Identità Europea area Lazio
2006-03-05 08:43:59 UTC
Inviamo gli stralci di una lettera del Prof. Mauro Quagliati,
antropologo,
al responsabile del Comitato Scientifico del Festival della scienza di
Genova
2005. L'argomento é il darwinismo e sempre più numerosi dubbi che
questa
teoria suscita in molti scienziati, dubbi che l'autore, (che a scanso
di
equivoci si dichiara agnostico e razionalista), enuncia con lucida
chiarezza.
La Segreteria di Identità Europea area Lazio
(fonte MMM homepage http://mmmgroup.altervista.org/i-darwin.html)
DARWIN SI, DARWIN NO, DARWIN FORSE...
di Mauro Quagliati
Gentile dott. Telmo Pievani,
e per conoscenza ai membri competenti del Comitato Scientifico del
Festival
della Scienza,
la mia passione per le questioni evolutive e antropologiche mi ha
portato
ad assistere a un buon numero delle conferenze tenutesi durante le tre
edizioni
del Festival della Scienza, riguardanti il dibattito sull'evoluzione.
Il
primo problema è che non capisco il messaggio di totale chiusura del
dibattito
evoluzionista che emerge dalle tavole rotonde a fronte di proclami e
titoli
che invece accennano a ?pluralità?, ?dibattito?, ?diversità?.
Domenica scorsa
avete chiuso la conferenza dal titolo ? Darwin si, Darwin no, Darwin"
forse?
asserendo che:
1) ?l?evoluzione è un ormai un dato di fatto provato oltre ogni
ragionevole
dubbio e non più una teoria, per cui non vale nemmeno la pena
discuterne?
Mi piacerebbe capire meglio, dato che le affermazioni apodittiche non
mi
piacciono, e soprattutto non mi piace la confusione strumentale che si
fa
tra i ?dati di fatto? e la teoria esplicativa. A me sembra che
l?affermazione
di cui sopra sia certamente condivisibile, intesa in questi termini:
?vi
sono prove conclusive dimostranti che, da quando la vita è comparsa
sulla
Terra (2 o 3 miliardi di anni), vi sia stata una successione /
trasformazione
/ evoluzione delle forme viventi?.
Detto questo, la teoria dell?evoluzione darwiniana è una teoria sul
meccanismo
con cui funzionano le trasformazioni evolutive, ovvero sulle leggi che
hanno
determinato quelle forme biologiche. Secondo tale modello esistono due
forze
motrici dell?evoluzione:
- la grande varietà dei caratteri prodotta dal rimescolamento sessuale
(l?enunciato originale è oggi corretto dalla formulazione
neo-darwiniana,
che prevede l?intervento ?creativo? della mutazione genetica);
- l?intervento continuato e su tempi molto lunghi della selezione
naturale, forza cieca e imparziale che opera per ottimizzare gli
individui
e le specie secondo severi criteri di utilità e vantaggio.
La domanda è la seguente. E? possibile, nel mondo scientifico,
contestare
questo paradigma esplicativo vecchio di un secolo e mezzo, che pretende
di
spiegare tutte le manifestazioni naturali? Da quel che capisco uscendo
dalle
conferenze del Festival pare che non sia nemmeno legittimo. Il Comitato
Scientifico
non si è affatto occupato di confutare le obiezioni al darwinismo. Ad
esempio
il dibattito del 30 ottobre tra evoluzionismo e ?progetto intelligente?
si
è risolto con un nulla di fatto, dato che, per ammissione dello stesso
moderatore,
non si sono trovati degli esponenti della teoria alternativa che
venissero
a sostenerla pubblicamente. La teoria egemone prevede, in parole molto
povere,
che tutte le forme di vita sulla Terra si siano avvicendate grazie
all?accumulo
di una serie vantaggiosa di errori di copiatura del DNA (che
costituisce
l?unico e ultimo ?progetto? costitutivo della vita). Se posso usare una
metafora
?edilizia?, l?idea è più o meno la seguente: ?C'era una volta una
campagna
disabitata. Passarono i secoli e, ad un certo punto, ecco spuntare la
prima
casetta, piccola, bella e perfettamente funzionale. Non abbiamo notizie
né
dell?ingegnere che progettò l?edificio né dei geometri e operai che
si occuparono
della costruzione, sappiamo però che in poco tempo si forma un
villaggio
florido e in armonia con il paesaggio. Tra i vari abitanti delle case,
occupati
nelle diverse mansioni necessarie alla vita di tutti i giorni, vi è un
gruppo
di operai che ha il compito di capitale importanza di ricopiare il
progetto
della casa in modo che serva alle generazioni successive. Si badi bene
questi
addetti sono del tutto ignoranti di scienza delle costruzioni e di
carpenteria,
sono dei semplici amanuensi, che ripetono operazioni seriali con la
massima
cura, pena il crollo dell?edificio così ben progettato. Ed infatti
sono molte
le case che, a causa di errori di copiatura, vengono tirate su con una
finestra
su una parete portante, o con un pilastro in meno, e inevitabilmente
crollano.
Però dopo secoli e secoli di storia del villaggio, gruppi di case con
piccole
modifiche vantaggiose (cioè che per puro caso stavano in piedi) si
sono conservate
e, sommando modifica su modifica, arrivarono a realizzare il World
Trade
Center.?
Tornando alla materia specifica, la Teoria Sintetica sosterrebbe che
l?evoluzione
è praticamente avvenuta in barba ai meccanismi protettivi e riparativi
messe
in atto dalla cellula contro le mutazioni genetiche. La mutazione è un
fenomeno
marginale ed indesiderato della biologia cellulare, eppure è il
?motore?
in base al quale vengono proposte alla natura le ?varianti? dei
progetti.
Quei progetti si traducono in forme e lo studio delle forme del passato
è
materia della paleontologia. Riporto qui alcune opinioni di emeriti
paleontologi,
tra l?altro molto stimati nell?ambito del Festival della Scienza:
§ Finora la paleontologia non ha dato quasi nessun contributo alla
teoria dell?evoluzione. (Niles Eldredge ? 1980)
§ la paleontologia, ha messo in discussione con grande vigore la
premessa darwiniana che sia possibile spiegare le trasformazioni
principali
della vita sommando, attraverso l'immensità del tempo geologico, i
minuscoli
cambiamenti successivi prodotti generazione dopo generazione dalla
selezione
naturale. (Stephen Jay Gould, ?Critica al fondamentalismo darwiniano?).
Mi stupisce come da premesse così critiche dell?impianto darwinista
sia scaturita
una teoria mansueta come quella denominata degli ?Equilibri
Punteggiati?
che continua comunque a professarsi darwiniana. Si parla di
ramificazioni
e di ?successo adattativo?, viene data maggiore importanza alle
mutazioni
casuali e neutrali e si ristabilisce l?importanza fondamentale delle
catastrofi
e delle estinzioni di massa, constatando ciò che è noto da molto
tempo, cioè
che vi sono lunghi periodi di stabilità delle specie intervallati da
accelerazioni
nella differenziazione biologica. Se però il ?motore? dell?evoluzione
continua
a rimanere la mutazione genetica (che si porta ancora dietro il ?Dogma
Centrale
della Biologia?), accoppiata a una generica legge del ?successo? (un
po?
meno adattativo e un po? più casuale), qui le cose anziché migliorare
peggiorano.
Non sarebbe più onesto sostenere semplicemente che l?evoluzione non è
darwiniana?
Come ad esempio fa Antonio Lima-de-Faria, nel suo volume ?Evoluzione
senza
Selezione?, pubblicato ormai 15 anni fa (ma in Italia solo nel 2003,
proprio
da una casa editrice genovese).
(?) Ecco il punto cruciale. Tutti i fenomeni che vengono presentati
dalla
letteratura ortodossa come ?innumerevoli prove inoppugnabili? a
sostegno
dell?evoluzione in realtà sono fatti micro-evolutivi. In altre parole
riguardano
la variazione dei caratteri (fenotipi) di popolazioni all?interno della
stessa
specie. Come ad esempio il fenomeno della resistenza agli antibiotici
sviluppata
dai batteri patogeni durante una terapia. Non vi è alcuna mutazione
nel ceppo
dei batteri, semplicemente la pressione ambientale, esercitata
dall?antibiotico,
attiva nel microrganismo la capacità latente di sintetizzare un enzima
protettivo.
Quella proteina specifica c?è già, codificata nel genoma del battere,
oppure
dobbiamo credere che nel giro di poche generazioni viene codificata ?da
zero?
un tipo totalmente nuovo di proteina?
(?) E? dimostrato scientificamente che l?esplosione della fauna
cambriana
fu un prodotto della mutazione e della selezione naturale? E? stato mai
costruito
uno scenario credibile delle pressioni selettive che costrinsero un
pesce
audace sulla battigia della spiaggia per (chissà quante) generazioni
fino
a che gli spuntassero i primi abbozzi di arti locomotori? E le strade
stupefacenti
attraverso cui un roditore a-specializzato sviluppò gli arti anteriori
in
una foggia tale da trasformarsi in un?ala adatta al volo? Ma questo il
darwinismo
non lo spiega.
(?) Alla maggioranza dei benpensanti un?esposizione di questo tipo
appare
inaccettabile, esotica, quasi magica. Di solito obiettano: ?e allora le
forme
viventi sono nate dal nulla??. Obiezione non ricevibile in un contesto
scientifico:
quando un fenomeno straordinario come la stessa origine della vita non
si
inquadra nel paradigma vigente, bisogna tentare di elaborare un nuovo
paradigma.
Invece è bastato smettere di parlarne. Sul mistero della nascita della
vita,
pare sia calato un velo pietoso, come se l?esperimento di Stanley
Miller
avesse risolto per sempre il problema. Tuttalpiù avrebbe dimostrato
che in
particolari condizioni controllate si possono formare per reazione
chimica
alcuni mattoni fondamentali della casa (molti in verità contestano
anche
questo). Ma chi ha costruito la casa? Non esiste nel contesto delle
attuali
leggi della fisica una strada per spiegare in termini termodinamici il
passaggio
dal caos all?aggregazione, dal disordine all?informazione, dalle
proteine
alla cellula (correggetemi se sbaglio). Essendo la vita un sistema
?circolare?
che prevede la retroazione (feed-back) tra i suoi elementi costitutivi
non
lo si può ottenere per aggiunte successive di un sistema lineare (in
merito
a ciò, la ?Teoria semantica dell?evoluzione? di Marcello Barbieri è
molto
innovativa e illuminante).
Non vedrei quindi alcuno scandalo nell?ammettere come ipotesi di lavoro
di
una biologia post-darwiniana la nostra quasi totale ignoranza sulla
nascita
e l?avvicendamento delle forme. Questa ignoranza è appunto causata dal
neo-darwinismo,
che impedisce di esplorare strade alternative, a parte rarissimi
tentativi
di una biologia ?strutturale? e le ipotesi relative al ?campo
morfogenetico?
(Rupert Sheldrake - Ervin Laszlo). Non è una crociata iconoclasta.
Professandomi
agnostico e razionalista, come tanti suoi colleghi, propongo peraltro
di
sgombrare il campo dagli equivoci politici e religiosi.
(?) Fare piazza pulita degli eredi di Darwin non significa cancellare
Sir
Charles dai libri di scuola, ma collocarlo nella giusta prospettiva
della
storia delle scienze. Il suo contributo originale alla biologia si
limita
alla speciazione per isolamento geografico ed alla constatazione che in
natura
gli individui competono per accaparrarsi risorse limitate e che la
selezione
naturale mantiene sana la specie (sopprimendo gli anormali, i deboli, i
?mostri?).
Nelle due settimane del Festival edizione 2005, è stata giustamente
ricordata
non solo la figura di Darwin naturalista, ma anche la sua esemplare e
rara
attitudine di scienziato aperto alle critiche e alle obiezioni. Queste
sono
le sue parole esatte tratte dal secondo fondamentale lavoro ?L?Origine
dell?Uomo?
del 1871:
§ ? nelle prime edizioni della mia ?Origin of Species? ho
probabilmente
attribuito troppo all?azione della selezione naturale e della
sopravvivenza
del più adatto? Non avevo allora considerato a sufficienza l?esistenza
di
molte strutture che sembrano non essere, per quanto possiamo giudicare,
né
benefiche né dannose; e questo credo sia una delle più grandi sviste
sinora
trovate nel mio lavoro.
Quindi 130 anni sono passati invano? Sono state prodotte nuove prove
dell?onnipotenza
della selezione naturale nell?indirizzare le nuove forme verso destini
inaspettati?
Sono state riempite le lacune fossili di cui si lamentava Darwin?
Purtroppo
invece di studiare Darwin per quello che fece e per quello che disse,
lo
si celebra in ogni salsa come precursore e visionario. Tutte le
conquiste
della biologia posteriore vengono fatte risalire a lui, quando in
realtà
la biologia moderna è nata nonostante Darwin, per non dire in aperta
contraddizione.
Darwin sosteneva la generazione spontanea (abiogenesi) della vita
batterica
(non è una colpa, data l?epoca) e la discendenza dei caratteri
acquisiti
(pangenesi) alla stregua di Lamarck. Eppure è lui ad essere
considerato il
padre putativo di ogni disciplina.
(?) E? la filosofia materialista, positivista, riduzionista
ottocentesca
ad aver partorito il darwinismo, all?insaputa del povero Charles, che
stentava
egli stesso a capire il successo travolgente della sua dottrina. Egli
fu
l?uomo giusto al momento giusto. E proprio in contrasto con le idee del
suo
fondatore il paradigma della ?sopravvivenza del più adatto? è stato
spalmato
su tutta la natura ad occultare l?ignoranza dei fondamenti di quei
fenomeni
che si vorrebbe spiegare. La dubbia utilità scientifica dell?enunciato
darwiniano
fu osservata, fra gli altri, dal filosofo della scienza Karl Popper:
§ non è affatto chiaro che cosa potremmo considerare come possibile
confutazione della teoria della selezione naturale. Se, più in
particolare,
accettiamo la definizione statistica di adattamento, [che definisce
l?adattabilità]
in termini di sopravvivenza effettiva, allora la sopravvivenza del più
adatto
diventa tautologica e inconfutabile.
(?) Alla luce di queste considerazioni ho trovato sorprendenti le
proposizioni
finali del documento dei ?saggi? indirizzato al Ministero (sempre che,
di
nuovo, non abbia frainteso). Secondo Sgaramella:
§ il darwinismo è il presupposto per una comprensione olistica della
natura.
ciò nondimeno il documento mette in guardia dagli eccessi di una certa
deriva
scientista cioè dalla:
§ onnipotenza del gene (il rischio delle manipolazioni genetiche).
Capirà adesso quanto possa sentirmi confuso. In quale modo la sintesi
neo-darwiniana
possa dirsi ?olistica? mi sfugge. Nella storia della scienza niente è
più
pervasivamente riduzionista dell?attuale Teoria Sintetica
dell?Evoluzione.
Almeno nella forma che mi è stata insegnata a scuola; altrimenti se
stiamo
parlando di qualcos?altro, ci terrei ad essere informato sulla
letteratura
scientifica recente (ritenuta degna dal Comitato) che si indirizza
verso
l?interpretazione olistica della biologia. Il monito sull?onnipotenza
del
gene poi, non sarà mica un avvertimento verso la divulgazione
ultradarwinista
alla Richard Dawkins (quella sì, se posso permettermi, folcloristica,
così
pervasa di inquietanti elementi antropomorfi come il ?Gene Egoista? e
?L?Orologiaio
Cieco?). Come si fa sostenere una cosa e il suo contrario nell?ambito
della
stessa manifestazione scientifica?
Nel mondo paleoantropologico in particolare, il mito dell?onnipotenza
del
gene è molto viva e giustifica l?eccessivo ottimismo con cui vengono
presentati
i risultati dell?antropologia molecolare. Purtroppo non c?è qui spazio
per
affrontare nel dettaglio la questione e instillare un poco di dubbio
nella
certezza che questi modelli abbiano prodotto risultati definitivi e
condivisi
da tutti, come l?età dell?antenato Homo sapiens comune tutta
l?umanità e
la sua origine africana. Le applicazioni della genetica di popolazione
alle
migrazioni degli antenati dell?uomo spesso contraddicono i dati
archeologici
più recenti. Come si concilia una fuoriuscita dall?Africa stimata in
50.000
anni con la presenza di uomini anatomicamente moderni oltre il circolo
polare
Artico 30.000 anni fa, in Australia 60.000 anni fa, nelle Americhe
40.000
anni fa? Bisognerebbe chiedersi se il cosiddetto gene MRCA (Most Recent
Common Ancestor) sia in grado di darci informazioni significative
sull?antenato
in carne ed ossa che l?avrebbe portato nel suo DNA. Ci sarebbe molto da
discutere
sulla taratura dell?orologio molecolare arbitrariamente effettuata
sulla
distanza genetica rispetto ad un?altra specie, lo scimpanzé. Distanza
che
sul piano genetico è ora ridotta al 2%. Mi chiedo se un?affermazione
del
genere non equivalga a misurare le analogie tra ?La Divina Commedia? e
?I
promessi sposi?, facendone l?analisi grammaticale.
(?) Vorrei infine far notare l?esito più pregnante della filosofia
darwiniana,
applicata al mondo tecnologico odierno: la manipolazione genetica degli
organismi.
Nel dominio di una natura che si professa governata dalle mosse
caotiche
di un ?Orologiaio Cieco?, non c?è niente di male nel sostituire
l?agente
naturale con l?ingegnere genetico, il quale si adopera per ?migliorare
la
natura?, in modo che i suoi prodotti possano meglio incontrare le
esigenze
del mercato. Peccato però che il Dogma centrale della biologia sia
morto
da trent?anni. Peccato che l?inserzione violenta di tratti di genoma GM
nelle
sequenze prodotte dall?evoluzione organica della specie, in un
complesso
(e incompreso) equilibrio a cui partecipano tutti i microrganismi
cellulari,
provochi risultati ampiamente imprevedibili, indesiderati, spesso
pericolosi
(già documentati dalla letteratura degli ultimi 15 anni). Questa è
l?arroganza
dell?allevatore industriale, figlio degenere del più bonario
allevatore di
Darwin, perché dotato di mezzi tecnologici che hanno by-passato le
barriere
di specie ed è rivestito addirittura di una missione umanitaria verso
i problemi
agro-alimentari del Terzo Mondo.
Sarebbe auspicabile per il futuro di un Festival della Scienza
veramente
pluralista, assistere a delle sessioni aperte alla ri-discussione
dell?evoluzione
culturale e dell?industria degli OGM.
In fede,
Mauro Quagliati
antropologo,
al responsabile del Comitato Scientifico del Festival della scienza di
Genova
2005. L'argomento é il darwinismo e sempre più numerosi dubbi che
questa
teoria suscita in molti scienziati, dubbi che l'autore, (che a scanso
di
equivoci si dichiara agnostico e razionalista), enuncia con lucida
chiarezza.
La Segreteria di Identità Europea area Lazio
(fonte MMM homepage http://mmmgroup.altervista.org/i-darwin.html)
DARWIN SI, DARWIN NO, DARWIN FORSE...
di Mauro Quagliati
Gentile dott. Telmo Pievani,
e per conoscenza ai membri competenti del Comitato Scientifico del
Festival
della Scienza,
la mia passione per le questioni evolutive e antropologiche mi ha
portato
ad assistere a un buon numero delle conferenze tenutesi durante le tre
edizioni
del Festival della Scienza, riguardanti il dibattito sull'evoluzione.
Il
primo problema è che non capisco il messaggio di totale chiusura del
dibattito
evoluzionista che emerge dalle tavole rotonde a fronte di proclami e
titoli
che invece accennano a ?pluralità?, ?dibattito?, ?diversità?.
Domenica scorsa
avete chiuso la conferenza dal titolo ? Darwin si, Darwin no, Darwin"
forse?
asserendo che:
1) ?l?evoluzione è un ormai un dato di fatto provato oltre ogni
ragionevole
dubbio e non più una teoria, per cui non vale nemmeno la pena
discuterne?
Mi piacerebbe capire meglio, dato che le affermazioni apodittiche non
mi
piacciono, e soprattutto non mi piace la confusione strumentale che si
fa
tra i ?dati di fatto? e la teoria esplicativa. A me sembra che
l?affermazione
di cui sopra sia certamente condivisibile, intesa in questi termini:
?vi
sono prove conclusive dimostranti che, da quando la vita è comparsa
sulla
Terra (2 o 3 miliardi di anni), vi sia stata una successione /
trasformazione
/ evoluzione delle forme viventi?.
Detto questo, la teoria dell?evoluzione darwiniana è una teoria sul
meccanismo
con cui funzionano le trasformazioni evolutive, ovvero sulle leggi che
hanno
determinato quelle forme biologiche. Secondo tale modello esistono due
forze
motrici dell?evoluzione:
- la grande varietà dei caratteri prodotta dal rimescolamento sessuale
(l?enunciato originale è oggi corretto dalla formulazione
neo-darwiniana,
che prevede l?intervento ?creativo? della mutazione genetica);
- l?intervento continuato e su tempi molto lunghi della selezione
naturale, forza cieca e imparziale che opera per ottimizzare gli
individui
e le specie secondo severi criteri di utilità e vantaggio.
La domanda è la seguente. E? possibile, nel mondo scientifico,
contestare
questo paradigma esplicativo vecchio di un secolo e mezzo, che pretende
di
spiegare tutte le manifestazioni naturali? Da quel che capisco uscendo
dalle
conferenze del Festival pare che non sia nemmeno legittimo. Il Comitato
Scientifico
non si è affatto occupato di confutare le obiezioni al darwinismo. Ad
esempio
il dibattito del 30 ottobre tra evoluzionismo e ?progetto intelligente?
si
è risolto con un nulla di fatto, dato che, per ammissione dello stesso
moderatore,
non si sono trovati degli esponenti della teoria alternativa che
venissero
a sostenerla pubblicamente. La teoria egemone prevede, in parole molto
povere,
che tutte le forme di vita sulla Terra si siano avvicendate grazie
all?accumulo
di una serie vantaggiosa di errori di copiatura del DNA (che
costituisce
l?unico e ultimo ?progetto? costitutivo della vita). Se posso usare una
metafora
?edilizia?, l?idea è più o meno la seguente: ?C'era una volta una
campagna
disabitata. Passarono i secoli e, ad un certo punto, ecco spuntare la
prima
casetta, piccola, bella e perfettamente funzionale. Non abbiamo notizie
né
dell?ingegnere che progettò l?edificio né dei geometri e operai che
si occuparono
della costruzione, sappiamo però che in poco tempo si forma un
villaggio
florido e in armonia con il paesaggio. Tra i vari abitanti delle case,
occupati
nelle diverse mansioni necessarie alla vita di tutti i giorni, vi è un
gruppo
di operai che ha il compito di capitale importanza di ricopiare il
progetto
della casa in modo che serva alle generazioni successive. Si badi bene
questi
addetti sono del tutto ignoranti di scienza delle costruzioni e di
carpenteria,
sono dei semplici amanuensi, che ripetono operazioni seriali con la
massima
cura, pena il crollo dell?edificio così ben progettato. Ed infatti
sono molte
le case che, a causa di errori di copiatura, vengono tirate su con una
finestra
su una parete portante, o con un pilastro in meno, e inevitabilmente
crollano.
Però dopo secoli e secoli di storia del villaggio, gruppi di case con
piccole
modifiche vantaggiose (cioè che per puro caso stavano in piedi) si
sono conservate
e, sommando modifica su modifica, arrivarono a realizzare il World
Trade
Center.?
Tornando alla materia specifica, la Teoria Sintetica sosterrebbe che
l?evoluzione
è praticamente avvenuta in barba ai meccanismi protettivi e riparativi
messe
in atto dalla cellula contro le mutazioni genetiche. La mutazione è un
fenomeno
marginale ed indesiderato della biologia cellulare, eppure è il
?motore?
in base al quale vengono proposte alla natura le ?varianti? dei
progetti.
Quei progetti si traducono in forme e lo studio delle forme del passato
è
materia della paleontologia. Riporto qui alcune opinioni di emeriti
paleontologi,
tra l?altro molto stimati nell?ambito del Festival della Scienza:
§ Finora la paleontologia non ha dato quasi nessun contributo alla
teoria dell?evoluzione. (Niles Eldredge ? 1980)
§ la paleontologia, ha messo in discussione con grande vigore la
premessa darwiniana che sia possibile spiegare le trasformazioni
principali
della vita sommando, attraverso l'immensità del tempo geologico, i
minuscoli
cambiamenti successivi prodotti generazione dopo generazione dalla
selezione
naturale. (Stephen Jay Gould, ?Critica al fondamentalismo darwiniano?).
Mi stupisce come da premesse così critiche dell?impianto darwinista
sia scaturita
una teoria mansueta come quella denominata degli ?Equilibri
Punteggiati?
che continua comunque a professarsi darwiniana. Si parla di
ramificazioni
e di ?successo adattativo?, viene data maggiore importanza alle
mutazioni
casuali e neutrali e si ristabilisce l?importanza fondamentale delle
catastrofi
e delle estinzioni di massa, constatando ciò che è noto da molto
tempo, cioè
che vi sono lunghi periodi di stabilità delle specie intervallati da
accelerazioni
nella differenziazione biologica. Se però il ?motore? dell?evoluzione
continua
a rimanere la mutazione genetica (che si porta ancora dietro il ?Dogma
Centrale
della Biologia?), accoppiata a una generica legge del ?successo? (un
po?
meno adattativo e un po? più casuale), qui le cose anziché migliorare
peggiorano.
Non sarebbe più onesto sostenere semplicemente che l?evoluzione non è
darwiniana?
Come ad esempio fa Antonio Lima-de-Faria, nel suo volume ?Evoluzione
senza
Selezione?, pubblicato ormai 15 anni fa (ma in Italia solo nel 2003,
proprio
da una casa editrice genovese).
(?) Ecco il punto cruciale. Tutti i fenomeni che vengono presentati
dalla
letteratura ortodossa come ?innumerevoli prove inoppugnabili? a
sostegno
dell?evoluzione in realtà sono fatti micro-evolutivi. In altre parole
riguardano
la variazione dei caratteri (fenotipi) di popolazioni all?interno della
stessa
specie. Come ad esempio il fenomeno della resistenza agli antibiotici
sviluppata
dai batteri patogeni durante una terapia. Non vi è alcuna mutazione
nel ceppo
dei batteri, semplicemente la pressione ambientale, esercitata
dall?antibiotico,
attiva nel microrganismo la capacità latente di sintetizzare un enzima
protettivo.
Quella proteina specifica c?è già, codificata nel genoma del battere,
oppure
dobbiamo credere che nel giro di poche generazioni viene codificata ?da
zero?
un tipo totalmente nuovo di proteina?
(?) E? dimostrato scientificamente che l?esplosione della fauna
cambriana
fu un prodotto della mutazione e della selezione naturale? E? stato mai
costruito
uno scenario credibile delle pressioni selettive che costrinsero un
pesce
audace sulla battigia della spiaggia per (chissà quante) generazioni
fino
a che gli spuntassero i primi abbozzi di arti locomotori? E le strade
stupefacenti
attraverso cui un roditore a-specializzato sviluppò gli arti anteriori
in
una foggia tale da trasformarsi in un?ala adatta al volo? Ma questo il
darwinismo
non lo spiega.
(?) Alla maggioranza dei benpensanti un?esposizione di questo tipo
appare
inaccettabile, esotica, quasi magica. Di solito obiettano: ?e allora le
forme
viventi sono nate dal nulla??. Obiezione non ricevibile in un contesto
scientifico:
quando un fenomeno straordinario come la stessa origine della vita non
si
inquadra nel paradigma vigente, bisogna tentare di elaborare un nuovo
paradigma.
Invece è bastato smettere di parlarne. Sul mistero della nascita della
vita,
pare sia calato un velo pietoso, come se l?esperimento di Stanley
Miller
avesse risolto per sempre il problema. Tuttalpiù avrebbe dimostrato
che in
particolari condizioni controllate si possono formare per reazione
chimica
alcuni mattoni fondamentali della casa (molti in verità contestano
anche
questo). Ma chi ha costruito la casa? Non esiste nel contesto delle
attuali
leggi della fisica una strada per spiegare in termini termodinamici il
passaggio
dal caos all?aggregazione, dal disordine all?informazione, dalle
proteine
alla cellula (correggetemi se sbaglio). Essendo la vita un sistema
?circolare?
che prevede la retroazione (feed-back) tra i suoi elementi costitutivi
non
lo si può ottenere per aggiunte successive di un sistema lineare (in
merito
a ciò, la ?Teoria semantica dell?evoluzione? di Marcello Barbieri è
molto
innovativa e illuminante).
Non vedrei quindi alcuno scandalo nell?ammettere come ipotesi di lavoro
di
una biologia post-darwiniana la nostra quasi totale ignoranza sulla
nascita
e l?avvicendamento delle forme. Questa ignoranza è appunto causata dal
neo-darwinismo,
che impedisce di esplorare strade alternative, a parte rarissimi
tentativi
di una biologia ?strutturale? e le ipotesi relative al ?campo
morfogenetico?
(Rupert Sheldrake - Ervin Laszlo). Non è una crociata iconoclasta.
Professandomi
agnostico e razionalista, come tanti suoi colleghi, propongo peraltro
di
sgombrare il campo dagli equivoci politici e religiosi.
(?) Fare piazza pulita degli eredi di Darwin non significa cancellare
Sir
Charles dai libri di scuola, ma collocarlo nella giusta prospettiva
della
storia delle scienze. Il suo contributo originale alla biologia si
limita
alla speciazione per isolamento geografico ed alla constatazione che in
natura
gli individui competono per accaparrarsi risorse limitate e che la
selezione
naturale mantiene sana la specie (sopprimendo gli anormali, i deboli, i
?mostri?).
Nelle due settimane del Festival edizione 2005, è stata giustamente
ricordata
non solo la figura di Darwin naturalista, ma anche la sua esemplare e
rara
attitudine di scienziato aperto alle critiche e alle obiezioni. Queste
sono
le sue parole esatte tratte dal secondo fondamentale lavoro ?L?Origine
dell?Uomo?
del 1871:
§ ? nelle prime edizioni della mia ?Origin of Species? ho
probabilmente
attribuito troppo all?azione della selezione naturale e della
sopravvivenza
del più adatto? Non avevo allora considerato a sufficienza l?esistenza
di
molte strutture che sembrano non essere, per quanto possiamo giudicare,
né
benefiche né dannose; e questo credo sia una delle più grandi sviste
sinora
trovate nel mio lavoro.
Quindi 130 anni sono passati invano? Sono state prodotte nuove prove
dell?onnipotenza
della selezione naturale nell?indirizzare le nuove forme verso destini
inaspettati?
Sono state riempite le lacune fossili di cui si lamentava Darwin?
Purtroppo
invece di studiare Darwin per quello che fece e per quello che disse,
lo
si celebra in ogni salsa come precursore e visionario. Tutte le
conquiste
della biologia posteriore vengono fatte risalire a lui, quando in
realtà
la biologia moderna è nata nonostante Darwin, per non dire in aperta
contraddizione.
Darwin sosteneva la generazione spontanea (abiogenesi) della vita
batterica
(non è una colpa, data l?epoca) e la discendenza dei caratteri
acquisiti
(pangenesi) alla stregua di Lamarck. Eppure è lui ad essere
considerato il
padre putativo di ogni disciplina.
(?) E? la filosofia materialista, positivista, riduzionista
ottocentesca
ad aver partorito il darwinismo, all?insaputa del povero Charles, che
stentava
egli stesso a capire il successo travolgente della sua dottrina. Egli
fu
l?uomo giusto al momento giusto. E proprio in contrasto con le idee del
suo
fondatore il paradigma della ?sopravvivenza del più adatto? è stato
spalmato
su tutta la natura ad occultare l?ignoranza dei fondamenti di quei
fenomeni
che si vorrebbe spiegare. La dubbia utilità scientifica dell?enunciato
darwiniano
fu osservata, fra gli altri, dal filosofo della scienza Karl Popper:
§ non è affatto chiaro che cosa potremmo considerare come possibile
confutazione della teoria della selezione naturale. Se, più in
particolare,
accettiamo la definizione statistica di adattamento, [che definisce
l?adattabilità]
in termini di sopravvivenza effettiva, allora la sopravvivenza del più
adatto
diventa tautologica e inconfutabile.
(?) Alla luce di queste considerazioni ho trovato sorprendenti le
proposizioni
finali del documento dei ?saggi? indirizzato al Ministero (sempre che,
di
nuovo, non abbia frainteso). Secondo Sgaramella:
§ il darwinismo è il presupposto per una comprensione olistica della
natura.
ciò nondimeno il documento mette in guardia dagli eccessi di una certa
deriva
scientista cioè dalla:
§ onnipotenza del gene (il rischio delle manipolazioni genetiche).
Capirà adesso quanto possa sentirmi confuso. In quale modo la sintesi
neo-darwiniana
possa dirsi ?olistica? mi sfugge. Nella storia della scienza niente è
più
pervasivamente riduzionista dell?attuale Teoria Sintetica
dell?Evoluzione.
Almeno nella forma che mi è stata insegnata a scuola; altrimenti se
stiamo
parlando di qualcos?altro, ci terrei ad essere informato sulla
letteratura
scientifica recente (ritenuta degna dal Comitato) che si indirizza
verso
l?interpretazione olistica della biologia. Il monito sull?onnipotenza
del
gene poi, non sarà mica un avvertimento verso la divulgazione
ultradarwinista
alla Richard Dawkins (quella sì, se posso permettermi, folcloristica,
così
pervasa di inquietanti elementi antropomorfi come il ?Gene Egoista? e
?L?Orologiaio
Cieco?). Come si fa sostenere una cosa e il suo contrario nell?ambito
della
stessa manifestazione scientifica?
Nel mondo paleoantropologico in particolare, il mito dell?onnipotenza
del
gene è molto viva e giustifica l?eccessivo ottimismo con cui vengono
presentati
i risultati dell?antropologia molecolare. Purtroppo non c?è qui spazio
per
affrontare nel dettaglio la questione e instillare un poco di dubbio
nella
certezza che questi modelli abbiano prodotto risultati definitivi e
condivisi
da tutti, come l?età dell?antenato Homo sapiens comune tutta
l?umanità e
la sua origine africana. Le applicazioni della genetica di popolazione
alle
migrazioni degli antenati dell?uomo spesso contraddicono i dati
archeologici
più recenti. Come si concilia una fuoriuscita dall?Africa stimata in
50.000
anni con la presenza di uomini anatomicamente moderni oltre il circolo
polare
Artico 30.000 anni fa, in Australia 60.000 anni fa, nelle Americhe
40.000
anni fa? Bisognerebbe chiedersi se il cosiddetto gene MRCA (Most Recent
Common Ancestor) sia in grado di darci informazioni significative
sull?antenato
in carne ed ossa che l?avrebbe portato nel suo DNA. Ci sarebbe molto da
discutere
sulla taratura dell?orologio molecolare arbitrariamente effettuata
sulla
distanza genetica rispetto ad un?altra specie, lo scimpanzé. Distanza
che
sul piano genetico è ora ridotta al 2%. Mi chiedo se un?affermazione
del
genere non equivalga a misurare le analogie tra ?La Divina Commedia? e
?I
promessi sposi?, facendone l?analisi grammaticale.
(?) Vorrei infine far notare l?esito più pregnante della filosofia
darwiniana,
applicata al mondo tecnologico odierno: la manipolazione genetica degli
organismi.
Nel dominio di una natura che si professa governata dalle mosse
caotiche
di un ?Orologiaio Cieco?, non c?è niente di male nel sostituire
l?agente
naturale con l?ingegnere genetico, il quale si adopera per ?migliorare
la
natura?, in modo che i suoi prodotti possano meglio incontrare le
esigenze
del mercato. Peccato però che il Dogma centrale della biologia sia
morto
da trent?anni. Peccato che l?inserzione violenta di tratti di genoma GM
nelle
sequenze prodotte dall?evoluzione organica della specie, in un
complesso
(e incompreso) equilibrio a cui partecipano tutti i microrganismi
cellulari,
provochi risultati ampiamente imprevedibili, indesiderati, spesso
pericolosi
(già documentati dalla letteratura degli ultimi 15 anni). Questa è
l?arroganza
dell?allevatore industriale, figlio degenere del più bonario
allevatore di
Darwin, perché dotato di mezzi tecnologici che hanno by-passato le
barriere
di specie ed è rivestito addirittura di una missione umanitaria verso
i problemi
agro-alimentari del Terzo Mondo.
Sarebbe auspicabile per il futuro di un Festival della Scienza
veramente
pluralista, assistere a delle sessioni aperte alla ri-discussione
dell?evoluzione
culturale e dell?industria degli OGM.
In fede,
Mauro Quagliati