Post by Claudio BianchiniPoni molto male la questione. La fede non nasce da risposte razionali, ma da
domande. La principale è: perchè esiste l'universo? Poi vengono tutte le
altre. Una domanda che mi pongo ultimamente è: se non esiste una giustizia
divina vuol dire che quelli che fuggirono dai campi di sterminio portandosi
i beni di quelli che avevano ucciso, es. Mengele che non fu mai catturato e
che doveva disporre di ingenti beni, se la spassarono per il resto della
loro vita e inoltre non pagheranno mai per i loro crimini?
la Fede nasce dalla Paura e dall'ignoranza,
la scienza dà le risposte, la religione da' dei dogmi (sbagliati) tant'è la
storia ce lo racconta TROPPO bene.
Penso che nessuno di noi si aspetti davvero di spazzar via una volta per
tutte le credenze pseudoscientifiche.
Come lo potremmo, dato che tali credenze offrono agli uomini calore e
conforto? Chi prova gioia al pensiero di morire o di veder morire una
persona amata? Come si può biasimare chi si convinca che esistono cose come
la vita eterna e la possibilità di ritrovarsi in condizioni di gioia
perpetua con gli esseri amati? Chi si trova a proprio agio con la precarietà
quotidiana della vita che in qualsiasi momento può riservarci le più
traumatiche sorprese? E come dunque potremmo biasimare chi cerchi di
premunirsi contro l'imprevisto illudendosi di leggere il futuro nelle
posizioni dei pianeti, nelle combinazioni dei tarocchi, o nei disegni dei
fondi di caffè o nel contenuto dei sogni? Si esamini qualsiasi tipo di
pseudoscienza, e vi si troverà la coperta di Linus, il pollice da succhiare,
la sottana cui aggrapparsi. E noi che cosa possiamo offrire in cambio? Dubbi
e incertezze!
Per noi abitatori di un mondo razionale, è motivo di forza il capire, è
gloria e soddisfazione intendere là dove la conoscenza non è ancora giunta;
c'è bellezza persino nei più imperscrutabili misteri, quando essi
costituiscano almeno una sfida «onorevole» per quei meccanismi del pensiero
che sono contenuti nei quattordici ettogrammi del nostro cervello: misteri
che si arrenderanno lealmente all'acuta osservazione e alla sottile analisi,
purché l'osservazione sia sufficientemente acuta e l'analisi
sufficientemente sottile.
Tuttavia c'è in questo un curioso paradosso, che mi procura una sorta di
gioia sardonica. Noi razionalisti sembriamo sposati all'incertezza. Noi
sappiamo che le nostre conclusioni, fondate come devono essere su prove
razionali, sono sempre e necessariamente provvisorie. L'emergere di nuovi
fatti o la scoperta di qualche errore celato nelle vecchie prove potrebbero
rovesciare d'un tratto una conclusione da tempo consolidata, per quanto cara
essa ci sia.
Ciò accade perché una sola è la nostra certezza e questa non si fonda sulle
conclusioni raggiunte, ma sul metodo col quale le abbiamo raggiunte e,
quando necessario, modificate. La nostra certezza insomma, si fonda sul
metodo scientifico e sull'impostazione razionale della ricerca.
I cultori dell'irrazionale, che per brevità chiameremo fideisti, si
aggrappano invece alle conclusioni con una tenacia tritatutto. Essi non
hanno prove degne di questo nome. Lo strumento a loro disposizione che più
si avvicina a un metodo per giungere a qualche conclusione consiste nell'
accoglimento passivo di giudizi, da loro considerati autorevoli. Perciò, una
volta conquistata una credenza - e soprattutto una credenza rassicurante -
essi non hanno atra alternativa che conservarla e difenderla a tutti i
costi.
Quando noi modifichiamo una conclusione, lo facciamo perché ne abbiamo
elaborato una migliore e dunque lo facciamo con gioia, o magari con
rassegnazione, se la vecchia teoria ci era particolarmente cara.
Di fronte alla prospettiva di dover abbandonare una credenza i fideisti si
rendono invece conto di non avere un metodo per formularne un'altra e di non
poterla pertanto sostituire se non con il vuoto. Per loro, quindi, è quasi
impossibile lasciar cadere una credenza e, se voi tentate di sottolineare
che essa è contraria alla logica e alla ragione, essi si rifiutano di
ascoltare e tendono piuttosto a pretendere che voi veniate ridotti al
silenzio.
Fallito ogni tentativo di giungere a una conclusione valida costoro si
rivolgono ad altri, nella perenne ricerca di dichiarazioni autorevoli: le
uniche atte a metterli (temporaneamente) a loro agio.
Spesso mi vengono rivolte domande di questo tipo: «Dottor Asimov, lei è uno
scienziato: mi dica, che cosa pensa della trasmigrazione delle anime?» ...o
della vita ultraterrena o degli UFO o dell'astrologia o di altre cose
analoghe. Costoro desiderano, in verità, che io li rassicuri, dicendo che
gli scienziati sono riusciti a dare un fondamento razionale alle loro
credenze e si sono resi conto, e forse l'hanno sempre saputo, che in esse c'
è qualcosa di vero.
Grande è la tentazione di rispondere che, come scienziato, vedo nelle loro
domande un insieme esplosivo di cretinerie; ma questa risposta sarebbe solo
un altro tipo di dichiarazione autorevole: una dichiarazione, fra l'altro,
che essi non accetterebbero mai e che servirebbe solo ad attirarci il loro
odio. Rispondo dunque invariabilmente: «temo di non conoscere la minima
prova scientifica atta a convalidare la credenza nella metempsicosi» ...o in
qualsiasi altra credenza d'origine pseudoscientifica. Delle mie risposte,
certo, costoro non sono soddisfatti, ma io non ho altra scelta a meno che
non riescano a fornirmi prove scientifiche attendibili: ciò che essi non
sono mai in grado di fare. Non è escluso, del resto, che la mia osservazione
faccia nascere nelle loro menti un piccolo germoglio di dubbio: e niente e
più pericoloso di un'ombra di dubbio per una credenza irrazionale.
Forse questa è la ragione per cui un fideista, quanto più è «sicuro» delle
proprie opinioni, tanto più s'infuria nei confronti di chi esprime un'
opinione diversa dalla sua.
I più deliranti fideisti sono i creazionisti, convinti che il creazionismo
sia verità assoluta, comunicata da Dio tramite la Bibbia. E quale fonte mai
sarebbe più autorevole di questa? Di tanto in tanto ricevo lettere di fuoco,
piene di insulti e di violente accuse, scritte da qualche creazionista. E mi
viene la tentazione di rispondere in questi termini: «caro amico,
sicuramente lei sa di essere nel giusto e sa che io ho torto, perché Dio
glielo ha detto. Con altrettanta sicurezza, saprà anche che lei andrà in
Paradiso e io andrò all'Inferno, perché Dio le avrà detto anche questo.
Considerato quindi che io andrò all'Inferno, dove soffrirò inimmaginabili
tormenti per tutta l'eternità, non trova sciocco coprirmi di insulti? Quanto
dolore pensa che il suo sfogo rabbioso possa aggiungere alla punizione
infinita che mi aspetta? O forse lei è tormentato da qualche incertezza e
teme che Dio possa mentirle e ritiene di sentirsi meglio infliggendomi di
persona alcune torture aggiuntive (nel caso dannato ch'Egli menta), magari
bruciandomi sul rogo, come avrebbe potuto fare nei bei tempi andati, quando
i creazionisti dominavano la società?».
Tuttavia non scrivo mai lettere di questo tenore: mi limito a sorridere e a
strappare le lettere d'insulti che ricevo.
Ma allora non c'è nulla contro cui combattere? Dobbiamo solo alzare le
spalle e dire che i fideisti ci saranno sempre e che noi dobbiamo
tranquillamente ignorarli e procedere per la nostra strada? No!
Assolutamente no! C'è sempre una nuova generazione che sta crescendo. Ogni
bambino, ogni nuovo cervello è un terreno in cui la razionalità può essere
fatta germogliare. Dobbiamo quindi proporre il punto di vista della ragione,
non per la speranza di ricostruire il deserto delle menti distrutte e
bloccate nella ruggine - impresa, questa, quasi impossibile - ma per educare
e formare nuove e fertili menti. E dobbiamo inoltre contrastare ogni
tentativo messo in atto dai fideisti e dagli irrazionalisti per ottenere l'
appoggio e il sostegno dello Stato. Noi non possiamo essere sconfitti con
argomenti razionali e i fideisti, comunque, non sanno usare l'arma della
ragione, ma possiamo essere sconfitti (solo temporaneamente, comunque),
dallo strizzapollici, dalla gogna o dagli equivalenti attuali di questi
strumenti di tortura.
Contro questa eventualità noi debbiamo combattere sino alla morte.
Isaac Asimov (1920 Petrovici, URSS, od. Bielorussia - 1992 New York, USA),
biochimico e scrittore statunitense di origine sovietica, è l'autore di
questo brano. Emigrò come altri esuli ebrei nel 1923 negli Stati Uniti, e ne
prese la cittadinanza nel 1928. Laureato alla Columbia University di New
York nel 1948, insegnò biochimica alla facoltà di medicina di Boston. Deve
lo sua popolarità a numerosi romanzi e racconti di fantascienza e a volumi
di divulgazione scientifica e letteraria (quasi 500 libri pubblicati). È
considerato uno dei padri della fantascienza e maestro insuperabile nello
spiegare le teorie scientifiche a lettori profani della materia. Riteniamo
che anche questa pagina, scritta esplicitamente contro la credulità dei
seguaci del paranormale, possa «leggersi» come confutazione delle religioni.
Amleto, il danese.
Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem -
"Entities should not be multiplied beyond necessity." Ockham's Razor.
That means no proves no god. :-)