Rafminimi
2015-01-13 18:30:41 UTC
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/01/scoperto-il-luogo-dove-ponzio-pilato-si.html
«Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani». L'archeologia
conferma sempre più la storicità dei Vangeli
Paolo Pasqualucci, colpito dalla notizia di cronaca sulla recente scoperta
[qui
http://archiviostorico.corriere.it/2015/gennaio/06/Scoperto_luogo_dove_Ponzio_Pilato_co_0_20150106_168fa418-9572-11e4-9000-019ae82d097e.shtml ]
del lastricato - più propriamente il Litostrato - del pretorio, nota
dimora di Ponzio Pilato in Gerusalemme, ha vergato l'articolo che segue - mi
dice - proprio pensando a Chiesa e post concilio. Grata e felice, lo
condivido subito con voi.
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«Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani».
L'archeologia conferma sempre più la storicità dei Vangeli
Complesso sotterraneo adiacente il Museo della Torre di Davide:
attendibilmente il luogo dove secondo i Vangeli, fu processato Gesù
1. Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani. Così titolava un
recente, breve articolo delCorriere della Sera del 6 gennaio 2015, p. 28, di
Francesco Battistini. Il "luogo" si trova "all'ombra della Porta di Giaffa",
dove Ponzio Pilato, il governatore romano (procurator), teneva la sua dimora
e sede ufficiale, ilpretorio, quando si trovava a Gerusalemme. La teneva nel
massiccio Palazzo di Erode, costruito da Erode il Grande lungo le mura e
incombente sulla porta della città dalla quale si dipartiva la strada che
conduceva a Giaffa. A questa conclusione è giunta una squadra di archeologi
israeliani ed americani dopo ben quindici anni di accurate ricerche. E come
hanno fatto, che metodo hanno seguìto? Il Vangelo, hanno seguìto.
"Bastava seguire le tracce del Vangelo di Giovanni", spiega il professor
Shimon Gibson dell'Università di Charlotte, Nord Carolina, perché
l'evangelista
"è chiarissimo quando descrive il Pretorio vicino a una delle porte
d'ingresso
della città, con un pavimento di pietra irregolare. Non ci sono iscrizioni,
ma ogni testimonianza archeologica, storica ed evangelica porta qui".
Secondo la tradizione, ricorda il giornalista, il Cristo era stato mostrato
alla folla urlante in un altro luogo della Città Vecchia, alla Porta della
Fortezza Antonia, dalla quale sarebbe iniziata la Via Dolorosa. La fortezza
Antonia, sulla collina più alta di Gerusalemme, costruita anch'essa da Erode
il Grande e dominante massiccia la spianata del Tempio, era all'epoca
occupata dalla guarnigione romana stanziale.
Che il luogo dove Pilato emise la condanna a morte di Cristo (intimidito dai
Sinedristi che la invocavano a gran voce assieme ad una folla da loro
aizzata), fosse davanti alla fortezza Antonia, non risulta tuttavia
esplicitamente dai Vangeli.
Le indicazioni forniteci dal Vangelo di S. Giovanni sono le seguenti: 1.
"Intanto condussero Gesù dalla casa di Caifa al pretorio. Era di mattino
presto, ed essi [i Farisei] non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi
e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato fuori, davanti a loro [ad eos
foras, ???????????????? e domandò: "Quale accusa portate contro quest'uomo?"
etc. (Gv 18, 28-29). 2. "Da quel momento Pilato cercava di liberarlo. Ma i
Giudei gridavano dicendo: 'Se lo liberi, non sei amico di Cesare; chi,
infatti, si fa re, va contro Cesare'. Pilato, dunque, udite queste parole,
condusse fuori Gesù, e sedette in tribunale, nel luogo detto Litostrato, in
ebraico Gabbata. Era la Parasceve della Pasqua, circa l'ora sesta." (Gv 19,
12-13; corsivi miei). L'indicazione di S. Giovanni è molto precisa. Riporta
il nome allora in uso di un luogo ben noto di Gerusalemme, in greco e in
ebraico. Per gli archeologi si trattava dunque di trovare questo Litostrato
: "et sedit pro tribunali, in loco, qui dicitur Lithóstrotos, Hebraice autem
Gabbatha" ".???????????????????????????????". Un luogo, di fronte all'allora
residenza ufficiale del governatore romano (il pretorio), caratterizzato da
una pavimentazione particolare. Così lo descrive il classico Lessico greco
del Nuovo Testamento di Francisco Zorell: "lapidibus variis stratus,
tessellatus" e come sostantivo "lithostrotum, locus variis lapidibus
stratus", più o meno come il nostro "Mosaikboden, pavé de mosaïque". L'uso
appare in Varrone, Plinio, due volte nell'Antico Testamento, in Epitteto.
Nomen graecum loci Gabbatha, ubi Pilatus Jesum capitis damnavit : nome greco
del luogo detto Gabbatha, dove Pilato condannò Gesù a morte". Si tratta di
un selciato di "pietre diverse" intrecciate a mosaico, anzi di pietruzze
piccole come le tessere dei mosaici (tessellae, diminutivo di tesserae,
tessere del mosaico). Il tessellatum era un "pavimento fatto a mosaico"
(vedi Dizionario Latino-Italiano, Georges-Calonghi, sub voce). Il termine
greco è parola composta da lithos, pietra, estrotos, participio passato del
verbo strónnumi, stendo, distendo, copro etc. (lat. sterno). Per cui:
coperto di pietra, lastricato in pietra (vedi Dizionario Greco-italiano G.
Gemoll, sub voce). Il termine non doveva però essere solo descrittivo, nel
senso di indicare qualsiasi selciato o lastricato. Nella fattispecie
indicava un selciato di tipo particolare, per l'appunto tessellato o fatto a
mosaico. E proprio questo sono sicuri di aver trovato gli archeologi
israeliani e americani, dopo ben quindici anni di ricerche!
Finora, gli archeologi non avevano certezza di dove si fosse svolto il
processo a Gesù, se davanti al pretorio o alla Porta della fortezza Antonia.
Infatti, alcuni avevano ritenuto che "il luogo detto Litóstrato" potesse
essere davanti alla fortezza, perché il cortile di quest'ultima, riportato
alla luce, è risultato di una pavimentazione a lastroni, esprimibile,
sembra, anch'essa nell'immagine del lithostrotos, nel senso generico di
lastricato.
Ma tale pavimentazione non è quella di un tessellato o "fatto a mosaico".
Inoltre, "il luogo detto Litostrato" non può esser stato (come pur si è
ritenuto) un cortile lastricato, per di piùfrequentato dai pagani, cioè dai
soldati e funzionari romani, cosa che, agli occhi dei Farisei, lo rendeva
ritualmente impuro e intransitabile. San Giovanni ci testimonia che tutti
gli accesi e concitati scambi verbali tra Pilato e i Farisei si svolsero
dinanzi al Pretorio, con Pilato che entrava e usciva più volte, con Gesù e
senza di Lui, sino al giudizio di condanna contro Nostro Signore,
pronunciato da Pilato sempre davanti ai Farisei e alla folla e quindi sempre
davanti al pretorio, all'aperto.
Alla fine, Pilato, dopo aver tentato per ore di salvare Gesù, udito che i
Sinedristi lo accusavano perfidamente di non essere "amico di Cesare",
perché non voleva condannare a morte questo predicatore accusato
(falsamente) da loro di essere ribelle a Cesare, cedette: "fece condurre
fuori Gesù [fuori dal pretorio, ancora una volta] e sedette in tribunale,
nel luogo detto etc." (Gv 19, 13). Il "tribunale" (??????tribunal) non era
una stanza ma una pedana mobile sulla quale si poneva la sedia curule del
magistrato romano incaricato di giudicare. Il "tribunale" fu dunque
installato all'esterno del pretorio, sul "selciato a mosaico", di fronte
agli accusatori e alla folla stipata all'intorno. Disse di nuovo ai Giudei
"ecco il vostro re" e chiese di nuovo se doveva far crocifiggere il loro re,
ottenendo la famosa risposta, una vera e propria apostasia da parte di
quelli che gliela diedero: "Noi non abbiamo altro re che Cesare!" (Gv 19,
14-16). Dopo di che "lo diede nelle loro mani perché fosse crocifisso.
Presero dunque Gesù", e lo condussero via (ivi, 19, 16), naturalmente con
una scorta romana, guidata da un centurione (Longino, che poi, secondo una
solida tradizione, si convertì). Il gesto di Pilato del "lavarsi le mani"
per indicare che non era egli il vero responsabile della morte di Gesù,
risulta da Mt 27, 24. (Il racconto di san Giovanni va integrato con quello
dei Sinottici, non riportando esso tutti gli episodi del processo davanti a
Pilato, ma arricchendo e completando il quadro da essi fornito).
Questa è solo l'ultima di una serie di belle e importanti scoperte,
confermanti la verità dei fatti narrati nel Nuovo Testamento, delle quali
siamo debitori alla validissima scuola archeologica israeliana, intesa in
senso lato. Scoperte cui si è giunti, voglio sottolinearlo, prendendo alla
lettera, come punto di partenza per la ricerca, le informazioni contenute
nei Vangeli.
2. E stata trovata dagli Israeliani anche la prigione di san Paolo a
Cesarea. Nel 1997, seguendo la traccia fornita dagli Atti degli Apostoli, è
stato trovato il luogo nel quale fu tenuto prigioniero san Paolo a Cesarea,
nei ruderi del Palazzo di Erode, in "una cella sotterranea lunga sei metri e
larga tre" (articolo di Lorenzo Cremonesi, Trovata la prigione di San Paolo,
sulCorriere della Sera del 10 settembre 1997) [qui
http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/10/Trovata_prigione_San_Paolo_co_0_97091010283.shtml ]
. Gli Atti ci informano
che san Paolo, perseguitato dai Giudei, svelò alle autorità romane di essere
cittadino romano, venendo pertanto preso da loro in custodia e inviato come
detenuto a Cesarea, dove venne "custodito nel pretorio di Erode"(At 23,
23-35), in attesa di esser inviato a Roma per esser processato regolarmente,
in quanto civis romanus che si era appellato a Cesare. Il "pretorio di
Erode" è stato trovato dagli archeologi israeliani. L'articolo riportava le
dichiarazioni di Yosef Porat, capo della missione dell'Autorità archeologica
israeliana, che scavò in quei luoghi a partire dal 1992. "Allora Cesarea
contava quasi 50.000 abitanti, era diventata la vera capitale amministrativa
della provincia di "Palestina" [.] Tutto fa pensare che Paolo sia stato
condotto qui. In quest'ultima campagna di ricerche abbiamo scoperto la
vastità del palazzo del governatore. Un complesso voluto inizialmente da re
Erode nel 22 prima di Cristo, come residenza di villeggiatura. Ma 28 anni
dopo i dirigenti romani decisero di abbandonare Gerusalemme. Il Palazzo di
Cesarea venne quindi ampliato, fino a coprire oltre 16.000 mq, con piscine,
terme, giardini e un presidio militare [il pretorio]. Abbiamo portato alla
luce un mosaico con un'iscrizione in latino indicante che qui era anche
l'ufficio
dei responsabili della sicurezza interna". La cella nella quale quasi
sicuramente è stato rinchiuso san Paolo, "è una stanza scavata sotto i
pavimenti del palazzo. Originariamente era una cisterna. Poi venne
trasformata in cella, quando l'amministrazione costruì l'acquedotto. Lo
provano le scritte sui muri, i nomi, alcuni caratteri in greco, qualche
disegno sbiadito, proprio come si potrebbero trovare in qualsiasi prigione".
Conferma piena, mi sembra, dei dati offertici dagli Atti.
Un altro articolo di Lorenzo Cremonesi, nel Corriere della Sera del 16
giugno 1999 [
http://archiviostorico.corriere.it/1999/giugno/16/Sulla_Sindone_tracce_dei_rovi_co_0_9906163246.shtml
qui], riportava quest'importante notizia, all'epoca dell'acceso
dibattito internazionale sull'autenticità della Sindone: "Sulla Sindone
tracce dei rovi usati per le corone di spine" - "Due studiosi israeliani:
impregnati nel lenzuolo pollini esistenti solo nella zona di Gerusalemme".
Ma nemmeno si può dimenticare che un accademico israeliano, il prof.
Shamarjahu Talmon, ha dimostrato che la data del 25 dicembre per la nascita
di Nostro Signore deve ritenersi autentica.
3. Gesù è nato effettivamente il 25 dicembre. Quante volte non si è sentito
dire che quel giorno era una data puramente simbolica perché la Chiesa aveva
voluto cristianizzare quel giorno, celebrato dai pagani come festa del dio
Sole, del "sole invitto", dies natalis solis invicti? Ebbene, nel 2003 il
prof. Shamarjahu Talmon dell'Università Ebraica di Gerusalemme, ha
dimostrato che la data del 25 dicembre deve ritenersi autentica. Come abbia
fatto, l'ha spiegato per il grande pubblico un articolo di Vittorio Messori,
apparso sul Corriere della Seradel 9 luglio 2003 [qui
http://archiviostorico.corriere.it/2003/luglio/09/Gesu_nacque_davvero_quel_dicembre_co_0_030709004.shtml
], nella pagina della
cultura.
Il concepimento verginale di Maria (l'Annunciazione ad opera dell'angelo
Gabriele) è avvenuto il 25 marzo, secondo la tradizione sempre mantenuta nei
calendari cristiani, nove mesi prima del 25 dicembre. Sempre dal Vangelo di
san Luca apprendiamo che san Giovanni Battista, il precursore del Signore,
era stato concepito da Elisabetta sei mesi prima. Il concepimento del
Battista non viene celebrato dalla Liturgia cattolica mentre lo è da quella
delle antiche Chiese d'Oriente, tra il 23 e il 25 settembre, appunto sei
mesi prima dell'Annunciazione. Questa la tradizione cristiana, ma come
verificarla? San Luca ci narra che Elisabetta era sposata a Zaccaria, coppia
ormai anziana e senza figli. Zaccaria, che apparteneva alla casta
sacerdotale, un giorno che era di servizio nel Tempio di Gerusalemme, ebbe
la visione di Gabriele che gli annunciava la prossima inaspettata paternità.
Avrebbero dovuto chiamare il figlio Giovanni e sarebbe stato "grande davanti
al Signore". San Luca ci fornisce un particolare di fondamentale importanza:
Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e quando ebbe
l'apparizione
"officiava nel turno della sua classe".
Da questa precisa notizia è partita l'analisi del prof. Talmon. "Coloro che
nell'antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24
classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio
liturgico al Tempio per una settimana, due volte l'anno. Sapevamo che la
classe di Zaccaria, quella di Abia, era l'ottava, nell'elenco ufficiale. Ma
quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene,
utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando,
soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumram, ecco che
l'enigma è stato violato dal prof. Talmon". Infatti, prosegue Messori, "lo
studioso è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le
24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio
due volte l'anno, come le altre, e una di quelle volte era nell'ultima
settimana di settembre. Dunque, era verosimile la tradizione dei Cristiani
orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l'annuncio a Zaccaria. Ma
questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla
scoperta del prof. Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la "filiera" di
quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva
direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una
memoria antichissima, quanto tenacissima, quella della Chiesa d'Oriente,
come confermato in molti altri casi". Conclusione: "Ecco, dunque, che ciò
che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una
catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l'annuncio a
Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi
dopo l'annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni;
sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest'ultimo evento arriviamo giusto
al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso".
4. L'attuale Gerarchia cattolica sembra la meno interessata a valorizzare le
scoperte di archeologi e papirologi che confermano nei particolari la
storicità del Nuovo Testamento. Venendo da Israele il ritrovamento più
recente (e a mio avviso anch'esso straordinario), ho voluto ricordare altri
due importanti riscontri apportati alla storicità dei Vangeli dagli
accademici di quel paese. Non dimentico ovviamente i contributi
dell'archeologia
italiana, a cominciare da quello famoso dell'illustre archeologa, prof.
Margherita Guarducci, che ha trovato senza ombra di dubbio le ossa del Beato
Pietro proprio sotto la Basilica di S. Pietro, sul colle Vaticano. Cinque
anni fa, gli archeologi italiani hanno inoltre trovato il carcere romano (il
Tullianum) nel quale fu rinchiuso san Pietro. "Trovata la prigione di San
Pietro", titolava un articolo del quotidiano romano Il Tempo, del 24 giugno
2010, p. 13. "Svolta storica nella ricerca dell'antico carcere Tullianum nel
Foro Romano, il sito riconosciuto dalla tradizione cristiana medievale come
il luogo di prigionia dell'apostolo Pietro. Il carcere è stato rintracciato
ieri al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, costruita nel
XVI secolo. Il ritrovamento è arrivato alla conclusione di una lunga e
complessa campagna di scavi, condotta dalla Soprintendenza speciale
archeologica di Roma". [Notizie anche qui
http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_208850862.html
]
Mi sbaglierò, ma questi ritrovamenti, conseguìti grazie a procedure
scientifiche di estremo rigore, che tutte oggettivamente dimostrano la
verità dei fatti narrati nei Vangeli, non sembrano affatto suscitare nella
Gerarchia attuale (salvo qualche ininfluente eccezione) l'interesse che
indubbiamente meriterebbero ai fini della buona battaglia in difesa della
fede contro un mondo sempre più ostile, nel quale prolifera una saggistica
di terz'ordine, che osa addirittura negare l'esistenza storica di Cristo. Il
fatto è che il Pontificio Istituto Biblico, affidato dai Papi ai Gesuiti,
sin dai tempi del tristo cardinale Agostino Bea S.I., la cui nefasta
influenza nel corso del Vaticano II è ben nota, ha subìto un' impressionante
deriva in senso protestante, lasciando che l'esegesi razionalistica, detta
nel suo ultimo sviluppo "storia delle forme", del tutto chiusa al
Sovrannaturale, penetrasse largamente fra gli studiosi cattolici. Oggi,
infatti, di un'esegesi cattolica in senso proprio, non si può più parlare, è
stata distrutta. (E mi chiedo se anche il presente "Papa Emerito" non porti
qualche passata responsabilità in proposito, quand'era cardinale). Quando un
illustre papirologo spagnolo, P. José O'Callaghan S.I., dimostrò nel 1972
[vedi qui http://www.nostreradici.it/un_papiro_rivoluzionario.htm ] che
un frammento papiraceo in greco trovato nella settima grotta
di Qumran (7Q5), chiusa nel 68 AD dalla confraternita ebraica che
l'utilizzava
(gli Esseni, non cristiani ma non ostili al Cristianesimo, in fuga dinanzi
alle legioni romane che si accampavano nei paraggi, iniziando l'assedio di
Gerusalemme) era inequivocabilmente Mc 6, 52-53, nulla accadde. Una scoperta
che ha poi raggiunto la certezza assoluta, grazie alle successive ed
inoppugnabili dimostrazioni di uno dei più grandi papirologi al tempo
esistenti, lo scomparso prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione
anglicana. La scoperta dimostrava quello che l'esegesi cattolica aveva
sempre sostenuto (con argomenti logici e filologici) e cioè che i Vangeli
erano stati composti parecchi anni prima del 70 AD, anno della distruzione
di Gerusalemme. Si parlò di questa grande scoperta per una decina d'anni,
nei media e in due importanti convegni scientifici, dalla metà degli anni
Ottanta del secolo scorso alla metà degli anni Novanta. Poi il silenzio.
All'epoca
direttore dell'Istituto Biblico era il cardinale Carlo M. Martini S. I., e
con questo si è detto tutto.
Il fatto è che gli esegeti "cattolici", succubi della falsa esegesi
protestante (del ramo razionalista), non credendo più al Sovrannaturale, non
potevano ritenere autentiche le profezie di Nostro Signore sulla distruzione
di Gerusalemme. I Vangeli dovevano esser perciò posteriori al 70 d.C. Essi
non testimoniavano fatti veramente accaduti ma l'immagine che la cosiddetta
"comunità primitiva" dei credenti si era fatta del predicatore ebreo errante
Gesù di Nazareth, in sostanza idealizzandolo, mitizzandolo e trasformandolo
nel Figlio di Dio dei nostri Testi Sacri. Una teoria bislacca, che faceva
dei nostri Vangeli un impasto di favole, miti, in sostanza il prodotto di
una gigantesca impostura; teoria frutto di menti ottenebrate dalla superbia,
dalla miscredenza, dal desiderio di compiacere il mondo. Ora, la scoperta
fatta da insigni studiosi quali Padre O'Callaghan e C.P. Thiede, oltre a
dimostrare ancora una volta la storicità dei Vangeli, avrebbe costretto a
mandare al macero intere biblioteche di studi "esegetici". Tanti boriosi
accademici in clergyman avrebbero dovuto riconoscere di essersi sbagliati,
come scolaretti alle prime armi. Ovvio, pertanto, che quella grande scoperta
sia stata dapprima accolta in silenzio, poi osteggiata (si è arrivati agli
insulti personali contro il P. O'Callaghan), infine sepolta alla svelta
nell'oblìo
più completo.
Togliere queste scoperte dall'oblìo rientra, io credo, tra i nostri compiti,
di fedeli che vogliono comunque battersi contro la tremenda decadenza della
Gerarchia cattolica attuale e, anche in questo modo, prepararsi alla grande
battaglia teologica per la difesa del dogma della fede, che si annunzia per
il prossimo Sinodo della Famiglia di ottobre.?
Paolo Pasqualucci
A. ha detto...
Notizia sensazionale......per i Tommaso. La Tradizione ininterrotta di
duemila anni ha superato di millenni l'archeologia. Vogliono però le
conferme scientifiche? Eccovele. Ma la Ragione intende sacrificare ben
altro. Ecco una corposa prova della veridicità della fede Cattolica.
13 gennaio 2015 14:56
Lys ha detto...
Ho sempre saputo che l'Archeologia con la A maiuscola è la disciplina che
darà ragione ai Vangeli ed è per questo motivo che laggiù vi è qualcuno che
da sempre osserva attentamente.
A. ha detto...
Faccio osservare che l'asserita certezza circa il ritrovamento delle ossa
di San Pietro al tempo degli scavi archeologici promosso da Pio XII,
sostenuta da Margherita Guarducci, non risulta; poiché altri studiosi - vedi
ad es. il padre Ferrua - hanno contestato la lettura del famoso frammento
lapideo col "PETROS ENI". Pertanto, limitimaoci ad accettare come sicuro
solo il sito della deposizione di quelle sacre ossa. Lo stesso Paolo VI,
nella sua comunicazione al mondo, non ammise certezze: "ossa che si
ritengono appartenute a San Pietro".
La Valtorta - ma pendiamo l'informazione per quello che vale - ebbe
rivelata l'esatta ubicazione delle reliquie di San Pietro, da identificare
nelle catacombe dei SS Marcellino e Pietro, sulla Via Casilina.
13 gennaio 2015 16:21
A. ha detto...
prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana.
IL prof. Carsten Peter Thiede era danese.
13 gennaio 2015 18:06
Rafminimi ha detto...
Lo stesso Paolo VI, nella sua comunicazione al mondo, non ammise certezze:
"ossa che si ritengono appartenute a San Pietro".
C.V.D.
I dubbi montiniani, sono un argomento a favore dell'autenticità delle ossa
di San Pietro.
State ben certi che, se qualcuno avesse trovato delle presunte ossa di
Gesù [sic!], Montini (e, penso, pure Bergoglio) non ci avrebbero riso sopra.
Magari alla fine giungerebbe la smentita, ma non prima di aver seminato
confusione.
Il caso SINDONE docet.
13 gennaio 2015 18:25
Rafminimi ha detto...
Anonimo ha detto...
prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana.
IL prof. Carsten Peter Thiede era danese.
Il suo libro, "E MATTEO SUBITO SCRISSE", che avevo e che non trovo, è
diventato una sorta di "oggetto mysterioso". Esauritissimo e mai più
ristampato.
13 gennaio 2015 18:27
«Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani». L'archeologia
conferma sempre più la storicità dei Vangeli
Paolo Pasqualucci, colpito dalla notizia di cronaca sulla recente scoperta
[qui
http://archiviostorico.corriere.it/2015/gennaio/06/Scoperto_luogo_dove_Ponzio_Pilato_co_0_20150106_168fa418-9572-11e4-9000-019ae82d097e.shtml ]
del lastricato - più propriamente il Litostrato - del pretorio, nota
dimora di Ponzio Pilato in Gerusalemme, ha vergato l'articolo che segue - mi
dice - proprio pensando a Chiesa e post concilio. Grata e felice, lo
condivido subito con voi.
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«Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani».
L'archeologia conferma sempre più la storicità dei Vangeli
Complesso sotterraneo adiacente il Museo della Torre di Davide:
attendibilmente il luogo dove secondo i Vangeli, fu processato Gesù
1. Scoperto il luogo dove Ponzio Pilato si lavò le mani. Così titolava un
recente, breve articolo delCorriere della Sera del 6 gennaio 2015, p. 28, di
Francesco Battistini. Il "luogo" si trova "all'ombra della Porta di Giaffa",
dove Ponzio Pilato, il governatore romano (procurator), teneva la sua dimora
e sede ufficiale, ilpretorio, quando si trovava a Gerusalemme. La teneva nel
massiccio Palazzo di Erode, costruito da Erode il Grande lungo le mura e
incombente sulla porta della città dalla quale si dipartiva la strada che
conduceva a Giaffa. A questa conclusione è giunta una squadra di archeologi
israeliani ed americani dopo ben quindici anni di accurate ricerche. E come
hanno fatto, che metodo hanno seguìto? Il Vangelo, hanno seguìto.
"Bastava seguire le tracce del Vangelo di Giovanni", spiega il professor
Shimon Gibson dell'Università di Charlotte, Nord Carolina, perché
l'evangelista
"è chiarissimo quando descrive il Pretorio vicino a una delle porte
d'ingresso
della città, con un pavimento di pietra irregolare. Non ci sono iscrizioni,
ma ogni testimonianza archeologica, storica ed evangelica porta qui".
Secondo la tradizione, ricorda il giornalista, il Cristo era stato mostrato
alla folla urlante in un altro luogo della Città Vecchia, alla Porta della
Fortezza Antonia, dalla quale sarebbe iniziata la Via Dolorosa. La fortezza
Antonia, sulla collina più alta di Gerusalemme, costruita anch'essa da Erode
il Grande e dominante massiccia la spianata del Tempio, era all'epoca
occupata dalla guarnigione romana stanziale.
Che il luogo dove Pilato emise la condanna a morte di Cristo (intimidito dai
Sinedristi che la invocavano a gran voce assieme ad una folla da loro
aizzata), fosse davanti alla fortezza Antonia, non risulta tuttavia
esplicitamente dai Vangeli.
Le indicazioni forniteci dal Vangelo di S. Giovanni sono le seguenti: 1.
"Intanto condussero Gesù dalla casa di Caifa al pretorio. Era di mattino
presto, ed essi [i Farisei] non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi
e poter mangiare la Pasqua. Uscì dunque Pilato fuori, davanti a loro [ad eos
foras, ???????????????? e domandò: "Quale accusa portate contro quest'uomo?"
etc. (Gv 18, 28-29). 2. "Da quel momento Pilato cercava di liberarlo. Ma i
Giudei gridavano dicendo: 'Se lo liberi, non sei amico di Cesare; chi,
infatti, si fa re, va contro Cesare'. Pilato, dunque, udite queste parole,
condusse fuori Gesù, e sedette in tribunale, nel luogo detto Litostrato, in
ebraico Gabbata. Era la Parasceve della Pasqua, circa l'ora sesta." (Gv 19,
12-13; corsivi miei). L'indicazione di S. Giovanni è molto precisa. Riporta
il nome allora in uso di un luogo ben noto di Gerusalemme, in greco e in
ebraico. Per gli archeologi si trattava dunque di trovare questo Litostrato
: "et sedit pro tribunali, in loco, qui dicitur Lithóstrotos, Hebraice autem
Gabbatha" ".???????????????????????????????". Un luogo, di fronte all'allora
residenza ufficiale del governatore romano (il pretorio), caratterizzato da
una pavimentazione particolare. Così lo descrive il classico Lessico greco
del Nuovo Testamento di Francisco Zorell: "lapidibus variis stratus,
tessellatus" e come sostantivo "lithostrotum, locus variis lapidibus
stratus", più o meno come il nostro "Mosaikboden, pavé de mosaïque". L'uso
appare in Varrone, Plinio, due volte nell'Antico Testamento, in Epitteto.
Nomen graecum loci Gabbatha, ubi Pilatus Jesum capitis damnavit : nome greco
del luogo detto Gabbatha, dove Pilato condannò Gesù a morte". Si tratta di
un selciato di "pietre diverse" intrecciate a mosaico, anzi di pietruzze
piccole come le tessere dei mosaici (tessellae, diminutivo di tesserae,
tessere del mosaico). Il tessellatum era un "pavimento fatto a mosaico"
(vedi Dizionario Latino-Italiano, Georges-Calonghi, sub voce). Il termine
greco è parola composta da lithos, pietra, estrotos, participio passato del
verbo strónnumi, stendo, distendo, copro etc. (lat. sterno). Per cui:
coperto di pietra, lastricato in pietra (vedi Dizionario Greco-italiano G.
Gemoll, sub voce). Il termine non doveva però essere solo descrittivo, nel
senso di indicare qualsiasi selciato o lastricato. Nella fattispecie
indicava un selciato di tipo particolare, per l'appunto tessellato o fatto a
mosaico. E proprio questo sono sicuri di aver trovato gli archeologi
israeliani e americani, dopo ben quindici anni di ricerche!
Finora, gli archeologi non avevano certezza di dove si fosse svolto il
processo a Gesù, se davanti al pretorio o alla Porta della fortezza Antonia.
Infatti, alcuni avevano ritenuto che "il luogo detto Litóstrato" potesse
essere davanti alla fortezza, perché il cortile di quest'ultima, riportato
alla luce, è risultato di una pavimentazione a lastroni, esprimibile,
sembra, anch'essa nell'immagine del lithostrotos, nel senso generico di
lastricato.
Ma tale pavimentazione non è quella di un tessellato o "fatto a mosaico".
Inoltre, "il luogo detto Litostrato" non può esser stato (come pur si è
ritenuto) un cortile lastricato, per di piùfrequentato dai pagani, cioè dai
soldati e funzionari romani, cosa che, agli occhi dei Farisei, lo rendeva
ritualmente impuro e intransitabile. San Giovanni ci testimonia che tutti
gli accesi e concitati scambi verbali tra Pilato e i Farisei si svolsero
dinanzi al Pretorio, con Pilato che entrava e usciva più volte, con Gesù e
senza di Lui, sino al giudizio di condanna contro Nostro Signore,
pronunciato da Pilato sempre davanti ai Farisei e alla folla e quindi sempre
davanti al pretorio, all'aperto.
Alla fine, Pilato, dopo aver tentato per ore di salvare Gesù, udito che i
Sinedristi lo accusavano perfidamente di non essere "amico di Cesare",
perché non voleva condannare a morte questo predicatore accusato
(falsamente) da loro di essere ribelle a Cesare, cedette: "fece condurre
fuori Gesù [fuori dal pretorio, ancora una volta] e sedette in tribunale,
nel luogo detto etc." (Gv 19, 13). Il "tribunale" (??????tribunal) non era
una stanza ma una pedana mobile sulla quale si poneva la sedia curule del
magistrato romano incaricato di giudicare. Il "tribunale" fu dunque
installato all'esterno del pretorio, sul "selciato a mosaico", di fronte
agli accusatori e alla folla stipata all'intorno. Disse di nuovo ai Giudei
"ecco il vostro re" e chiese di nuovo se doveva far crocifiggere il loro re,
ottenendo la famosa risposta, una vera e propria apostasia da parte di
quelli che gliela diedero: "Noi non abbiamo altro re che Cesare!" (Gv 19,
14-16). Dopo di che "lo diede nelle loro mani perché fosse crocifisso.
Presero dunque Gesù", e lo condussero via (ivi, 19, 16), naturalmente con
una scorta romana, guidata da un centurione (Longino, che poi, secondo una
solida tradizione, si convertì). Il gesto di Pilato del "lavarsi le mani"
per indicare che non era egli il vero responsabile della morte di Gesù,
risulta da Mt 27, 24. (Il racconto di san Giovanni va integrato con quello
dei Sinottici, non riportando esso tutti gli episodi del processo davanti a
Pilato, ma arricchendo e completando il quadro da essi fornito).
Questa è solo l'ultima di una serie di belle e importanti scoperte,
confermanti la verità dei fatti narrati nel Nuovo Testamento, delle quali
siamo debitori alla validissima scuola archeologica israeliana, intesa in
senso lato. Scoperte cui si è giunti, voglio sottolinearlo, prendendo alla
lettera, come punto di partenza per la ricerca, le informazioni contenute
nei Vangeli.
2. E stata trovata dagli Israeliani anche la prigione di san Paolo a
Cesarea. Nel 1997, seguendo la traccia fornita dagli Atti degli Apostoli, è
stato trovato il luogo nel quale fu tenuto prigioniero san Paolo a Cesarea,
nei ruderi del Palazzo di Erode, in "una cella sotterranea lunga sei metri e
larga tre" (articolo di Lorenzo Cremonesi, Trovata la prigione di San Paolo,
sulCorriere della Sera del 10 settembre 1997) [qui
http://archiviostorico.corriere.it/1997/settembre/10/Trovata_prigione_San_Paolo_co_0_97091010283.shtml ]
. Gli Atti ci informano
che san Paolo, perseguitato dai Giudei, svelò alle autorità romane di essere
cittadino romano, venendo pertanto preso da loro in custodia e inviato come
detenuto a Cesarea, dove venne "custodito nel pretorio di Erode"(At 23,
23-35), in attesa di esser inviato a Roma per esser processato regolarmente,
in quanto civis romanus che si era appellato a Cesare. Il "pretorio di
Erode" è stato trovato dagli archeologi israeliani. L'articolo riportava le
dichiarazioni di Yosef Porat, capo della missione dell'Autorità archeologica
israeliana, che scavò in quei luoghi a partire dal 1992. "Allora Cesarea
contava quasi 50.000 abitanti, era diventata la vera capitale amministrativa
della provincia di "Palestina" [.] Tutto fa pensare che Paolo sia stato
condotto qui. In quest'ultima campagna di ricerche abbiamo scoperto la
vastità del palazzo del governatore. Un complesso voluto inizialmente da re
Erode nel 22 prima di Cristo, come residenza di villeggiatura. Ma 28 anni
dopo i dirigenti romani decisero di abbandonare Gerusalemme. Il Palazzo di
Cesarea venne quindi ampliato, fino a coprire oltre 16.000 mq, con piscine,
terme, giardini e un presidio militare [il pretorio]. Abbiamo portato alla
luce un mosaico con un'iscrizione in latino indicante che qui era anche
l'ufficio
dei responsabili della sicurezza interna". La cella nella quale quasi
sicuramente è stato rinchiuso san Paolo, "è una stanza scavata sotto i
pavimenti del palazzo. Originariamente era una cisterna. Poi venne
trasformata in cella, quando l'amministrazione costruì l'acquedotto. Lo
provano le scritte sui muri, i nomi, alcuni caratteri in greco, qualche
disegno sbiadito, proprio come si potrebbero trovare in qualsiasi prigione".
Conferma piena, mi sembra, dei dati offertici dagli Atti.
Un altro articolo di Lorenzo Cremonesi, nel Corriere della Sera del 16
giugno 1999 [
http://archiviostorico.corriere.it/1999/giugno/16/Sulla_Sindone_tracce_dei_rovi_co_0_9906163246.shtml
qui], riportava quest'importante notizia, all'epoca dell'acceso
dibattito internazionale sull'autenticità della Sindone: "Sulla Sindone
tracce dei rovi usati per le corone di spine" - "Due studiosi israeliani:
impregnati nel lenzuolo pollini esistenti solo nella zona di Gerusalemme".
Ma nemmeno si può dimenticare che un accademico israeliano, il prof.
Shamarjahu Talmon, ha dimostrato che la data del 25 dicembre per la nascita
di Nostro Signore deve ritenersi autentica.
3. Gesù è nato effettivamente il 25 dicembre. Quante volte non si è sentito
dire che quel giorno era una data puramente simbolica perché la Chiesa aveva
voluto cristianizzare quel giorno, celebrato dai pagani come festa del dio
Sole, del "sole invitto", dies natalis solis invicti? Ebbene, nel 2003 il
prof. Shamarjahu Talmon dell'Università Ebraica di Gerusalemme, ha
dimostrato che la data del 25 dicembre deve ritenersi autentica. Come abbia
fatto, l'ha spiegato per il grande pubblico un articolo di Vittorio Messori,
apparso sul Corriere della Seradel 9 luglio 2003 [qui
http://archiviostorico.corriere.it/2003/luglio/09/Gesu_nacque_davvero_quel_dicembre_co_0_030709004.shtml
], nella pagina della
cultura.
Il concepimento verginale di Maria (l'Annunciazione ad opera dell'angelo
Gabriele) è avvenuto il 25 marzo, secondo la tradizione sempre mantenuta nei
calendari cristiani, nove mesi prima del 25 dicembre. Sempre dal Vangelo di
san Luca apprendiamo che san Giovanni Battista, il precursore del Signore,
era stato concepito da Elisabetta sei mesi prima. Il concepimento del
Battista non viene celebrato dalla Liturgia cattolica mentre lo è da quella
delle antiche Chiese d'Oriente, tra il 23 e il 25 settembre, appunto sei
mesi prima dell'Annunciazione. Questa la tradizione cristiana, ma come
verificarla? San Luca ci narra che Elisabetta era sposata a Zaccaria, coppia
ormai anziana e senza figli. Zaccaria, che apparteneva alla casta
sacerdotale, un giorno che era di servizio nel Tempio di Gerusalemme, ebbe
la visione di Gabriele che gli annunciava la prossima inaspettata paternità.
Avrebbero dovuto chiamare il figlio Giovanni e sarebbe stato "grande davanti
al Signore". San Luca ci fornisce un particolare di fondamentale importanza:
Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e quando ebbe
l'apparizione
"officiava nel turno della sua classe".
Da questa precisa notizia è partita l'analisi del prof. Talmon. "Coloro che
nell'antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24
classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio
liturgico al Tempio per una settimana, due volte l'anno. Sapevamo che la
classe di Zaccaria, quella di Abia, era l'ottava, nell'elenco ufficiale. Ma
quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene,
utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando,
soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumram, ecco che
l'enigma è stato violato dal prof. Talmon". Infatti, prosegue Messori, "lo
studioso è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le
24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio
due volte l'anno, come le altre, e una di quelle volte era nell'ultima
settimana di settembre. Dunque, era verosimile la tradizione dei Cristiani
orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l'annuncio a Zaccaria. Ma
questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla
scoperta del prof. Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la "filiera" di
quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva
direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una
memoria antichissima, quanto tenacissima, quella della Chiesa d'Oriente,
come confermato in molti altri casi". Conclusione: "Ecco, dunque, che ciò
che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una
catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l'annuncio a
Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi
dopo l'annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni;
sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest'ultimo evento arriviamo giusto
al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso".
4. L'attuale Gerarchia cattolica sembra la meno interessata a valorizzare le
scoperte di archeologi e papirologi che confermano nei particolari la
storicità del Nuovo Testamento. Venendo da Israele il ritrovamento più
recente (e a mio avviso anch'esso straordinario), ho voluto ricordare altri
due importanti riscontri apportati alla storicità dei Vangeli dagli
accademici di quel paese. Non dimentico ovviamente i contributi
dell'archeologia
italiana, a cominciare da quello famoso dell'illustre archeologa, prof.
Margherita Guarducci, che ha trovato senza ombra di dubbio le ossa del Beato
Pietro proprio sotto la Basilica di S. Pietro, sul colle Vaticano. Cinque
anni fa, gli archeologi italiani hanno inoltre trovato il carcere romano (il
Tullianum) nel quale fu rinchiuso san Pietro. "Trovata la prigione di San
Pietro", titolava un articolo del quotidiano romano Il Tempo, del 24 giugno
2010, p. 13. "Svolta storica nella ricerca dell'antico carcere Tullianum nel
Foro Romano, il sito riconosciuto dalla tradizione cristiana medievale come
il luogo di prigionia dell'apostolo Pietro. Il carcere è stato rintracciato
ieri al di sotto della chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, costruita nel
XVI secolo. Il ritrovamento è arrivato alla conclusione di una lunga e
complessa campagna di scavi, condotta dalla Soprintendenza speciale
archeologica di Roma". [Notizie anche qui
http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_208850862.html
]
Mi sbaglierò, ma questi ritrovamenti, conseguìti grazie a procedure
scientifiche di estremo rigore, che tutte oggettivamente dimostrano la
verità dei fatti narrati nei Vangeli, non sembrano affatto suscitare nella
Gerarchia attuale (salvo qualche ininfluente eccezione) l'interesse che
indubbiamente meriterebbero ai fini della buona battaglia in difesa della
fede contro un mondo sempre più ostile, nel quale prolifera una saggistica
di terz'ordine, che osa addirittura negare l'esistenza storica di Cristo. Il
fatto è che il Pontificio Istituto Biblico, affidato dai Papi ai Gesuiti,
sin dai tempi del tristo cardinale Agostino Bea S.I., la cui nefasta
influenza nel corso del Vaticano II è ben nota, ha subìto un' impressionante
deriva in senso protestante, lasciando che l'esegesi razionalistica, detta
nel suo ultimo sviluppo "storia delle forme", del tutto chiusa al
Sovrannaturale, penetrasse largamente fra gli studiosi cattolici. Oggi,
infatti, di un'esegesi cattolica in senso proprio, non si può più parlare, è
stata distrutta. (E mi chiedo se anche il presente "Papa Emerito" non porti
qualche passata responsabilità in proposito, quand'era cardinale). Quando un
illustre papirologo spagnolo, P. José O'Callaghan S.I., dimostrò nel 1972
[vedi qui http://www.nostreradici.it/un_papiro_rivoluzionario.htm ] che
un frammento papiraceo in greco trovato nella settima grotta
di Qumran (7Q5), chiusa nel 68 AD dalla confraternita ebraica che
l'utilizzava
(gli Esseni, non cristiani ma non ostili al Cristianesimo, in fuga dinanzi
alle legioni romane che si accampavano nei paraggi, iniziando l'assedio di
Gerusalemme) era inequivocabilmente Mc 6, 52-53, nulla accadde. Una scoperta
che ha poi raggiunto la certezza assoluta, grazie alle successive ed
inoppugnabili dimostrazioni di uno dei più grandi papirologi al tempo
esistenti, lo scomparso prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione
anglicana. La scoperta dimostrava quello che l'esegesi cattolica aveva
sempre sostenuto (con argomenti logici e filologici) e cioè che i Vangeli
erano stati composti parecchi anni prima del 70 AD, anno della distruzione
di Gerusalemme. Si parlò di questa grande scoperta per una decina d'anni,
nei media e in due importanti convegni scientifici, dalla metà degli anni
Ottanta del secolo scorso alla metà degli anni Novanta. Poi il silenzio.
All'epoca
direttore dell'Istituto Biblico era il cardinale Carlo M. Martini S. I., e
con questo si è detto tutto.
Il fatto è che gli esegeti "cattolici", succubi della falsa esegesi
protestante (del ramo razionalista), non credendo più al Sovrannaturale, non
potevano ritenere autentiche le profezie di Nostro Signore sulla distruzione
di Gerusalemme. I Vangeli dovevano esser perciò posteriori al 70 d.C. Essi
non testimoniavano fatti veramente accaduti ma l'immagine che la cosiddetta
"comunità primitiva" dei credenti si era fatta del predicatore ebreo errante
Gesù di Nazareth, in sostanza idealizzandolo, mitizzandolo e trasformandolo
nel Figlio di Dio dei nostri Testi Sacri. Una teoria bislacca, che faceva
dei nostri Vangeli un impasto di favole, miti, in sostanza il prodotto di
una gigantesca impostura; teoria frutto di menti ottenebrate dalla superbia,
dalla miscredenza, dal desiderio di compiacere il mondo. Ora, la scoperta
fatta da insigni studiosi quali Padre O'Callaghan e C.P. Thiede, oltre a
dimostrare ancora una volta la storicità dei Vangeli, avrebbe costretto a
mandare al macero intere biblioteche di studi "esegetici". Tanti boriosi
accademici in clergyman avrebbero dovuto riconoscere di essersi sbagliati,
come scolaretti alle prime armi. Ovvio, pertanto, che quella grande scoperta
sia stata dapprima accolta in silenzio, poi osteggiata (si è arrivati agli
insulti personali contro il P. O'Callaghan), infine sepolta alla svelta
nell'oblìo
più completo.
Togliere queste scoperte dall'oblìo rientra, io credo, tra i nostri compiti,
di fedeli che vogliono comunque battersi contro la tremenda decadenza della
Gerarchia cattolica attuale e, anche in questo modo, prepararsi alla grande
battaglia teologica per la difesa del dogma della fede, che si annunzia per
il prossimo Sinodo della Famiglia di ottobre.?
Paolo Pasqualucci
A. ha detto...
Notizia sensazionale......per i Tommaso. La Tradizione ininterrotta di
duemila anni ha superato di millenni l'archeologia. Vogliono però le
conferme scientifiche? Eccovele. Ma la Ragione intende sacrificare ben
altro. Ecco una corposa prova della veridicità della fede Cattolica.
13 gennaio 2015 14:56
Lys ha detto...
Ho sempre saputo che l'Archeologia con la A maiuscola è la disciplina che
darà ragione ai Vangeli ed è per questo motivo che laggiù vi è qualcuno che
da sempre osserva attentamente.
A. ha detto...
Faccio osservare che l'asserita certezza circa il ritrovamento delle ossa
di San Pietro al tempo degli scavi archeologici promosso da Pio XII,
sostenuta da Margherita Guarducci, non risulta; poiché altri studiosi - vedi
ad es. il padre Ferrua - hanno contestato la lettura del famoso frammento
lapideo col "PETROS ENI". Pertanto, limitimaoci ad accettare come sicuro
solo il sito della deposizione di quelle sacre ossa. Lo stesso Paolo VI,
nella sua comunicazione al mondo, non ammise certezze: "ossa che si
ritengono appartenute a San Pietro".
La Valtorta - ma pendiamo l'informazione per quello che vale - ebbe
rivelata l'esatta ubicazione delle reliquie di San Pietro, da identificare
nelle catacombe dei SS Marcellino e Pietro, sulla Via Casilina.
13 gennaio 2015 16:21
A. ha detto...
prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana.
IL prof. Carsten Peter Thiede era danese.
13 gennaio 2015 18:06
Rafminimi ha detto...
Lo stesso Paolo VI, nella sua comunicazione al mondo, non ammise certezze:
"ossa che si ritengono appartenute a San Pietro".
C.V.D.
I dubbi montiniani, sono un argomento a favore dell'autenticità delle ossa
di San Pietro.
State ben certi che, se qualcuno avesse trovato delle presunte ossa di
Gesù [sic!], Montini (e, penso, pure Bergoglio) non ci avrebbero riso sopra.
Magari alla fine giungerebbe la smentita, ma non prima di aver seminato
confusione.
Il caso SINDONE docet.
13 gennaio 2015 18:25
Rafminimi ha detto...
Anonimo ha detto...
prof. Carsten Peter Thiede, tedesco di religione anglicana.
IL prof. Carsten Peter Thiede era danese.
Il suo libro, "E MATTEO SUBITO SCRISSE", che avevo e che non trovo, è
diventato una sorta di "oggetto mysterioso". Esauritissimo e mai più
ristampato.
13 gennaio 2015 18:27