sequenze come iati, a me sembra di sentire solo
leggerissime riarticolazioni.
Ho scoperto una cosa: la melodia non è nata qui.
Il testo originale era "Old Mac Donald had a farm, e-i-e-i-o". Sono le
vocali da scandire, insomma in inglese è naturale che ci sia una
riarticolazione tra /i/ e /aI/ [1] e che quindi abbiano inserito due
note.

Detto questo, in italiano si riesce a fare in maniera più iatesca o
dittonghesca a seconda dell'enfasi.
Per come ce l'ho nell'orecchio, su questa canzone ti do ragione:
tenderei a riarticolare quella "a".

Ma volendo si potrebbero fare anche con le sequenze sorelle pronunce
più o meno staccate.
"Non ci sono stato mai, mai, mai, no".
Per sequenze sorelle intendo quelle in cui la prima vocale è accentata
e più aperta.

Su quelli che chiamo "(veri) iati" (poeta, beato, maestro, noè etc)
invece non sento margine di manovra, lì ci vanno due note. E nemmeno
chi scrive canzoni o poesie ci sente margine.

[1] Oh, in coda di sillaba ci si possono pigiare le cose più turche,
ma non certo scandendo le lettere. E non in inglese: lì la tendenza
allo iato è molto più forte che da noi.
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Wolfgang
2018-06-19 10:13:22 UTC
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Post by Voce dalla Germania
Post by edi'®
A prescindere dalle convenzioni ortografiche (per le quali
non vi è nessun dubbio che la suddivisione sia pi-a), a me
questo termine suona assolutamente come un bisillabo, a
differenza di piè o più che sono naturalmente monosillabi,
sia foneticamente che ortograficamente.
A questo punto sarei curioso solamente - per evitare di
ricominciare un discorso più volte affrontato - di sentire
un parere terzo, ossia di Giovanni Drogo, il cui /orecchio/
Giovanni, tu "pia" lo senti mono o bisillabo?
Aspettando Giovanni, vorrei intervenire per chiedere se
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
- quando non ci sono né la i né la u
- quando la i o la u sono accentate
(aggiungo: come in pia, colonscopia, farmacia ecc.
- dopo il prefisso ri-
Le definizioni da te citate sono giuste, ma non esaustive.

Cominciamo col tuo ultimo punto: infatti il prefisso ri- non è
l'unico caso di un'«i» atona che formi iato con la vocale seguente.
Ne esistono altri, ad esempio «biologo» e lo stesso «iato» (da
alcuni negato).

Ci sono inoltre casi di un'«u» atona che non faccia dittongo con la
vocale seguente, ad esempio nel suffisso -uoso (sontuoso, tortuoso).
Tale «u» atona, ma sillabica, si ha inoltre in «accentuare»,
«suntuario» e molte altre, senza che io riesca a vedere una regola
generale.
Post by Voce dalla Germania
Questo sul piano fonetico. Sul piano ortografico, siamo
tutti d'accordo che non si va a capo in spi-a, mi-o e in
generale quando ci sarebbe una sola lettera all'inizio della
nuova riga? A parte tutto, quando si usano caratteri non
proporzionali il trattino e una lettera qualsiasi occupano
esattamente lo stesso spazio.
Scegliamo dunque esempi in cui l'iato non si abbia davanti
all'ultima vocale, ma più all'interno delle parole: si può andare a
capo in «bi-ologo» o «tortu-oso»? Io direi di sì, ma non lo farei, e
non solo per viltà ma anche perché vado a capo soltanto con una
consonante, mai con una vocale, ma questa è una scelta personale.

Ciao,
Wolfgang
edi'®
2018-06-19 10:22:12 UTC
Permalink
Scegliamo dunque esempi in cui l'iato non si abbia davanti all'ultima
vocale, ma più all'interno delle parole: si può andare a capo in
«bi-ologo» o «tortu-oso»? Io direi di sì
Io direi senz'altro di no per il secondo (ortograficamente il gruppo "u
atona + o" non si può spezzare) e inviterei caldamente di evitare il primo.

E.D.
Voce dalla Germania
2018-06-19 10:24:56 UTC
Permalink
Post by Wolfgang
Post by Voce dalla Germania
Aspettando Giovanni, vorrei intervenire per chiedere se
1) Dittongo (e trittongo, come in suoi) = due (tre) vocali
in una sillaba. Iato = due vocali contigue in due sillabe.
- quando non ci sono né la i né la u
- quando la i o la u sono accentate
(aggiungo: come in pia, colonscopia, farmacia ecc.
- dopo il prefisso ri-
Le definizioni da te citate sono giuste, ma non esaustive.
Esattamente il significato di "C'è iato, p. es." (PER
ESEMPIO, il che vuol dire che ci sono altri casi).
Non conosci l'abbreviazione "p. es."? Chiedo scusa, ma non
avevo pensato a questa possibilità.
Post by Wolfgang
Scegliamo dunque esempi in cui l'iato non si abbia davanti
all'ultima vocale, ma più all'interno delle parole: si può
andare a capo in «bi-ologo» o «tortu-oso»? Io direi di sì,
Anche gli autori del libro citato, che però consigliano di
non farlo.

Rispondo anche a edi' per notare che continueremo a
discuterne all'infinito finché non ci mettiamo d'accordo sui
punti principali o almeno sul fatto di non riuscire a
trovare un accordo e di capire il perché.
Valerio Vanni
2018-06-19 10:35:17 UTC
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On Tue, 19 Jun 2018 12:24:56 +0200, Voce dalla Germania
Post by Voce dalla Germania
Post by Wolfgang
Scegliamo dunque esempi in cui l'iato non si abbia davanti
all'ultima vocale, ma più all'interno delle parole: si può
andare a capo in «bi-ologo» o «tortu-oso»? Io direi di sì,
Anche gli autori del libro citato, che però consigliano di
non farlo.
La pagina di Treccani sul termine "sillaba" fa un'interessante
distizione su questo punto:

---
b) quando si abbia uno iato costante è possibile andare a capo cona
vocale (per es., in ma-estro, pa-ura, sci-are); la regola tuttavia va
seguita fuori d’accento (dividendo perciò mae-strale, pau-roso,
scia-tore piuttosto che ma-estrale, pa-uroso, sci-atore);
---

In pratica chiama "iato costante" quello che la fonetica chiama
semplicemente "iato", e chiama "fuori d'accento" quello che la
fonetica chiama semplicemente "dittongo".
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Wolfgang
2018-06-19 11:34:27 UTC
Permalink
Post by Voce dalla Germania
Post by Wolfgang
[...]
Le definizioni da te citate sono giuste, ma non esaustive.
Esattamente il significato di "C'è iato, p. es."
(PER ESEMPIO, il che vuol dire che ci sono altri
casi). Non conosci l'abbreviazione "p. es."? Chiedo
scusa, ma non avevo pensato a questa possibilità.
Tocca a me chiedere scusa a te per averti frainteso. È più di ovvio
che tu non abbia mai avuto intenzione di essere esaustivo.

Ciao,
Wolfgang
Giovanni Drogo Godot
2018-06-19 11:52:13 UTC
Permalink
Post by Voce dalla Germania
Post by edi'®
un parere terzo, ossia di Giovanni Drogo, il cui /orecchio/
E' la prima volta che qualcuno ne parla bene tenuto conto che sono del
tutto privo di ogni percezione o capacita' musicale, che per me nelle
lingue conta piu' lo scritto del parlato, e che non ho mai capito/
apprezzato/ usato la sillabazione della metrica poetica !

Di solito sono altre le cose degne di lode (p.es. sono stato
piacevolmente sorpreso di recente di trovare dei miei disegni di 35 anni
fa su certe slide dell'ESA)
Post by Voce dalla Germania
Post by edi'®
Giovanni, tu "pia" lo senti mono o bisillabo?
Aspettando Giovanni
Direi che mi troverei in dubbio perche' non andrei mai a capo pi-a.
Giovanni Drogo
2018-06-19 11:56:59 UTC
Permalink
ma più all'interno delle parole: si può andare a capo in «bi-ologo» o
«tortu-oso»? Io direi di sì, ma non lo farei,
Mah ... in bio-logo per me prevale la divisione "etimologica" ... non mi
vengono in mente parole in cui bi- e' un prefisso di duplicazione e la
radice duplicata cominci in vocale ... in quel caso forse mi uscirebbe
bi-VXXXX.

Anche per tor-tu-o-so (che mi viene spontaneo scandire cosi') credo che
dividerei tortuo-so (ma quel "tortuo" mi lascerebbe perplesso, piu'
probabilmente tor-tuoso.
Father McKenzie
2018-06-19 10:29:19 UTC
Permalink
Post by Voce dalla Germania
"C'è
- quando non ci sono né la i né la u
- quando la i o la u sono accentate (aggiungo: come in pia,
colonscopia, farmacia ecc.)
- dopo il prefisso ri-
Direi anche dopo i prefissi di- e tri-
triacetato di cellulosa
pianta dioica
--
Et interrogabant eum turbae dicentes: “Quid ergo faciemus?”.
Respondens autem dicebat illis: “Qui habet duas tunicas,
det non habenti; et, qui habet escas, similiter faciat”.
(Ev. sec. Lucam 3,10-11)
Valerio Vanni
2018-06-19 09:09:22 UTC
Permalink
Post by edi'®
Post by Valerio Vanni
Io volevo solo dirgli che il suo orecchio ci aveva preso.
Se "colonscopia" (per rimanere sugli esempi già portati) per te non ha
cinque sillabe, significa che "pia" lo consideri monosillabo.
Ovviamente (a proposito, per me "ovviamente" ha quattro sillabe" ;-)
).
Post by edi'®
A prescindere dalle convenzioni ortografiche (per le quali non vi è
nessun dubbio che la suddivisione sia pi-a), a me questo termine suona
assolutamente come un bisillabo, a differenza di piè o più che sono
naturalmente monosillabi, sia foneticamente che ortograficamente.
Piè o più hanno una struttura ancora diversa, pur restando
monosillabi. Che tu ci trovi una differenza, e che a nessuno sia mai
venuto in mente di considerarli bisillabi... è normalissimo.
Quella "i" non ha nemmeno valore vocalico, non è nel nucleo della
sillaba... insomma non fa parte della rima.
"più" fa rima con "blu" e "tu"
Post by edi'®
A questo punto sarei curioso solamente - per evitare di ricominciare un
discorso più volte affrontato - di sentire un parere terzo, ossia di
Giovanni, tu "pia" lo senti mono o bisillabo?
Sono curioso anch'io, in particolare confronterei "pio" con "poi". In
particolare ritengo interessante il confronto tra le sequenze
"pio, pio, pio, pio"
"poi, poi, poi, poi"
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
edi'®
2018-06-19 09:22:59 UTC
Permalink
Il 19/06/2018 11.09, Valerio Vanni ha scritto:

a proposito, per me "ovviamente" ha quattro sillabe" ;-)

No!? E chi se l'aspettava... ;-)
Post by edi'®
A questo punto sarei curioso solamente - per evitare di ricominciare un
discorso più volte affrontato - di sentire un parere terzo, ossia di
Giovanni, tu "pia" lo senti mono o bisillabo?
Sono curioso anch'io, in particolare [...]
Non aggiungere carne al fuoco: la domanda è semplice e diretta,
aspettiamo la risposta (di Giovanni ma anche di eventuali altri "terzi")

E.D.
edi'®
2018-06-15 08:54:02 UTC
Permalink
Post by Valerio Vanni
Di per se non è sbagliata, secondo me.
Secondo la definizione
vorrai, prenderei, pollai, pii, solai etc.
sarebbero parole tronche.
Visto che non lo sono, che definizione è?

E.D.
v***@gmail.com
2018-06-16 11:24:27 UTC
Permalink
Post by edi'®
Post by Giovanni Drogo
tra cui anche nomi come farmacIa, bugIa, colonscopIa ecc.
Le parole che indichi non sono tronche, neanche secondo la definizione
"non esaustiva" di cui sopra: far-ma-'ci-a, bu-'gi-a, co-lon-sco-'pi-a
L'orecchio di Giovanni ci ha preso, nel vedere l'accento sull'ultima sillaba. "Bugia" non ha niente di differente da "solai" nella struttura sillabica. Torniamo ai soliti contrasti tra sillabazione fonetica e sillabazione ortografica, ma forse finiamo fuori tema rispetto alla questione "tronche o non tronche" quindi mi limito a parlare del gruppo "solai".
Post by edi'®
Post by Giovanni Drogo
Di per se non è sbagliata, secondo me.
Secondo la definizione
vorrai, prenderei, pollai, pii, solai etc.
sarebbero parole tronche.
Visto che non lo sono, che definizione è?
Se la definizione di "parola tronca" è "parola con l'accento sull'ultima sillaba", sono parole tronche. Mi pare lineare la cosa.

Possiamo dividerle in tre gruppi:
1) Tronche uscenti in vocale semplice: città, però etc.
2) Tronche uscenti in dittongo: solai, pollai etc
3) Tronche uscenti in consonante: dottor, ingegner etc

Poi, per il segnaccento, diciamo che è necessario solo per il gruppo 1.

Se vuoi escludere gli altri due gruppi, come chiami le parole che ci stanno?

Oppure si può usare un'altra nomenclatura: ultimali, penultimali, terzultimali. E' più trasparente per indicare la posizione dell'accento (i termini "tronche", "piane" e "sdrucciole" richiedono uno sforzo interpretativo), ma non ci risolve il problema di specificare attentamente dove va il segnaccento.
edi'®
2018-06-16 16:47:58 UTC
Permalink
Post by v***@gmail.com
Post by edi'®
Secondo la definizione
vorrai, prenderei, pollai, pii, solai etc.
sarebbero parole tronche.
Visto che non lo sono, che definizione è?
Se la definizione di "parola tronca" è "parola con l'accento sull'ultima sillaba", sono parole tronche. Mi pare lineare la cosa.
1) Tronche uscenti in vocale semplice: città, però etc.
2) Tronche uscenti in dittongo: solai, pollai etc
3) Tronche uscenti in consonante: dottor, ingegner etc
Poi, per il segnaccento, diciamo che è necessario solo per il gruppo 1.
Se vuoi escludere gli altri due gruppi, come chiami le parole che ci stanno?
Io ho sempre considerato tronche solo le parole con l'accento
sull'ultima *vocale*: città, però, più, signor, ingegner...

Mentre le parole che terminano con dittongo discendente (solai, pollai,
vorrai...) non so bene come classificarle, e per questo ho aperto il thread.

Da quel che scrivi, tu considereresti parola tronca sia "cui" sia
"qui"... e la cosa mi lascia perplesso.
Meglio ancora: guài (plurale di guaio) e guaì (verbo guaire) ti sembra
possibile che siano da considerare alla stessa stregua?

E.D.
v***@gmail.com
2018-06-17 11:24:53 UTC
Permalink
Post by edi'®
Post by v***@gmail.com
Se vuoi escludere gli altri due gruppi, come chiami le parole che ci stanno?
Io ho sempre considerato tronche solo le parole con l'accento
sull'ultima *vocale*: città, però, più, signor, ingegner...
Io, istintivamente, ho sempre considerato solo quelle uscenti in vocale semplice.
Vedo che le pagine di Wikipedia e Treccani fanno lo stesso errore, dato che elencano solo parole di questo tipo.

------
Treccani: Hanno accentazione tronca (detta anche ossitona) le parole accentate sull’ultima sillaba. Quando la parola ha più di una sillaba, l’accento è segnalato graficamente
caffè, virtù, mercoledì, gioventù, città, università, mangiò, poté, punì, avrà, capirà.
---
Wikipedia: Nella terminologia grammaticale, una parola tronca od ossitona è una parola con accento tonico sull'ultima sillaba, come vir-tù, li-ber-tà, ecc.

Nelle parole tronche è necessario indicare l'accento tonico con un accento grafico.
Es: a-vrà, po-té, ca-pì, por-tò.
------
E, messe giù così, sono sicuramente sbagliate... concordo con quello che hai detto all'inizio.
Ho quasi l'impressione che girino la cosa a rovescio: chiamiamo tronche le parole che hanno il segnaccento ;-)
Post by edi'®
Mentre le parole che terminano con dittongo discendente (solai, pollai,
vorrai...) non so bene come classificarle, e per questo ho aperto il thread.
Secondo me dipende da cosa si sta cercando di fare. Vogliamo classificare in base alla posizione dell'accento? Dividiamo in sillabe (cosa che ritengo parecchio importante) e poi vediamo su quale sillaba cade l'accento. E' l'ultima? La penultima? La terzultima?
Da lì diremo "tronche, piane, sdrucciole" oppure "ultimali, penultimali, terzultimali".

Se poi ci chiediamo "tutte le parole di uno dei tre gruppi sono tutte identiche, nel senso che hanno tutte le stesse proprietà?" direi proprio di no. Quello è solo il conteggio sillabico e la posizione dell'accento.

Per esempio, dei tre gruppi solo il primo genera il raddoppiamento fonosintattico.
Post by edi'®
Da quel che scrivi, tu considereresti parola tronca sia "cui" sia
"qui"... e la cosa mi lascia perplesso.
Nel caso dei monosillabi, la posizione dell'accento è certa :-)
Quindi tenderei a escluderli dalla classificazione.

Ovviamente torna fuori in fonosintassi, e da questo punto di vista le due parole hanno importanti differenze. Li considero monosillabi, dato che entrambi hanno una sillaba... ma ripeto che da qui a buttarli in un unico calderone ce ne passa.
Post by edi'®
Meglio ancora: guài (plurale di guaio) e guaì (verbo guaire) ti sembra
possibile che siano da considerare alla stessa stregua?
No, per niente. Qui però uno è monosillabo. Sicuramente in nessuno dei due l'accento è su sillabe precedenti all'ultima, solo che per guài fa poca notizia.

L'errore, secondo me, sta nel pensare che la posizione dell'accento sia l'unica discriminante.

Prendiamo "intùito" e "intuìto": /in'tui.to/ /in.tu'i.to/.
L'accento è sulla penultima sillaba in entrambi i casi? sì. Hanno le stesse proprietà? No, una ha quattro sillabe e la sequenza vocalica è uno iato, l'altro ne ha tre e la sequenza vocalica è un dittongo.

"Caino" e "zainetto": /ca'i.no/ /zai'net.to/. Stavolta hanno entrambe tre sillabe, e la penultima è accentata. Di nuovo: sono da considerare alla stessa maniera? No.
Valerio Vanni
2018-06-18 20:33:17 UTC
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Post by v***@gmail.com
Secondo me dipende da cosa si sta cercando di fare. Vogliamo classificare in base alla posizione dell'accento? Dividiamo in sillabe (cosa che ritengo parecchio importante) e poi vediamo su quale sillaba cade l'accento. E' l'ultima? La penultima? La terzultima?
Da lì diremo "tronche, piane, sdrucciole" oppure "ultimali, penultimali, terzultimali".
Se poi ci chiediamo "tutte le parole di uno dei tre gruppi sono tutte identiche, nel senso che hanno tutte le stesse proprietà?" direi proprio di no. Quello è solo il conteggio sillabico e la posizione dell'accento.
Per esempio, dei tre gruppi solo il primo genera il raddoppiamento fonosintattico.
Ah, qui mi accorgo di avere scritto in maniera ambigua.

La prima volta che ho parlato di "uno dei tre gruppi" mi riferivo ai
gruppi della posizione d'accento (tronche, piane, sdrucciole).

La seconda volta invece parlavo dei tre gruppi in cui ho diviso le
tronche o ultimali (uscita in vocale semplice, dittongo e consonante).
--
Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
Klaram
2018-06-17 17:26:44 UTC
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Post by v***@gmail.com
Se la definizione di "parola tronca" è "parola con l'accento sull'ultima
sillaba", sono parole tronche. Mi pare lineare la cosa.
1) Tronche uscenti in vocale semplice: città, però etc.
2) Tronche uscenti in dittongo: solai, pollai etc
3) Tronche uscenti in consonante: dottor, ingegner etc
Poi, per il segnaccento, diciamo che è necessario solo per il gruppo 1.
Oltre all'imprecisione della regola del segnaccento riferito
genericamente a "parole tronche", di cui si è detto, trovo che a
confondere le idee siano pure le definizioni:

parola tronca = che ha l'accento sull'ultima sillaba, e
troncamento = caduta di una vocale, consonante, sillaba alla fine di
una parola.

Le parole del gruppo 2 hanno subito la caduta di consonante
all'interno: sono tronche per l'accento, ma non hanno subito
troncamento. :))

k
M3OU8DF
2018-07-06 12:06:15 UTC
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Post by edi'®
La definizione di parola tronca, in tutti i siti che ho visitato, è di
parola accentata sull'ultima *sillaba*
Ad esempio Treccani scrive
- Hanno accentazione tronca (detta anche ossitona) le parole accentate
sull’ultima *sillaba*
Quando la parola ha più di una sillaba, l’accento è segnalato graficamente.
Wikipedia scrive
- Nella terminologia grammaticale, una parola tronca od ossitona è una
parola con accento tonico sull'ultima *sillaba* [...]
Nelle parole tronche è necessario indicare l'accento tonico con un
accento grafico.
Ora, prendendo alla lettera le definizioni di cui sopra, i termini come
solai, mortai, vorrei, bui, cui, poi...
e tutti quelli che presentano una vocale debole atona in finale di
parola sarebbero tronchi, visto che si tratta di parole con accento
tonico sull'ultima sillaba.
Sbaglio o c'è qualcosa che non va nella definizione?
E.D.
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