"ADPUF" ha scritto nel messaggio
Si tratta di scegliere tra un mercato libero o controllato,
completamente o parzialmente, dallo Stato.
Se si sceglie la prima opzione, che non vuol dire assenza di
regole, dovrebbe essere implicito che esistono una pluralità
di soggetti interessati a stare su quel mercato, ma
soprattutto soggetti capaci di starci.
La questione del "mercato libero", delle "regole", di chi le
stabilisce e le fa rispettare, è complessa ed esula da questo
post quindi non commento.
Se i soggetti tengono di più ad apparire nei vari convegni,
Cernobbio solo per citarne uno, o ad essere iscritti alle
associazioni, Confindustria sempre per citarne una, e così
definirsi industriali, mentre a mio avviso sono soltanto
degli speculatori o al massimo finanzieri, difficilmente
potremo evitare che certe cose accadano.
D'accordo.
Attenzione di per se, in questa operazione non ci trovo nulla
di così sconvolgente.
A tutti quegli autori che strabuzzano gli occhi e,
improvvisamente fanno finta di drizzare le orecchie, vorrei
dire che oltre alla nuova reatà ci sono enne case editrici
che sarebbero ben liete di accoglierli.
Questo aspetto si spiega ovviamente perché se cessa la
concorrenza tra due grandi editori ne segue che gli autori
guadagneranno di meno.
Il "sindacato scrittori" (e aggiungerei anche i traduttori
questi maltrattati) tutela i suoi "iscritti", anche questo è
comprensibile e fa parte del gioco.
Anche perché bisognerebbe capire bene, e forse non ci vuole
molto, se sia un editore a far grande un autore o uno
Scrittore che dà lustro all'editore; maiuscole e minuscole
sono volute.
Mah, non lo so, probabilmente le due cose non sono in
contraddizione: ambedue traggono un utile dal collaborare.
Tornando al mercato, mi rifaccio con un esempio
fantafuturibile, lunga vita al Signor Caprotti, ma quando
verrà meno quanto durerà la famosa esselunga prima che gli
eredi decidano di venderla e vivere di rendita? E chi si
pensa possa essere l'industriale nostrano pronto a sganciare
denari? Guardiamo i settori moda, food, lattierocaseari,
dell'industria pesante, ecc, tutto all'estero. E' chiaro che
se ne esiste uno in Italia questo non può che provocare
controlli dell'antitrust e reazioni pseudo-populiste.
I monopoli spaventano dapertutto (negli USA c'era una legge
molto severa, poi mi pare che l'hanno rammollita)
Per chiudere, esistono problemi di trust? Si agisca in
maniera corretta e sempre nel rispetto delle regole; il resto
sono paturnie.
Vediamo che ne dice l'apposita Autorità (ci metteranno
mesi...); pare che in certi settori (tascabili) la quota di
mercato sia molto elevata. Potrebbero imporre al nuovo
soggetto la dismissione di alcune parti.
--
AIOE ³¿³