Post by Davide PioggiaPost by edevilsMi pare che la domanda fosse sull'elisione, ovvero su quando scrivi
con l'apostrofo, non su come pronunci quelle parole.
« In partic., fenomeno linguistico consistente nella scomparsa di vocale
finale davanti a vocale iniziale di parola seguente per evitare che si formi
iato»
http://www.treccani.it/vocabolario/tag/elisione/
e solo dopo aver analizzato il fatto fonetico si deciderà se e come
esprimerlo graficamente (elisione grafica).
Post by edevilsPer esempio, io normalmente scrivo "di Urbino", "di Ancona", senza
elisione
Cioè, dici «d'Urbino» e scrivi «di Urbino»?
L'interpretazione di ogni testo richiede l'analisi del contesto.
Stefan non ha usato la parola "elisione" in una pagina bianca e neppure
in un discorso sulla pronuncia, ma parlando esplicitamente di grammatica
e di scrittura ("ma si *scrive* anche...".
Una grammatica scrive:
« Si ha inoltre l'elisione nei seguenti casi: » ...
« con la preposizione di: d'aria, d'estro, d'orzo
(ma si scrive anche: di aria, di estro, di orzo); »
ecc.
Lo stesso dizionario Treccani da te citato ha, al lemma "elisione", una
parte specifica sull'uso grammaticale.
Grammatica. – Nell’italiano parlato e scritto, l’elisione è normale
negli art. lo, la, una davanti a vocale, e nelle prep. articolate
composte con lo, la (dell’anno, nell’ora, ecc.); è solo ant. o letter.
nell’art. le e nelle prep. articolate composte con le (davanti a
qualsiasi vocale, e spec. davanti a vocale iniziale tonica): L’armi, qua
l’armi (Leopardi); nell’art. gli e nelle prep. articolate composte con
gli può essere indicata nella scrittura con l’apostrofo davanti a i-
(gl’indigeni, degl’indigeni, ecc., grafia peraltro anch’essa oramai
disus.; solo ant. agl’altri, oggi solo agli altri). È anche frequente in
alcune congiunzioni (che, se) e in alcuni aggettivi, pronomi, avverbî,
preposizioni: anch’egli, quest’opera, s’intende, quand’ecco, senz’altro,
d’ufficio. Non è obbligatoria in senso assoluto in nessuna di queste
parole, ma è più frequente con alcune (questo, quello, di, che, se, si),
molto meno con altre (pronomi personali), ed è comunque facoltativa:
ch’era o che era, quell’immagine o quella immagine, m’avvisa o mi
avvisa, d’avere o di avere. L’uso ant. e poet. ammette più larghe
applicazioni dell’elisione: E che gent’è che par nel duol sì vinta?
(Dante). Riguardo all’ortografia, si noti che nella particella ci, pron.
o avv., l’elisione si può avere solo davanti a vocale palatale:
c’indovina, c’era (invece ci andò, ci urtò); il pron. o cong. che, coi
suoi composti, conserva l’h nella scrittura, il più delle volte, anche
nei rari casi in cui l’elisione avviene davanti a una delle vocali a, o,
u: ch’andasse, perch’hanno (disus. c’andasse, perc’hanno). La caduta di
vocale finale che avvenga non solo davanti a vocale ma anche davanti a
consonante (un anno come un mese, suor Anna come suor Giovanna, far
entrare come far venire, or ecco come or bene, ecc.) costituisce,
secondo la distinzione tradizionale, troncamento e non elisione, pur
essendo un caso particolare dell’elisione intesa in senso largo. Va
inoltre notato che gli aggettivi bello, grande, quello, santo hanno una
forma elisa diversa dalla forma troncata (bell’animale e bel cavallo,
grand’uomo e gran signore, quell’occhio e quel naso, sant’Antonio e san
Francesco), mentre nelle altre parole che ammettono il troncamento la
forma troncata è una sola, davanti a consonante o davanti a vocale.
da
http://www.treccani.it/vocabolario/elisione/