MMAX
2005-08-08 18:17:25 UTC
Guerre sante e invasioni armate
http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=o&idCategory=4817&idContent=1053414
È una menzogna negare l'esistenza di un conflitto di religione. E
l'unico modo per limitarlo è il ritiro dall'Iraq
Una menzogna circola per l'Occidente: che il nostro intervento armato
in Iraq non abbia alcun rapporto con la minaccia terrorista, che il
terrorismo sia una misteriosa combinazione di fanatismo religioso di
tradizioni barbare, di odi ancestrali di concezioni della vita e della
morte che non hanno nulla a che vedere con la presenza dei nostri
soldati sul territorio iracheno.
E invece il rapporto c'è ed è storicamente molto preciso. Noi abbiamo
saputo che un esercito terrorista islamico c'era ed era sceso in campo
non in astratto, non teoricamente ma di fatto, durante l'occupazione
sovietica dell'Afghanistan.
Improvvisamente abbiamo scoperto che un esercito di giovani allevato
nelle scuole islamiche stava avanzando e vincendo una guerra impari
contro la seconda potenza del mondo, l'armata sovietica che aveva
sconfitto la Wehrmacht nazista. In altre parole che gli stessi
soldati, gli stessi carri armati, gli stessi aerei che erano arrivati
fino a Berlino, che avevano travolto le divisioni hitleriane
conquistatrici dell'Europa, che avevano deciso la Seconda guerra
mondiale, ora battevano in ritirata di fronte ai mujaedin, ai talebani
straccioni. I quali non solo cacciavano un esercito straniero, ma
facevano saltare anche le statue del Buddha per cancellare ogni segno
di un altro dominio. Sono passati degli anni, la resistenza islamica
continua sempre più feroce, il terrorismo di Osama Bin Laden proclama
la guerra santa contro i cristiani invasori, taglia la gola ai loro
soldati e ai loro mercenari e ogni giorno un esponente dell'Occidente,
uomo politico o militare o alto prelato, sente il bisogno di smentire
una verità così evidente: c'è una guerra fra due religioni, fra due
civiltà e il modo che sembra più adatto per porre fine allo scontro,
l'unico al momento, è di separare i contendenti, di ridurre la
provocazione dell'invasione armata, di limitarla - per cominciare - al
conflitto commerciale, tecnologico che già basta e avanza per fare del
mondo un inferno. E sarà anche vero che la differenza nel modo di
vivere è profonda e per molti aspetti insanabile, e sarà anche vero
che la storia del rapporto fra cristiani e islamici è stata per secoli
una storia di conflitti armati, ma è anche vero che negli anni che
stanno attorno alla Seconda guerra mondiale, la superbia
dell'Occidente ha creduto di avere il diritto di sistemare a suo
piacere il mondo islamico, di procedere alle colonizzazioni e ai
protettorati che gli facevano comodo, di creare nuovi Stati tirando
delle linee sulle carte geografiche e pitturando di rosa quelle
toccate agli inglesi, di blu quelle francesi, di marrone le tedesche,
di verde le italiane.
L'operazione incominciata nel dopoguerra di trasferirle tutte sotto la
bandiera americana, di passare agli Stati Uniti le pesantissime
eredità dell'Estremo e del Medio Oriente, dell'Africa, del continente
indiano, è fallita: bisogna rassegnarsi a tornare a casa con i nostri
potentissimi eserciti regolarmente battuti da chi cerca l'indipendenza
e la libertà. Poi si possono fare i discorsi più complicati sulle
civiltà e sulle religioni, sul Corano e sul Vangelo, sul papa e sul
Dalai Lama, sul modo di cuocere la carne o di mangiarla cruda, ma una
cosa è chiara, nessun popolo sopporta più di essere occupato da un
altro, di vedere nelle sue città, nei suoi campi dei soldati
stranieri. Sarà per via della rivoluzione tecnologica che insegna a
tutti a fare i computer come a tagliare la polenta con un filo, ad
andare sulla Luna come a far bollire l'acqua infetta, ma il dominio
barbarico, territoriale, delle baionette o dei mitra, dei
paracadutisti o dei lagunari, è finito, non tiene più e basta
ascoltare le chiacchiere dei generali per capire che sono stupidità
colossali.
Giorgio Bocca
http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=o&idCategory=4817&idContent=1053414
È una menzogna negare l'esistenza di un conflitto di religione. E
l'unico modo per limitarlo è il ritiro dall'Iraq
Una menzogna circola per l'Occidente: che il nostro intervento armato
in Iraq non abbia alcun rapporto con la minaccia terrorista, che il
terrorismo sia una misteriosa combinazione di fanatismo religioso di
tradizioni barbare, di odi ancestrali di concezioni della vita e della
morte che non hanno nulla a che vedere con la presenza dei nostri
soldati sul territorio iracheno.
E invece il rapporto c'è ed è storicamente molto preciso. Noi abbiamo
saputo che un esercito terrorista islamico c'era ed era sceso in campo
non in astratto, non teoricamente ma di fatto, durante l'occupazione
sovietica dell'Afghanistan.
Improvvisamente abbiamo scoperto che un esercito di giovani allevato
nelle scuole islamiche stava avanzando e vincendo una guerra impari
contro la seconda potenza del mondo, l'armata sovietica che aveva
sconfitto la Wehrmacht nazista. In altre parole che gli stessi
soldati, gli stessi carri armati, gli stessi aerei che erano arrivati
fino a Berlino, che avevano travolto le divisioni hitleriane
conquistatrici dell'Europa, che avevano deciso la Seconda guerra
mondiale, ora battevano in ritirata di fronte ai mujaedin, ai talebani
straccioni. I quali non solo cacciavano un esercito straniero, ma
facevano saltare anche le statue del Buddha per cancellare ogni segno
di un altro dominio. Sono passati degli anni, la resistenza islamica
continua sempre più feroce, il terrorismo di Osama Bin Laden proclama
la guerra santa contro i cristiani invasori, taglia la gola ai loro
soldati e ai loro mercenari e ogni giorno un esponente dell'Occidente,
uomo politico o militare o alto prelato, sente il bisogno di smentire
una verità così evidente: c'è una guerra fra due religioni, fra due
civiltà e il modo che sembra più adatto per porre fine allo scontro,
l'unico al momento, è di separare i contendenti, di ridurre la
provocazione dell'invasione armata, di limitarla - per cominciare - al
conflitto commerciale, tecnologico che già basta e avanza per fare del
mondo un inferno. E sarà anche vero che la differenza nel modo di
vivere è profonda e per molti aspetti insanabile, e sarà anche vero
che la storia del rapporto fra cristiani e islamici è stata per secoli
una storia di conflitti armati, ma è anche vero che negli anni che
stanno attorno alla Seconda guerra mondiale, la superbia
dell'Occidente ha creduto di avere il diritto di sistemare a suo
piacere il mondo islamico, di procedere alle colonizzazioni e ai
protettorati che gli facevano comodo, di creare nuovi Stati tirando
delle linee sulle carte geografiche e pitturando di rosa quelle
toccate agli inglesi, di blu quelle francesi, di marrone le tedesche,
di verde le italiane.
L'operazione incominciata nel dopoguerra di trasferirle tutte sotto la
bandiera americana, di passare agli Stati Uniti le pesantissime
eredità dell'Estremo e del Medio Oriente, dell'Africa, del continente
indiano, è fallita: bisogna rassegnarsi a tornare a casa con i nostri
potentissimi eserciti regolarmente battuti da chi cerca l'indipendenza
e la libertà. Poi si possono fare i discorsi più complicati sulle
civiltà e sulle religioni, sul Corano e sul Vangelo, sul papa e sul
Dalai Lama, sul modo di cuocere la carne o di mangiarla cruda, ma una
cosa è chiara, nessun popolo sopporta più di essere occupato da un
altro, di vedere nelle sue città, nei suoi campi dei soldati
stranieri. Sarà per via della rivoluzione tecnologica che insegna a
tutti a fare i computer come a tagliare la polenta con un filo, ad
andare sulla Luna come a far bollire l'acqua infetta, ma il dominio
barbarico, territoriale, delle baionette o dei mitra, dei
paracadutisti o dei lagunari, è finito, non tiene più e basta
ascoltare le chiacchiere dei generali per capire che sono stupidità
colossali.
Giorgio Bocca