Post by Maxi75Di lui conosco poche cose, sono tutte incisioni DG, opera per pinoforte ed
orchestra di Rachmaninov (con Aronovich), musica da camera di Brahms, musica
per solo pianoforte di Brahms e un cd di Debussy, per altro con Dino Ciani.
Cominciamo dal fondo.
Quello del cd in tandem è un puro e semplice accorgimento della DGG. Quel
doppio accorpa in realtà incisioni che uscirono separatamente, in tempi
differenti.
Nessuna delle due mi pare particolarmente felice; il Debussy di Vasary è
abbastanza pulito, piuttosto riduttivo, la famosa e celebrata incisione del
Preludi ad opera di Ciani non mi pare davvero la cosa migliore che abbia
fatto (in questo campo voterei per le Sonate di Weber, anche se devo
ammettere di conoscerle poco e non avere grandi termini di confronto, e per
il disco con le Novellette di Schumann, che invece ho praticamente "arato"
da adolescente); dipenderà anche dal fatto che quel Debussy è stato inciso
da tanta gente brava, più matura di quanto non fosse in quel momento il pur
valente Ciani e da alcuni mostri sacri (Gieseking e Benedetti Michelangeli,
IMHO).
In "Da Clementi a Pollini" Rattalino nomina una volta Vasary, nella parte
del libro dedicata alla cronaca della partecipazione di Pollini al premio
Chopin. Ci informa che la DGG non aveva in catalogo un grande interprete
chopiniano (possibile che non si ricordassero di Anda, che quando voleva
faceva uno Chopin egregio? se non sbaglio, è scomparso un bel po' di tempo
dopo), e a quanto pare in un primo momento qualche conclave dirigenziale
scartò il Maurizio nazionale, salvo poi pentirsene. Scartarono anche Block
(di cui non ho mai saputo altro, oltre al fatto che deve essere arrivato
secondo; non dispiaceva a Rubinstein che pure scelse Pollini, secondo
Rattalino) e "si inventarono", dice Rattalino, Vasary. Dunque neppure
Rattalino è particolarmente tenero con lui. Non mi risulta che altri volumi
sulla storia dell'interpretazione pianistica (almeno quelli che ho
sfogliato) si dilunghino maggiormente. Sostanzialmente lo ignorano, a meno
che si tratti di lessici.
Le mie impressioni sui dischi che ho ascoltato: non è certo un interprete di
portata storica, ma dire che sia un'invenzione pura e semplice mi pare un
poco ingiusto. Suona in modo convenzionale, non mi pare in possesso di una
tecnica virtuosistica trascendentale ma è comunque in grado di esporre
passabilmente una bella fetta di letteratura; poco male se a questo punto
mettesse in campo idee interpretative originali, cosa che purtroppo è restio
a fare (bisogna tuttavia dire che essere originali in quel repertorio non è
davvero facile, mi spiegherò meglio sotto). In gioventù avrebbe dovuto
tenere a bada una certa tendenza al sentimentalismo, ed evitare opere come i
Notturni di Chopin, che invece registrò integralmente (tuttora reperibili,
non li considerei per un eventuale acquisto; orientatevi, se posso
permettermi, su Arrau, su Francois, su Ashkenazy e, perché no,
sull'incisione del '65 di Rubinstein, se avete voglia di spendere, per non
parlare di quei pochi che ha registrato Horowitz). Il disco di Debussy in
sostanza conferma la tendenza: il nostro sceglie una serie di pezzi
giovanili, la gran parte del programma sta fra il 1888 (le due Arabesques) e
i primissimi anni del Novecento: i pezzi forti sono la Suite Bergamasque e i
tre pezzi di Pour le Piano, fanno contorno le Deux Arabesques e pezzi
staccati come Danse, L'isle joyeuse, Masques (non so se la riedizione in cd
contempli proprio tutto); naturalmente niente Images oubliées, niente
Reverie o Valse romantique o altri pezzi interessanti ma poco conosciuti;
l'intento era evidentemente quello di confezionare un disco popolare, di
presa sicura anche sul pubblico meno colto. La parte più decisamente
salottiera del programma fa pensare a quello che può vedervi un dilettante
(parlo del destinatario dell'incisione, non di Vasary); un suono chiaro, una
lettura del testo onesta, una retorica non invadentissima ma comunque
presente nei tempi lenti, fraseggiati con un'enfasi sentimentale da buon
tempo andato (passi il Clair de lune, che probabilmente è il pezzo per cui
il disco veniva acquistato, passi la première Arabesque, ma nella Sarabande
di Pour le piano mi dà un po' fastidio); se ricordo bene, nessun particolare
sforzo per variare il tocco, l'uso del pedale decisamente tradizionale. Ho
parlato di proposito di "dilettante" genericamente; non sono così convinto
che la lettura di Vasary rispecchi quel che poteva vedere in questa musica
un dilettante coevo, che di queste musiche, o almeno di buona parte di esse
era il principale destinatario; semmai si tratta dell'idea vulgata e
popolare, un po' consumistica, decisamente novecentesca, della tradizione
romantica e tardoromantica (e in fondo di tutta la musica) e dei valori
linguistici che la esprimono. Dove si deve muovere più rapidamente (il
Passepied della Suite, Preludio e Toccata di Pour le piano, l'Isle) risulta
espressivamente più pulito (sobrio sarebbe dire troppo), più interessante,
in definitiva più sicuro, meno datato. Nel complesso un disco che può ancora
servire per un primo contatto con l'autore, soprattutto da parte di un
utente incline ad un rapporto non intellettualistico con la musica che
ascolta; Vasary e chi lo ha prodotto tengono bene d'occhio il "dilettante"
virtuale che sopravvive ben nascosto in non pochi..."ascoltatori",
soprattutto neofiti. Non sorprende a questo punto la scelta di Rachmaninov
(che meriterebbe altro, ma è inutile dilungarsi; il posto che il mercato gli
assegna è quello).
Oltre a Chopin (incise anche altri pezzi, con esiti non molto più felici dei
Notturni), a Rachmaninov, a Debussy alcuni anni dopo incise un paio di
Concerti di Mozart in veste di solista e direttore. Il discorso è analogo.
Pezzi conosciuti, di non difficile approccio, anche se questa valutazione
implica una lettura riduttiva, proposti in modo semplice, comunicativo,
assolutamente a-problematico. Il suo Mozart non si distingue da moltissimi
altri (non c'è stata riedizione in cd, per quanto ne so; e mi pare strano)
ma non fa male, non più di tanto.
Mi viene da fare una riflessione, indubbiamente presuntuosa visto che di lui
conosco solo qualche disco (la faccio comunque): carriere impostate in
questo modo sono purtroppo anacronistiche, nella dimensione discografica. In
altri tempi Vasary sarebbe stato un buon maestro (probabilmente lo è stato)
e un discreto concertista in ambito locale, regionale o nazionale. Si tratta
di quelle figure a cui la diffusione del disco toglie lo spazio di
sopravvivenza. Una parte non indifferente del danno, a mio avviso, l'hanno
fatta i dirigenti della DGG, utilizzandolo per confezionare prodotti di
smercio sicuro, destinati al grande pubblico. Sarebbe servita la Naxos, o
qualcosa del genere, con un produttore che lo incoraggiasse a tentare un
repertorio semisconosciuto. Piuttosto che l'ennesimo Chopin letto in modo
ripetitivo, perché non andare a studiarsi un po' di autori marginali, non
necessariamente difficili da ascoltare, della fine dell'Ottocento o del
Novecento storico, e fornirne una registrazione discografica come ora fanno
tanti pianisti non eccelsi, spesso e volentieri più scorretti di Vasary?
Adesso Satie lo conoscono tutti, anche in Italia, ma non era così negli anni
settanta (tanto meno nei sessanta, immagino). Per trovare un disco di Villa
Lobos o di Poulenc bisognava dannarsi, e ho fatto solo due nomi a caso, la
lista potrebbe essere assai lunga. Se anche l'interpretazione non era
epocale, pazienza, intanto le musiche si sarebbero potute ascoltare. Non è
detto che con un simile impulso produttivo a qualcuno di questi onesti
professionisti della tastiera le idee interpretative, strada facendo, non
sarebbero anche venute.
dR